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    Quirinale: Casini, in Parlamento da 38 anni

    Non è la prima volta che il nome di Pier Ferdinando Casini rientra nel toto Quirinale. Già nel 2015 l’ex presidente della Camera, che oggi ha ottenuto oltre 50 preferenze nella terza votazione, veniva, infatti, citato tra i ‘quirinabili’. Del resto, dall’alto dei 38 anni in Parlamento e della sua quasi cinquantennale carriera politica, vanta un profilo e dei rapporti che lo fanno apparire pienamente in corsa nella partita per il Colle più alto.
    Il suo, tra quelli che circolano, è il nome più politico di tutti come ha in qualche modo ricordato lui stesso con il post mandato ieri su Instagram che lo ritraeva durante un congresso dei giovani Dc ancora nemmeno ventenne. ‘La passione politica è la mia vita!!’, aveva scritto. Bolognese doc, classe 1955, è figlio d’arte: il padre era un dirigente della Democrazia Cristiana. Quando si laurea in giurisprudenza ha già iniziato a interessarsi di politica. Iscritto alla Dc dal 1972, è eletto alla Camera nel 1983 ad appena 28 anni, con 30mila preferenze.
    Nel 1987 entra a far parte della direzione nazionale del partito. Contrario alla trasformazione della Dc in Partito popolare italiano (Ppi), nel gennaio 1994 fa nascere con una minoranza il Centro cristiano democratico (CCD) che guarda a destra, a Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini (“E’ dal ’94 che ci siamo separati”, ricorderà una volta Rosy Bindi). Deputato dal 1983, parlamentare europeo dal 1994 al 2001, dopo la vittoria del centrodestra alle politiche di quell’anno viene eletto presidente della Camera. Nel 2002 fonda l’Udc. Con la fine della XV legislatura interrompe la sua alleanza con il centrodestra e si candida con il suo partito alla presidenza del consiglio. Con Berlusconi il rapporto è ondivago. Certo, non conflittuale come quello che il Cavaliere ha con l’altro leader centrista di quegli anni, Marco Follini, ma comunque schietto. Fatto di rotture e di ritorni da ‘figliol prodigo’ fino al definitivo abbandono dell’area del centrodestra.
    Casini, ad ogni modo, ha buoni rapporti con tutti e in tutti gli schieramenti forse anche grazie al piglio bolognese un po’ scanzonato che ha sempre rappresentato un tratto del suo carattere. “Non è un bravo ragazzo, è un ragazzo democristiano”, ebbe modo di dire di lui una volta Umberto Bossi. Il Senatur che, a Natale, profetizzava proprio la salita dell’ex presidente della Camera al Quirinale.
    Anche in questi giorni alla Camera, come nella prassi democristiana, molte le mani strette, le battute e i sorrisi dispensati in Transatlantico. Casini ancora una volta uomo del dialogo, pienamente in corsa per il Colle. 

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    Mattarella e i suoi gesti, tributo al capo dello Stato

    Sergio Mattarella è diventato una figura iconica così come lo sono stati i suoi gesti nel corso del settennato.
    Dall’esultanza di Wembley per la vittoria dell’Italia agli Europei al “Giovanni, pure io non vado dal barbiere” pronunciato in pieno lockdown, a margine di un discorso alla Nazione.
    I gesti del Presidente della Repubblica uscente sono al centro del tributo realizzato dalla giovane graphic designer Aurora Ferretti (25 anni) del gruppo The Skill.
    Lo studio di comunicazione ha già firmato in precedenza il quadro “Icon President” oltre ad aver realizzato il documentario sulla prima zona rossa d’Italia “I bambini di Vo’”, opere consegnata nelle mani dello stesso Mattarella.
    Questa nuova realizzazione grafica verrà riprodotta in 100 cartoline celebrative numerate che saranno inviate a figure di rilievo delle istituzioni e dell’economia italiana.

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    Quirinale: a Roma per l'elezione, il regalo di Natale della 12enne Giulia

    “Vorrei andare a Roma nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica”. È il singolare desiderio espresso per Natale da Giulia, una dodicenne di Genova, e i suoi genitori sono stati ben felici di accontentarla.
    “Salta qualche giorno di scuola ma ne vale la pena, la politica è la sua passione”, spiega la mamma, che da lunedì la accompagna da un ingresso all’altro di Montecitorio nella speranza di incrociare i suoi parlamentari preferiti.
    “Mi piace lo stile di Letta, di Orlando e di Serracchiani” racconta la ragazzina, piumino nero, cappellino e zainetto rosa, e nello smartphone una collezione di selfie, fra gli altri con Pierluigi Bersani, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte, Mario Monti, Liliana Segre e Pier Ferdinando Casini.
    “Da grande voglio fare la politica – dice sicura Giulia -. Non sono assolutamente delusa dalla politica, anzi mi fa arrabbiare chi dice che fa tutto schifo”. “Devi studiare e impegnarti”, le ha raccomandato il dem Luigi Zanda.
    “Al Quirinale mi piacerebbe una fra Belloni e Cartabia. Un bis di Mattarella sarebbe ottimo ma non so se è possibile”, l’auspicio della ragazzina che domenica tornerà a casa: “Speriamo che eleggano prima il presidente”.   

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    Bonino: “Casellati? Io voto Cartabia”

    “Casellati per il Colle? Sono d’accordo con chi dice che questa rosa di tre è un paravento, quindi…”. È il parere della senatrice di +Europa Emma Bonino, che con ironia ha previsto per la terza votazione “una vittoria della cugina di bianca scheda”. “Sento parlare di conclavi a pane acqua e cicoria… È il metodo che è tutto sbagliato, non ci sono candidature pubbliche, manco ci si dovesse candidare a un ruolo infamante, non c’è un dibattito pubblico. La metodologia è carbonara, questo porta a degenerazioni insopportabili – ha aggiunto Bonino arrivando alla Camera-. È l’ora di una donna? Dopo tanti elogi improvvisamente non ce n’è.    Io voto Cartabia, può piacere o non piacere ma è una persona competente, soprattutto sui temi che mi stanno più a cuore, la costituzione, la malagiustizia, queste bazzecole”. 

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    Quirinale, in Transatlantico tornano gli ex a dare consigli

     Come nelle migliori tradizioni il Transatlantico torna a popolarsi anche di ex parlamentari, e tra essi alcuni che sono stati decisivi in alcuni passaggi della politica italiana, come Domenico Scilipoti o Nuccio Cusumano.    E’ consuetudine che nei passaggi politici importanti, come i voti di fiducia o le elezioni presidenziali, in Transatlantico si palesino anche ex parlamentari, spesso fermati dagli attuali per ascoltare i loro pareri. Oggi si sono visti alcuni ex che hanno visto diverse altre elezioni presidenziali come Angelo Sanza o Mario Tassone. Nel grande salone che precede l’ingresso in Aula, oggi si è visto anche Nuccio Cusumano, che il 24 gennaio 2008 in Senato lasciò l’Udeur tentando inutilmente di salvare il governo Prodi, venendo aggredito a suo di sputi dal suo compagno di partito Tommaso Barbato. A dispensare consigli ai grandi elettori del centrodestra anche Domenico Scilipoti, il “responsabile” per antonomasia, che salvò il governo Berlusconi nel dicembre 2010. Nei programmi di Scilipoti, illustrati a diversi parlamentari, un nuovo partito che riunisca le tre religioni abramitiche.    

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    Salvini: “Casellati? Non ha bisogno di essere candidata”

    “Casellati? È la seconda carica dello Stato, non ha bisogno di essere candidata…. Pera, Moratti e Nordio sono nomi all’altezza. Spero che Conte e Letta non si fermino ai no”. Lo dice Matteo Salvini prima di andare nei suoi uffici a Montecitorio. “Il mio tentativo è quello di dialogare” conclude il leader della Lega. “Casellati non fa parte di rose politiche, è lì, è la seconda carica dello Strato, è donna, è stata eletta dalla maggioranza dei senatori, non ha bisogno che la sponsorizzi io o altri. Se uno la chiama penso sia a disposizione”, ha aggiuntoSalvini. “Il nuovo premier non lo troviamo a Campo de Fiori…Stiamo lavorando già a un Presidente della Repubblica e io ho un’idea. Qualora Draghi lasciasse il governo avremmo settimane di confusione, sarebbe un problema per l’Italia, con la crisi economica, sanitaria…”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini, arrivando alla Camera.
    “A parte che se perdo tre chili male non mi fa, ma il mio tentativo è dialogare, ma per farlo bisogna essere in due. Se mi siedo a un tavolo e mi dicono, ‘sono pronto a dialogare ma qualunque nome tu mi faccia è no’, allora si capisce che è un dialogo un po’ particolare. Noi dei nomi li abbiamo fatti. E ne potremmo farne altri dieci all’altezza, speriamo che ce ne sia uno di questi nomi che vada bene, dopo 30 anni uno non di sinistra”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini.

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    Linea Conte si rafforza,ma alta tensione su nomi

    Resta la tensione dentro il M5s sulla linea da seguire per l’elezione del Capo dello Stato dopo che il presidente ha aperto nella direzione del dialogo con il centrodestra per l’individuazione di un nome per il Colle, “autorevole” e che sbarri la strada di Draghi verso la Presidenza, in modo da assicurare la stabilità del governo “nell’interesse nazionale”. Se torna il sereno sul fronte del no ai veti incrociati, ora i 5 Stelle si interrogano sul possibile candidato che potrebbe uscire dal cilindro del confronto con Salvini e la sua coalizione. E il nome che più divide sarebbe quello della presidente del Senato, Casellati, un nome che potrebbe uscire dal fronte salviniano qualora sfumassero i nomi della sua rosa. Una parte del Movimento considera positivamente il fatto che sia una figura istituzionale, seconda carica dello Stato, rispondente cioè all’identikit tracciato dai 5 stelle per poter convergere su un nome di centrodestra. Ma è invece visto come il fumo negli occhi da un’altra parte del Movimento che ricorda la questione sorta attorno alla sua figura per i voli di stato e sulla questione dei vitalizi. “Come Movimento non la potremmo mai votare” è la previsione che azzarda qualcuno.    Intanto c’è chi guarda con speranza alla crescita dei voti per il presidente uscente Sergio Mattarella: “sono aumentare le schede su Mattarella e sicuramente lì dentro c’è qualcuno del Movimento” ,dice un parlamentare lamentandosi del fatto che i grandi elettori 5 Stelle venogno tenuti all’oscuro della trattativa vera. Come quella che si è riaperta con gli alleati di centro-sinistra smorzando gli attriti che si erano verificati dopo che erano filtrate notizie sulla cabina di regia che Conte aveva riunito ieri fino a tarda notte.    Un tavolo dove sarebbe andata in scena la contrapposizione di linea tra l’ex premier e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. La linea di Conte resta quella del dialogo aperto anche con il centrodestra per la ricerca di un nome condiviso dagli schieramenti, partendo dall’assunto della necessità di mantenere la continuità dell’azione di governo in un momento molto delicato per il paese. Per Di Maio, invece, proprio nell’ottica di una ampia convergenza tra le forze politiche era necessario non precludere alcuna strada, neppure quella che potrebbe portare il premier al Colle. Anche per evitare il rischio di isolare il Movimento nel caso in cui il punto di caduta dovesse essere sul nome di Draghi. Sullo sfondo restano i dubbi sulla linea del posizionamento politico dei 5s ora saldamente ancorato nel centrosinistra. La linea del dialogo con il centrodestra, rivendicata dall’ex premier, interroga alcuni sul rischio di mettere a repentaglio l’asse con i progressisti. Asse che tuttavia è stato rinsaldato nella nuova riunione tra Conte, Letta e Speranza dove, insieme, i tre leader hanno deciso di andare al confronto ad oltranza senza presentare una rosa da contrapporre all’altro schieramento proprio per agevolare una soluzione condivisa. “Giuseppe Conte rappresenta al meglio gli interessi degli italiani. Siamo con te, presidente!” esulta la vice di Conte Paola Taverna.