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    Draghi a Zelensky, sostegno dell'Italia all'integrità territoriale

     Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto una conversazione telefonica con il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Al centro dei colloqui, spiega una nota di Palazzo Chigi, vi sono stati gli ultimi sviluppi della crisi ucraina. Il Presidente Draghi ha ribadito il fermo sostegno del governo italiano all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina. E’ stata condivisa l’importanza di rafforzare l’impegno comune per una soluzione sostenibile e durevole della crisi, mantenendo aperto un canale di dialogo con Mosca.    

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    Fontana, presto provvedimento per togliere colori delle Regioni

    (ANSA) – MILANO, 15 FEB – “Presto si toglieranno i colori”
    delle regioni. Lo ha detto il presidente della Lombardia,
    Attilio Fontana, a margine di una conferenza stampa a Palazzo
    Pirelli, commentando il possibile passaggio della Lombardia in
    fascia bianca. “Credo presto ci saranno provvedimenti che
    reimposteranno il sistema, valutando il fatto che il virus sta
    cambiando in modo sostanziale e quindi sta cambiando l’approccio
    che bisognerà avere nei confronti dello stesso” ha detto
    Fontana. (ANSA).   

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    Centrodestra: Meloni, serve un chiarimento politico. Botta e risposta con Salvini

    Le acque nel centrodestra restano agitate con un botta e risposta Meloni-Salvini. “Per me c’è un problema di posizionamento, poi voglio bene a tutti e ho sempre lavorato per l’unità però credo che un chiarimento politico serva”. Così la leader di FdI Giorgia Meloni, ospite di Non stop news su Rtl, ha parlato della situazione del centrodestra.
    “Io – replica in proposito Salvini – sto lavorando per ridurre le bollette di luce e gas. I chiarimenti li faccio con chi deve mettere dei soldi nelle tasche degli italiani non mi interessano le polemiche. Non commento le polemiche”. E ha aggiunto: “Noi siamo in un governo che deve portare l’Italia fuori dalla pandemia. È una nostra precisa scelta essere protagonisti della ricostruzione del paese. Se qualcun altro preferisce stare fuori, faccia”.

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    CANADA: AFFONDA PESCHERECCIO SPAGNOLO, SI TEMONO VARI MORTI

    (ANSA) – MADRID, 15 FEB – Un peschereccio spagnolo è naufragato al largo dell’isola di Terranova, in Canada; si teme che varie persone siano morte. Lo hanno reso noto le autorità spagnole.    Tre marinai sono stati trovati in vita, secondo la portavoce del governo spagnolo, Isabel Rodríguez, spiegando che per il momento non può fornire altri dati. A bordo, informano media iberici, c’erano 22 persone.    Sono in corso ricerche per trovare eventuali altri superstiti.    (ANSA).   

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    Sant'Egidio, con 'Bravo' per i diritti dei minori invisibili

       ‘Ninos indocumentados’, ‘unofficial’, ‘sans papiers’, ‘vidomegons’, ‘enfants de la rue’, ‘esclaves domestique’. I bambini ‘invisibili’ sono chiamati in mille modi diversi, tranne che con il loro vero nome, quello che gli spetta, quello che gli potrebbe garantire i diritti civili, che gli potrebbe dare una dignità, che li farebbe esistere agli occhi del mondo. Ed è per combattere questa piaga, drammatica soprattutto in Africa, che la Comunità di Sant’Egidio è scesa in campo con il suo programma ‘Bravo!’ (Birth Registration for All Versus Oblivion) grazie al quale hanno ricevuto un’identità oltre 5 milioni di bambini nel mondo. Un’impresa raccontata in un libro dal titolo ‘Nascere non basta’, ispirato ai celebri versi di Pablo Neruda: “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno”. Un volume curato da Adriana Gulotta e presentato, tra gli altri, dal fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi e dal ministro della Scuola Patrizio Bianchi, che descrive la terribile situazione in cui una moltitudine di minori è costretta a vivere, senza che nessuno la riconosca, vittima della tratta di schiavi, che interessa ormai “10 milioni di bambini” e del traffico di organi umani.    Nascere senza poter avere un’identità, perché non iscritti al registro dell’anagrafe, afferma Riccardi, significa non avere protezione, né assistenza sanitaria, “significa, quand’anche liberati dalla varie forme di schiavitù, non aver diritto a un posto, un luogo, una famiglia”, una comunità a cui poter tornare. “Senza documenti – sottolinea – sono di fatto dei senza patria”. E questo rende il “popolo degli invisibili” merce preziosa per il traffico di esseri umani, che in Africa si stima che renda 9,5 miliardi di dollari l’anno (profitto spesso superiore a quello del commercio illegale delle armi), o per i terroristi che trasformano i bambini in soldati agguerriti pronti a tutto. I dati contenuti in questo libro importante, ma assai doloroso, sono allarmanti: nel mondo, “un miliardo di persone non ha alcun documento di identità e la metà di questi invisibili è in Africa sub-sahariana, sebbene nel continente viva il 15% della popolazione mondiale”.    Il diritto negato all’identità esiste in realtà un po’ ovunque, come dimostrano il popolo dei Rohingya, per la maggior parte considerato apolide perché privo di documenti o i bambini ‘indocumentados’ che, in Messico, grazie alle “politiche contro l’immigrazione clandestina” di Trump, sono stati strappati ai genitori e a questi, molti non riescono più a ricongiungersi, perché privi dei documenti che ne dimostrino l’identità.    Ed è proprio per riuscire a garantire il diritto al nome – come previsto nell’articolo 7 della Convenzione sui diritti dell’infanzia – ai ‘minori fantasma’ che l’azione di Sant’Egidio diventa fondamentale. “Grazie alle campagne di ‘Bravo’ – spiega Colette Guiebre, coordinatrice del programma in Burkina Faso – ho capito che si può far molto per migliorare le cose. Vedo le donne cambiare: capiscono che con l’atto di nascita possono difendere la vita dei loro figli. E aumenta la scolarizzazione”.    “Ma è soprattutto in un momento come questo, in cui tutto sembra provvisorio – osserva il ministro Bianchi – che si deve ricostruire lo spessore di un contesto civile”. Esattamente uno degli obiettivi che si pone il programma ‘Bravo’ garantendo una “seconda nascita” che apre “a una nuova vita libera e dignitosa”.    

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    Mattarella, democrazia lungo cammino scritto in Costituzione

    “Ognuno di noi come singolo cittadino e tutti insieme come comunità dobbiamo sentire la responsabilità di continuare a tessere la tela dell’uguaglianza con il filo che ci è stato consegnato dalle generazioni che ci hanno preceduto”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella prefazione al libro di Ernesto Maria Ruffini “Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 a oggi”, pubblicata dal Corriere della Sera. 
    “Le leggi da sole non bastano – scrive Mattarella – Le parole scritte nelle raccolte legislative rischiano di rimanere fissate solo sulla carta se non sono anche accompagnate dalla capacità di ognuno di fare il proprio dovere, di sentirsi parte di una comunita’”. “I segni e i semi lasciati nella nostra storia dai principi fondamentali della Carta costituzionale rappresentano tuttora il nostro patrimonio più prezioso”, nota il presidente della Repubblica. Il saggio di Ruffini “e’ il racconto di come noi italiani siamo stati capaci di riempire di contenuto e spessore una parola speciale, impegnativa: uguaglianza”.
    E “passo dopo passo, ci riporta al momento in cui l’Italia usciva dalla tragedia della dittatura e della guerra e, nella liberta’, cominciava a costruire la sua nuova democrazia”. Per Mattarella “non sempre è stato un cammino facile. Semmai, a volte, faticoso. Di certo inarrestabile, anche se per molti aspetti ancora incompleto. Capace di porsi nuovi traguardi, da raggiungere insieme”. E nei decenni “abbiamo raccolto da quella straordinaria stagione un’eredità che dobbiamo a nostra volta consegnare alle nuove generazioni”. Nel leggere i resoconti parlamentari dei dibattiti sulle principali leggi, “vediamo lo straordinario viaggio della nostra democrazia e cogliamo lo sguardo attento dei cittadini che chiedono al Parlamento di dare vita ai principi costituzionali”. E poi “comprendiamo il ruolo della Corte costituzionale chiamata a garantire la piena osservanza della nostra Costituzione. E intuiamo anche come sia responsabilità di ognuno proseguire il cammino”.    

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    In treno a Leopoli,'via dalle tensioni di Kiev'

    Il treno che da Kiev porta a Leopoli, città mitteleuropea dell’Ucraina occidentale a poche decine di chilometri dalla Polonia e dall’Ue, parte prima dell’alba. Sulla banchina della stazione, ancora al buio e con temperature rigide, salgono a bordo dell’InterCity 705 diretto nella città polacca di Przemysl studenti, uomini d’affari, famiglie con bambini assonnati e piangenti.    Non è l’assalto alla diligenza, e nemmeno la grande fuga dalla capitale prima dell’attacco russo: l’afflusso di passeggeri – assicura Vadym, il controllore col nome sul cartellino – è lo stesso di qualsiasi altro lunedì mattina. Ma tra i viaggiatori c’è comunque chi ha deciso di lasciare Kiev per sfuggire alla tensione, agli allarmi degli occidentali, all’incertezza costante degli ultimi giorni, alcuni anche alla paura.    Lo smartworking imposto dal Covid in questo caso aiuta: una coppia di giovani web designer ha deciso di andare qualche settimana dai parenti a Leopoli, lavorare a distanza e aspettare da lì l’evolversi della situazione. Due studenti turchi, al primo anno di medicina all’università di Kiev, sono stati invitati dalla loro ambasciata – come molti altri stranieri – a lasciare il Paese: una volta a Leopoli prenderanno, a malincuore, un aereo per Izmir per tornare a casa dalle loro famiglie che – raccontano all’ANSA – li aspettano preoccupate.    “Sto andando a Leopoli per lavoro”, spiega al contrario un manager di Kiev in giacca e 24ore. “Non sto scappando”, aggiunge subito, intuendo la domanda successiva. Una giovane donna seduta accanto a una bambina stenta a prendere sonno sul sedile della prima classe e racconta, sorridendo, tutta un’altra storia: “Domani è il mio compleanno, voglio solo visitare Leopoli con mia figlia e tra due giorni torniamo a Kiev”.    Alcuni passeggeri sonnecchiano, con la mascherina sugli occhi anziché sulla bocca, altri tentano di svegliarsi andando a prendere un caffè al vagone-bar, mentre il treno corre fino a 150 km, lasciandosi l’alba alle spalle tra campagne sterminate e foreste di pini e betulle. Solo due le fermate intermedie sui 560 km di percorso, e dopo 5 ore l’arrivo a Leopoli sotto un sole già alto.    La città patrimonio dell’umanità dell’Unesco, nota per la sua università e meta turistica fino alla pandemia e alle attuali tensioni, appare già in Ue e rivendica un’antica identità antirussa. “Vladimir Putin sa che non potrà mai sottomettere l’ovest dell’Ucraina”, ci aveva avvertito Natalia Fedorovych, ex viceministra per le politiche sociali dell’Ucraina e originaria di Leopoli, indignata per come Mosca abbia sottratto la Crimea e il Donbass all’est del Paese.    Da qui un’eventuale nuova invasione appare ancora più remota, di certo fisicamente più lontana. Ma il punto non è solo territoriale, spiega don Andriy Bodnar, direttore della casa salesiana e della scuola professionale San Giovanni Bosco di Leopoli: “La questione non è l’adesione dell’Ucraina alla Nato, quello è un pretesto per creare questo caos. La verità è che la Russia ha paura di avere una democrazia come vicino. Noi siamo pronti a difenderci, ma non con le armi, con la testa: ci sentiamo europei, e ci muoviamo decisi verso l’Unione europea”.    Ma intanto la nuova guerra ibrida è arrivata anche qui, con un allarme bomba in una filiale dell’Ukr Exim Bank. La polizia isola il marciapiede ed evacua l’edificio, i curiosi vengono tenuti a distanza mentre si attendono gli artificieri. Alla fine sembra solo uno dei numerosi allarmi che nelle ultime settimane si moltiplicano in tutto il Paese e che poi, fortunatamente, si rivelano falsi. Ma tanto basta per paralizzare, ancora e ancora, le attività e gli stati d’animo.