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    Dl sostegni: da Senato sì a fiducia con 191 voti, passa alla Camera

     L’Aula del Senato conferma la fiducia al governo approvando con 191 sì, 33 no e nessun astenuto, il maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl di conversione del decreto in materia di sostegno alle imprese e per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico. Il provvedimento, in scadenza il 28 marzo, passa alla Camera dove il governo porrà la fiducia il 22 marzo dopo le 17. L’esame del testo avrà inizio in Aula dalle 13.30.. 

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    Nave Carabiniere: Meloni, non è pacifismo, è idiozia

     “Insulti e sassi contro una fregata della Marina Militare italiana. Quanto avvenuto a Taranto è un’offesa a chi ogni giorno, con indosso una divisa, difende l’Italia con coraggio e sacrificio. Questo non è pacifismo, è idiozia”. Lo scrive su Twitter Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia.   

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    Si dimette consiglio Castelrotto in rotta con sindaco no vax

    (ANSA) – BOLZANO, 17 MAR – L’intero consiglio comunale di
    Castelrotto, in Alto Adige, si è dimesso in protesta contro il
    sindaco Andreas Colli, che in questi mesi ha assunto in più
    occasioni posizioni no vax. La famosa goccia che ha fatto
    traboccare il vaso – scrive il portale news Salto.bz – sarebbe
    stato il diniego del primo cittadino di farsi vaccinare,
    nonostante abbia più di 50 anni. In merito all’obbligo di Super
    green pass in consiglio comunale, Colli aveva risposto che
    l’avrebbe controllato lui di persona. All’ultima seduta però non
    avrebbe controllato i qr dei consiglieri e non avrebbe neanche
    lasciato l’aula. A questo punto le delibere rischiavano di
    essere annullate. Nei prossimi giorni la giunta provinciale
    dovrà nominare un commissario che guiderà il centro turistico
    alle elezioni comunali. Secondo Salto.bz, Colli potrebbe
    ricandidarsi con una lista no vax. (ANSA).   

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    Ucraina: bimbi profughi 'quando rivedremo nostri genitori?'

    (ANSA) – CUNEO, 17 MAR – “Quando torneremo a casa? Quando
    rivedremo i nostri genitori? Perché non applicate la no fly
    zone?”. Sono le tante domande rivolte ieri sera
    all’europarlamentare Antonio Tajani e al governatore del
    Piemonte Alberto Cirio dai giovanissimi ucraini. Profughi
    arrivati a La Morra, in provincia di Cuneo, grazie a una
    missione umanitaria organizzata dalla Juventus.   
    Sessanta minori, alcuni arrivati in Piemonte senza i
    genitori, che la missione umanitaria della Juventus ha raccolto
    nel fine settimana nella città ungherese di Zahony anche in
    seguito a una richiesta di aiuto della Federazione Calcio
    ucraina per portare in salvo i bambini e i ragazzi delle scuole
    calcio evacuati da Kiev, Kharkiv e dalle altre zone colpite dai
    bombardamenti.   
    Con loro anche trenta adulti, soprattutto mamme, ospitati
    grazie alla Protezione civile all’hotel Santa Maria. “Per
    favore, fate finire la guerra il prima possibile”, è l’appello
    di una mamma. I ragazzi hanno già iniziato le prime lezioni di
    italiano e sono seguiti da due interpreti. “Bisogna lavorare
    molto. E pregare. L’Europa ha emesso sanzioni contro la Russia
    per convincere Putin a sedersi a un tavolo e trovare la pace –
    ha risposto Tajani -. Al Parlamento europeo abbiamo votato tutti
    a favore dell’ingresso dell’Ucraina nella Ue: se accadrà ci
    saranno nel parlamento i vostri rappresentanti, magari in futuro
    qualcuno di voi”. (ANSA).   

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    Domani Cdm road map Covid, venerdì taglia-prezzi e rifugiati 

    Si va verso due Consigli dei ministri questa settimana: secondo quanto si apprende da fonti di governo, un primo Consiglio dei ministri si terrà domani, per definire la road map dell’uscita dall’emergenza Covid. E una seconda riunione del Cdm ci sarà poi venerdì pomeriggio, con il decreto ‘taglia-prezzi’ per bollette e carburanti – su cui sono ancora al lavoro Mite e Mef – e le altre misure per fronteggiare l’impatto della guerra in Ucraina, compreso il nuovo intervento per l’accoglienza dei rifugiati.
    “Domani il Cdm definirà un cronoprogramma di uscita dallo stato di emergenza che non verrà rinnovato, ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, alla Camera. Le Regioni chiedono al governo, “ove le condizioni epidemiologiche lo permettano”, di “ipotizzare l’abbandono delle restrizioni entro Pasqua”. Nel documento inviato al Governo le Regioni chiedono di eliminare le comunicazioni del bollettino quotidiano sui dati Covid, monitorando l’andamento di incidenza e occupazione dei posti letto ospedalieri su base settimanale, di mantenere la misura dell’isolamento solo per i soggetti positivi al Covid e sintomatici e di aggiornare il Sistema di monitoraggio “rispetto al contesto attuale”, semplificandolo ulteriormente. Tra le altre proposte la rimodulazione graduale dell’obbligo del possesso del Green Pass, a partire dall’eliminazione per l’accesso ad attività che si svolgono esclusivamente all’aperto (come la ristorazione), ad eccezione dei contesti che per propria natura sono a rischio di assembramenti (stadi, concerti, parchi di divertimento), per i quali si potrebbe valutare l’introduzione del Green pass base invece di quello rafforzato, per arrivare al suo superamento nelle settimane successive alla scadenza dello stato di emergenza

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    Milioni di rifugiati e aiuti sui treni di Kamyshin

    I cambi di programma dell’ultimo minuto sono all’ordine del giorno, i piani devono essere costantemente aggiornati perché gli attacchi dei russi colpiscono i binari e le stazioni continuamente. Per Oleksandr Kamyshin, 37enne presidente della rete ferroviaria ucraina, evitare la routine che l’esercito di Mosca potrebbe intercettare fa la differenza tra la vita e la morte. Finora, secondo la sua stima, il personale ferroviario ha aiutato a spostare due milioni e mezzo di rifugiati ucraini lontano dai bombardamenti.
    Ma le ferrovie non fanno solo muovere le persone in fuga dalla guerra: consegnano tonnellate di aiuti alle aree del Paese sotto attacco, trasportano le truppe nelle città del fronte e continuano ad esportare tutto ciò che l’Ucraina può produrre in queste condizioni di guerra.
    L’enorme operazione per far spostare esseri umani e merci sta però avendo un alto costo in termini di vite umane: dall’inizio dell’invasione, 33 dipendenti delle ferrovie sono rimasti uccisi sotto i colpi di artiglieria. Lo stesso Kamyshin rischia la pelle ogni giorno: si muove tra una stazione e l’altra circondato dalle guardie del corpo, i russi lo vorrebbero eliminare. “Dobbiamo essere più veloci di quelli che cercano di trovarci. La nostra gente rischia la vita. Va sotto i bombardamenti, continua a salvare la gente”, racconta alla Bbc.
    Nel giro di tre settimane, da quando è stato sferrato l’attacco russo, il presidente della rete ferroviaria è diventato uno degli uomini più importanti dell’Ucraina. Gli è bastata una manciata di giorni per passare dall’organizzazione della riforma del settore ferroviario alla strategia delle operazioni di guerra. “Tutte le persone in Ucraina erano uomini d’affari, agricoltori, professionisti prima che iniziasse l’invasione – osserva -, ora sono tutti in guerra. Tutti noi abbiamo iniziato a fare la guerra”. E la sua vita è balzata in trincea da un momento all’altro, senza il tempo per tornare a casa dalla moglie e i due figli dal 24 febbraio scorso.
    Lui si presenta come un uomo che sta pianificando una lunga campagna: “Invece dei porti marittimi andiamo a ovest – spiega – abbiamo lanciato un programma per trasferire la produzione da est a ovest. Così possiamo spostare persone, idee, piani, forse macchinari per lanciare una nuova produzione a ovest”. Un progetto ambizioso che potrebbe essere essenziale per la sopravvivenza economica del Paese. Del resto la ferrovia è il più grande datore di lavoro dell’Ucraina, con 231.000 dipendenti in 603.470 chilometri quadrati di territorio, il secondo più grande d’Europa.
    Ma intanto Kamyshin, come tutti gli ucraini, ritiene che l’Occidente debba fare di più che fornire armi e aiuti umanitari e vorrebbe che l’alleanza militare della Nato imponesse una no-fly zone. “Questa guerra sarà vinta dall’Ucraina in ogni caso. Continueremo a riparare i binari una volta che il fuoco sarà cessato, terremo i treni in funzione il più a lungo possibile. Non c’è altra opzione per noi”, assicura il presidente della rete ferroviaria ucraina.   

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    Moro: 44 anni fa l'agguato di via Fani

    Sono passati 44 anni dall’agguato di via Fani, nel quale Aldo Moro, presidente della Dc, fu sequestrato dalle Brigate Rosse e i suoi cinque uomini di scorta furono trucidati dal un commando di terroristi delle Brigate Rosse. Era il 16 marzo 1978  
    Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, – comunica una nota del Quirinale – ha disposto la deposizione di una corona di fiori in via Mario Fani dove le Brigate Rosse sequestrarono l’allora Presidente della Democrazia Cristiana uccidendo cinque agenti della sua scorta.  
       “Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi. L’Italia si ferma a ricordare il loro sacrificio in via Fani, il destino di famiglie straziate dalla follia criminale brigatista e i giorni più duri della nostra storia repubblicana”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd, Enrico Letta, nell’anniversario del sequestro di Aldo Moro. 
    “Il 16 marzo 1978 è una data indelebile nella memoria e nella coscienza del nostro Paese. Il rapimento di Aldo Moro si consumò in pochi tragici minuti, a cui seguirono i 55 lunghi e dolorosi giorni della prigionia conclusasi con l’uccisione dello statista ad opera delle Brigate Rosse. Questa pagina tragica della storia del nostro Paese rappresenta un monito costante sui rischi a cui può essere esposta una democrazia, anche solida. Per questo motivo è importante ricordare il sacrificio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Domenico Ricci e Oreste Leonardi. Non si tratta di un mero omaggio rituale ma l’occasione per ribadire l’impegno nella difesa delle Istituzioni democratiche da possibili nuove derive eversive e nel perseguire altresì la verità e la giustizia sulle vicende degli anni “di piombo”. Aldo Moro diceva che la verità è sempre illuminante e ci aiuta ad essere coraggiosi. Ritengo che questa verità non sia soltanto un atto dovuto nei confronti delle vittime e dei loro familiari, ma anche uno strumento indispensabile per rendere sempre più forte e salda la nostra democrazia”. Lo scrive in una nota il presidente della Camera, Roberto Fico. 
    “Il 16 marzo di 44 anni fa l’intero Paese si fermava davanti al più grave attacco subito dalla Repubblica. L’agguato di via Fani, il rapimento di Aldo Moro e il sacrificio della sua scorta hanno cambiato per sempre la nostra storia. L’Italia non dimentica”. Così in un post il Presidente del Senato Elisabetta Casellati.  
    “L’Italia ricorda la strage di via Fani: il 16 marzo di 44 anni fa le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro e uccisero gli agenti della sua scorta. Onoriamo il sacrificio di cinque servitori dello Stato, ci stringiamo alle loro famiglie e ricordiamo una delle pagine più buie della storia repubblicana, purtroppo segnata dalla furia cieca del terrorismo rosso e della violenza politica”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

     

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    Il modello di neutralità di Austria e Svezia

    (ANSA) – ROMA, 16 MAR – Austria e Svezia – i cui modelli sono
    stati evocati oggi da Mosca per l’Ucraina ma rifiutati da Kiev –
    sono arrivati alla scelta della neutralità attraverso percorsi
    politici molto diversi.   
    Quella austriaca fu una scelta condizionata da un compromesso
    politico. Vienna si liberò dell’occupazione di Usa, Gran
    Bretagna, Francia e Urss successiva alla Seconda guerra mondiale
    grazie alla firma, da parte delle potenze occupanti, del
    Trattato di stato del 15 maggio 1955. Un mese prima i sovietici
    avevano chiesto a Vienna di sottoscrivere il Memorandum di Mosca
    con l’obiettivo di impedirle l’adesione alla Nato dopo il ritiro
    alle truppe di occupazione: un percorso analogo a quello
    probabilmente immaginato da Vladimir Putin e messo sul tavolo
    dei colloqui dalla delegazione russa.   
    Il 26 ottobre 1955 fu promulgata a Vienna la Dichiarazione di
    neutralità, un atto costituzionale del parlamento austriaco che
    quindi non poggia, sotto il profilo giuridico, su un accordo
    internazionale. Si tratta di una legge fondamentale dello Stato
    che sancisce l’impegno perpetuo a rimanere fuori da qualsiasi
    conflitto, a non aderire ad alleanze militari e a non ospitare
    sul territorio nazionale basi militari straniere.   
    La Svezia invece, quando scoppiò la Seconda guerra mondiale,
    era neutrale da più di un secolo, dalla fine delle guerre
    napoleoniche, e non prese parte al conflitto anche se nella
    prima fase concesse alcune facilitazioni logistiche alla
    Germania e in seguito, a partire dal 1944, agli Alleati. Una
    posizione ribadita nel 1949 quando Stoccolma si rifiutò di
    entrare nella Nato. Secondo il diritto internazionale, la Svezia
    si è impegnata a una “neutralità convenzionale” e quindi non a
    una neutralità permanente. Come membro dell’Unione europea è tra
    i promotori di un’intensificazione della politica comunitaria di
    difesa e sicurezza e le truppe svedesi – assieme a quelle
    finlandesi, norvegesi, estoni e irlandesi – partecipano al
    battaglione nordico. A partire dal 2015, a seguito
    dell’attivismo militare russo, sono state aumentate le spese
    militari ed è stato rafforzato il dispositivo a difesa della
    strategica isola di Gotland, nel mar Baltico. A seguito
    dell’invasione russa dell’Ucraina ha ripreso quota in Svezia il
    dibattito sull’adesione all’Alleanza anche a seguito dell’invio
    di armi a Kiev. (ANSA).