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    Servizi tedeschi, intercettazioni confermano crimini Bucha

    L’intelligence estera tedesca BND ha informazioni sulle atrocità commesse nel villaggio di Bucha che dimostrerebero un metodo consolidato dell’esercito russo. Secondo quanto riporta Spiegel, la BND avrebbe intercettato trasmissioni radio del personale militare russo in cui si discuteva di omicidi di civili a Bucha. Alcune delle conversazioni radio sarebbero legate a specifici cadaveri fotografati a Bucha. Il materiale dimostrerebbe anche che membri delle truppe mercenarie russe “Wagner” erano significativamente coinvolti nelle atrocità. Come suggerisce Spiegel, il materiale in possesso del BND suggerirebbe che gli omicidi di civili non siano stati né casuali né azioni di singoli soldati.
    I soldati parlerebbero delle atrocità come se stessero parlando della loro vita quotidiana, questo indicherebbe che le uccisioni di civili siano diventate parte delle azioni abituali dell’esercito russo. Omicidi e crudeltà sarebbero così parte di una chiara strategia con l’obiettivo di diffondere paura e terrore tra la popolazione civile e quindi soffocare la resistenza. Spiegel scrive che il BND ha presentato il materiale mercoledì a un organo parlamentare. 
    C’è anche un riferimento all’immagine divenuta simbolo dell’orrore compiuto dai soldati russi a Bucha nelle intercettazioni del Bnd, i servizi segreti tedeschi, diffuse dallo Spiegel. La foto di un corpo senza vita accanto alla sua bici ha fatto il giro del mondo nel giorno in cui è stata scoperta la strage di civili nella città. E tra i dialoghi via radio tra i militari, intercettati dall’intelligence di Berlino, c’è quello di un soldato che dice a un commilitone che lui e i suoi colleghi hanno sparato all’uomo in bici. In un’ altra intercettazione viene invece indicato il metodo da seguire con i militari ucraini: prima si interrogano i soldati, poi si spara.

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    Amato, preoccupa tenuta ordinamenti europei

    Al di la delle sue “tante tragiche sofferenze” il conflitto in Ucraina “getta non poche preoccupazioni sull’avvenire, anche per la tenuta degli ordinamenti costituzionali europei”. L’allarme è del presidente della Consulta Giuliano Amato, che cita l’uscita della Russia dal Consiglio d’Europa, paventando le conseguenze che potrebbero venire “anche nella partecipazione della Corte costituzionale russa alle sedi rappresentative delle stesse Corti”. “E’ di particolare importanza – avverte- che rimanga salda la collaborazione reciproca delle Corti appartenenti all’Unione europea”.
    I timori per le conseguenze della guerra Amato li esplicita nella relazione sull’attività della Consulta nel 2021, che sta per leggere alla riunione straordinaria della Corte Costituzionale , alla presenza del presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato. Amato ricorda che l’articolo 4 del Trattato europeo ci impone di salvaguardare le nostre identità nazionali ma “viene dopo l’articolo 2, che enuncia i nostri principi e valori comuni: rispetto della dignità, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, rispetto dei diritti umani e delle minoranze”; valori comuni a “una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. È sull’equilibrio fra tutela delle identità nazionali e rispetto dei valori comuni – osserva il presidente – che si regge l’unità nelle diversità della nostra Unione”.
    Nella relazione- disponibile sul sito della Corte, in inglese e in podcast, come annuncia l’ufficio stampa in un comunicato- Amato sottolinea anche che “sulla fiducia nel dialogo, nel confronto degli argomenti e valori si fonda la civiltà che la nostra Costituzione, insieme ad altre, ha contribuito a costruire in Europa sulla base della forza del diritto”. Le ragioni della giustizia e di un mondo non più affidato alla vendetta ma alla parola, al dialogo e al confronto sono valori che “oggi più che mai hanno bisogno di essere riaffermati”. E saranno al centro del concerto, voluto anche dalla Consulta, che Nicola Piovani terrà a luglio nella piazza del Quirinale . Un luogo simbolico, perchè lì “si affacciano le due istituzioni che,secondo la nostra Costituzione, sono garanti dei suoi stessi principi”. (ANSA).   

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    Orsini 'bimbi felici anche in dittatura', ira di Rai3

    Dopo le polemiche per il contratto con la Rai per gli interventi a Cartabianca, poi bloccato dall’azienda, Alessandro Orsini torna a far discutere per l’intervento di ieri al talk show condotto da Bianca Berlinguer su Rai3. Nel mirino, in particolare, un passaggio in cui il docente di Sociologia del terrorismo alla Luiss ha parlato dei bambini vittime della guerra: “Preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in una democrazia. Per quanto sia innamorato della civiltà liberale e abbia sempre promosso i valori del liberalismo, per me la vita umana, la vita dei bambini, è più importante della democrazia e della libertà, anche perché un bambino anche in una dittatura può essere felice, perché un bambino può vivere dell’amore della famiglia”.
    Frasi “riprovevoli, assolutamente incondivisibili, di cui il professor Orsini si assume naturalmente la responsabilità”, tuona il direttore di Rai3, Franco Di Mare, che prende le distanze e invita a “ripensare” il modello del talk show, “se il risultato cercato è unicamente quello dell’effettaccio a tutti i costi, magari nel tentativo di aumentare di mezzo punto lo share”. “Lungo questa china si può rischiare di arrivare a mettere a confronto la testimonianza di un sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti con l’opinione di un negazionista, in osservanza a un’idea distorta e malata del pluralismo delle posizioni”, aggiunge Di Mare, che nei giorni scorsi era intervenuto, d’intesa con l’ad Carlo Fuortes, decidendo di non dare seguito al contratto di Orsini: una scelta che aveva provocato il disappunto della Berlinguer.
    E anche oggi la giornalista si dissocia: “Trovo, come dire?, bizzarro che il direttore di una rete della Rai prenda le distanze da una trasmissione della stessa rete perché non condivide le opinioni espresse, all’interno di un dibattito plurale, da uno degli ospiti. Opinioni, per altro, contestate assai efficacemente da altri presenti in studio. E trovo ancora più eccentrico che le idee del direttore di rete sulla concezione del pluralismo e sulle sue regole vengano comunicate a un’agenzia di stampa, senza che, ancora una volta, la stessa conduttrice sia stata consultata in merito”. Le frasi del docente intanto sono rimbalzate sui social, dove in queste ore si moltiplicano in particolare i commenti critici. Orsini intanto torna sul tema con un post su Facebook: “Ieri sera a Cartabianca non ho detto che voglio che i bambini vivano sotto una dittatura. Questo è assolutamente falso. Ho detto che preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che sotto le bombe per esportare la democrazia occidentale. Ho poi aggiunto che un bambino può essere felice sotto una dittatura, ma non può esserlo sotto le bombe. In sintesi, preferisco che i bambini vivano in democrazia. Ma se l’alternativa è tra le bombe democratiche sulla testa dei bambini e la dittatura, che però assicura la pace sociale, preferisco, per i bambini e non per me, la dittatura”.   

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    Guerra gela il Pil. Ora 5 miliardi di aiuti ma pronti a fare di più

    La guerra gela le prospettive di crescita, gli scenari – tutti foschi – restano più incerti che mai e non è il momento di lanciarsi in grandi spese in deficit: presentando il secondo Def dall’avvio del governo, Mario Draghi e Daniele Franco assicurano 5 miliardi di nuovi aiuti subito e invitano i ministri a restare prudenti, garantendo comunque che c’è la “disponibilità totale” a fare “tutto il necessario per aiutare famiglie e imprese”. Insomma, per ora niente scostamento, che pure i partiti continuano a chiedere con forza, a partire dal Movimento 5 Stelle.
    Certo più in là, se dovessero servire altre risorse, “le troveremo come abbiamo fatto finora”, si limita a dire il ministro dell’Economia, annunciando che nel frattempo è stato prorogato di 10 giorni, fino al 2 maggio, il taglio da 25 centesimi delle accise su benzina e gasolio. Ma il disagio sociale che cresce – evidenziato in cabina di regia dal capodelegazione Pd Andrea Orlando – è ben presente nel governo, dice il premier, anche perché nelle sei settimane del conflitto in Ucraina è venuta meno una fiducia che era “ancora molto viva” all’inizio dell’anno. Anche le imprese “soffrono” e bisogna rafforzare gli interventi, osserva Franco che nel Def ha già indicato i capisaldi del prossimo decreto, da approvare entro aprile. Bollette e carburanti restano in cima alla lista, anche se bisognerà valutare l’andamento dei prezzi. In prospettiva dovrebbero rimanere alti ma rientrare dal boom di questi mesi, a meno che non si verifichi uno degli scenari avversi con il blocco delle forniture che porterebbe a un tracollo del Pil – sostenuto in gran parte peraltro dall’effetto trascinamento della perfomance da record del 2021 – di più di due punti, nella versione peggiore fino a un risicato +0,6%. Nell’elenco delle nuove misure entra anche il caro-materie prime, che zavorra le imprese e rischia di fermare gli appalti, compresi quelli del Pnrr. E poi, sfruttando il nuovo allentamento degli aiuti di Stato modello Covid, ci saranno nuove risorse per le garanzie sul credito, ma anche nuove tranche di aiuti per gestire l’accoglienza dei profughi.
    Lo spazio per queste politiche “espansive”, spiega Franco, viene proprio da una gestione “prudente” dei conti pubblici, forti anche delle entrate che continuano ad andare meglio del previsto: il nuovo decreto, anzi, darà una spinta al Pil dello 0,2%, portando la crescita programmata per il 2022 al 3,1% rispetto al 2,9% tendenziale. Certo si tratta di una previsione quasi dimezzata rispetto alla stima del 4,7% della Nadef. In questo quadro il debito, al 150,8% nel 2021 per effetto della revisione del Pil nominale effettuata dall’Istat, scenderà di 4 punti nel 2022 (al 146,8%) per continuare il suo percorso in calo in tutto il periodo fino al 141,2% del 2025. Nel frattempo non si è toccato “il percorso dell’indebitamento”, sottolinea ancora Franco. Il titolare di via XX settembre anche ai ministri nella cabina di regia che ha preparato il Consiglio dei ministri ha ribadito che non è il caso di alzare il deficit – rimasto fissato al 5,6% nel 2022 – anche perché a risentirne sarebbe lo spread, già in tensione nelle ultime settimane. Va bene essere cauti ora, gli hanno risposto sia il dem Orlando sia il capodelegazione Stefano Patuanelli, ma bisogna dire in modo chiaro che si è pronti a fare di più se necessario. Il ministro del Lavoro ha invitato a “non escludere” di ricorrere all’extra-deficit per attutire l’impatto sociale della guerra e arginare il rischio di nuove povertà. Il ministro dell’Agricoltura ha chiesto che il sostegno alla domanda sia una delle “priorità” del Def, approvato comunque all’unanimità dal Cdm. Pochi minuti dopo il leader 5S Giuseppe Conte ha fatto sapere che i 5 miliardi a disposizione (cu 9,5 di deficit, il resto è già stato impegnato per le coperture dei precedenti decreti bollette) “non sono sufficienti” e ha chiesto subito un nuovo “scostamento”. Parola che non viene mai pronunciata durante la conferenza stampa dal ministro dell’Economia e dal premier. Per ora si attende di capire se ci sarà una “risposta Ue”, un Recovery di guerra. E se non dovesse arrivare si cercherà un’altra via: fin qui si sono trovati già “15,5 miliardi. Nelle prossime settimane – conclude laconico – comprenderemo meglio le dimensioni dell’intervento necessario e come finanziarlo”.   

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    Fisco: è muro contro muro. Lega: 'Non ci sono condizioni per approvare delega'

    Non è stato trovato un accordo fra FI, Lega e le altre forze di maggioranza sul pacchetto di emendamenti alla delega fiscale proposto come mediazione dal governo. Nella seduta in programma fra pochi minuti si voteranno uno per uno i circa 440 emendamenti, secondo quanto conferma il presidente della commissione Luigi Marattin, che comunque ribadisce: “Fino all’ultimo le porte restano aperte”.
    “Nonostante la buona volontà messa in campo dal centrodestra, non ci sono le condizioni, al momento, per approvare la delega fiscale: chi cercherà forzature senza accordo di maggioranza si prenderà la responsabilità di mettere in difficoltà il governo”. Lo dichiarano i deputati della Lega Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli, rispettivamente capogruppo in commissione bilancio e vicepresidente della commissione Finanze alla Camera.
    “Uniti nel dire No a qualsiasi aumento della tassazione sulla casa e riforma del catasto, cancellazione delle cedolari sugli affitti e tassazione dei Bot. Il parere vincolante delle commissioni permanenti – aggiungono – diventa così fondamentale per il controllo del Parlamento e il sistema duale porterebbe a una graduale cancellazione di tutti i regimi con aliquote flat e proporzionali per milioni di contribuenti”.    

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    Legge elettorale: M5s chiede di fissare termine emendamenti

    M5s ha chiesto, durante la riunione dell’ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali della Camera, di riprendere l’esame della legge elettorale e di fissare il termine per gli emendamenti al testo base, il cosiddetto Germanicum, presentato dal presidente Giuseppe Brescia (M5s) nel gennaio 2019. La richiesta è stata avanzata dalla capogruppo Vittoria Baldino. 
    Dopo la richiesta avanzata da Baldino, si è aperto un breve dibattito in cui sono intervenuti Andrea Giorgis, responsabile riforme del Pd ed Emanuele Prisco di Fdi. Giorgis ha detto che i tempi non sono maturi per riaprire il dossier sulla legge elettorale, mentre Emanuele Prisco ha detto che “non è la priorità”. “Il correttivo al taglio dei parlamentari – ha detto all’ANSA Prisco – c’è già e oggi, con gli italiani alle prese con il caro energia, la guerra, le bollette che fanno chiudere le imprese, se la priorità è tornare alla prima repubblica con una legge che faccia rimanere al governo chi ha perso le elezioni, noi lo segnaliamo ai cittadini”. L’ufficio di presidenza si è concluso senza una decisione.
    Il Pd è pronto a discutere di legge elettorale, ma non è disponibile ad alcuna forzatura, che tra l’altro non porterebbe da nessuna parte”. Lo ha detto all’Ansa Andrea Giorgis, responsabile Pd per le riforme sintetizzando il proprio intervento in ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali della Camera dove M5s ha chiesto di fissare il termine per gli emendamenti alla legge elettorale. “Premesso che per il Pd – ha detto Giorgis – sarebbe utile discutere e vedere se ci sono condizioni per delle riforme costituzionali che pongano rimedio alle distorsioni conseguenti al taglio del numero dei parlamentari, come l’aumento dei poteri del Parlamento in seduta comune, o come la sfiducia costruttiva, se si vuole discutere allora si parta da lì. Abbiamo sempre detto che l’attuale legge elettorale non è delle migliori, ma occorre discuterne con profitto. Il Pd non è disponibile ad alcuna forzature e la elettorale, con tutte riforme, si cambia a larga maggioranza”.ù
    “La politica fa tutto quello che può per dimostrare che i cittadini non contano niente: mi piacerebbe sapere da Letta cosa pensa di chi dice, penso a Zingaretti, che il maggioritario è instabile. Mi chiedo, ma è normale che in Italia si abbia il costume indegno di cambiare la legge elettorale ogni volta? “. Così la leader di FdI, Giorgia Meloni alla presentazione del Rapporto 2022 Iri Freedoms at risk: the challenge of the century organizzata da Fondazione Fare Futuro. “La legge elettorale deve essere maggioritaria”, aggiunge.
       

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    Il Family Act è diventato legge, riforma organica per famiglie

    Per la prima volta, e da oggi con il voto del Senato è realtà, l’Italia si dota di una riforma organica delle politiche per la famiglia, che prevede un potenziamento del sistema del welfare, con l’introduzione dell’assegno unico e universale, il sostegno alle spese per i percorsi educativi dei figli, la revisione dei congedi parentali con la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura dei figli per entrambi i genitori, misure di incentivo al lavoro femminile e infine il tema della formazione e della emancipazione giovanile. L’assegno unico e universale – che è già in vigore e può essere richiesto dai nuclei familiari di cittadini italiani o con permessi di soggiorno, residenti in Italia, con a carico un figlio minore (a partire dal 7° mese di gravidanza), o un figlio entro i 21 anni di età – sostituisce le detrazioni Irpef sui figli a carico; gli assegni al nucleo per figli minori; gli assegni per le famiglie numerose; il Bonus Bebè; il premio alla nascita e il fondo natalità per le garanzie sui prestiti, con un’unica prestazione calcolata sulla base dell’Isee.
    Con il Family Act vengono inoltre rivisti e rafforzati i congedi parentali di maternità e di paternità fino al compimento dei 14 anni del figlio; vengono introdotte detrazioni fiscali per le spese legate all’istruzione universitaria e per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale o, per le giovani coppie composte da soggetti aventi entrambi età non superiore a 35 anni alla data di presentazione della domanda, per l’acquisto della prima casa. Il Family Act prevede anche misure premiali per i datori di lavoro che realizzino politiche atte a promuovere una piena armonizzazione tra vita privata e lavoro, quali, ad esempio, il lavoro flessibile. Inoltre una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese verrà riservata all’avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni; premi anche per chi incentiva il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno. “Ringrazio per il contributo trasversale di ricomposizione delle posizioni a livello parlamentare. La riforma del Family Act deve essere di tutti, non deve avere l’identità di una parte politica, perché è un riforma di cui tutti noi ci dobbiamo rendere responsabili, è una riforma per il Paese di oggi e per il Paese di domani. Attraverso questo voto proponiamo un nuovo modo di fare politica che richiede mediazione, onestà, attenzione ai tempi e rispetto delle parole, come diceva Tina Anselmi”, ha commentato la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti a Palazzo Madama.
    Dopo l’approvazione il leader di Iv Matteo Renzi ha twittato: “Un’altra idea pensata e presentata alla Leopolda diventa legge dello Stato. Dalla Leopolda alla Gazzetta ufficiale: il Family act. Grazie a Elena Bonetti e a tutta Italia viva. E grazie anche alla Leopolda, vivaio di idee e di speranze”. La presidente della commissione Lavoro, Susy Matrisciano del M5s che è anche relatrice del provvedimento ha sottolineato che “il Family Act riguarda la vita quotidiana di milioni di mamme e papà”.   

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    Roma capitale: relatori presentano testo base

    I relatori alla riforma costituzionale che conferisce i poteri legislativi a Roma capitale, analoghi a quelli di una Regione, Annagrazia Calabria e Stefano Ceccanti, hanno presentato il testo base in Comitato ristretto, testo che sarà sottoposto al voto la prossima settimana nella Commissione plenaria. Il testo prende le mosse da ddl a prima firma Paolo Barelli, uno dei quattro depositati.
    “E’ un ottimo punto di partenza dopo mesi di dibattito e di ascolto preziosissimo delle diverse istanze istituzionali – ha detto Calabria all’ANSA – . Tempi maturi e c’è l’opportunità per una riforma epocale. Ora o mai più”.