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    Papa accetta rinuncia card. Bassetti da arcivescovo Perugia

    (ANSA) – PERUGIA, 27 MAG – Papa Francesco ha accettato la
    rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi metropolitana di
    Perugia-Città della Pieve, presentata dal cardinale Gualtiero
    Bassetti, che è anche il presidente uscente della Cei ora
    sostituito dal card. Matteo Maria Zuppi. Bassetti ha compiuto 80
    anni lo scorso 7 aprile. (ANSA).   

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    Sardegna: sospeso consigliere Udc-Sardegna al centro

    (ANSA) – CAGLIARI, 27 MAG – La presidenza del Consiglio dei
    ministri ha notificato al Consiglio regionale della Sardegna la
    sospensione di Antonello Peru, il consigliere recentemente
    condannato per tentata concussione. Per effetto della legge
    Severino, l’esponente di Udc-Sardegna al Centro starà fuori
    dall’Assemblea sarda per 18 mesi e ritornerà a sedere tra i
    banchi del Consiglio quando mancherà poco al termine della
    Legislatura.   
    Peru sarà sostituito da Marco Tedde (Forza Italia) primo dei non
    eletti nel 2019 nella lista di FI, circoscrizione di Sassari,
    già consigliere nella passata legislatura ed ex sindaco di
    Alghero. L’insediamento di Tedde avverrà solo dopo la riunione
    della Giunta delle elezioni incaricata di individuare
    formalmente il primo dei non eletti nella circoscrizione di
    Peru. Il giuramento di Tedde è previsto in una delle prossime
    sedute del Consiglio regionale. (ANSA).   

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    Draghi vede l'orizzonte schiarito, accordo su fisco e balneari

     Dopo l’intesa sui balneari e sul fisco, Mario Draghi vede un orizzonte “sensibilmente schiarito” sul fronte delle riforme e può rilanciare l’impegno del governo nel “fare quello che serve all’Italia”. Uno sprint che il premier vuole imprimere all’ultima parte della legislatura per far fronte alla crisi e portare a casa tutti i fondi del Pnrr, uno degli obiettivi principali del suo esecutivo. “Siamo qui per questo, non per stare fermi”, dice al congresso nazionale della Cisl. Dove annuncia anche un calo della pressione fiscale dello 0,4%, la “riduzione più consistente degli ultimi sei anni”.    Parole che risuonano – senza esserlo – come una risposta al leader della Lega Matteo Salvini che, dopo l’intesa sulla concorrenza, torna in pressing per la “pace fiscale”.   
    “Senza la pace fiscale si rischia di massacrare gli italiani. Che il governo non si sia ancora occupato del tema mi stupisce”, dichiara Salvini. Il presidente del Consiglio, rimarca lo sforzo fatto dall’esecutivo per far fronte alla crisi economica e energetica, amplificata dalla guerra in Ucraina: “Con la riforma dell’Irpef abbiamo sostenuto i redditi delle famiglie, soprattutto le più deboli. Questi maggiori trasferimenti valgono a regime quasi 14 miliardi di euro e rendono il nostro sistema fiscale più razionale e progressivo”. Quindi, ricorda la riduzione dei contributi a carico dei lavoratori per il 2022, decisa per sostenere i salari; l’ampliamento della platea di coloro che possono attingere al bonus sociale per tutelare i cittadini dai rincari energetici; il taglio delle accise sui carburanti; e l’indennità una tantum da 200 euro “per 28 milioni di italiani”.

    Agenzia ANSA

    Il testo finale rimanda ai decreti attuativi la definizione degli indennizzi, senza riferimenti all’avviamento dell’attività, al valore dei beni, a perizie e scritture contabili (ANSA)

      

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    Concessioni balneari, raggiunta l'intesa di maggioranza

    Trovata a fatica l’intesa di maggioranza sulle concessioni balneari. Come spiegato da vari partecipanti alla riunione con il governo, il testo finale rimanda ai decreti attuativi la definizione degli indennizzi, senza riferimenti all’avviamento dell’attività, al valore dei beni, a perizie e scritture contabili. Ora l’emendamento passerà alla commissione Bilancio del Senato per il parere e in mattinata lo approverà la commissione Industria che completerà l’esame del ddl concorrenza.   Tuona l’opposizione, con la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “Quello raggiunto dalla maggioranza sulle concessioni balneari è un accordo ridicolo e vergognoso. Rimandare la questione degli indennizzi addirittura al Governo, con il rischio più che concreto che questi vengano fortemente osteggiati dalla Commissione europea e non vedano mai la luce, vuol dire lasciare totalmente senza tutele i concessionari attuali, che si vedranno in buona parte espropriate le loro aziende a favore delle multinazionali straniere”, ha detto Giorgia Meloni, che ha aggiunto: “Ora lo Stato espropria i privati a vantaggio di altri privati, più grandi e più forti”.
    Fatto l’accordo sulle concessioni balneari, si tenta ora di trovare un accordo anche sul fisco. Palazzo Chigi, a quanto si apprende da fonti di governo, sta convocando i rappresentanti della maggioranza per una riunione questa sera. L’ obiettivo del governo sarebbe chiudere anche sulla delega fiscale, che sarà l’oggetto della riunione di questa sera con il sottosegretario Roberto Garofoli 

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    Conte contestato da 'no-vax, 'orgoglioso del lavoro fatto”

    (ANSA) – JESI, 26 MAG – Un gruppetto di una ventina di
    persone, no-vax e no-Green pass, hanno contestato il presidente
    del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte intervenuto a Jesi
    (Ancona) per ‘lanciare’ la lista “Jesi Respira”, appoggiata
    anche da Europa Verde, a sostegno del candidato sindaco, il
    consigliere uscente Pd, Lorenzo Fiordelmondo che correrà alle
    amministrative del prossimo 12 giugno. “Vattene”, “vergogna”,
    “ho perso il lavoro per causa tua”, hanno gridato i
    contestatori, a fronte invece di tanti che hanno applaudito e
    sostenuto l’ex premier in piazza.   
    Urla e fischi proseguiti mentre Conte rispondeva ai cronisti:
    un sostenitore della lista avversaria “lavoro e libertà” si è
    presentato con microfono e amplificatore per contestare. Una
    “M5s pentita” ha scritto in un cartello “Esci dal governo”.   
    “Mi hanno detto che sono dei no-vax – ha replicato il
    presidente M5s a stretto giro di posta -, convinti assertori di
    posizioni anti-scientifiche. Questo mi rende anche più
    orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto insieme alla comunità
    nazionale: se le scelte fossero state affidate a loro saremmo
    tutti andati a rotoli”. Durante questa contestazione, monitorata
    da agenti di polizia in borghese, c’è stato qualche momento di
    tensione ma non si sono registrati disordini. (ANSA).   

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    De Mita, l'intellettuale che guidò la Dc e il Governo

    Gianni Agnelli lo definì, con ironia sabauda, “il tipico intellettuale della Magna Grecia”, e nonostante Ciriaco De Mita abbia ricoperto tutti gli incarichi politici e istituzionali possibili, tranne la Presidenza della Repubblica, la definizione di Agnelli coglie il segno. L’ex premier ed ex segretario della Dc è stato il politico della Prima Repubblica che più di altri ha cercato di coniugare l’azione politica con la riflessione accademica, alla ricerca di innovazioni sociali e politiche, il tutto mixato dal suo carattere spigoloso. Non da ultimo è colui, da segretario Dc, che portò in campo due “professori”, Romano Prodi e l’attuale inquilino del Quirinale Sergio Mattarella.    Nato a Nusco, in provincia di Avellino il 2 febbraio 1928, De Mita dopo il liceo vinse una borsa di studio per seguire i corsi della Cattolica di Milano, fucina di una schiera di esponenti del cattolicesimo democratico “figliocci” di Giuseppe Lazzati, che seppero coniugare l’impegno sociale e politico a quello all’interno della Chiesa che si avviava verso il rinnovamento del Concilio Vaticano II. Iscritto giovanissimo alla Dc, nel 1953 è tra gli aderenti alla corrente “Base” di Giovanni Marcora, il partigiano Albertino, che voleva evitare una deriva conservatrice del partito dei cattolici. La brillantezza intellettuale, quella dei suoi interventi congressuali, lo portò a scalare del gerarchie scudocrociate, fino alla sua prima elezione nel 1963 alla Camera, dove sedette ininterrottamente fino al 1994. Nel 1969 promosse il cosiddetto Patto di San Ginesio tra i quarantenni per sottrarre il controllo del partito ai dorotei, e nel 1973 divenne vicesegretario Dc. In quegli anni fu più volte al governo (Ministro dell’Industria, Commercio estero, del Mezzogiorno, finché nel 1979 tornò all’impegno nel partito come vicesegretario e nel 1982 finalmente segretario, incarico che ricoprì fino al febbraio 1989.    In quel ruolo De Mita cercò di rinnovare la Dc: il superamento dell’esasperante frazionamento correntizio poteva essere perseguito con un rinnovato collegamento con la società civile. Ed ecco la sua chiamata del professore Prodi all’Iri e poi come ministro, o quella del giurista Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, a ripulire la Dc palermitana. De Mita era convinto della necessità di superare la “conventio ad excludendum” del Pci, sulla linea di Aldo Moro, e questo lo portò a scontrarsi con il segretario del Psi Bettino Craxi, che invece aveva lanciato la “competition” a sinistra con i comunisti. Questo non impedì a De Mita di diventare Presidente del Consiglio nell’aprile del 1988, mentre era ancora segretario del suo partito, unico a ricoprire il doppio incarico dopo Fanfani. Ma già nel febbraio 1989 la corrente di Gava, Forlani e Andreotti sconfisse De Mita al congresso Dc e, dopo aver ceduto l’incarico di segretario, nel luglio successivo dovette cedere quello di presidente del Consiglio in favore di Andreotti, un governo che avviò il cosiddetto CAF (Craxi-Andreotti-Fornali) che gestì la fase finale della Prima Repubblica.    De Mita fu impegnato nelle riforme istituzionali, e appena nominato a Palazzo Chigi nel 1988 le Br uccisero il suo consigliere Roberto Ruffilli, teorico dell’uninominale. De Mita guidò nel 1992 la Bicamerale per le riforme costituzionali, la cui guida poi passò a NIlde Iotti, ma dopo l’approvazione della legge elettorale Mattarella nel 1993 il presidente Scalfaro sciolse le Camere sull’onda di Tangentopoli. La scesa in campo di Silvio Berlusconi contribuì a spazzar via i vecchi partiti, e De Mita dopo due anni sabbatici fu di nuovo in Parlamento nel 1996 prima con il Ppi, poi con la Margherita, fino al 2008, quando il segretario del nuovo partito, il Pd, Walter Veltroni, non volle ricandidarlo, cosa che spezzò il legame con il centrosinistra di De Mita. La passione per la politica lo spinse tuttavia negli ultimi anni di vita a candidarsi e a essere eletto sindaco della sua Nusco, un ritorno nella sua Magna Grecia.    

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    E' morto l'ex premier Ciriaco De Mita

    L’ex presidente del Consiglio e segretario della Dc, Ciriaco De Mita, è morto questa mattina alle 7 nella sua abitazione di Nusco, in provincia di Avellino, città di cui era sindaco. Lo ha reso noto il vice sindaco, Walter Vigilante. De Mita era stato sottoposto a febbraio scorso a un intervento chirurgico per la frattura di un femore a seguito di una caduta in casa.
    Secondo quanto si è appreso successivamente, De Mita è morto nella casa di cura Villa dei Pini di Avellino e non nella sua abitazione di Nusco. De Mita stava seguendo un percorso di riabilitazione dopo la frattura del femore per la caduta dello scorso febbraio.

    Quelli della vecchia guardia Dc: politica e’ altro

    De Mita back in action, e’ sindaco di Nusco

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    Balneari: non c'è intesa, corsa contro il tempo per il voto

    “Residuo”. In una corsa contro il tempo, l’ultimo negoziato sulle concessioni balneari si sta consumando attorno a questo aggettivo, legato al valore in base al quale saranno calcolati gli indennizzi per le aziende che non otterranno il rinnovo dopo anni di attività, quando dal 2023 scatteranno le gare. Il governo lo ha inserito per chiarire che si tratta di una valutazione al netto degli ammortamenti, una soluzione che non sta bene a Lega e Forza Italia. L’intesa dunque manca ancora e per l’ultimo tentativo c’è lo spazio di una notte o poco più, perché la commissione Industria del Senato, da programma, domani dovrebbe concludere l’esame del ddl concorrenza, e oltre al nodo balneari manca anche l’accordo sulle nomine dei componenti delle authority. Lunedì il provvedimento deve andare in Aula per l’approvazione, e torna il rischio che il governo blindi il testo base ponendo la fiducia. Sui motivi per cui i Comuni possono avere una deroga al massimo di un anno per le gare, fino al 31 dicembre 2024, sembra sia stato trovato un equilibrio. Non sugli indennizzi. Il viceministro allo Sviluppo economico Gilberto Pichetto (FI), che ieri ha presentato alla maggioranza l’ultima proposta di mediazione da parte del governo, in ventiquattro ore ha tentato di sistemare il testo con almeno altrettante versioni. Pichetto conta di arrivare all’intesa in tempo. Non appena sarà pronto un nuovo testo, servirà l’ennesima riunione di maggioranza domani di primo mattino, se non nella notte. E poi il parere della commissione Bilancio. I
    ntanto una giornata di confronti non è bastata, invano il senatore di Leu Vasco Errani ha provato a convincere i colleghi di FI e Lega dell’opportunità di considerare il valore al netto degli ammortamenti. “Ancora non c’è accordo, e non ci può essere se si parla di valore residuo. Si deve parlare di valore dei beni e basta”, avvertiva il forzista Massimo Mallegni mentre la commissione in serata chiudeva i lavori dopo aver approvato vari altri articoli di un provvedimento chiave per il Pnrr. Fra questi anche quelli su concessioni della distribuzione del gas naturale, dove gli indennizzi per gli enti locali sono calcolati appunto sul “valore residuo”. “Ma per le spiagge è un’altra cosa, ci sono investimenti che sono stati autorizzati senza vincolo da parte degli enti locali”, ha notato Mallegni, da sempre schierato a difesa dei balneari. Che, con le associazioni di categoria, in queste ore hanno contestato la soluzione percorsa dal governo, indirizzata dalla direttiva europea Bolkestein e dalla conseguente sentenza con cui a novembre il Consiglio di Stato ha stabilito che le concessioni in essere sono efficaci fino alla fine dell’anno prossimo e non, come prorogato dal Conte I, fino al 2033. Contro quella sentenza è fallito anche il blitz di FdI: la Corte costituzionale ha dichiarato “inammissibile” l’impugnazione da parte di sette parlamentari guidati da Riccardo Zucconi, secondo cui il Consiglio di Stato avrebbe bypassato il Parlamento. Per la Consulta c’è un “difetto di legittimazione dei ricorrenti a far valere prerogative non loro, ma della Camera di appartenenza”. La partita sul ddl concorrenza (che alla Camera vivrà un secondo tempo altrettanto teso, la Lega chiede lo stralcio della norma sui taxi), si intreccia politicamente con quella della delega fiscale. Dopo vari rinvii, è stata nuovamente calendarizzata alla Camera il 20 giugno. Prima che riprenda l’iter in commissione Finanze servirà però una riunione di maggioranza per ratificare il nuovo accordo: la mediazione sul catasto definita da Palazzo Chigi con Lega e FI, andrà integrata con modifiche chieste dagli altri gruppi. E inoltre nell’agenda della commissione Finanze viene prima l’esame del dl aiuti, un provvedimento piuttosto articolato, in cui il M5s punta a inserire un emendamento contro il termovalorizzatore a Roma. L’ennesimo banco di prova per la tenuta di una maggioranza sempre più precaria.