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    Putin in visita in Iran la prossima settimana

    Vladimir Putin si recherà la prossima settimana in visita ufficiale in Iran. Lo ha detto all’agenzia di stampa Irna il capo della commissione Economia del Parlamento iraniano, Mohammadreza Pour-Ebrahimi, aggiungendo che il presidente russo sarà nel Paese per discutere di come rafforzare le relazioni economiche tra Mosca e Teheran.    Si tratta della prima visita ufficiale di Putin in Iran da quando, lo scorso anno, è stato eletto il presidente Ebrahim Raisi.    

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    5s stretti tra governo-alleati, no ad accordi al ribasso

    Il M5s non accetterà accordi annacquati. Dopo l’Aventino alla Camera sul voto finale del dl aiuti sono questi i ragionamenti che si fanno nella sede del Movimento, mentre dal Quirinale in giù tutta la politica italiana si domanda come si comporterà il partito di Giuseppe Conte giovedì al Senato, dove il regolamento prevede un’unica votazione sulla questione di fiducia. Una nuova astensione potrebbe essere il colpo letale alla tenuta della maggioranza, nonché al campo largo su cui da mesi lavora il Pd, che a quel punto (anche se dal Nazareno seguono la vicenda con forte imbarazzo) potrebbe decidere di accantonare l’alleanza con i grillini guardando a chi, come Azione, da tempo prevedeva l’implosione del Movimento.    Fra martedì e mercoledì i senatori 5s decideranno come muoversi, non è escluso che Conte partecipi a una riunione con loro. Restano poco più di 48 ore per provare a fare rientrare il rischio di una crisi, appalesatosi da quando tutti i deputati pentastellati sono usciti dalla Camera al momento del voto.    Tranne uno, Francesco Berti. “Ho votato a favore – ha spiegato – perché due crisi di Governo in una legislatura sono già troppe”.    Non è al momento in agenda un nuovo incontro fra Draghi e Conte, dopo quello di venerdì scorso, quando il leader M5s si è presentato a Palazzo Chigi con un documento in 9 punti sulle “urgenze del Paese”. “Aspettiamo risposte da Draghi”, è il refrain dei parlamentari del Movimento. Fra di loro c’è chi guarda con interesse all’incontro di domani fra il premier e i sindacati, che tocca molti di quei punti. Gli ottimisti sperano che possa produrre uno scatto sul salario minimo o sul taglio al cuneo fiscale, e pensano già a un rimpasto per andare avanti, ottenendo un posto (cruciale in chiave manovra) al ministero dell’Economia, dove il partito non è più rappresentato dopo la diaspora di Ipf.    Del salario urgente c’è “urgente bisogno”, avverte un post sul blog di Beppe Grillo, commentando i “numeri pazzeschi” del rapporto Inps sul lavoro. Ma ormai, nota un big del Movimento, è troppo tardi per trovare un’intesa sul salario minimo, proposta arenata da mesi in commissione alla Camera. Non vogliamo accordi al ribasso o annacquati, è il ragionamento che si fa nel M5s, i 9 punti sono la nostra bussola e vogliamo risposte concrete. Con i suoi Conte oggi è apparso una sfinge. Quella di non votare alla Camera il dl aiuti “era una decisione già chiara, perché c’è una questione di merito per noi importante che avevamo anticipato, c’è una questione di coerenza e linearità, quindi nulla di nuovo. Era stato anche anticipato, è tutto chiaro”, si è limitato a dire arrivando nel tardo pomeriggio in sede, più o meno mentre Draghi si recava al Quirinale per discutere anche della delicata situazione politica.    Non mancano parlamentari 5s che, a taccuini chiusi, esprimono perplessità sulla strategia di Conte. Non la commentano nemmeno dal Pd, da dove però arriva un appello alla serietà e alla responsabilità. Con la tenuta della maggioranza e del governo c’è in gioco anche il progetto di campo largo. La dichiarazione di non voto del M5s alla Camera ne ha segnato il “de profundis” secondo Enrico Costa di Azione.   

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    Mattarella riceve Draghi, un colloquio per fare punto

    Un’ora di colloquio per fare il punto sulla situazione internazionale, il viaggio del presidente della Repubblica nell’Africa australe in chiave accordi sull’energia ed il gas ma anche per parlare della tensione che sta provocando nella maggioranza di governo il voto, anzi il “non voto” dei 5 stelle sul decreto aiuti. Questo in in sintesi il faccia a faccia tra Sergio Mattarella e Mario Draghi dove- si spiega in ambienti del Colle – il presidente della Repubblica ha ascoltato le considerrazioni del presidente del Consglio senza mai commentare i possibili scenari legati alla fiducia sul dl aiuti. Bocche cucite al Quirinale e a palazzo Chigi sui dettagli del colloquio ma, da quanto filtra in ambienti parlamentari della maggioranza, sembra che l’obiettivo del governo, in questa fase, sia di recuperare i 5 stelle alla causa.
    Un lavoro step by step fino a giovedì, quando è previsto il voto di fiducia a Palazzo Madama. Il presidente del Consiglio avrebbe fatto diverse valutazioni e il capo dello Stato ha sostanzialmente ascoltato. Anche in considerazione del fatto, si ragiona sempre in ambienti della maggioranza, che alla fine le valutazioni finali potrà trarle solo il capo del governo in base a quanto succederà. Sarà lui a decidere se il voto di giovedì rappresenterà un vulnus per governo e maggioranza oppure no. Il presidente della Repubblica ora, come sempre, interviene sulla base della Costituzione. Se al Senato l’Esecutivo otterrà la fiducia, come sembra essere in base ai numeri, sia pure senza il voto dei 5 stelle, dovranno intervenire evidenti fattori di una certa rilevanza, un caso politico sollevato dalle forze che sostengono l’attuale esecutivo o dal premier stesso per mettere in gioco altre considerazioni. Per ora, in questa fase, la partita è sul recupero della coalizione. E un primo importante passaggio, come sottolinerato anche da fonti del Nazareno, potrebbe essere l’incontro tra governo e sindacati a palazzo Chigi dove diverse richieste dei 5 stelle saranno sul tavolo del confronto.

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    M5S non vota il decreto aiuti. Draghi ricevuto al Quirinale

    Schiaffo del M5s al governo. I pentastellati non partecipano al voto sul decreto Aiuti alla Camera. Il testo passa con 266 sì e 47 no. Ma sul provvedimento la tensione si sposta al Senato, dove il testo deve essere approvato entro questa settimana. Berlusconi chiede al presidente del Consiglio di aprire una verifica di maggioranza e di sottrarsi ‘a questa logica politicamente ricattatoria’. Tajani evoca la crisi se il M5s non voterà anche al Senato. La Lega attacca su cannabis e ius scholae.
    Il premier Draghi in serata al Quirinale per un incontro con il presidente Mattarella: al centro del colloquio, si apprende, sono stati passati in rassegna i temi di politica internazionale e nazionale. Il Capo dello Stato ha raccontato della sua recente visita ufficiale in Africa. Per quanto riguarda il voto sul dl aiuti, Mattarella non ha commentato eventuali scenari.
    Scorrendo i tabulati, emerge che complessivamente non hanno partecipato al voto 227 deputati, oltre agli 88 assenti giustificati perché in missione. Su 104 deputati del M5s (non si calcola il presidente della Camera Roberto Fico) sono 85 quelli che non hanno partecipato al voto, seguendo l’indicazione del partito (altri 18 erano in missione). Sempre secondo i tabulati, si contano 41 assenti non giustificati nella Lega (altri 15 in missione), 28 in Forza Italia (altri 9 in missione), 16 nel Pd (altri 13 in missione) e 11 in Italia viva (altri 6 in missione).
    CONTE: NON VOTARE IL DL AIUTI ALLA CAMERA ‘ERA UNA DECISIONE GIÀ CHIARA’Quella di non votare oggi alla Camera il dl aiuti “era una decisione già chiara, perché c’è una questione di merito per noi importante che avevamo anticipato, c’è una questione di coerenza e linearità, quindi nulla di nuovo. Era stato anche anticipato, è tutto chiaro”. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte, arrivando alla sede del Movimento, senza rispondere su quello che accadrà al voto sul dl aiuti al Senato e sulla verifica chiesta da FI e Lega.
    LE POSIZIONI DEI PARTITI SULLA DECISIONE DEL M5S”Chiediamo al presidente Mario Draghi di sottrarsi a questa logica politicamente ricattatoria e di prendere atto della situazione che si è creata. Così come siamo stati responsabili nel far nascere il governo Draghi, altrettanto lo saremo nell’ultimo scorcio di legislatura. Ecco perché chiediamo che ci sia una verifica della maggioranza al fine di comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani”. Così il presidente di FI, Silvio Berlusconi. “Bene la richiesta di chiarimento sull’attività del governo, a cui aggiungiamo la necessità di stoppare le leggi su droga libera e cittadinanza facile. Non è questo che si aspettano gli italiani da questa maggioranza!”, riferiscono fonti della Lega.
    Un vertice d’urgenza è stato convocato da Silvio Berlusconi ad Arcore. Secondo quanto si apprende sono arrivati il coordinatore nazionale Antonio Tajani e i capigruppo Annamaria Bernini e Paolo Barelli.

    “Se il Movimento 5 stelle non dovesse votare la fiducia” al Dl aiuti al Senato “si rischia la crisi. Questo non va bene, per questo abbiamo chiesto una verifica”, ha detto Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia.

    “Crisi energetica, inflazione che erode il potere di acquisto delle famiglie, contagi da Covid, tensioni internazionali. Il momento politico richiede serietà e pragmatismo, non le provocazioni o i distinguo dei Cinquestelle, che mettono a rischio il lavoro svolto da questo governo di unità nazionale. La decisione di uscire dall’Aula sul Dl Aiuti è gravissima e non potrà essere senza conseguenze”. Così Forza Italia in una nota al termine di una riunione, convocata da Tajani, alla quale hanno partecipato i capigruppo, i dirigenti azzurri e la squadra di governo.
    “Abbiamo votato la fiducia e voteremo il Dl Aiuti per un patto di governo di assoluta emergenza e per le sue misure. Ma dico anche quello che non vi voteremo. Non vi voteremo la droga facile, la cittadinanza facile, l’immigrazione e gli sbarchi facili, il ritorno alla Fornero facile o la riforma del catasto ai valori di mercato. Saremo responsabili sui temi economici e gli aiuti, ma basta demagogia non faremo sconti”. Così il deputato della Lega Massimo Bitonci, capogruppo in commissione Bilancio e responsabile del dipartimento Attività produttive del partito, ha concluso la dichiarazione di voto in Aula alla Camera sul dl aiuti. Ieri Matteo Salvini – parlando alla festa del partito a Adro, nel Bresciano – aveva detto: “Da domani in avanti noi voteremo solo e soltanto quello che serve all’Italia e agli italiani, il resto lo lasciamo votare a Pd e M5S”.
    “La scelta politica del M5s è grave. Indebolire o mettere a rischio il governo in queste settimane è da scellerati. Considerazione che vale per Conte ma anche per Salvini e per chiunque altro metta in discussione l’esecutivo Draghi”. Così il senatore del Pd, Andrea Marcucci dopo il mancato voto del decreto Aiuti da parte del M5s alla Camera.
    “Assurdo voltare le spalle agli italiani, non votando un provvedimento importante come il dl Aiuti che stanzia decine di miliardi contro il caro bollette e il caro energia. Davanti a provvedimenti che contrastano un’emergenza nazionale servirebbe compattezza da parte di tutte le forze politiche, ma c’è chi ancora una volta pensa solo ai sondaggi e si nasconde dietro a egoismi di partito. Così si porta il Paese a sbattere”. Lo affermano in una nota Iolanda Di Stasio e Primo Di Nicola, capigruppo alla Camera e al Senato di Insieme per il futuro.
    “Il M5s non vota il Dl Aiuti. Inizia il Papeete di Conte. Almeno nel 2019 non avevamo covid, guerra in Ucraina e inflazione all’8%”. Così su Twitter il presidente di Italia viva, Ettore Rosato.
    DRAGHI VERSO L’INCONTRO CON I SINDACATIIntanto il premier sta preparando l’atteso incontro con i sindacati di martedì, dove si potrebbe parlare di rinnovo dei contratti, taglio del cuneo fiscale e anche della proposta a cui sta lavorando il ministro Andrea Orlando sui minimi salariali, per il contrasto al lavoro povero.

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    Draghi al Quirinale da Mattarella

    Il presidente del Consiglio Mario Draghi è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel corso del colloquio – spiegano fonti del Quirinale – è stato fatto un esame della situazione politica internazionale e nazionale. Mattarella ha riferito a Draghi del suo viaggio in Africa. Per quanto riguarda il voto sul dl aiuti, Mattarella non ha commentato eventuali scenari.

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    Renzi: 'Si può andare avanti anche senza M5s, pentastellati decidano cosa fare'

    Una verifica di maggioranza, come chiesto dal presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, “se il Movimento Cinque Stelle se ne va, a maggior ragione è un tema da affrontare tutti insieme con il presidente del Consiglio”. Lo afferma il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, nel corso di un punto stampa a Milano. “È chiaro – aggiunge – che se non c’è più il Movimento, per me si può andare avanti anche senza, ma bisogna vedere se ci sono la volontà e i numeri, e su che cosa. Qui c’è da non perdere i soldi europei, il Pnrr, da fare la legge di bilancio, poi forse qualcuno vuole fare la legge elettorale”.
    “Il Movimento Cinque Stelle ci faccia sapere. Penso che il Paese non possa più aspettare”, ha detto Renzi, nel corso di un punto stampa a Milano. “C’è bisogno di rimettersi in moto – aggiunge – e che il governo Draghi possa governare, se vogliono andare ad elezioni si vada a elezioni, se vogliono andare avanti con questo governo si vada avanti con questo governo – ed è la scelta che noi preferiamo – se si vuole fare un Draghi bis lo si faccia, ma non si può più fare aspettare la gente. Perché quello che sta accadendo a livello internazionale è gravissimo”.
    “Conte ormai è un clown a fine carriera, di quelli che non fanno più ridere. Il M5S decida cosa fare, ma la smetta di giocare sulla pelle dei cittadini”, ha poi scritto su Twitter Renzi.

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    Bannon pronto a testimoniare sull'assalto a Capitol Hill

    Steve Bannon è pronto a raccontare la sua verità sui giorni che hanno portato all’assalto a Capitol Hill. Dopo essersi rifiutato per quasi un anno, l’ex braccio destro di Donald Trump ha annunciato alla Commissione speciale della Camera che indaga sull’attacco di voler testimoniare. Un’udienza pubblica e trasmessa in diretta, questa la richiesta dell’ex stratega della Casa Bianca, che rischia di trasformarsi in uno show scritto e diretto da Trump ma che comunque la commissione considera preziosa per fare luce sui legami tra i gruppi estremisti e l’ex presidente.
    Il dietrofront di Bannon è stato comunicato dal suo avvocato, Robert J. Costello, in una mail nella quale si sostiene che l’ex stratega “non ha cambiato posizione”, semplicemente non aveva finora potuto testimoniare per via del “privilegio esecutivo” invocato da Trump in suo favore subito dopo i fatti del 6 gennaio 2021. Ora che le condizioni sono cambiate, si legge nel messaggio, e cioè dopo che l’ex presidente ha deciso di revocare la tutela, “il signor Bannon è pronto a ottemperare alla convocazione della Commissione”. Preferibilmente, si sottolinea quasi en passant alla fine del messaggio, “in un’udienza pubblica”. Poche ore dopo la notizia che Trump aveva dato il via libera alla testimonianza del suo ex stratega in una lettera nella quale lo esortava a “raccontare la sua verità, dopo essere stato maltrattato”.
    Insomma, una vicenda che sa tanto di trappola architettata ad arte dai due ex compagni di scorribande alla Casa Bianca. Tanto più che il 18 luglio dovrebbe iniziare il processo a Bannon per oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di cooperare con le indagini sull’assalto. Il dipartimento di Giustizia ha già chiarito che la testimonianza è “irrilevante” ai fini del procedimento, ma è possibile che ci sia uno slittamento.

    Agenzia ANSA

    La super testimone: ‘Incitò i suoi fan a marciare e aggredì l’agente alla guida della limousine presidenziale per tentare di raggiungere i manifestanti’ (ANSA)

    La commissione speciale considera Bannon una figura cruciale per comprendere i legami tra i gruppi estremisti che hanno messo a ferro e fuoco il Campidoglio e l’amministrazione Trump, argomento della prossima udienza pubblica in programma il 12 luglio.
    L’ex stratega è stato accusato di aver brigato per far uscire dal carcere il capo dei Proud Boys, Enrique Tarrio, due giorni prima l’assalto. Ed è ritenuto un personaggio fondamentale nel processo di radicalizzazione dei sostenitori dell’ex presidente attraverso il suo podcast ‘War room’, bandito da tutte le principali piattaforme social per i contenuti violenti. Lui stesso in più di un’occasione si è vantato di essere essere “l’ideologo” dietro i tentativi di Trump e i suoi di ribaltare il risultato delle elezioni vinte da Joe Biden. Ed era Bannon, secondo quanto riferito dalla super testimone Cassidy Hutchinson, che l’allora capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, avrebbe dovuto incontrare in gran segreto in un hotel di Washington la notte prima dell’assalto.
    E’ chiaro quindi che la testimonianza dell’ex stratega può rappresentare un punto di svolta nella ricostruzione dei giorni più bui nella storia recente degli Stati Uniti. La commissione dovrà però trovare il modo di ascoltarla senza concedere a Bannon, e a Trump, uno show da prima serata.