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    La lettera aperta dei sindaci IL TESTO

    Ecco il testo della lettera aperta dei sindaci sulla crisi di governo 
    Con incredulità e preoccupazione assistiamo alla conclamazione della crisi di Governo generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza.Le nostre città, chiamate dopo la pandemia e con la guerra in corso ad uno sforzo inedito per il rilancio economico, la realizzazione delle opere pubbliche indispensabili e la gestione dell’emergenza sociale, non possono permettersi oggi una crisi che significa immobilismo e divisione laddove ora servono azione, credibilità, serietà.Il Presidente Mario Draghi ha rappresentato fino ad ora in modo autorevole il nostro Paese nel consesso internazionale e ancora una volta ha dimostrato dignità e statura, politica e istituzionale. Draghi ha scelto con coraggio e rigore di non accontentarsi della fiducia numerica ottenuta in aula ma di esigere la sincera e leale fiducia politica di tutti i partiti che lo hanno sostenuto dall’inizio. Noi Sindaci, chiamati ogni giorno alla difficile gestione e risoluzione dei problemi che affliggono i nostri cittadini, chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo. Allo stesso modo chiediamo con forza a tutte le forze politiche presenti in Parlamento che hanno dato vita alla maggioranza di questo ultimo anno e mezzo di pensare al bene comune e di anteporre l’interesse del Paese ai propri problemi interni. Queste forze, nelreciproco rispetto, hanno il dovere di portare in fondo il lavoro iniziato in un momento cruciale per la vita delle famiglie e delle imprese italiane. Se non dovessero farlo si prenderebbero una responsabilità storica davanti all’Italia e all’Europa e davanti alle future generazioni.Ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità, certezze e coerenza per continuare la trasformazione delle nostre città perché senza la rinascita di queste non rinascerà neanche l’Italia.

    Luigi Brugnaro sindaco di Venezia Marco Bucci sindaco di Genova Antonio Decaro sindaco di Bari – Presidente ANCI Michele De Pascale sindaco di Ravenna – Presidente UPI Giorgio Gori sindaco di Bergamo Roberto Gualtieri sindaco di Roma Stefano Lo Russo sindaco di Torino Dario Nardella sindaco di Firenze – Coordinatore città metropolitane Maurizio Rasero sindaco di Asti Matteo Ricci sindaco di Pesaro –  Presidente ALIBeppe Sala sindaco di Milano

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    Draghi si dimette, riferirà in Aula. M5s diviso sul ritiro dei ministri. Salvini e Berlusconi: 'Irresponsabili'

    Il Draghi bis si allontana, con o senza il M5s, e la legislatura appare sempre più in bilico. I partiti hanno ancora quattro giorni per trattare e rimettere insieme i pezzi della crisi che si è aperta con il non voto di fiducia del Movimento al Senato ma si tratta di un’impresa in salita. Le divisioni diventano più marcate e il movimento guidato da Giuseppe Conte continua ad essere attraversato da profonde tensioni avvicinando le urne. Ritirare o meno la delegazione al governo è la domanda che manda in tilt i pentastellati nelle stesse ore in cui Salvini e Berlusconi chiudono a qualsiasi ipotesi di poter continuare a sedere insieme ai 5S nell’esecutivo. Il Pd, che continua a sperare in un ripensamento di Draghi, resta convinto che “formato e perimetro” della maggioranza debbano rimanere inalterati. Ma se queste sono le “premesse”, osserva il sottosegretario a Palazzo Chigi Bruno Tabacci, “la legislatura è finita”. E anche il leghista Giancarlo Giorgetti ammette che “le squadre sono ormai stanche” e che la “partita sia difficile da sbloccare”. La missione in Algeria del premier Mario Draghi prevista per la prossima settimana è stata ridotta a un solo giorno: martedì sarà un giorno di pausa per ulteriori riflessioni e contatti e poi mercoledì il presidente del Consiglio si presenterà alle Camere così come richiesto dal capo dello Stato Sergio Mattarella.

    Agenzia ANSA

    I tempi dettati da Costituzione e da esito urne: i precedenti (ANSA)

    Questa sera si terrà una nuova riunione del Consiglio nazionale del M5s. La riunione, a quanto si apprende, non dovrebbe cominciare prima delle 20. In ambienti pentastellati circola l’ipotesi del ritiro dei ministri del Movimento prima di mercoledì, uno scenario che secondo fonti parlamentari sarebbe fra quelli sul tavolo dei confronti interni in corso. Questa soluzione, a quanto si apprende, è stata discussa anche nel consiglio nazionale di ieri. “Il consiglio nazionale si riunirà di nuovo oggi e faremo le nostre valutazioni”, ha risposto la capogruppo al Senato, Mariolina Castellone.

    Castellone: ‘Ritiro ministri? Faremo poi le nostre dichiarazioni’

    La scelta dell’ex governatore centrale appare ai più definitiva, come hanno mostrato le parole scelte per annunciare le dimissioni ai suoi ministri e poi congelate dal Colle. Ma chi lavora a un ripensamento non si stanca di rinnovare gli appelli ad andare avanti e tesse sottotraccia una rete di contatti per sondare l’esistenza di un ultima possibilità per garantire continuità all’azione del governo. In cima alla lista dei partiti che puntano non chiudere la legislatura anzitempo, c’è il Pd con il sostegno di Leu. Lo esplicitano Andrea Orlando e Roberto Speranza. “Noi lavoriamo per la prosecuzione di un governo di unità nazionale – dice il primo – e ci auguriamo che la discussione che si sta svolgendo all’interno dei Cinque Stelle aiuti questa prospettiva ed eviti di dare spazi, peraltro immeritati, alla destra”. I Dem guardano tra l’altro inevitabilmente alle alleanze, consapevoli che senza il campo largo battere il centrodestra diventi una missione disperata come dimostrano i dati di un sondaggio Youtrend-Cattaneo.
    E una mancata ricomposizione della frattura che si è creata in questi giorni renderebbe molto più difficile unire le forze. Il passaggio parlamentare, voluto da Mattarella anche per parlamentarizzare la crisi, “è giustissimo”, sostiene anche il ministro della Salute escludendo però un Draghi bis. Che invece è la ricetta indicata sia da Più Europa ed Azione sia da Italia Viva. Matteo Renzi lancia una petizione online: “Faremo di tutto per avere un Draghi Bis libero dai condizionamenti che affronti le scelte necessarie al Paese”, dice l’ex premier.

    Agenzia ANSA

    Ora 3 ministri, un vice e 5 sottosegretari. In 6 passati a Ipf (ANSA)

    “Il M5s non c’è più, ora si chiama il partito di Conte. È un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all’unità nazionale”, afferma il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

    Agenzia ANSA

    A Piazza Affari bene Pirelli, Eni e Intesa. Mercati europei positivi (ANSA)

    In casa cinquestelle regna intanto sovrano il caos: riunioni su riunioni non portano a trovare un punto di caduta. Avanza l’ipotesi di ritirare la delegazione dal governo senza però che il consenso sia unanime: il ministro dei Rapporti con il Parlamento mette agli atti il proprio dissenso spiegando che in questo modo si chiuderebbe in modo definitivo a qualsiasi mediazione. Chi si dice convinta che la legislatura sia arrivata al capolinea è il presidente di FdI Giorgia Meloni mentre Salvini e Berlusconi bollano come irresponsabili i 5S e si dichiarano pronti alle urne.

    Agenzia ANSA

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    Mattarella e Draghi in visita alla camera ardente di Eugenio Scalfari, tanti amici del giornalista presenti

    Aperta in Campidoglio dalle 16 alle 19 la camera ardente per Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica morto ieri a 98 anni. 
    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato in visita in Campidoglio nella Sala della Protomoteca. Ad accoglierlo, il sindaco Roberto Gualtieri. Mattarella si è intrattenuto per una decina di minuti. Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è stato in Campidoglio per rendere omaggio Scalfari. Tra gli altri John Elkann che è arrivato alla camera ardente di Scalfari appena aperta al pubblico.
    In sala della Protomoteca davanti al feretro c’è una grande foto del giornalista ritratto mentre cammina in campagna insieme al suo cane. Accanto alla bara la riproduzione delle prime pagine dei primi numeri di La Repubblica e de L’Espresso. Tra i famigliari presentì le due figlie Enrica e Donata e il nipote di Scalfari Simone; con loro anche il direttore di Repubblica Maurizio Molinari. Fra i tanti cittadini che stanno entrando molti anche gli amici e colleghi, tra i quali, Antonio Polito e Claudio Cerasa.
    Domani alle 10.30 nella Sala della Protomoteca la cerimonia di commemorazione.
    Dal Papa a Mattarella e Draghi, innumerevoli i messaggi di cordoglio per il giornalista che per 70 anni è stato protagonista della storia italiana. Su Repubblica oggi un inserto di 24 pagine in ricordo del ‘padre-fondatore’. Francesco, che con il padre di ‘Repubblica’ ha condiviso “un tratto di cammino”, piange l’amico, conservando “con affetto la memoria degli incontri e delle dense conversazioni sulle domande ultime dell’uomo”. A “uno dei più grandi giornalisti del XX secolo” rende omaggio Elisabetta Casellati, presidente del Senato che a Scalfari dedica un minuto di silenzio. Il premier Draghi sottolinea che la sua scomparsa “lascia un vuoto incolmabile nella vita pubblica del nostro paese”, mentre il presidente emerito Napolitano ne ricorda l’alto senso civico e l'”indomita passione civile”. Il compianto coinvolge tutto il mondo politico, da Letta a Salvini, da Conte a Di Maio, da Renzi a Calenda, da Speranza a Tajani. E a Scalfari rende l’onore delle armi anche il ‘nemico storico’ Silvio Berlusconi: “Ѐ stato una figura di riferimento per i miei avversari in politica. Oggi, però, non posso non riconoscergli di essere stato un grande direttore e giornalista, che ho sempre apprezzato per la dedizione e la passione per il suo lavoro”.

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    Dalle eventuali dimissioni alle nuove Camere, il timing

    I tempi di indizione delle elezioni, di insediamento delle nuove Camere e quindi della nascita di un nuovo governo sono piuttosto lunghi ed anche rigidi, perché scanditi dalla Costituzione. Questo è il motivo per il quale, in caso di dimissioni irrevocabili di Draghi e di fine anticipata della legislatura, il nuovo esecutivo si insedierebbe in autunno inoltrato, tra fine ottobre e primi novembre nella migliore delle ipotesi, cioè in piena sessione di bilancio. Circostanza che pone il problema della presentare la Legge di Bilancio alle Camere entro il 15 ottobre.
    L’articolo 61 della nostra Carta stabilisce che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”. In passato tra il decreto di scioglimento delle Camere da parte del Quirinale e le successive urne sono trascorsi sempre tra i 60 e i 70 giorni. I tempi potrebbero sembrare eccessivamente lunghi, ma gli adempimenti per i partiti sono molteplici, non solo per la campagna elettorale ma anche per la presentazione delle liste che devono essere accompagnate da un notevole numero di firme (tra 1.500 e 2.000 firme in ogni circoscrizione proporzionale per i partiti che non hanno gruppi parlamentari). Se dunque, per ipotesi, le Camere venissero sciolte il 20 luglio, i cittadini potrebbero recarsi ai seggi domenica 25 settembre. E’ anche possibile che per evitare una campagna elettorale totalmente sotto gli ombrelloni, lo scioglimento delle Camere possa avvenire oltre il 20 luglio, per votare magari domenica 2 ottobre.
    Sempre l’articolo 61 della Costituzione stabilisce che “la prima riunione delle Camere ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni, quindi si arriverebbe a una data tra il 15 e il 22 ottobre. Una volta eletti i Presidenti di Camera e Senato e formati i gruppi parlamentari, Mattarella aprirebbe le consultazioni, il cui esito dipende dalla chiarezza del risultato elettorale. Nel 2018 si votò il 4 marzo e il governo Conte I giurò l’1 giugno, cioè 90 giorni dopo; nel 2013 dopo le urne del 24 febbraio il governo Letta giurò il 28 aprile, vale a dire 63 giorni dopo; nel 2008, dopo il chiaro successo del centrodestra il 13 aprile, il giuramento del Berlusconi IV arrivò l’8 maggio, quindi dopo 25 giorni dal voto.   

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    Chi sono i 9 M5s al governo, ministri e vice

       Sono 9 gli esponenti del Movimento Cinque Stelle al governo che, secondo le ipotesi di queste ore, l’ala ortodossa vorrebbe ritirare dall’esecutivo prima che Draghi si presenti mercoledì al Senato.    In particolare si tratta di tre ministri: Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento), Fabiana Dadone (Politiche giovanili) e Stefano Patuanelli (Politiche agricole). C’è anche una viceministra, Alessandra Todde allo Sviluppo economico.    Mentre sono cinque i sottosegretari rimasti: Carlo Sibilia all’Interno, Ilaria Fontana alla Transizione ecologia, Giancarlo Cancelleri alle Infrastrutture e mobilità sostenibili, Rossella Accoto al Lavoro e Politiche sociali, Barbara Floridia all’Istruzione.    I nove sono quel che resta della delegazione pentastellata al governo dopo la scissione dei dimaiani di Insieme per il Futuro. Si tratta appunto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, della viceministra dell’Economia Laura Castelli e dei sottosegretari Dalila Nesci (Sud e Coesione Territoriale), Manlio Di Stefano (Esteri), Anna Macina (Giustizia) e Pierpaolo Sileri (Salute).   

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    Draghi si dimette, mercoledì riferirà in Aula. Di Maio: “M5s non esiste più, è un partito padronale”

    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha respinto le dimissioni del premier Mario Draghi e ha invitato il Presidente del Consiglio a presentarsi al Parlamento. Mercoledì Draghi riferirà alle Camere.
    “Il M5s non c’è più, ora si chiama il partito di Conte. È un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all’unità nazionale”, afferma il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “Se da mercoledì andiamo in ordinaria amministrazione non potremo fare quasi più nulla di ciò che serve per superare la crisi economica. Parlo del decreto di 15 miliardi contro il caro bollette. Non abbiamo i poteri per fare la legge di bilancio e andremo in esercizio provvisorio. Non abbiamo più il potere negoziale ai tavoli internazionali per ottenere il tetto ai prezzi del gas. È da irresponsabili non capirlo”.
    Occhi puntati sulle Borse. Migliora Piazza Affari dopo un ripegamento iniziale sulla parità. L’indice Ftse Mib guadagna l’1,02% a 20.765 punti, con il differenziale tra Btp e Bund tedeschi in ribasso a 213,4 punti e il rendimento annuo italiano in calo di 0,9 punti 3,228%. Si confermano i rialzi per Hera (+3,03%) e Pirelli (+2,86%). Accelera Eni (+2,14%), seguita da Amplifon (+2,09%), Enel (+2,03%), A2a (+2,05%) ed Stm (+1,94%). Fa meglio anche Intesa (+1,46%), seguita da Bper (+0,74%) e Banco Bpm (+0,71%), mentre resta poco mossa Unicredit (+0,27%). Scivola Moncler (-1,91%). Giù anche Campari (-1,17%) e Tim (-0,77%), mentre continua a non fare prezzo Saipem (-23,93%) ad aumento di capitale concluso.

    Agenzia ANSA

    Il Presidente della Repubblica non ha accolto le dimissioni e ha invitato il Presidente del Consiglio a presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata a seguito degli esiti della seduta svoltasi oggi presso il Senato della Repubblica. Lo si legge in una nota del Quirinale.

    Agenzia ANSA

    Draghi, durante la riunione del Cdm avrebbe detto ai ministri che mercoledì riferirà alle Camere e i partiti delineano già le loro posizioni.

    Agenzia ANSA

    Confronto forte. Ancora in carica anche per missione ad Algeri (ANSA)

     

    “Non è scontato l’esito di mercoledì in aula, dipende dalla maturità”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio allo speciale del Tg1. “Serve un atto di maturità e non solo di responsabilità da parte delle forze politiche”, ha aggiunto. “Spero che domani lo si possa già fare e che ci sia la volontà di farlo”, ha precisato.
    “La Lega è stata leale, costruttiva e generosa per un anno e mezzo, ma da settimane il presidente Draghi e l’Italia erano vittime dei troppi No del Movimento 5 Stelle e delle forzature ideologiche del Partito democratico. La Lega, unita e compatta anche dopo le numerose riunioni di oggi, condivide la preoccupazione per le sorti del Paese: è impensabile che l’Italia debba subire settimane di paralisi in un momento drammatico come questo, nessuno deve aver paura di restituire la parola agli italiani”. Così riferisce una nota della Lega.
    “Ora solo al lavoro perché mercoledì alle Camere si ricrei la maggioranza e il Governo Draghi possa ripartire. Il Paese piomba in una crisi gravissima che non può permettersi”. Così il Pd.
    “Non accettiamo scherzi, per FdI questa legislatura è finita e daremo battaglia perché si restituisca ai cittadini quello che tutte le democrazie hanno e cioè la libertà di scegliere da chi farsi rappresentare per fare cosa”. Così la leader di fratelli d’Italia, Giorgia Meloni sul palco della festa dei Patrioti a Palombara Sabina.
    “Complimenti al M5S per aver fatto questo guaio mentre c’è una crisi in corso, c’è una guerra ai confini dell’Europa, già la Borsa oggi è crollata, lo Spread sale, c’è un’impennata dei prezzi di tutte le materie prime. E’ da irresponsabili aver provocato questo caso, con un’arroganza e con dei ricatti che sono inaccettabili”. Lo ha detto il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani a margine della cerimonia per la festa del 14 luglio a Palazzo Farnese a Roma.
    “Il M5s ha dato sostegno a questo governo sin dall’inizio con una votazione” e i con i “pilastri della della transizione ecologica e della giustizia sociale. Se poi si crea una forzatura e un ricatto per cui norme contro la transizione ecologica entrano in un dl che non c’entra nulla, noi per nessuna ragione al mondo daremo i voti”, ha detto nel pomeriggio il leader dei 5s Giuseppe Conte uscendo dalla sua abitazione. “Se qualcuno ha operato una forzatura si assuma la responsabilità della pagina scritta ieri. L’introduzione” di quella pagina “è stata la riunione del Cdm in cui i nostri ministri non hanno partecipato al voto”. “Se noi prendiamo degli impegni con governo, Parlamento e cittadini e siamo coerenti, chi si può permettere di contestare questa linearità e questa coerenza? Non chiediamo posti, nomine, nulla, ma chiediamo ovviamente di rispettare un programma definito all’inizio: transizione ecologica e urgenza della questione sociale che adesso è esplosa. O ci sono risposte vere, strutturali e importanti opporre nessuno può avere i nostri voti”.
    Linea esplicitata anche dalla capogruppo pentastellata Castellone. “La linea è quella che seguiamo dal non voto in cdm, e poi alla Camera o oggi al Senato, dove abbiamo scelto il non voto nel merito di un provvedimento. Invece c’è tutta la nostra disponibilità a dare la fiducia al governo” in una eventuale verifica “a meno che Draghi non dica che vuole smantellare il reddito cittadinanza o demolire pezzo per pezzo ogni nostra singola misura, dal decreto dignità al cashback”. Lo dice la capogruppo del M5S Maria Domenica Castellone nella diretta de La7 con Enrico Mentana. “Noi abbiamo sempre avuto un atteggiamento costruttivo ma non permettiamo che si smantellino nostre misure”, aggiunge.
    “Credo che per l’interesse del Paese il governo Draghi debba andare avanti”: Lo ha detto il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, arrivando a Portonovo di Ancona, commentando la crisi dell’esecutivo dopo lo strappo in Senato del M5s. “Credo che sia un interesse di tutti che il governo prosegua – ha aggiunto Letta – Un interesse che sta maturando anche con fortissime spinte che provengono da ovunque, anche dalle parti sociali, dal mondo del lavoro, dall’Unione europea”. 
    IL VOTO IN SENATOL’Aula del Senato ha confermato la fiducia al governo posta sul decreto aiuti. I sì sono stati 172, i no 39, nessun astenuto. Il M5s non ha partecipato al voto risultando assente alla prima e alla seconda chiama. Il premier Mario Draghi ha lasciato il Senato ed è salito al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il faccia a faccia è durato poco meno di un’ora. Il presidente del Consiglio ha fatto poi rientro a Palazzo Chigi.
    Con il Movimento era saltata anche l’ultima ipotesi di mediazione lanciata dal ministro pentastellato D’Incà, che aveva proposto l’ok al testo senza fiducia. 

    “Se mi sento in colpa e se è colpa di Roma e del termovalorizzatore questa crisi di governo? No, non è colpa di Roma. Noi facciamo le scelte giuste”. Lo ha detto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, intercettato dai giornalisti alla festa dell’Unità di Roma a Caracalla

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    Draghi dalla Bce a un anno e mezzo di governo

    Nato da un appello del presidente Sergio Mattarella a dar vita ad un governo che affrontasse le “urgenze” della lotta alla pandemia e della messa a punto del Pnrr, il governo Draghi ha attraversato 516 giorni tra successi e polemiche tra i partiti della “strana maggioranza” che lo ha sostenuto.
    Dopo la caduta del governo Conte II e l’impossibilità di un Conte III come chiedevano M5s, Pd e Leu, Mattarella ha assunto l’iniziativa per un “governo del Presidente”, un po’ come i predecessori Scalfaro e Napolitano con Ciampi e Monti. Il Capo dello Stato convocò per il 3 febbraio l’ex banchiere centrale europeo, e mentre questi saliva al Quirinale la Borsa segnava un +3%. Draghi accettò l’incarico con riserva che, dopo le consultazioni a Montecitorio tra il 4 e il 9 febbraio, fu sciolta il 12, quando si presentò al Quirinale anche con la lista dei ministri: un mix di politici e tecnici. Il giorno dopo ci fu il giuramento e il primo Consiglio dei ministri in cui il neo premier esortò i suoi ministri a parlare solo “con i fatti”; ma già due giorni dopo, il 15, una feroce polemica tra i partiti e alcuni ministri sulle riaperture degli impianti sciistici lasciò intendere il mood della “strana maggioranza”. Comunque il 17 febbraio Draghi incassò la prima fiducia, in Senato, con ben 262 sì, sui 321 inquilini di Palazzo Madama e il giorno successivo analoghi numeri “monstre” si registrano alla Camera: i sì furono 535 sui 630 deputati.
    I due punti indicati da Matterella erano al centro del discorso di Draghi per la fiducia assieme a un forte europeismo: il premier parlò esplicitamente di “federalismo” europeo. Draghi effettivamente, in asse con Macron, è stato da premier tra i promotori di una maggior integrazione europea, anche perché l’uscita di scena di Merkel assegnava a Francia e Italia maggiore spazio. Il 26 novembre scorso il Trattato del Quirinale ha sancito questo asse tra i due Paesi, che in Europa hanno proceduto poi sempre insieme.
    Sul piano interno, la nomina il 3 marzo del generale degli alpini Paolo Figliuolo a commissario per l’emergenza Covid ha condotto ad uno dei successi del governo, con una netta accelerazione delle vaccinazioni, grazie agli Hub nelle Regioni.
    Altro tema al centro del mandato era il Pnrr: il 31 marzo il Parlamento approvò il piano predisposto dal governo, senza un esame approfondito, dato il poco tempo a disposizione, il che provocò varie tensioni tra i partiti. I diversi obiettivi da raggiungere a fine 2021 e a giugno 2022 sono stati raggiunti, grazie anche a riforme varate dal Parlamento. I distinguo tra i partiti della larga maggioranza hanno marcato tutto i 516 giorni delle esecutivo Draghi, su provvedimenti di natura parlamentare, come il ddl Zan, il fine Vita e ora sullo Ius Soli e la cannabis. Per non parlare delle polemiche di Lega, Fi e Iv contro il reddito di cittadinanza.
    Non sono mancate i distinguo dei partiti rispetto al governo, che è stato anche messo in minoranza, come sul Superbonus nella legge di Bilancio. Draghi disse che occorreva superare del tutto la misura, smentito dai partiti nella legge.
    Il 2022 è stato segnato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con Draghi subito a favore degli aiuti militari a Kyiv, sui quale ci sono state le riserve di Lega e M5s. Poi il 29 giugno ecco le “rivelazioni” di De Masi secondo il quale Draghi aveva chiesto a Grillo la testa di Conte. La crisi precipita fino al passo odierno di Draghi.    

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    Moral suasion di Mattarella ma Draghi si dimetterà

    Parlamentarizzare la crisi. Come tentativo estremo per ricucire uno strappo che, a fine giornata, sembra impossibile da ricomporre. Perché il paese è in difficoltà ed è il momento, per tutti, della responsabilità. E delle scelte ponderate. Sergio Mattarella non accetta le dimissioni di Mario Draghi e lo rinvia alle Camere, nella “sede propria”, per affrontare una crisi deflagrata con il non voto della fiducia del Movimento 5 Stelle, ma che covava da tempo sotto le ceneri. Una situazione complessa che sembra solo rinviare di qualche giorno le di missioni “irrevocabili” del presidente del Consiglio Ma “la decisione è presa” dicono i collaboratori del premier, che mercoledì si presenterà in Parlamento per spiegare le “profonde ragioni” che hanno portato a una scelta che, ora che il dado è tratto, i partiti chiedono a gran voce di rivedere.
    Prima c’è da fare il viaggio in Algeria. Dove il premier non si può presentare dimissionario perché, uno dei ragionamenti del capo dello Stato per rinviare il “giorno della verità” alla prossima settimana, “un amministratore delegato senza deleghe non può firmare contratti”. Ci sarà quindi il vertice intergovernativo, che è confermato ma potrebbe essere condensato in una sola giornata, poi ci sarà il definitivo showdown, scommettono tutti a Palazzo Chigi. Dopo le comunicazioni in Parlamento, il presidente del Consiglio dovrebbe annunciare di voler salire nuoivamente al Quirinale ped dimettersi, bloccando così il voto parlamentare sul suo intervento.
    Poi, spetterà al Quirinale valutare se conferire un nuovo incarico o, scenario che ogni ora che passa sembra più concreto, secondo quanto si registra sempre in ambienti parlamentari, sciogliere le Camere e andare a elezioni anticipate.
    Il presidente della Repubblica riceve una prima volta al Quirinale il presidente del Consiglio mentre ancora è in corso la seconda chiama al Senato. Un colloquio teso, a tratti anche ruvido, si racconta in ambienti aprlamentari.. Draghi arriva al Colle con le dimissioni in tasca. Basta con i distinguo, basta con i ricatti, con il rimanere ostaggio di desiderata inevitabilmente inconciliabili di una maggioranza di unità nazionale che, con l’avvicinarsi della scadenza della legislatura, tornano ad affacciarsi con prepotenza.
    Il premier rientra a Palazzo Chigi prendendosi ancora un tempo per riflettere ma al Consiglio dei ministri, convocato a borse chiuse, dice in modo inequivocabile che la sua esperienza a capo del governo è arrivata al capolinea. Un consiglio dei ministri rapido, dove Draghi prende la parola solo per leggere la dichiarazione che viene subito dopo diffusa alla stampa. Il patto di fiducia è venuto meno, gela i ministri, non si può più continuare. Il tempo di ricevere un applauso e il premier lascia la sala della riunione, mentre parte un battibecco tra il dem Andrea Orlando e il ‘tecnico’ Cingolani.
    Draghi sale di nuovo al Colle, questa volta consegnando nelle mani del capo dello Stato le sue dimissioni. Che Mattarella respinge, anche nella speranza che alcuni giorni di ulteriore riflessione, anche da parte dei partiti, possa portare a un esito diverso che eviti la fine della legislatura. Una “cesura” chiara, e poi un Draghi bis, peraltro, era uno dei suggerimenti lanciati dal leader Iv Matteo Renzi, che aveva richiamato in Aula alla responsbilità non solo i partiti, ma anche il premier.
    E dai Dem, per primi, arriva la richiesta di lavorare perché “si ricrei una maggioranza” e il governo, con Draghi a capo, possa ripartire. Lo stesso auspicio che fa Forza Italia che continua a sostenere la possibilità di un governo anche senza il Movimento, su cui, anche nella lettura della Lega, ricade tutta la responsabilità della crisi d’estate.