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    Il Manifesto esce in Grecia 'ma è un plagio della destra'

    Stesso nome e stesso font, ma al servizio di un orientamento politico opposto: il Manifesto esce anche in Grecia ma è un fake, denuncia oggi lo storico quotidiano comunista, “un plagio della destra” contro il quale è già partita la diffida degli avvocati italiani che chiedono di interrompere le pubblicazioni. Mentre si lancia un appello a lettori e simpatizzanti: “Se vi trovate in Grecia non compratelo. Più che la tutela della proprietà intellettuale conta la difesa della storia del giornale”.    Gli autori del plagio – si spiega nell’articolo che alla firma di Giansandro Merli affianca quella del collega greco Dimitri Deliolanes – “hanno sostituito l’articolo determinativo maschile ‘il’ con il corrispettivo greco neutro ‘to’, per il resto la testata è identica a quella disegnata nel 1971 da Giuseppe Trevisani, primo grafico del manifesto. L’unica variazione, significativa, è di natura cromatica: non c’è il rosso della striscia che sottolinea il nome, ma il giallo del cerchio che circonda le prime due lettere”.    Dopo alcuni approfondimenti, continua il racconto della denuncia, “gli avvocati Andrea Fiore e Alessio La Pegna, con l’aiuto del collega greco Ioannis Apatzidis, hanno inviato per conto della nostra cooperativa una diffida affinché cessino immediatamente le pubblicazioni della variante pirata”.    “To manifesto” nasce nell’aprile 2019, a tre mesi dal voto delle politiche. Dopo qualche copia cartacea preelettorale, ricostruisce l’articolo, rimane solo su Internet fino al 16 maggio scorso, quando torna in edicola, spingendo lo slogan che ha circolato per le strade di Atene sul retro di alcuni autobus: “Al centro del potere”.    Sotto il profilo twitter, invece, campeggia la scritta: “La classe media è il futuro della nazione”. Di qui la conclusione: “le irregolarità commesse copiando nome e logo possono andare dalla violazione di copyright, alla concorrenza sleale, al plagio. Il manifesto è un marchio registrato a livello europeo, storico in Italia, la sua tutela va al di là dei singoli stati membri. In questa vicenda, però, più che la protezione della proprietà intellettuale conta la difesa della storia del giornale. La linea rossa che sottolinea le lettere della testata indica una collocazione politica precisa e un editore puro e indipendente, organizzato in forma di cooperativa. Chi vuole fare un giornale giallo deve usare un altro nome”.    

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    Fate presto. (E bene)

    Il titolo che fece il Mattino dopo il terremoto dell’Irpinia più che mai attuale. Se un governo forte non è possibile si voti il prima possibile.

    Agenzia ANSA

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    Di Maio, Conte sta compiendo una vendetta politica

    Se le cose restano come sono oggi “Mario Draghi mercoledì rassegnerà le sue dimissioni davanti al Parlamento. E tra giovedì e venerdì, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella scioglierà le Camere”. Lo dice in interviste su La Stampa e Il Messaggero il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.    Il partito di Conte “sta ancora cercando di decidere cosa fare – spiega -. Il capogruppo della Camera aveva convocato una riunione contro la volontà del leader, secondo i ministri bisogna dirsi pronti a una nuova fiducia a Draghi. Sono divisi e a rischiare tutto ora sono i cittadini”. Il vero tema “è spiegare da dove parte questa instabilità: è innescata da un partito, il partito di Conte che non ha più nulla a che vedere con il Movimento 5Stelle, che il 20 giugno ha ricevuto l’endorsement dall’ambasciatore russo a Roma sulla bozza di risoluzione che indicava la linea italiana sull’Ucraina”.
    Di Maio non ha certezze che vi sia una regia russa dietro la crisi ma è sicuro che Putin “lavori per destabilizzare l’Italia e l’Europa”. Di certo “chi sta provocando la crisi sta regalando il Paese all’estrema destra. In più, sono sicuro che Conte stia compiendo una vendetta politica buttando giù Draghi: ancora non si dà pace per non essere riuscito a restare a palazzo Chigi”. il vero obiettivo di Conte “è andare a elezioni per azzerare il gruppo parlamentare e non ricandidare il 99% dei deputati e dei senatori uscenti. Tanto più che alle elezioni andranno malissimo” aggiunge il ministro, che spera arrivi dall’ex premier ” un sussulto last minute”. Quando “quest’ estate e quest’ autunno ci ritroveremo con un Paese impossibilitato a risolvere i problemi degli italiani su bollette, inflazione, gas, ci sarà una decisione da prendere: stare con i sovranismi e gli estremismi o scegliere il riformismo”.
    Per il ministro “dobbiamo guardare, come dice Draghi, alla maggioranza di unità nazionale”. Tutto il mondo libero “sta chiedendo di fare andare avanti il governo Draghi. A tifare contro, sono i regimi – aggiunge -. Ho quei comunicati qui davanti: Stati Uniti, Germania, Vaticano, Commissione europea. Mi hanno chiamato associazioni di categoria che stanno comprando pagine di giornali per chiedere a Draghi di ripensarci”.    

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    Governo: sindaci e imprenditori a Draghi, vai avanti, serve stabilità

     Pressing di sindaci su Draghi perchè resti presidente del Consiglio e porti l’Italia al voto solo alla scadenza naturale della primavera 2023. ‘Ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità’, si legge nella lettera firmata  dai primi cittadini delle grandi città. 

    Agenzia ANSA

    E aumentano di ora in ora i sindaci che sottoscrivono l’appello.  Ai primi firmatari, compresi i presidenti di Anci e Ali, si sono aggiunti nel pomeriggio i primi cittadini di grandi città come Napoli o di piccoli centri come Gualdo Tadino.
    Ecco il nuovo elenco, destinato inevitabilmente ad essere integrato con nuove adesioni.
    Gianluca Galimberti Cremona Stefania Proietti Assisi Gaetano Manfredi Napoli Gianni Nuti Aosta Franco Ianeselli Trento Rinaldo Melucci Taranto Alberto Belelli Carpi Edoardo Gaffeo Rovigo Fabio Bergamaschi Crema Simone Franceschi Vobbia (GE) Mauro Gattinoni Lecco Mauro Calderoni Saluzzo (CN) Elena Gubetti Cerveteri (Roma) Luca Salvetti Livorno Riccardo Varone Monterotondo (Roma) Carlo Marino Caserta Michele Guerra Parma Enzo Lattuca Cesena Andrea Soddu Nuoro Nazzareno Franchellucci Porto Sant’Elpidio (Fermo) Piero Castrataro Isernia Massimiliano Presciutti Gualdo Tadino (PG) Davide Galimberti Varese Maria Rosa Barazza Cappella Maggiore (TV) Katia Tarasconi Piacenza Emilio Del Bono Brescia Damiano Tommasi Verona Valentina Ghio Sestri (GE) Elena Piastra Settimo Torinese (TO) Matteo Lepore Bologna Stefano Minerva Gallipoli (LE) Piero Marrese Montalbano e presidente della Provincia di Matera Luca Menesini Capannori e presidente della Provincia di Lucca Francesco Cacciatore Santo Stefano Quisquina (AG) Luca Vecchi Reggio Emilia Matteo Biffoni Prato  

    Anche gli industriali si schierano con il premier.  Sulla linea “Salvare Draghi, whatever it takes” Il Foglio ha sondato “alcuni pezzi da novanta del così detto partito del pil, tra imprenditori, manager, sindacalisti, associazioni di categoria”

    Agenzia ANSA

    I commenti in sintonia di imprenditori, manager, sindacalisti (ANSA)

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    Scalfari, l'addio in Campidoglio “Grazie direttore”

        “Grazie direttore”. A sfogliare l’album delle presenze per l’ultimo saluto a Eugenio Scalfari, l’incipit di ogni dedica è questo. “Caro direttore, ciao direttore…”. A prescindere se a firmare sia davvero un suo collega o qualcuno con cui condivise la redazione. Scalfari, scomparso il 14 luglio a 98 anni, è e resterà per tutti “il” direttore. Lo sarà per i tanti politici, dal presidente Sergio Mattarella al premier Mario Draghi, accorsi ieri alla camera ardente, per la generazione di firme del giornalismo italiano che ha contribuito ad “allevare”, per il mondo della cultura e, soprattutto, per i tanti lettori arrivati oggi al Campidoglio per l’ultimo saluto nella commemorazione laica, pubblica. “Roma saprà ricordarlo come merita”, promette il sindaco Roberto Gualtieri, in una sala della Protomoteca piena fino allo stremo, tanto che l’ingresso viene chiuso e una piccola folla si forma in Piazza Campidoglio a seguire dal maxischermo. Sul feretro, la fotografia che ritrae il fondatore di Repubblica e L’Espresso in campagna, con il suo cane. Poi le ortensie blu, le corone di fiori delle maggiori autorità dello Stato, i primi numeri dei “suoi” giornali e le prime pagine di oggi con la scritta “Grazie direttore (1924-2022)”.
    “Scalfari ha inciso un segno profondo nel giornalismo, nella cultura, nella politica italiana all’insegna dell’innovazione e della modernizzazione del Paese. Un segno che è un’eredità costruita nel fuoco delle stagioni, combattendo battaglie cruciali”, ricorda Gualtieri. In prima fila, le figlie del direttore, Enrica e Donata con la famiglia, ma anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, Gianni Letta, Piero Fassino, Luigi Zanda, Lirio Abbate, Mario Calabresi e, tra la folla, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Beppe Giulietti, il regista Roberto Andò. Ma non solo l’Italia. Se anche Le Monde oggi dedica due pagine a “il” direttore, alla commemorazione arriva il messaggio del presidente francese Emmanuel Macron, che definisce Scalfari un “prefiguratore dell’Unione”.
    “La Francia ha perso un grande amico – legge commosso per lui Bernard Guetta – In lui non c’era solo l’amore per la nostra lingua, ma prima di tutto l’amore per la Francia, dei suoi lumi, della sua enciclopedia, della sua rivoluzione. Sappiate che Francia lo amava e ammirava e gli resta eternamente riconoscente”. “Eugenio Scalfari era un democratico convinto, amante della libertà e delle libertà – ricorda Walter Veltroni – Figlio di quella generazione che ha vissuto l’incubo e il sogno, che ha liberato questo Paese dalle macerie e lo ha fatto correre finché ha potuto. Le ultime volte che l’ho sentito, però, era sfiduciato, amareggiato. Si sentiva anche lui straniero in patria”. Poi, uno dopo l’altro, i suoi “allievi” e successori, tra aneddoti, lavate di testa e grandi insegnamenti. “Aveva il coraggio di osare nel leggere le notizie, l’idea di non fermarsi mai, di innovare”, dice Maurizio Molinari, oggi alla guida di Repubblica. “Ci chiedeva di essere la falange macedone, la roccaforte imprendibile”, aggiunge il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, ricordando quel “patto generazionale che solo a Repubblica ha funzionato”. Con lui, aggiunge Ezio Mauro, per vent’anni alla guida del quotidiano, “per la prima volta il lettore non era un cliente, ma un partner”. Scalfari gli si rivolgeva convinto che “il cambiamento fosse possibile, anche nel nostro Paese. Aveva – conclude – la capacità di suscitare un’altra Italia”.

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    'La crisi rischia di bloccare i rifornimenti a Kiev'

    La crisi politica a Roma potrebbe privare l’Ucraina delle armi e impedire l’introduzione del tetto massimo al prezzo del gas in Europa. A lanciare l’allarme è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, mentre Stati Uniti e Unione europea che chiedono stabilità politica temendo un indebolimento del fronte anti-Putin.
    Dalle pagine di Politico.eu Di Maio ha accusato i critici di Mario Draghi di fare gli interessi del presidente russo e ha poi lanciato un appassionato appello al voto di fiducia del Parlamento al presidente del Consiglio: “I russi proprio ora stanno celebrando di aver fatto cadere un altro governo occidentale”, ha affermato. “Ora dubito che possiamo inviare armi” in Ucraina. Per il titolare della Farnesina, inoltre, “se il governo cade mercoledì, non avremo il potere di firmare nuovi contratti per l’energia e questo è grave perché siamo diretti verso l’inverno”. Sul tema delle forniture energetiche il ministro degli Esteri si è soffermato nuovamente più tardi, intervenendo online al congresso del Partito socialista.
    “Se salta il governo Draghi – ha avvertito – salta il tetto massimo al prezzo del gas, perché il presidente del Consiglio è stato il promotore dell’iniziativa in Ue. Questo significa che a risentirne sarebbero le imprese e le famiglie”, con la perdita di competitività e il carobollette. Le parole di Di Maio sulle armi all’Ucraina, hanno trovato un immediata eco a Kiev. Mikhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, si è augurato che “la tradizionale lotta politica interna nei paesi occidentali non intacchi l’unità nelle questioni fondamentali della lotta tra il bene e il male. In particolare, sulla fornitura di armi all’Ucraina”. “Non possiamo permettere al Cremlino di usare la concorrenza politica come arma per minare le democrazie”, ha aggiunto Podolyak.
    Da Bruxelles, dopo l’avvertimento lanciato sulla preoccupazione che da qui al 2023  “Mosca cerchi di destabilizzare i governi europei con la disinformazione e attraverso i suoi delegati interni”, interviene oggi il portavoce della Commissione europea per le questioni estere Peter Stano, precisando che “la consegna di aiuti militari all’Ucraina è responsabilità degli Stati membri, non dell’Ue”. Stano ha poi ricordato che è prassi dell’esecutivo comunitario “non commentare mai gli sviluppi interni degli Stati membri”. Quanto sia caldo il tema e soprattutto quanto sia importante mantenere forte la pressione su Mosca lo dimostra il fatto che solo ieri l’Ue ha adottato la proposta di un nuovo pacchetto di misure per mantenere e rafforzare l’efficacia dei sei pacchetti di sanzioni contro la Russia, grazie all’introduzione di un nuovo divieto di importazione dell’oro russo, rafforzando i controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate. Bruxelles a parte, il decreto per il terzo invio di armi all’Ucraina è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 13 maggio. Al momento non si parla di un ipotetico quarto decreto, tanto più nel corso di una crisi di governo. Ma il tema potrebbe tornare all’attenzione nel caso di una schiarita politica. Rassicurazioni sul sostegno alla resistenza ucraina sono giunte recentemente dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Tuttavia in caso di un nuovo decreto il titolare della Difesa, come le altre volte, andrà al Copasir per illustrare l’elenco – secretato – delle armi.

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    Documento di D'Incà, riforme Pnrr a rischio con le dimissioni del governo

    Uno scenario “estremamente critico” con i decreti legge pendenti in Parlamento che potrebbero subire uno stop e con le “riforme abilitanti per raggiungere gli obiettivi del Pnrr entro dicembre 2022” che non giungerebbero al traguardo, dalla concorrenza, ancora da approvare in Parlamento, alla giustizia, che aspetta invece i decreti attuativi.
    È l’allarme che lancia il ministro 5S per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà in caso di “dimissioni del governo” mentre è in corso il Consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle per decidere la linea da tenere sulla crisi in corso. Al palo resterebbe anche la riforma del fisco. 

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    Card.Bassetti,auguro a don Maffeis di donare tutto se stesso

    (ANSA) – PERUGIA, 16 LUG – “Questa Chiesa ha bisogno di un
    pastore con il profumo delle pecore e mi auguro che tale sia don
    Ivan Maffeis. Al nuovo pastore di questa Chiesa, che per quasi
    tre anni è stato mio prezioso collaboratore alla Cei, auguro di
    poter donare tutto se stesso come ha fatto nei delicati impegni
    pastorali che è stato chiamato a svolgere”: sono le parole che
    il cardinale e arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve
    Gualtiero Bassetti, ex presidente della Cei, ha pronunciato dopo
    la nomina del parroco di Rovereto a nuovo arcivescovo della
    comunità diocesana perugino-pievese.   
    Il cardinale Bassetti, presente alla cerimonia di annuncio
    questa mattina nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia, ha
    anche ringraziato l’amministratore diocesano Mons. Marco Salvi:
    “Esprimo la mia gratitudine per i suoi quasi tre anni di
    ministero episcopale che ha speso per noi con generosità ed
    intelligenza”. (ANSA).