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    Fi: Tajani,Berlusconi sta come un grillo,si candiderà al Senato

    “Berlusconi è in formissima, sta come un grillo. E si candida certamente al Senato. Lui in genere si esalta in campagna elettorale e questa è la sua nona campagna elettorale”. A dirlo è il suo vice, il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani parlando con i cronisti a Montecitorio dopo aver incontrato l’ex premier a Villa Grande.    Berlusconi dovrebbe lasciare la Capitale nel weekend, andando probabilmente in Sardegna, e tornare a Roma la prossima settimana. 

    Agenzia ANSA

    Sullo strappo che ha determinato la crisi di governo “non c’è stato nessun concorso del centro-destra. Noi siamo stati sempre i più leali sostenitori del governo Draghi. Otto punti fondamentali per far ripartire l’Italia (ANSA)

    “Il killer del governo è il Pd con il suo campo largo e con la sua ossessiva voglia di continuare la spartizione del potere con il M5S. Inutile che si innervosisca per il sostegno del Partito Popolare Europeo a Forza Italia. Grazie a Manfred Weber, grande amico e conoscitore dell’Italia”. Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.   

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    Draghi: Da Fedriga a Gelmini e Di Maio, le posizioni

    All’indomani dello scioglimento delle Camere, non soltanto i singoli partiti ma anche esponenti di spicco dei diversi schieramenti si espongono in vista delle prossime elezioni fissate per il 25 settembre.
    Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi sottolinea che il centrodestra è stato sempre leale con Draghi: “sono stati i Cinquestelle a mettere in crisi il governo”. Poi annuncia che nel programma degli azzurri “c’è l’aumento delle pensioni, tutte le nostre pensioni, ad almeno 1000 euro al mese per 13 mensilità” e c’è l’impegno a mettere a dimora, a piantare ogni anno almeno un milione di alberi su tutto il territorio Nazionale. L’ex premier fa sapere inoltre che il partito ha già in mente nomi di prestigio per la composizione dell’eventuale futuro governo di centrodestra. “Le nostre liste saranno fatte come sempre di donne e di uomini di alto profilo”, aggiunge.
    Per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio “l’agenda Draghi stava risollevando il Paese, stava portando prestigio al Paese”. Ed è un’agenda che “passa per la riduzione del cuneo fiscale, per un salario minimo ma negoziato con le parti – ha aggiunto ancora Di Maio, parlando con i giornalisti a Nola – e infine che passi per un tetto massimo del gas in Europa per ridurre i costi delle bollette delle imprese e dei cittadini”.
    Per Mariastella Gelmini, che ha lasciato Forza Italia, “oggi Giorgia Meloni è leader del partito che ha maggiori consensi all’interno della coalizione di destra. Chiaro che mi preoccupa, pur avendo stima per lei, quale può essere il programma di un Presidente del Consiglio che, ad oggi, non ha votato il PNRR e che anche sul fronte dell’Europa ha posizioni molto distanti perché c’è stato un tempo in cui l’Europa era l’Europa dei burocrati, dopodiché abbiamo visto che con il Covid l’Europa è stata decisiva nel salvare i Paesi, nel fare i piani di vaccinazione, così come è decisiva oggi nel concedere all’Italia duecento miliardi di euro. Credo che la coalizione di destra – ha proseguito – sommi molte contraddizioni e saranno gli elettori a decidere. Confermo stima personale nei confronti di Giorgia Meloni ma preoccupazione per quelli che sono i propri programmi politici molto distanti dall’Europa e dall’agenda Draghi”.
    Dice di volergli ancora bene, ma per Renato Brunetta, “Berlusconi ha perso lucidità e umanità”. Questa la sintesi cui giunge il ministro uscente per la Pubblica amministrazione dopo aver lasciato Forza Italia per il mancato voto di fiducia al governo Draghi. In un intervento su La Stampa, Brunetta usa parole dure: “Non sono io che lascio, ma è Forza Italia, o meglio quel che ne è rimasto, che ha lasciato se stessa e ha rinnegato la sua storia”. Per il ministro, “sono degli irresponsabili coloro che non hanno votato la fiducia al presidente del Consiglio, anteponendo l’interesse di parte all’interesse del Paese”.
    Il senatore Andrea Cangini è fra quelli che hanno lasciato Forza Italia dopo che il suo partito non ha votato la fiducia al premier Mario Draghi in Senato. Ciò che denuncia è un appiattimento del partito di Silvio Berlusconi sulla Lega di Salvini. “La deriva non è iniziata in questi giorni”, afferma intervistato da Qn. “È una tendenza che denuncio dall’inizio della legislatura” e che “si è rafforzata sempre di più”.
    Dalla Lega, intanto, Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, riflette che “Mario Draghi ha fatto un ottimo percorso in mezzo a molte difficoltà con una maggioranza estremamente eterogenea. Penso al Pnrr, alla lotta alla pandemia, alla crisi con la guerra in Ucraina, alla crisi economica: è riuscito a tenere e ad avere quella capacità di dialogare con i paesi stranieri che ha reso l’Italia protagonista”.  
    E il governatore del Veneto, Luca Zaia, arlando invita a guardare in faccia la realtà: “tra 60 giorni abbiamo un Parlamento, un governo e tutto”. E definisce le prossime elezioni “sanificatorie”, perché, aggiunge, “daranno in mano il Paese ad una forza che spero sia assolutamente rappresentativa  e possa portare stabilità”.
    “Noi – dice Simona Malpezzi, presidente dei senatori Pd – siamo il partito che non ha tradito quello che il Paese chiedeva. La Lega può raccontarla come vuole, ma c’è un fatto politico conclamato: la Lega, con FI e M5S, ha deciso di non votare la fiducia al governo Draghi”.
    Chiude ai 5S anche il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: “Mi pare che dopo quello che Conte e il M5s hanno legittimamente scelto di fare, sia praticamente impossibile un’alleanza con chi ha fatto cadere o ha contribuito insieme alla destra a far cadere il Governo Draghi”

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    Svolta sul grano, Ucraina e Russia firmano l'accordo

    Svolta nella crisi del grano ucraino: venerdì ad Istanbul sarà firmato quello che dovrebbe essere il primo vero accordo sui corridoi nel Mar Nero per l’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina. E soprattutto la prima intesa tra Mosca e Kiev dall’inizio della guerra il 24 febbraio. Non a caso sarà presente anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Ad annunciarlo è stato l’ufficio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, grande mediatore dell’intesa, che verrà sottoscritta dalle delegazioni russa e ucraina nel sontuoso Palazzo Dolmabahce, sullo Stretto del Bosforo.
      Che l’intesa fosse nell’aria si era capito sin dall’incontro di tre giorni fa a Teheran tra Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin, che aveva parlato di “progressi sull’esportazione di grano ucraino”, cosa che aveva definito “un buon segno”. Tuttavia, lo stesso Putin aveva sottolineato che qualsiasi accordo doveva comprendere anche le esportazioni bloccate di grano russo. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva dal canto suo affermato che “quando risolveremo questo problema, non solo verrà aperto il percorso di esportazione per il grano e l’olio di girasole dall’Ucraina, ma anche per i prodotti dalla Russia”.
        Di qui la svolta e l’annuncio. “L’accordo sull’esportazione di grano, di fondamentale importanza per la sicurezza alimentare globale, sarà firmato a Istanbul sotto gli auspici del presidente Erdogan e del segretario generale dell’Onu Guterres insieme alle delegazioni ucraina e russa”, ha affermato il portavoce del leader turco Ibrahim Kalin.    Un membro della delegazione di Kiev per i negoziati, Rustem Umerov, ha fatto sapere che le spedizioni potrebbero riprendere da tre porti sotto il pieno controllo ucraino, ovvero Odessa, Pivdennyi e Chornomorsk. Secondo le stime, circa 25 milioni di tonnellate di grano e altri cereali sono bloccate nei porti ucraini. Un blocco che ha provocato una crisi alimentare mondiale.    Frattanto, lo spettro nucleare continua ad aleggiare sulla guerra, anche se per il momento i timori si accentrano, più che su uno scontro tra grandi potenze, su un possibile incidente alla centrale di Zaporizhzhia, al centro dei combattimenti. Gli ucraini hanno accusato i russi di volere utilizzare l’impianto – il più grande d’Europa, con ben sei reattori – per immagazzinarvi missili, carri armati ed esplosivi. Mentre Mosca ha affermato che le forze di Kiev, con i loro attacchi al sito, puntano a provocare “un disastro nucleare in Europa”.
    Ucraina, Lukashenko: ‘Finiamola qua, se andiamo oltre ci sara’ il conflitto nucleare’

       
    Ma le paure non si placano nemmeno per un possibile allargamento del conflitto che porti ad uno scontro atomico tra Russia e Nato. Questo, almeno, l’avvertimento lanciato dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko. “Fermiamoci – ha detto Lukshenko, il più fedele alleato di Mosca – e poi scopriremo come continuare a vivere. Non c’è bisogno di andare oltre. Più lontano c’è l’abisso della guerra nucleare”. Mentre l’ex presidente russo Dmitri Medvedev è ricorso ai suoi consueti toni bellicosi per affermare che, “come risultato di tutto quello che sta accadendo, l’Ucraina potrebbe perdere ciò che rimane della sua sovranità statale e scomparire dalla mappa del mondo”.

    Agenzia ANSA

        Sul campo, nelle ultime ore, tre persone sono morte e 19 sono rimaste ferite in un bombardamento russo su Kharkiv, nel nord-est ucraino. Ma a preoccupare è appunto soprattutto la pericolosa situazione della centrale di Zaporizhzhia, controllata dai russi, che mercoledì avevano denunciato un attacco di droni kamikaze ucraini sul sito, con un bilancio di 11 feriti, di cui 4 gravi. Le stesse fonti avevano detto che erano stati colpiti edifici di servizio ma nessuno dei reattori della centrale. L’obiettivo di Kiev, ha affermato oggi la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, è proprio quello di creare un “disastro nucleare”. Gli ucraini ribattono affermando che sono le forze russe a mettere a repentaglio la sicurezza della centrale, ancora gestita da tecnici ucraini, utilizzandola per immagazzinarvi ogni genere di armamenti. “Le forze militari russe – ha dichiarato Energoatom, l’azienda statale che supervisiona gli impianti nucleari in Ucraina – chiedono all’amministrazione della centrale di aprire le sale macchine della 1a, 2a e 3a unità per potervi depositare l’intero arsenale militare”. Mentre sabato scorso il presidente di Energoatom, Pedro Kotin, aveva accusato la Russia di utilizzare l’impianto anche per installarvi sistemi di lancio missilistici.    

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    Terremoto in Forza Italia, dopo Gelmini lasciano Brunetta e Cangini

    Terremoto in Forza Italia. Dopo Maria Stella Gelmini, lasciano il partito anche il ministro Brunetta e il senatore Cangini. Il ministro della Pubblica Amministrazione in una nota afferma che “non votando la fiducia a Draghi, Forza Italia ha tradito la sua storia e i suoi valori. Non sono io che lascio, è Forza Italia che lascia se stessa”. “Non votando la fiducia a Mario Draghi – afferma Brunetta in una nota – il mio partito ha deviato dai valori fondanti della sua cultura: l’europeismo, l’atlantismo, il liberalismo, l’economia sociale di mercato, l’equità. I cardini della storia gloriosa del Partito popolare europeo, a cui mi onoro di essere iscritto, integralmente recepiti nell’agenda Draghi e nel pragmatismo visionario del Pnrr”.
    “La destra ha fatto una scelta incomprensibile che fa a pugni anche con l’elettorato di centrodestra. Io ho ricevuto molti messaggi e mail da imprenditori e professionisti che non capiscono questa scelta in cui ha prevalso il calcolo e la corsa alle elezioni. Sappiamo che l’incipit per la Meloni è il ritorno al voto. Spiace constatare che anche FI e Lega hanno preferito seguire l’input della Meloni piuttosto che mettere al centro l’interesse del Paese”. Così Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari regionali, ospite di Skytg24.
    “Per questioni di stile non esprimo giudizi su come Forza Italia ha gestito questa crisi, assumendo una decisione che non ho condiviso, che sono convinta vada contro l’interesse del Paese e di cui non ho mai avuto l’opportunità di discutere in una sede di partito. Sono grata al presidente Berlusconi per le opportunità che mi ha offerto e la fiducia che mi ha testimoniato in questi anni, ma quanto accaduto ieri rappresenta una frattura con il mondo di valori nei quali ho sempre creduto che mi impone di prendere le distanze e di avviare una seria riflessione politica”. Lo dice Mara Carfagna, ministro per il Sud in una nota.
    Anche Andrea Cangini lascia Forza Italia. Lo conferma il senatore azzurro, che ieri ha votato la fiducia al governo Draghi in dissenso dal partito restando in aula a differenza dagli altri forzisti. “Sono consapevole del fatto che, rinnovando la fiducia al presidente del Consiglio in coerenza con quanto detto e fatto da Forza Italia fino a due giorni fa, mi sarei messo automaticamente fuori dal partito”, ha aggiunto.
    Dura la nota di Brunetta: “Sono fiero di aver servito l’Italia da ministro di questo Governo. Sono degli irresponsabili coloro che hanno scelto di anteporre l’interesse di parte all’interesse del Paese, in un momento così grave. I vertici sempre più ristretti di Forza Italia si sono appiattiti sul peggior populismo sovranista, sacrificando un campione come Draghi, orgoglio italiano nel mondo, sull’altare del più miope opportunismo elettorale. Io rimango dalla stessa parte: dalla parte dei tanti cittadini increduli che mi stanno scrivendo e chiamando, gli stessi che nei giorni scorsi si sono appellati a Draghi perché rimanesse alla guida del Governo”.
    “Io non cambio, è Forza Italia che è cambiata – prosegue il ministro – Mi batterò ora perché la sua cultura, i suoi valori e le sue migliori energie liberali e moderate non vadano perduti e confluiscano in un’unione repubblicana, saldamente ancorata all’euroatlantismo. Perché dobbiamo contrastare la deriva di un sistema politico privo degli anticorpi per emanciparsi dal populismo e dall’estremismo, piegato a chi lavora per modificare gli equilibri geopolitici, anche indebolendo l’alleanza occidentale a sostegno dell’Ucraina. È una battaglia per il futuro che coincide con la difesa della mia storia, e di quella di Forza Italia”.     

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    Crisi, le reazioni dei partiti: Letta: 'Ora difficile ricomporre con M5s'. Meloni: 'FdI è pronta, altri si devono reinventare'

    Partiti scossi dallo scioglimento anticipato delle Camere da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo le dimissioni del premier Draghi. L’accelerazione sul voto pesa su alleanze e strategie.
    Con il M5s – ha detto Enrico Letta – “evidentemente la differenza che si è creata in modo così evidente lascia un segno e difficilmente sarà ricomposto, il gesto di ieri e quello accaduto in questi giorni è sostanza, non è un fatto semplice di forma”.
    “Il campo largo c’è ancora? Noi siamo una forza progressista, ma non per autodefinizione: siamo oggettivamente progressisti perché guardiamo ala giustizia sociale, alla transizione ecologica e digitale, e abbiamo sicuramente un manifesto avanzato di misure in questa direzione. Chi vuole lavorare su queste misure, può ritrovarsi a condividere con noi, o a confrontarsi con noi. Poi spetterà al Pd fare le sue scelte”. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte, ospite di Zona bianca, su Rete4.
    “Non ci aspettavamo francamente di arrivare al voto il 25 settembre: la dipartita di questo governo è stata rocambolesca ed inaspettata ma noi siamo pronti e nel panorama politico Fdi sarà il partito che meno di tutti dovrà spiegare cosa vuole fare: le nostre priorità, la nostra collocazione e la postura su come affrontare le crisi sono sempre state articolate chiaramente da noi in questi anni. Dobbiamo solo ribadirle. Chi è in difficoltà sono altri che debbono reinventarsi una nuova identità”. Lo ha detto la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a Tg2 Post che andrà in onda alle 21. “Chiederò maggiore impegno rispetto a quello che mi è stato garantito in passato sull’indisponibilità a fare alleanze variabili: quando sei una squadra – ha detto poi Meloni – e ti avvii a una battaglia, la prima regola è che si vince e si perde insieme. E quando vinci insieme si governa insieme, quando si perde si sta all’opposizione insieme”.
    “Non c’è nessun volto del centrodestra, si vedrà quando si andrà a votare. Il centrodestra avrà un programma politico ed economico, fondamentale la scelta Europeista e Atlantista, il nostro principale interlocutore sono gli Stati Uniti”: lo dice Antonio Tajani a Rtl 102.5 questa mattina durante la trasmissione “Non stop news”. “Berlusconi è sempre stato sempre molto preciso su questo, FI è un partito liberale”, aggiunge.

    Agenzia ANSA

    Gelmini: “La scelta di FI e Lega fa a pugni con l’elettorato di centrodestra” (ANSA)

    “Prepariamoci a correre, se qualcuno ci vuole, ci cerca. Noi abbiamo già pronti i 200 candidati sui 200 seggi. Anche il simbolo è pronto”, ha detto Matteo Renzi, in base a quanto si apprende, questa mattina, nel corso dell’assemblea dei gruppi di Iv che si è svolta alla Camera. Renzi – viene spiegato da fonti qualificate di Iv – chiederà a chi vuole sostenere l’area Draghi di dare un segnale. “Se non lo fanno, si corre dappertutto, dalle Regioni a tutti i collegi”, è il ragionamento del leader di Iv.
    Altri movimenti dentro a M5s. La deputata Soave Alemanno lascia il M5s. Maria Soave Alemanno alla Camera aderisce al gruppo di Italia Viva. La deputata pugliese, che in questi giorni ha criticato la scelta del partito di non sostenere il governo Draghi, ha annunciato l’addio su Facebook, dicendosi “amareggiata” e spiegando che “quella scritta nell’ultimo periodo è una brutta pagina che non avrei voluto leggere”.
    “Io credo che l’Italia abbia ancora bisogno di Mario Draghi”. Lo ha detto il ministro Luigi Di Maio a Corriere Tv. “Io non posso stare con coloro che con il sovranismo, il populismo e l’opportunismo hanno buttato giù il governo. Voglio stare con chi crede nella stabilità, nella responsabilità e nelle riforme”, ha aggiunto riferendosi al suo futuro politico.
    In mattinata Enrico Letta ha riunito la segretria del Pd. C’è “il tentativo di cercare di scaricare le responsabilità gli uni sugli altri. Chi ieri non ha dato il voto di fiducia a Draghi non lo può applaudire Draghi, ha deciso di affossare un’esperienza di governo che stava facendo uscire l’Italia dalla crisi. Noi siamo stati alla parte giusta della storia”. Lo ha detto il segretario Pd, Enrico Letta, intervenendo alla riunione della segreteria, al Nazareno a Roma. “Gli atti di ieri peseranno molto sulle elezioni, gli italiani sceglieranno sulla base delle scelte di ieri”. “Ieri si è creato un vulnus nei confronti del Paese che durerà a lungo, a meno che non vinciamo noi, che saremo in grado di riprendere il filo positivo che si è interrotto”, ha detto Letta ricordando “i danni che stiamo vendendo e che colpiranno la parte più debole della società, quella a cui parleremo”.

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    Camere sciolte ma il vitalizio è salvo

    Nonostante lo scioglimento delle Camere anticipato, Deputati e Senatori non perderanno il diritto alla pensione pro quota di questa legislatura, seppur per una manciata di giorni. Le norme che regolano i cosiddetti vitalizi, in realtà una forma pensionistica che scatta al 65esimo anno di età, prevede che si maturi il diritto della quota per i cinque anni della legislatura, quando questa è arrivata a 4 anni, sei mesi e un giorno. La data fatidica è il 24 settembre, mentre le Camere sono state sciolte oggi.
    Tuttavia nella Costituzione (articolo 61, secondo comma) si afferma che “finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”, tanto è vero che queste esaminano eventuali decreti urgenti emanati nel frattempo o altri atti necessari del governo, come decreti legislativi di attuazione delle deleghe. Le prossime elezioni si svolgeranno il 25 settembre e le nuoive camere si insedieranno il 15 ottobre, come prevede sempre la nostra Carta: 21 giorni dopo la fatidica data “salva pensioni”.    

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    Come funzioneranno le Camere formato small

    Saranno due Camere inedite, dimagrite di circa il 30% dei parlamentari, quelle che si riuniranno a fine ottobre dopo il passaggio delle urne. La riforma costituzionale varata nel 2020 ha infatti ridotto dai 630 ai 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori eletti, ai quali si aggiungeranno i cinque senatori a vita. Una situazione inedita con degli interrogativi sull’attività parlamentare.    Mentre la sforbiciata risolverà gli atavici problemi di spazi di lavoro per i parlamentari e i gruppi, ci si interroga sulla funzionalità degli organismi, specie per il Senato. La prossima settimana l’Aula di Palazzo Madama ridurrà il numero delle Commissioni permanenti da 14 a 10 accorpandone alcune (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità). Tuttavia i gruppi medio-piccoli avranno uno o due senatori in ciascuna commissione, il che impedirà una loro specializzazione e imporrà un maggior ricorso ai tecnici esterni e ai legislativi dei ministeri. L’altro problema riguarda le Commissioni e gli Organi Bicamerali, come Copasir, Vigilanza Rai, Antimafia. Queste, per fare un esempio, dovranno evitare di riunirsi nel primo pomeriggio (quando non ci sono i lavori delle due Aule) in concomitanza con le Commissioni permanenti di Camera e Senato, pena il rischio di far mancare il numero legale nelle une o nelle altre. Per le Bicamerali in arrivo convocazioni all’alba o al tramonto.    Per la Camera non ci sono questi problemi mentre per i giornalisti sarà più semplice memorizzare i nomi e i volti di 600 eletti rispetto a 915.    

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    Presidi, disappunto per le urne in autunno, ci sarà lo stop delle scuole

    “C’è disappunto non preoccupazione per le urne in autunno: un certo numero di scuole fermeranno infatti le lezioni appena avviate e questo è un problema che solleviamo da non so quanti anni. Quindi chiediamo al Ministero dell’Interno di individuare” per le elezioni politiche “seggi non scolastici”. Lo dice all’ANSA Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. “Basta seggi nelle scuole – sottolinea – che fanno perdere giorni di lezione dell’anno scolastico appena iniziato, lezioni che poi non verranno recuperate”.