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    Patto Letta-Calenda, 70% candidati Pd e 30% Azione/+Europa

    Nessun big candidato nei collegi uninominali, quindi sulla scheda non sarà possibile mettere la croce sul nome del segretario Pd, Enrico Letta, o del leader di Azione, Carlo Calenda. Il 70% dei candidati nei collegi uninominali sarà della lista del Pd – Democratici e Progressisti – e il 30% di Azione e Più Europa: stessa ripartizione per gli spazi tv. Un riconoscimento esplicito all’esperienza del governo Draghi. E poi un impegno sulla transizione ecologica, che non esclude la realizzazione di rigassificatori. Sono alcuni dei punti dell’accordo siglato fra Pd, Azione e Più Europa, che correranno in coalizione alle elezioni di settembre.    FRONT-RUNNER – I front-runner saranno Enrico Letta per la lista Democratici e progressisti e Carlo Calenda per Azione/+Europa.    I BIG – Per quel che riguarda i big, “nei collegi uninominali – è scritto nell’accordo – non saranno candidati i leader delle forze politiche che costituiranno l’alleanza, gli ex parlamentari del M5S (usciti nell’ultima legislatura), gli ex parlamentari di Forza Italia (usciti nell’ultima legislatura)”.    Quindi non ci saranno nemmeno Luigi Di Maio, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Gli “esclusi” dai collegi uninominali potranno comunque essere candidati nei listini proporzionali.    IUS SCHOLAE E SUPERBONUS – Il programma di Pd, Azione e Più Europa prevede un impegno a correggere il reddito di cittadinanza e il superbonus 110% e a dare “assoluta priorità all’approvazione delle leggi in materia di dritti civili e Ius scholae”. Altri punti in comune: salario minimo e “una riduzione consistente del cuneo fiscale a tutela in particolare dei lavoratori”.    ENERGIA – Sull’energia il patto chiede “un’intensificazione degli investimenti in energie rinnovabili, il rafforzamento della diversificazione degli approvvigionamenti per ridurre la dipendenza dal gas russo, la realizzazione di impianti di rigassificazione nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile”.    DRAGHI – Le premesse dell’accordo sono di politica interna: “Le parti condividono e si riconoscono nel metodo e nell’azione del governo guidato da Mario Draghi. I partiti che hanno causato la sua caduta si sono assunti una grave responsabilità dinanzi al Paese e all’Europa”.    EUROPA – Riguardo la collocazione internazionale: “Le prossime elezioni – è spiegato – sono una scelta di campo tra un’Italia tra i grandi Paesi europei e un’Italia alleata con Orban e Putin. Sono uno spartiacque che determinerà la storia prossima del nostro Paese e dell’Europa”.     

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    Via libera della Camera all'adesione di Finlandia e Svezia alla Nato. Il testo passa al Senato

    Via libera dell’Aula della Camera alla ratifica dei Protocolli al Trattato del Nord Atlantico (Nato) sull’adesione della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia. I voti a favore sono stati 398, i nove i contrari (i deputati di Alternativa), venti gli astenuti. Il disegno di legge di ratifica ora passa al Senato. Finlandia e Svezia avevano chiesto l’adesione alla Nato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
    “Il via libera della Camera all’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato è una buona notizia. Di fronte all’aggressione russa contro l’Ucraina, il rafforzamento del fronte europeo dell’Alleanza è un passaggio importante che può fungere da deterrente a nuove minacce russe”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Questo ingresso è importante anche nell’ottica di un maggiore protagonismo occidentale nella sfida dell’Artico, quadrante geopolitico spesso sottovalutato ma di importanza strategica in termini di sicurezza e di approvvigionamento energetico”, conclude.

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    Centrodestra: Berlusconi posta il simbolo. Nel pomeriggio al via tavolo candidature

    Messaggio per il voto degli italiani all’Estero da parte di Silvio Berlusconi che posta sul suo profilo Facebook anche il simbolo dell’alleanza di centrodestra con il suo nome e quelli di Meloni e Salvini.

    Intanto dopo quello sul programma di ieri, al via nel pomeriggio la prima riunione del tavolo sulle candidature del centrodestra. Appuntamento stavolta invece del Senato, alla Camera, in particolare alle 15 in una sala del gruppo leghista. Si dovrebbe cominciare con l’esame delle candidature unitarie nelle circoscrizioni estere. Alla riunione dovrebbero essere presenti Antonio Tajani e il governatore della Calabria Roberto Occhiuto, per Fi, Ignazio La Russa, Francesco Lollobrigida e Giovanni Donzelli per Fdi, Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti per la Lega, Lorenzo Cesa e Antonio De Poli per l’Udc. Atteso a Roma anche Saverio Romano per Noi con l’Italia.
    “E’ giusto – ha affermato in mattinata a Morning news su Canale 5 Matteo Salvini – presentare agli italiani almeno una parte della squadra di chi guiderà il Paese. Ricordiamoci che ancora non abbiamo vinto. Noi possiamo proporre idee, abbiamo tanti sindaci e presidenti di Regioni. Chiederò a Meloni e Berlusconi i nomi dei ministri più importanti, penso all’Economia”. 

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    Elezioni: Svp punta su mini primarie a livello locale

    (ANSA) – BOLZANO, 01 AGO – In vista delle elezioni politiche
    del 25 settembre la Svp punta su una sorta di mini primarie a
    livello locale. Come stabilito dalla direzione del partito di
    raccolta dei sudtirolesi di lingua tedesca, entro il 6 agosto i
    vari organi della Svp potranno presentare i loro candidati. Il
    16 agosto si svolgeranno poi le primarie a livello di
    circondari, il risultato sarà poi confermato dalla direzione del
    partito. “Con questo modello rafforziamo i circondari”,
    sottolinea il segretario Svp Philipp Achammer. (ANSA).   

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    Salvini, non possiamo permetterci di mantenere i clandestini

       “Se ci date fiducia torneremo a proteggere i confini del nostro Paese e portare sicurezza nelle nostre città, perché non è possibile vedere migliaia di sbarchi incontrollati”. Così il segretario della Lega, Matteo Salvini torna a parlare di sbarchi di migranti nel corso di un incontro elettorale a Chioggia (Venezia).    “Solo nel mese di luglio di quest’anno – aggiunge – sono sbarcati più clandestini che in tutto il 2019 quando c’era la Lega al governo con 6 milioni di italiani poveri che devono scegliere tra il pranzo e la cena”. “Non possiamo permetterci di mantenere migliaia di clandestini che sbarcano dalla mattina alla sera.  Proteggere gli italiani e il lavoro degli italiani”, dichiara.  “Siamo partiti da Porto Tolle incontrando i lavoratori e parlando di lavoro, mentre i capi della sinistra in queste ore sono a Roma a litigare sui collegi e sulle alleanze: noi siamo in mezzo ai lavoratori perché la priorità oggi in tutt’Italia è salvare i posti di lavoro e quindi lasciamo che gli altri parlino d’altro”, aggiunge. “Chi sceglie la Lega – insiste – fa una scelta precisa, niente nuove tasse. Le tasse e le patrimoniali le lasciamo a Letta e alla sinistra. Non è il momento di tassare risparmi, case, conti correnti”.
    “Noi non controlliamo televisioni, sindacati, banche, poteri forti, non abbiamo milioni di euro da buttare, non abbiamo gente che ci vota per interesse, per salvare le poltrone o i redditi di cittadinanza che vanno tolti a chi non ha voglia di lavorare, perché non si può continuare a mantenere a casa gente che rifiuta il lavoro”, prosegue Salvini. “Reddito di cittadinanza per chi non può lavorare: sì – avverte – ma per chi rifiuta il posto di lavoro no”. “Ci aspettano un autunno e un inverno molto complicati – sottolinea – la bolletta della luce e del gas la stiamo pagando tutti, la Lega ha fatto una proposta e mi auguro che il governo Draghi l’approvi prima del voto: azzerare l’Iva, le tasse sui beni di prima necessità: pane, pasta, latte, verdura, frutta”. Questo è un aiuto immediato “per chi non sa come mettere insieme il pranzo con la cena. Costa un miliardo a trimestre, mentre il reddito di cittadinanza costa 9 miliardi all’anno, potrebbero essere meglio spesi parte di quei contributi” dichiara Salvini che lancia un appello al voto: ‘Chi pensa di punire la cattiva politica, i cambia casacca, i traditori, i Di Maio, Speranza, Lamorgese non andando a votare, non punisce loro ma punisce se stesso’..

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    Meloni-Salvini, la gara delle priorità del programma

    “Dopo l’elezione di Mattarella non riuscivamo nemmeno a organizzare una riunione, il centrodestra non esisteva più: ora andiamo avanti spediti sul programma. Tra di noi c’è qualche differenza, magari abbiamo priorità diverse, ma siamo tutti convinti che daremo un progetto serio e credibile al Paese”. Parole di un alto dirigente leghista, nel giorno in cui gli sherpa della coalizione del centrodestra si riuniscono per la prima volta per mettere nero su bianco il programma dell’alleanza in vista del voto del 25 settembre.
    “È il primo incontro che facciamo, c’è un buon clima – dice Raffaele Fitto (FdI) entrando alla riunione – vogliamo lavorare positivamente e troveremo tutte le soluzioni per rendere credibile il programma di governo”. Anche il coordinatore azzurro, Antonio Tajani, mette l’accento sul grande valore simbolico di questo incontro: “Mentre la sinistra litiga e si divide noi e il centrodestra siamo già al lavoro, tutti insieme, per dare un progetto all’Italia del futuro, offrire risposte serie e credibili agli italiani”. Matteo Salvini, dal suo tour veneto, acclamato da tante partite Iva e imprenditori, rilancia quelli che sono i paletti della Lega: lavoro, tasse e sicurezza. In particolare, flat tax al 15% , taglio dell’Iva sui beni di prima necessità e lotta all’immigrazione clandestina.
    Qualche scintilla con Fratelli d’Italia sul tema delle rifome, si legga presidenzialismo e autonomia, e su guerra e atlantismo, temi su cui il partito di Giorgia Meloni si mostra sempre più intransigente. Qualche dissapore anche sull’ipotesi di presentare una squadra dei ministri prima del voto.
    Ma sono differenze che tutti ritengono facilmente superabili nelle prossime settimane. Anche dalla riunione degli scherpa trapela un clima “ottimo di collaborazione” e “grande sintonia su autonomia, presidenzialismo, Flat Tax e bollette”.
    Detto questo, ovviamente la campagna elettorale ha le sue leggi: In particolare, sul tema dell’autonomia, il segretario leghista, morde il freno: “A ottobre – osserva – sarà il quinto compleanno del voto di milioni di veneti e lombardi sull’Autonomia e nel tempo Pd e 5 Stelle ce l’hanno tirata in lunga, porterò personalmente la proposta di autonomia in mano a Berlusconi e alla Meloni di cui sono sicuro arriveranno le firme, perché autonomia significa efficienza, responsabilità, modernità, sviluppo e territori. Si può fare flat tax e pace fiscale e la burocrazia in meno con l’autonomia è garantita”.
    Matteo Salvini ha fretta, fretta che insospettisce Fratelli d’Italia. Il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida ricorda che autonomia e presidenzialismo devono avere un percorso parallelo. Ma i toni sono concilianti. “Salvini, come noi e dopo un lungo percorso della Lega iniziato da posizioni differenti, ha già da tempo sposato il presidenzialismo come garanzia della sovranità popolare e di efficienza dello Stato.
    Identico processo che abbiamo fatto noi sull’autonomia, inteso come percorso parallelo con le stesse finalità. La Costituzione – sottolinea – va riformata in senso organico e non con toppe a colori come ha fatto la sinistra. Nel centrodestra, in questi trent’anni, il confronto ha portato sintesi virtuose che a sinistra non si sono verificate a causa di ancoraggi ideologici che, se si vuole davvero modernizzare l’Italia, vanno accantonati”.

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    Tra candidature e proposte, è “febbre” dei collegi

    Pochi posti e tanti candidati, nelle tre settimane che precedono la presentazione definitiva delle liste il totonomi la fa da padrone, tra nuovi arrivi e addii annunciati. Tra le più attive in questi giorni, si ragiona in ambienti parlamentari, le segreterie locali del Partito democratico dalle quali arrivano le liste dei candidati da presentare in vista delle prossime elezioni. Un mix uscenti, a cui in molti casi verrà garantita una prelazione, e volti nuovi.
    In Campania ad esempio si parla della riconferma della senatrice Valeria Valente e del deputato Paolo Siani, mentre tra i volti nuovi c’è quello del segretario provinciale di Napoli Marco Sarracino, per il quale peserebbe, si ragiona in ambienti locali del partito, l’endorsement del ministro del Lavoro Andrea Orlando.
    In Piemonte tra i big in lista per un seggio sicuro ci sarebbero Enrico Borghi e la vicepresidente del Senato Anna Rossomando: un seggio a cui aspira anche l’ex ct della nazionale di volley, Mauro Berruto. Nel listone, in quota Articolo Uno, troverebbe posto anche Federico Fornaro.
    Vicenda calda in Emilia dove, accantonata la querelle che ha coinvolto Luigi Di Maio, che ha smentito la sua candidatura in un collegio blindato in regione, si proverà a garantire uno scranno a Piero Fassino e Beatrice Lorenzin, tra i veterani e ad Elly Schlein, vice-presidente della Giunta.
    In Toscana tiene banco il caso Luca Lotti, che dal Pd fiorentino non è stato inserito nella lista dei prossimi candidati, ma che – gira voce – potrebbe essere ripescato in extremis dalla segreteria nazionale.
    Dall’altro lato della barricata, nel centrodestra pare sfumare la candidatura dell’allora sfidante di Eugenio Giani alla poltrona di governatore, Susanna Ceccardi, mentre Fratelli d’Italia e Forza Italia dovrebbero riconfermare in blocco i parlamentari uscenti. Chi potrebbe aspirare a un seggio blindato in Toscana è il ministro della Salute Roberto Speranza, lucano d’origine, che per un seggio in Basilicata è stato sfidato dall’ex deputato dem Mario Adinolfi, leader no-vax del ‘Popolo della Famiglia’, che si candiderà al Senato.
    Stefano Puzzer il portuale triestino, che di quella protesta è stato leader nazionale, scenderà in politica con Italexit di Gianluigi Paragone, a lui vicino sin dalla protesta dello scorso inverno.
    Tra i leader al primo passaggio in Parlamento spiccano le candidature di Giuseppe Conte per il Movimento 5 Stelle, Enzo Maraio,confermato segretario del Psi, e Luigi de Magistris, portavoce di Unione popolare, il quale si presenterà a Napoli, a Cosenza e a Roma. Ed è possibile che con l’ex sindaco di Napoli possa presentarsi anche Michele Santoro: tra i due le interlocuzioni proseguono serrate e il giornalista potrebbe valutare di aggregarsi all’unione politica di de Magistris per dar vita al suo ‘Partito che non c’è’. Chi invece di presenze in Parlamento può contarne a centinaia è Paolo Russo, che dopo 6 legislature e 26 anni passati nelle Camere, sempre nelle fila di Forza Italia, si è unito alla truppa dei transfughi e ha lasciato il partito. Il deputato, fidatissimo consigliere politico della ministra Mara Carfagna, sarebbe pronto a seguirla in Azione.    

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    Elezioni: YouTrend, c.sinistra senza Azione+E, rischio 16 collegi

    Senza l’alleanza tra centrosinistra e Azione/+Europa a rischio 16 collegi. E’ la stima di YouTrend, in partnership con Cattaneo Zanetto & Co su quanti sarebbero i collegi uninominali che il centrosinistra perderebbe se non ci fosse un’alleanza con Azione/+Europa, partendo da due scenari elaborati a partire dai dati di una stima elaborata da YouTrend,insieme all’istituto Cattaneo Zanetto &C, per Sky TG24 e diffuso oggi con una nota.
    In un primo scenario, quindi, si considera un campo di centrosinistra composto da PD, Sinistra/Verdi, Impegno Civico (la nuova creatura politica di Tabacci e Di Maio) e Azione/+Europa, senza Movimento 5 Stelle e Italia Viva. Nel secondo scenario, invece, Azione/+Europa si staccherebbe dalla coalizione imperniata sul PD per creare un polo di centro con Italia Viva. In questo caso il centrosinistra perderebbe 12 uninominali alla Camera e 4 al Senato.
    Di questi 16 collegi che il centrosinistra perderebbe in caso di mancata alleanza PD-Azione, 15 finirebbero al centrodestra e 1, quello di Acerra della Camera, al Movimento 5 Stelle. Alla Camera, degli 11 collegi uninominali che finirebbero al centrodestra, 5 coprirebbero zone di Roma, Milano, Torino, 2 parti della Liguria (Genova inclusa) e i restanti 4 sarebbero situati tra Toscana e Romagna. Al Senato, invece, i 4 collegi in questione sarebbero quello di Trento, quello di Ravenna e 2 dei 3 uninominali in cui è divisa Roma per l’elezione di Palazzo Madama.