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    Libano: Papa, sia terra di pace e pluralismo

    (ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 04 AGO – “Auspico che il Libano,
    con l’aiuto della Comunità internazionale, continui a percorrere
    il cammino di rinascita, rimanendo fedele alla propria vocazione
    di essere terra di pace e di pluralismo dove le comunità di
    religioni diverse possano vivere in fraternità”. Lo dice il Papa
    in un tweet nel secondo anniversario dell’esplosione nel porto
    di Beirut. (ANSA).   

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    Sinistra italiana e Verdi rinviano l'incontro con Letta. Calenda a Fratoianni e Bonelli: 'Nessuna rinegoziazione del patto'

    “Fratoianni e Bonelli chiedono a Enrico Letta di rinegoziare il patto sottoscritto ieri. Non c’è alcuna disponibilità da parte di Azione_it a farlo. L’agenda Draghi è il perno di quel patto e tale rimarrà. Fine della questione”. Lo scrive su Twitter il leader di Azione, Carlo Calenda. “Quando abbiamo cominciato a ragionare col Pd c’era la consapevolezza di costruire un fronte – aveva detto in serata il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, in diretta a Metropolis, podcast di Repubblica – . Dopodiché l’accordo di ieri con Calenda, con quel profilo programmatico sposta, non tanto il baricentro, ma non parla più al popolo di centrosinistra”. “Se c’è una rinegoziazione dei punti, assieme a una questione che indichi un profilo programmatico che parli al popolo del centro sinistra ci possono essere le condizioni per un accordo”. 
    L’alleanza Verdi e Sinistra ha deciso di rinviare l’incontro di oggi con il segretario del Pd Enrico Letta alla luce delle novità politiche emerse nella giornata di ieri. “Registriamo comunemente un profondo disagio nel paese e in particolare nel complesso dell’elettorato di centro-sinistra che ha a cuore la difesa della democrazia, la giustizia climatica e sociale – viene spiegato da Ev e Si -. Essendo cambiate le condizioni su cui abbiamo lavorato in questi giorni, sono in corso riflessioni e valutazioni che necessitano di un tempo ulteriore”.
    La firma dell’alleanza Letta-Calenda di ieri produce subito uno smottamento. Da tempo il Pd ha un dialogo anche con Sinistra Italiana e i Verdi ma ora questi chiedono “di verificare se ci siano ancora le condizioni per un’intesa elettorale”. Per Nicola Fratoianni (Si), “l’accordo tra Pd e Azione/+Europa è legittimo ma non vincolante sul tema programmatico”. Non piace il richiamo al governo Draghi, che vedeva Si e Verdi all’opposizione e diversi passaggi, come quello sul via libera ai rigassificatori. “Se c’è l’Agenda Draghi io non ci sono” aveva detto Fratoianni in un’intervista a ‘La Stampa’. E un chiarimento tra i tre ci sarebbe dovuto essere a breve. Invece, Angelo Bonelli e Fratoianni rinviano l’incontro con Letta fissato nel pomeriggio, al Nazareno. 
    Il Pd e Azione con Più Europa raggiungono l’accordo – Dopo giorni di tira e molla, veti e ultimatum, Enrico Letta, Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova hanno firmato il patto, al termine di una riunione alla Camera durata due ore. Un’intesa “elettorale per essere vincenti nei confronti della destra”, ha detto Letta. “Oggi si riapre la partita”, ha ribadito Calenda. Sondaggi alla mano, il centrosinistra sa che il centrodestra parte di gran lunga favorito. Per questo, Letta ha sempre cercato di costruire un’alleanza la più larga possible. Dopo l’addio al M5s, reo di non aver votato la fiducia a Draghi, il compagno di viaggio più corteggiato è stato Calenda che, però stava coltivando la tentazione di correre da solo, al centro, in una lista con Più Europa. Il senso dell’alleanza è stato riassunto da Letta: “Non è immaginabile che, dopo Draghi, il Paese passi al governo delle destre e sia guidato da Giorgia Meloni”. E Calenda: “L’accordo elettorale riapre la partita. Tutti i punti che avevamo chiesto a Letta sono stati recepiti. I voti di Azione non andranno a chi ha sfiduciato Draghi”.

    Agenzia ANSA

    Aperto il dialogo con Verdi e Sinistra Italiana. Renzi? Lo lasceremo solo alle sue iniziative… 

    Il diritto di Tribuna – L’intesa Letta-Calenda prevede che nessun segretario di partito e nessun ex di FI e M5s possa essere candidato nei collegi uninominali, il Pd offre dunque un posto nei listini proporzionali della sua lista Democratici e progressisti “ai leader di partiti e movimenti che entreranno a far parte dell’alleanza”: il cosiddetto diritto di tribuna. L’opportunità può tentare chi guida forze che rischiano di non il 3% e quindi di non avere eletti. In Transatlantico, si pensa subito a Bruno Tabacci e Luigi Di Maio, fondatori di Impegno civico. E infatti, ieri il ministro degli Esteri ha incontrato Letta, seminando scompiglio nei parlamentari fedelissimi: “Se accetta il diritto di tribuna ci abbandona e Impegno civico salta” era il timore. Di Maio convoca i suoi e si apre il confronto. 
    Renzi resta solo e attacca – Malgrado Letta e Calenda ufficialmente dichiarino che non ci sono veti, il leader di Iv sembra ormai intenzionato a correre da solo, al centro. ‘L’alleanza fra Pd, Azione e +Europa ha poco a che fare con la politica del ‘si sta insieme se si condividono le idee'”, commenta Matteo Renzi che, in un’intervista a ‘Qn’, confessa di aver avuto con Letta solo una telefonata di “due minuti e quaranta secondi”, nella quale il segretario Dem gli avrebbe detto che “non voleva Italia Viva nella coalizione perché pensava e pensa che gli facciamo perdere più voti di quanti ne guadagni. Questo è il massimo del dialogo che Enrico ha interpretato” dichiara. E sull’ipotesi del ‘diritto di tribuna’ per Di Maio, sbotta: ‘Letta ha proposto il diritto di tribuna. Che significa? Un posto garantito come capolista del PD a tutti i leader dei partiti in coalizione. Così entrano in Parlamento. Pare che al momento abbia accettato di prendere questo posto e correre con il simbolo del PD, Luigi Di Maio. Amici miei, ma la dignità dov’è?”.
    La riunione e la soluzione per sciogliere il nodo candidature – L’intesa fra Calenda, Della Vedova e Letta si chiude dopo due ore di colloquio. L’incontro rischia anche di partire col piede sbagliato, quando, prima dell’inizio dei lavori arriva al Pd una bozza di accordo già scritta dal leader di Azione: un salto in avanti ritenuto inopportuno dai dem. Poi, però, si apre il dialogo che porta all’intesa. Fra i punti dell’accordo, la divisione dei seggi uninominali: 70% al Pd e 30% ad Azione +Europa. Ma, soprattutto, si trova il modo di bypassare l’ostacolo delle “candidature scomode”. Fra la richiesta di Calenda di non candidare negli uninominali Fratoianni, Di Maio e Bonelli e l’intenzione del Pd di non mettere veti sui nomi, si trova la soluzione di far fare un passo indietro a tutti i big. “Abbiamo dimostrato tutti grande senso di responsabilità – ha detto Letta – l’Italia vale di più rispetto alle discussioni interne”. I commenti – “L’alleanza Pd-Azione fa chiarezza sulle forze in campo alle prossime elezioni. A misurarsi con il centrodestra e FdI ci sarà la solita sinistra. Il Pd, la sinistra estrema e Azione, la costola del Pd presieduta dall’europarlamentare eletto nel Pd, Carlo Calenda. Finisce la storiella di Azione partito moderato, alternativo alla sinistra tutta tasse, assistenzialismo e nemica del ceto produttivo”, dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Azione getta la maschera. È la quinta colonna del Partito democratico e della sinistra. Altro che progetto per creare un nuovo centro, altro che governo Draghi, semplicemente al servizio di chi vuole la patrimoniale per qualche posto in più”, scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia. L’accordo di ieri tra Pd e Calenda “è un’allegra brigata che mette insieme Di Maio, Fratoianni, Calenda, Gelmini, Letta, Speranza: quindi coerenza zero, concretezza zero. Ho visto che l’unico punto su cui sono d’accordo è la spartizione dei collegi elettorali”, ribadisce il leader della Lega, Matteo Salvini. “In bocca al lupo alla grande ammucchiata” è la battuta ironica del leader del M5S Giuseppe Conte. 

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    Conte: 'Subito le parlamentarie per scegliere i candidati M5S'

    Virginia Raggi sta spingendo in queste ore affinché il M5s rispetti le sue tradizionali regole nella definizione delle liste, a partire dalle parlamentarie. Come confermano fonti autorevoli del partito, l’ex sindaco di Roma, membro del Comitato di garanzia del M5s, è contraria in particolare alla deroga al principio di territorialità, secondo cui ci si può candidare solo dove si ha residenza, domicilio personale o professionale o centro principale degli interessi vitali. Secondo le stesse fonti, la deroga a questo principio è un’ipotesi concreta sul tavolo. In giornata Giuseppe Conte avrà una riunione con i coordinatori regionali.
    Le autocandidature per entrare nelle liste elettorali del M5s potranno essere presentate dalle 14 di venerdì 5 agosto alle 14 di lunedì 8 agosto. Lo annuncia il Movimento sul proprio sito, spiegando che potrà autocandidarsi ciascun iscritto “fatta salva la facoltà del Presidente di indicare modalità e i criteri per la formazione delle liste di candidati”. La proposta di autocandidatura, viene precisato, si intende relativa alla Circoscrizione/Collegio di residenza, ma si potrà indicare anche quello in cui si ha domicilio professionale o il “centro principale dei propri interessi”.
    “Dobbiamo assolutamente farle, è un passaggio che rientra nella democrazia diretta per dare agli iscritti la possibilità di dare indicazioni sulla scelta dei candidati”. Lo dice il leader M5s Giuseppe Conte ad Agorà, rispondendo a chi gli chiede se il Movimento sia pronto a scegliere i candidati attraverso le parlamentarie. “Il Pd – afferma – è diventato una sorta di ufficio di collocamento, il centro impiego per coloro che hanno cambiato casacca”.

    No alle ammucchiate, no alle proposte assurde della destra. Sì al campo giusto, dove si rispettano gli impegni con i cittadini.Qui la mia intervista oggi a “Agorà Estate” | 3/08/2022https://t.co/Y8eMUEBUYO pic.twitter.com/fkKoQPtQHF
    — Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) August 3, 2022

     
       Le alleanze – Poi, commentando l’alleanza tra Pd, Carlo Calenda e +Europa, Conte aggiunge: “Siamo soprattutto davanti ad aggregazioni di personalità e in tempi non sospetti io ho sempre detto, anche quando si parlava di campo largo, che il M5s è interessato alla coerenza dei temi e sui programmi . Per portare avanti i progetti non serve solo allargare il più possibile se poi ricevi il mandato ma non puoi realizzare il programma. Oggi c’è il M5s che va in un suo proprio campo, il più naturale, quello dove si elaborano proposte”. Quindi sottolinea come il Movimento abbia rispettato più “dell’80% degli impegni” presentati nel programma del 2018. A chi gli chiede invece del dialogo con Renzi, replica: “Il dialogo con Renzi è un poco complicato, lo abbiamo già sperimentato. lo lasceremo solo alle sue iniziative”. Più possibile invece l’intesa con Europa Verde e Sinistra Italiana: “Con le persone serie che vogliono condividere l’agenda sociale con noi c’è sempre la possibilità di farlo”.
       La sicurezza – “Il problema della sicurezza è un problema serio e non possiamo assumere atteggiamenti snobistici”, dichiara Giuseppe Conte. “Non possiamo dire per pregiudizi ideologici che è un tema della destra: la sicurezza è un tema che riguarda tutti noi” spiega evidenziando però che non per questo si debba perseguire “con pene razziste o xenofobe i migranti”.
       Il ‘Melenchon italiano’ – “Io non ho la pretesa di essere la sinistra, il Melenchon italiano. Io sono l’ultimo arrivato, ma noi siamo quelli della transizione ecologica della prima ora, pacifisti, vocati a realizzare la giustizia sociale”, dichiara. “Io sono per formazione un cattolico democratico – aggiunge – e il nostro è un progetto riformatore del Paese”.

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    Nato: ok del Senato all'ingresso di Svezia e Finlandia, 202 i sì

    Via libera dall’Aula del Senato al Ddl di ratifica del trattato sull’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia con 202 voti favorevoli, 13 contrari e 2 astenuti.
    “Quello che compiamo oggi – ha detto intervenendo in Aula Alessandro Alfieri, capogruppo del Pd in commissione Esteri a Palazzo Madama – è un atto politico, non solo diplomatico e simbolico. Dopo la caduta di Draghi a Mosca hanno brindato. Ma in noi rimane forte l’immagine dei leader europei sul treno per Kiev: quell’immagine ci diceva che l’Occidente, che l’Europa rappresentano e difendono la democrazia. Per questo facciamo bene ad arrivare velocemente al voto sull’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato. E’ un segnale forte, ed è importante il voto del Parlamento che sancisce da che parte sta l’Italia. Il Pd è stato il primo partito a schierarsi dalla parte dell’Ucraina. Il problema per Putin è sempre stato che Kiev guardasse più a Bruxelles che a Mosca. L’aggressione russa ha fatto scattare in paesi che erano stati sempre neutrali la consapevolezza che la democrazia vive meglio sotto una guida atlantista e occidentale”.

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    Elezioni: c'è accordo Letta-Calenda, tensione con Si e Verdi

    Il Pd e Azione con Più Europa hanno raggiunto l’accordo. Dopo giorni di tira e molla, veti e ultimatum, Enrico Letta, Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova hanno firmato il patto, al termine di una riunione alla Camera durata due ore. Un’intesa “elettorale per essere vincenti nei confronti della destra”, ha detto Letta. “Oggi si riapre la partita”, ha ribadito Calenda. Sondaggi alla mano, il centrosinistra sa che il centrodestra parte di gran lunga favorito. Per questo, Letta ha sempre cercato di costruire un’alleanza la più larga possible. Dopo l’addio al M5s, reo di non aver votato la fiducia a Draghi, il compagno di viaggio più corteggiato è stato Calenda che, però stava coltivando la tentazione di correre da solo, al centro, in una lista con Più Europa. Il senso dell’alleanza è stato riassunto da Letta: “Non è immaginabile che, dopo Draghi, il Paese passi al governo delle destre e sia guidato da Giorgia Meloni”. E Calenda: “L’accordo elettorale riapre la partita. Tutti i punti che avevamo chiesto a Letta sono stati recepiti. I voti di Azione non andranno a chi ha sfiduciato Draghi”. Caustico Giuseppe Conte: “Finalmente è finita la telenovela. In bocca al lupo alla nuova ammucchiata”.

    La firma dell’alleanza ha subito prodotto uno smottamento. Da tempo il Pd ha un dialogo anche con Sinistra Italiana e Verdi, che adesso chiedono “di verificare se ancora ci siano le condizioni di un’intesa elettorale”. Per Nicola Fratoianni (Si), “l’accordo tra Pd e Azione/+Europa è legittimo ma non vincolante sul tema programmatico”. Non piace il richiamo al governo Draghi, che vedeva Si e Verdi all’opposizione, e diversi passaggi, come quello sul via libera ai rigassificatori. Un chiarimento è in programma a breve: Letta incontrerà Fratoianni e Angelo Bonelli (Verdi) domani pomeriggio, al Nazareno. Per la verità, i contatti fra i tre sono frequenti, anche in giornata ce ne sono stati almeno due: uno di prima mattino e uno nel pomeriggio. Le schegge del patto sono arrivate anche più in là. Siccome l’intesa prevede che nessun segretario di partito e nessun fuoriuscito da FI e M5s possa essere candidato nei collegi uninominali, il Pd ha offerto un posto nei listini proporzionali della sua lista Democratici e progressisti “ai leader di partiti e movimenti che entreranno a far parte dell’alleanza”: è il cosiddetto diritto di tribuna. L’opportunità può tentare chi guida forze che rischiano di non il 3% e quindi di non avere eletti. In Transatlantico, sono venuti subito in mente Bruno Tabacci e Luigi Di Maio, fondatori di Impegno civico. E infatti, nel pomeriggio il ministro degli Esteri ha incontrato Letta, seminando scompiglio nei parlamentari che lo hanno seguito nell’uscita dal M5s: “Se accetta il diritto di tribuna ci abbandona e Impegno civico salta”, commentava un deputato.Non pare che il Pd abbia fatto l’offerta a Matteo Renzi. Malgrado sia Letta sia Calenda ufficialmente dichiarino che non ci sono veti, il leader di Iv è intenzionato a correre da solo, al centro: l’alleanza fra Pd, Azione e +E “poco ha a che fare con la politica dove si sta insieme se si condividono le idee”, ha detto Renzi. Che poi ha chiarito la collocazione di Iv: “Quello che gli altri definiscono solitudine, noi lo chiamiamo coraggio. Noi siamo il vero voto utile”. L’intesa fra Calenda, Della Vedova e Letta si è chiusa nelle due ore di colloquio. L’incontro ha anche rischiato di partire col piede sbagliato, quando, prima che iniziasse, al Pd è arrivata una bozza di accordo scritta dalla controparte. Un salto in avanti ritenuto inopportuno dai dem. Poi il colloquio. Fra i punti dell’accordo, la divisione dei seggi uninominali: 70% al Pd e 30% ad Azione +E. Ma su quello l’intesa c’era da giorni. Fra i presenti, c’è chi racconta che l’accelerata sia arrivata quando fra la richiesta di Calenda di non candidare negli uninominali Fratoianni, Di Maio e Bonelli, e l’intenzione del Pd di non mettere veti sui nomi, è stata trovata la soluzione di far fare un passo indietro a tutti i big. “Abbiamo dimostrato tutti grande senso di responsabilità – ha detto Letta – l’Italia vale di più rispetto alle discussioni interne”.”Una coalizione si fa sui programmi quindi adesso è necessario aprire una riflessione. Dovremo rivederci e fare un punto della situazione tra di noi”. Lo ha afferma Luigi Di Maio, capo politico di impegno Civico, intervenendo in una breve riunione della congiunta con i parlamentari del suo partito.”L’alleanza Pd-Azione fa chiarezza sulle forze in campo alle prossime elezioni. A misurarsi con il centrodestra e FdI ci sarà la solita sinistra. Il Pd, la sinistra estrema e Azione, la costola del Pd presieduta dall’europarlamentare eletto nel Pd, Carlo Calenda. Finisce la storiella di Azione partito moderato, alternativo alla sinistra tutta tasse, assistenzialismo e nemica del ceto produttivo”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
    “Azione getta la maschera. È la quinta colonna del Partito democratico e della sinistra. Altro che progetto per creare un nuovo centro, altro che governo Draghi, semplicemente al servizio di chi vuole la patrimoniale per qualche posto in più”. Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.

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    Pd tenta Di Maio col listone, ma seggi a rischio per L'Ape

     Accettare l’offerta del “diritto di tribuna” e assicurarsi almeno un posto, o due, nel prossimo Parlamento. O declinare l’invito, come hanno già fatto Bonelli e Fratoianni, e rimanere a capo della lista dell’ape. La mossa di Enrico Letta, che stringe l’accordo con Azione e Più Europa e offre ai potenziali alleati spazio nel listone “Democratici e progressisti”, spiazza il neonato Impegno Civico, e coglie di sorpresa lo stesso Luigi Di Maio.    Il ministro degli Esteri chiama il segretario Dem alla Farnesina per capire meglio i contorni di una proposta che, di primo impatto, rischia di tagliare le gambe al progetto coltivato dopo l’addio ai 5 Stelle. La “tribuna”, almeno sulla carta, è aperta ai “leader” delle liste alleate, quindi eventualmente ai soli Di Maio e a Bruno Tabacci. In quanto “ex”, secondo le clausole dell’accordo di Letta e Calenda, Di Maio non può puntare a un collegio uninominale – che invece potrebbe essere riservato a Tabacci.    In Parlamento quasi non si parla d’altro: i suoi temono la debacle senza il leader a giocare in prima persona la partita e sarebbero anche pronti a rinunciare alla lista, date le scarse possibilità di superare lo sbarramento. Proprio i sondaggi che danno Impegno Civico sotto il 3% sono anche quelli, però, che lasciano aperta la riflessione. Entrare nel listone Pd consentirebbe quanto meno di mantenere una testimonianza nella prossima legislatura, diversamente il rischio è di rimanere del tutto fuori. Ma cedendo alle sirene dem potrebbero non trovare casa, almeno al momento, nemmeno i fedelissimi di Di Maio, a partire dalla viceministra all’Economia Laura Castelli, Vincenzo Spadafora o dal vice alla Farnesina, Manlio Di Stefano, . Lo stesso vale per un altro vicinissimo al leader, Sergio Battelli.    Telefoni spenti, bocche cucite, in Transatlantico non si incrocia nessuno dei parlamentari del gruppo, che attendono di capire le decisioni del leader . Una riunione convocata in serata è stata aperta e subito rinviata. A dimostrazione dell’incertezza che regna in queste ore nel partito del ministro degli Esteri.    Una alternativa potrebbe essere quella di abbandonare l’idea della lista autonoma e chiedere al Pd di imbarcare altri nomi oltre ai leader. O declinare l’invito e proseguire sulla via tracciata poche ore fa, con la presentazione del simbolo. Come fanno Verdi e Sinistra italiana: “Non abbiamo bisogno di diritti di tribuna”, chiarisce Bonelli, che a sua volta incontrerà Letta insieme a Fratoianni domani, partendo dal presupposto, però, di andare avanti “con il progetto politico che si sta radicando nel paese”.     

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    Elezioni: c'è l'accordo Letta-Calenda. Al Pd 70% candidati, Azione/+Eu 30%

    Il Pd e Azione con Più Europa hanno raggiunto l’accordo. Dopo giorni di tira e molla, veti e ultimatum, Enrico Letta, Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova hanno firmato il patto, al termine di una riunione alla Camera durata due ore. Un’intesa “elettorale per essere vincenti nei confronti della destra”, ha detto Letta. “Oggi si riapre la partita”, ha ribadito Calenda. Sondaggi alla mano, il centrosinistra sa che il centrodestra parte di gran lunga favorito. Per questo, Letta ha sempre cercato di costruire un’alleanza la più larga possible. Dopo l’addio al M5s, reo di non aver votato la fiducia a Draghi, il compagno di viaggio più corteggiato è stato Calenda che, però stava coltivando la tentazione di correre da solo, al centro, in una lista con Più Europa. Il senso dell’alleanza è stato riassunto da Letta: “Non è immaginabile che, dopo Draghi, il Paese passi al governo delle destre e sia guidato da Giorgia Meloni”. E Calenda: “L’accordo elettorale riapre la partita. Tutti i punti che avevamo chiesto a Letta sono stati recepiti. I voti di Azione non andranno a chi ha sfiduciato Draghi”. Caustico Giuseppe Conte: “Finalmente è finita la telenovela. In bocca al lupo alla nuova ammucchiata”.

    La firma dell’alleanza ha subito prodotto uno smottamento. Da tempo il Pd ha un dialogo anche con Sinistra Italiana e Verdi, che adesso chiedono “di verificare se ancora ci siano le condizioni di un’intesa elettorale”. Per Nicola Fratoianni (Si), “l’accordo tra Pd e Azione/+Europa è legittimo ma non vincolante sul tema programmatico”. Non piace il richiamo al governo Draghi, che vedeva Si e Verdi all’opposizione, e diversi passaggi, come quello sul via libera ai rigassificatori. Un chiarimento è in programma a breve: Letta incontrerà Fratoianni e Angelo Bonelli (Verdi) domani pomeriggio, al Nazareno. Per la verità, i contatti fra i tre sono frequenti, anche in giornata ce ne sono stati almeno due: uno di prima mattino e uno nel pomeriggio. Le schegge del patto sono arrivate anche più in là. Siccome l’intesa prevede che nessun segretario di partito e nessun fuoriuscito da FI e M5s possa essere candidato nei collegi uninominali, il Pd ha offerto un posto nei listini proporzionali della sua lista Democratici e progressisti “ai leader di partiti e movimenti che entreranno a far parte dell’alleanza”: è il cosiddetto diritto di tribuna. L’opportunità può tentare chi guida forze che rischiano di non il 3% e quindi di non avere eletti. In Transatlantico, sono venuti subito in mente Bruno Tabacci e Luigi Di Maio, fondatori di Impegno civico. E infatti, nel pomeriggio il ministro degli Esteri ha incontrato Letta, seminando scompiglio nei parlamentari che lo hanno seguito nell’uscita dal M5s: “Se accetta il diritto di tribuna ci abbandona e Impegno civico salta”, commentava un deputato.Non pare che il Pd abbia fatto l’offerta a Matteo Renzi. Malgrado sia Letta sia Calenda ufficialmente dichiarino che non ci sono veti, il leader di Iv è intenzionato a correre da solo, al centro: l’alleanza fra Pd, Azione e +E “poco ha a che fare con la politica dove si sta insieme se si condividono le idee”, ha detto Renzi. Che poi ha chiarito la collocazione di Iv: “Quello che gli altri definiscono solitudine, noi lo chiamiamo coraggio. Noi siamo il vero voto utile”. L’intesa fra Calenda, Della Vedova e Letta si è chiusa nelle due ore di colloquio. L’incontro ha anche rischiato di partire col piede sbagliato, quando, prima che iniziasse, al Pd è arrivata una bozza di accordo scritta dalla controparte. Un salto in avanti ritenuto inopportuno dai dem. Poi il colloquio. Fra i punti dell’accordo, la divisione dei seggi uninominali: 70% al Pd e 30% ad Azione +E. Ma su quello l’intesa c’era da giorni. Fra i presenti, c’è chi racconta che l’accelerata sia arrivata quando fra la richiesta di Calenda di non candidare negli uninominali Fratoianni, Di Maio e Bonelli, e l’intenzione del Pd di non mettere veti sui nomi, è stata trovata la soluzione di far fare un passo indietro a tutti i big. “Abbiamo dimostrato tutti grande senso di responsabilità – ha detto Letta – l’Italia vale di più rispetto alle discussioni interne”.”L’alleanza Pd-Azione fa chiarezza sulle forze in campo alle prossime elezioni. A misurarsi con il centrodestra e FdI ci sarà la solita sinistra. Il Pd, la sinistra estrema e Azione, la costola del Pd presieduta dall’europarlamentare eletto nel Pd, Carlo Calenda. Finisce la storiella di Azione partito moderato, alternativo alla sinistra tutta tasse, assistenzialismo e nemica del ceto produttivo”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
    “Azione getta la maschera. È la quinta colonna del Partito democratico e della sinistra. Altro che progetto per creare un nuovo centro, altro che governo Draghi, semplicemente al servizio di chi vuole la patrimoniale per qualche posto in più”. Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.

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    Ddl Concorrenza: via libera definitivo del Senato, 161 sì

    Via libera definitivo dall’Aula del Senato al Ddl sulla Concorrenza con 161 voti favorevoli, 21 contrari e 2 astenuti. Il provvedimento, legato al Pnrr, ha visto lo stralcio della norma sui taxi da parte della Camera. Il prossimo governo, come ricordato dal vice ministro al Mise, Gilberto Pichetto Fratin, dovrà occuparsi dell’attuazione delle deleghe previste.Il Ddl arriva alla meta senza il tanto dibattuto articolo 10 sui taxi e con lo slittamento anche del nodo delle concessioni balneari, prevedendo una delega al Governo per il riordino della materia. PORTI. Un decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili definirà i criteri sulle concessioni. E’ previsto che un concessionario ottenga solo una concessione per ciascun porto, ma la regola non vale per gli hub di rilevanza internazionale e nazionale. GAS. L’articolo 6 punta a valorizzare con una serie di disposizioni le reti di distribuzione degli enti locali e rendere più veloci le procedure per le gare. CONCESSIONI IDROELETTRICHE. Le Regioni fisseranno i criteri che dovranno essere seguiti per effettuare le gare. Le procedure dovranno essere fissate entro la fine del prossimo anno. Sono previsti alcuni indennizzi per i concessionari uscenti. SERVIZI PUBBLICI LOCALI. Anche in questo caso un testo unico del Governo riordinerà la materia. Per dare una spinta alle gare nel trasporto pubblico è previsto un taglio del Fondo nazionale trasporti per gli enti locali che abbiano affidato i servizi senza procedure di evidenza pubblica o tramite gare non conformi. COLONNINE DI RICARICA. Gare dei concessionari autostradali anche per assegnare le colonnine di ricarica “mediante procedure competitive, trasparenti e non discriminatorie, nel rispetto del principio di rotazione”. RIFIUTI. L’articolo 15 interviene sulle tariffe per le utenze non domestiche prevedendo nuovi compiti per l’Arera e modifiche al Codice dell’ambiente ove si prevede la stipula di un accordo di programma su base nazionale tra Conai e sistemi autonomi e tutti gli operatori del comparto di riferimento con l’Anci, con l’Upi o con gli Enti di gestione di Ambito territoriale ottimale.