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    Letta lancia sfida dal Nord e incassa candidatura Amendola

     Enrico Letta lancia la sfida elettorale a FdI-Lega e FI da Vicenza , cuore di quel nord produttivo tanto caro al centrodestra. E, nella stessa giornata, incassa il sì (non scontato) del sottosegretario agli Affari Ue, Enzo Amendola, a candidarsi al terzo posto del proporzionale in Campania. A distanza di due giorni dalla presentazione delle candidature in direzione, il leader dem torna sulla compilazione delle liste e ammette che “è sempre complicata” ma lo è diventata molto più a causa della “legge elettorale”, della “riduzione dei parlamentari” e dei “tempi strettissimi di questa crisi. Al punto da creare”, si rammarica, anche “situazioni spiacevoli come quella che a Enzo Amendola assegna una prospettiva di candidatura particolarmente difficile e impegnativa”. Letta quindi torna a rivolgersi direttamente al sottosegretario, per sottolinearne il valore ed invitarlo ad accettare la candidatura. E gli rivolge un appello affinché “sia con noi in questa competizione elettorale così importante, a maggior ragione perché la questione europea sarà al centro del dibattito, da oggi fino al 25 settembre”. Nemmeno un’ora dopo, arriva il tweet tanto atteso: “Per cultura politica e personale sono sempre convinto che il noi venga prima dell’io – scrive Amendola -. La mia è una candidatura di servizio, per rispetto degli elettori e militanti del Pd che hanno sostenuto il lavoro svolto in Europa in questi anni. Come sempre, con disciplina e serietà”. Amendola non è il primo ad accettare la candidatura dopo averci riflettuto un bel po’. In casa dem, tra chi ha rifiutato, chi ci ha ripensato e chi si è spostato da un collegio all’altro, spicca la vicenda di Alessia Morani. La deputata era stata designata a correre per un bis alla Camera sia all’uninominale di Pesaro, sia al terzo posto del proporzionale. Inizialmente aveva declinato l’offerta, poi, dopo diversi appelli, ci aveva ripensato, ma nel frattempo l’uninominale di Pesaro era già stato riassegnato ad un rappresentante di Più Europa. Per qualche ora era circolata l’ipotesi che potesse candidarsi al secondo posto per il Senato (liberatosi dopo un altro rifiuto), ma ora dovrebbe essere confermato il terzo posto al proporzionale per la Camera. Insomma, nonostante il grosso sia stato fatto, c’è ancora grande fibrillazione attorno alle candidature dem. Per esempio, è ancora un rebus la posizione del costituzionalista Massimo Ceccanti. Mentre, dopo un lungo silenzio, il senatore Tommaso Nannicini ha fatto sapere di aver “firmato per accettare la candidatura alla Camera nel collegio uninominale Prato-Pistoia-Mugello”. Qui aveva fatto un passo indietro, per concentrare i suoi sforzi altrove, la sottosegretaria Caterina Bini. Entro la deadline di domenica si dovrà chiudere anche la partita degli oltre 60 seggi uninominali riservati alla coalizione (dalla federazione Verdi-Si a Più Europa fino a Impegno Civico). Per il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, si parla di Pisa ma lui non conferma; per Emma Bonino di Roma centro; per il radicale Riccardo Magi di Torino. Il ministro degli Esteri e leader di Ic Luigi Di Maio, dovrebbe essere candidato in Campania, mentre Bruno Tabacci a Milano. Enrico Letta, intanto, scalda i motori della campagna elettorale sui territori. E comincia da Vicenza, dove è capolista (come a Milano) e dove “il numero di coloro che hanno tradito Draghi è altissimo”. Si tratta di una scelta simbolica: giocare in attacco, in una competizione tutt’altro che semplice, per dimostrare che “queste elezioni possiamo vincerle”.

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    Calenda: 'il Pd tornerà con i 5s, noi per Draghi premier'

    Calenda ‘il Pd tornerà con i 5s, noi per Draghi premier’ Per Bonino e Cottarelli porte ancora aperte. Domani liste pronte ROMA di Flavio Russo (ANSA) – ROMA, 18 AGO – Il programma c’è, il leader pure, per le liste bisognerà attendere domani. E quanto al premier il desiderio sarebbe quello di avere ancora Mario Draghi. Lo ribadisce ancora una volta Carlo Calenda, durante la presentazione del programma – suo e di Italia Viva – agli elettori. Nella Sala Nassirya del Senato, in mezzo alla squadra delle ministre che sostengono il Terzo Polo (Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Elena Bonetti), insieme a Maria Elena Boschi e Luigi Marattin, il leader di Azione non lascia spazio a fraintendimenti su quale sarà la stella polare dell’alleanza con Matteo Renzi: “Il nostro obiettivo è semplice: andare avanti con l’agenda Draghi, con il metodo Draghi e avere possibilmente Draghi come presidente del Consiglio”. I temi sono quelli enunciati in questi giorni – si va dal nucleare all’elezione diretta del premier, dal taglio del Reddito di Cittadinanza all’abolizione dell’appello per le sentenze di assoluzione – che hanno portato alla rottura con Partito democratico e soci. Una questione che porta ancora i suoi strascichi e sulla quale Calenda continua a battere, anche in prospettiva futura. “Il Pd tornerà 5 minuti dopo le elezioni dai 5 stelle, basta leggere le dichiarazioni di Orlando, Bonini, Boccia”, stuzzica il leader di Azione, che prova a creare qualche tentennamento nel campo degli ex alleati, quando dice: “Per persone come Cottarelli, Bonino e Bentivoglio e tanti altri voglio dire: le porte continuano a essere aperte”.

    Terzo Polo, Calenda: ‘Completare il Pnrr e avanti con l’agenda Draghi’

    Lui, intanto, ripropone la sfida della scorsa estate e si candiderà, stavolta per un posto in Parlamento, nella Capitale, collegio Roma 1. L’unico grande assente della giornata è l’altro generale delle truppe del Terzo Polo, Matteo Renzi. “Oggi non c’è, ma non è tattica – dice Calenda – faremo una grande iniziativa assieme a Milano”. Sul rapporto tra i due si sofferma: imbeccato dai cronisti, lo definisce “molto difficile a partire dal Conte II”. Anche durante il periodo a Palazzo Chigi “non c’è stato un giorno in cui non abbiamo litigato”, confessa, ma riconosce nell’alleato “grande generosità per aver fatto un passo di lato” e in fondo in quel legame fatto di ripetuti scontri vede il metodo di lavoro che serve all’Italia: “una roba tosta, non la retorica dei mollacchioni”. D’altronde le cose da fare nel Paese sono molte, moltissime, è Calenda stesso a dirlo e con lui i suoi compagni di viaggio. Parlano tutti, ognuno per il proprio campo di competenza e disegnano l’Italia che hanno in mente. C’è la ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Elena Bonetti, ad esempio, che spinge forte sulla realizzazione del Family Act, azzoppato, secondo lei, dallo “scempio fatto dal Movimento 5 stelle”. L’obiettivo per le politiche familiari è “non dare sussidi temporanei ma fare degli investimenti, duraturi”, come quello di “levare tutti i costi della maternità per le imprese”. C’è Mariastella Gelmini che rilancia l’idea, anticipata ieri da Matteo Renzi, del Sindaco d’Italia, per superare “la problematica che è la governabilità e la durata scarsa dei governi” e l’altra ministra fuoriuscita da Forza Italia, Mara Carfagna, che da titolare del dicastero per il Sud richiama la sensibilità degli abitanti del Mezzogiorno: “devono essere consapevoli del rischio che corrono se dovessero vincere gli opposti populismi di destra e di sinistra”. E c’è Maria Elena Boschi, che segna netta la posizione dell’alleanza in materia di giustizia: “per noi garantismo e giustizialismo non sono due facce della stessa medaglia, il giustizialismo è un’aberrazione”.

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    Centrodestra stringe sulle liste, 'Servono ancora 24 ore'

    Lavori in corso e a oltranza, almeno per altre 24 ore, sulle liste elettorali del centrodestra. Il risiko di collegi e candidati per le prossime elezioni è al rush finale e sale la fibrillazione. Le ultime mosse si giocano in via della Scrofa, negli uffici di Fratelli d’Italia che apre le porte al resto della coalizione, in una Roma semi deserta. Vertice tecnico è la parola più ripetuta dai partecipanti, quasi a sviare e ridurne la portata. In effetti qui si controllano documenti, si verificano accettazioni di candidature, di conseguenza si lima e si tratta: in tempi di ‘carestia’ politica, ogni collegio strappato è ancora più prezioso. Specie se la spartizione va fatta per 4, tanti quanti sono i partiti federati per il voto del 25 settembre. Così nel quarti generale di FdI – forse per la prima volta ritrovo di tutta la coalizione – si ostenta fiducia. Il più ottimista è il senatore di FdI, Ignazio la Russa: “Sulle liste praticamente stasera chiudiamo”, annuncia in una pausa. “Poi Giorgia (Meloni, ndr) li passerà all’esame e li firmerà”.
    Più largo nelle previsioni il leghista Giancarlo Giorgetti: “Dovete avere ancora pazienza 24 ore”, dice ai cronisti e li saluta infilandosi in macchina. Niente di più trapela e bocche cucite sui nomi. Eppure proprio nella Lega la battaglia è in corso, a caccia di un collegio. Specie al nord dove le roccaforti del partito rischiano di perdere forza. Tallonate, nel centrodestra, dal partito di Giorgia Meloni che negli ultimi mesi ha rosicchiato spazio, e dal Pd dopo che Enrico Letta ha deciso di candidarsi come capolista a Vicenza andando all’attacco “e non giocando in difesa” perché lì domina la Lega e e “ci sono i traditori del governo Draghi”. L’ex Carroccio non replica, il lavoro incombe. Forse per placare i malumori di inevitabili delusi e scontenti, conferma che tutta la squadra leghista che era nel governo Draghi sarà ricandidata. Vale per Giorgetti, per i ministri Erika Stefani e Massimo Garavaglia e idem per sottosegrtari e il viceministro Alessandro Morelli, fino ai capigruppo parlamentari e ai vice di Salvini, Andrea Crippa e Lorenzo Fontana. Un lungo elenco da cui manca Umberto Bossi, dato però per semi certo alla Camera. Poi il partito svela altri due civici che scenderanno in campo: sono il pallavolista Luigi Mastrangeli e l’editore Antonio Angelucci. In aggiunta potrebbe esserci anche un agente penitenziario al sud, come rivela Salvini. Salvini invece correrà a Milano e forse in Calabria e Puglia.
    Malumori non mancano in Forza Italia e covano nelle chat dei parlamentari alla luce dei numeri impietosi tra il calo consensi del partito, che si teme si fermi all’8%, e i minori scranni a disposizione. FI ne perderebbe almeno una cinquantina al Parlameto. I vertici del partito intanto sono riuniti a Villa Certosa, nella villa di Berlusconi dove proseguono telefonate e contatti. Resta fuori dai radar ansiogeni il parito di Giorgia Meloni. Qui vige l’abbondanza, grazie ai pronostici dei sondaggi e al maggior numero di caselle da riempire. Sui nomi bocche serrate. “Li farà Giorgia a suo tempo, rinvia La Russa. Per la leader il criterio è la la meritocrazia, “anche se io sarei per le preferenze”, ammette a Radio 24. Non chiude alle “personalità esterne – spiega – ma io parto sempre dai territori, perché chi fa politica per amore e dedizione, prima di avere unon stipendio, sono tendenzialmente persone molto affidabili”. Intanto a partita aperta, c’è pure chi si sacrifica e rinuncia. E’ il caso di Gaetano Quagliariello, nome storico di Forza Italia, che fu consigliere dell’ex presidente del Senato, Pera e ora approdato al partito di Giovanni Toti, Italia al centro. Nonostante l’offerta del governatore ligure di un collegio considerato blindato, Quagliariello annuncia che non si candida e che cede il seggio al partito, essendoci in quel collegio colleghi con “un maggior radicamento e una più significativa presenza”.

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    Elezioni: ammessi dal Viminale 75 simboli su 101 consegnati

    La carica dei 75. Il Viminale ha pubblicato, affiggendoli in bacheca, i simboli elettorali che hanno ottenuto il via libera per le prossime elezioni politiche del 25 aprile. Oltre ai big Pd, Fratelli di Italia, Lega, Forza Italia, M5s e Azione-Italia Viva, il ministero degli Interni ha dato l’ok, tra gli altri, ai contrassegni di Impegno Civico, Forza Nuova, Mastella-Noi di centro-Europeisti, Pci, Cambiamo, Partito Repubblicano Italiano, Per l’Italia con Paragone, ItalExit’ e Nuovo Psi. Nella bacheca degli ammessi anche il Partito dei Gay, Liberi Basta Tasse, la lista del sedicente medico Adriano Panzironi, ‘Rivoluzione Sanitaria’ e il Partito della Follia. Ai 70 simboli approvati nella prima valutazioni se ne sono aggiunti altri cinque: Palamara oltre il sistema, Peretti Dcl Liberazione Democrazia Cattolica Liberale, Partito federalista italiano, Popolo partite Iva, Italia sé desta. Al momento non hanno superato il vaglio ministeriale, tra gli altri, Italia con Draghi, Up con De Magistris, Partito pensionati al centro e Libertas Democrazia cristiana. I simboli esclusi potranno ora presentare ricorso in Cassazione che entro domenica dovrà emettere la decisione definitiva. Proprio dal 21 agosto, dalle 8 del mattino, nelle cancellerie delle Corti di Appello potranno essere depositate le liste elettorali. La ‘finestra’ per depositare la documentazione sarà aperta fino alle 20 del 22 agosto. Entro due giorni, quindi, dovrà essere completata la raccolta delle firme. Il “quantum” delle sottoscrizioni è legato al numero di collegi plurinominali definiti nella legge elettorale e diminuiti dopo i tagli del numero dei parlamentari. Prima del 2020 servivano, sia ad un partito che ad una coalizione, per i 63 collegi plurinominali alla Camera e per i 33 del Senato “almeno 1.500 e non più di 2.000″ sottoscrizioni da parte di elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio plurinominale o,in caso di collegio plurinominale compreso in un unico comune, iscritti nelle sezioni elettorali di tale collegio plurinominale”. Dopo il voto referendario i collegi plurinominali per la Camera sono scesi a 49 e quelli per il Senato a 26. Per potersi presentare su tutto il territorio nazionale servirebbero, quindi, circa 73.500 firme. La legge dice però che “in caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni è ridotto alla metà”, dunque 750 firme per ogni collegio plurinominale. E’ necessario quindi raccogliere complessivamente 56.250 firme (36.750 per la Camera e 19.500 per il Senato); ma visto che chi firma per la Camera lo fa anche per il Senato, la soglia è di 36.750 persone che firmino le liste. Sottoscrizioni che devono essere autenticate da funzionari pubblici o notai e avvocati. Nel decreto Elezioni, varato dal Governo il 5 maggio scorso, sono previste delle esenzioni: l’articolo 6 bis del provvedimento stabilisce che possono presentare le liste senza raccogliere le firme “i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021”, dunque Pd, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, M5s, Liberi e Uguali, Italia Viva e Coraggio Italia.

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    Elezioni: ammessi dal Viminale 75 simboli

    (ANSA) – ROMA, 18 AGO – Sono 75 (sui 101 consegnati) i
    contrassegni elettorali ammessi dal Viminale alla prossima
    tornata elettorale del 25 settembre. E’ quanto si evince dalle
    bacheche esposte nella sede del ministero degli Interni. Ai 70
    simboli approvati nella prima valutazioni se ne aggiungono altri
    cinque: Palamara oltre il sistema, Peretti Liberazione
    Democrazia Cattolica Liberale, Partito federalista italiano,
    Popolo partite Iva, Italia sé desta. (ANSA).   

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    A Bologna la Festa dell'Unità è un caso: Fdi, viola le regole

     A poco più di un mese dalle elezioni, a Bologna la Festa dell’Unità, che comincia la prossima settimana, diventa un caso. “E’ una violazione delle regole – dice il deputato di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami che nelle settimane scorse ha presentato un esposto in prefettura – è uno spazio pubblico che viene dato in concessione a un partito senza rispettare le regole della campagna elettorale. A Bologna le regole valgono per tutti, ma per il Pd valgono sempre meno”. 
    Il Pd di Bologna annuncia che la Festa sarà senza bandiere del Pd e senza simboli di partito, ma solo con il logo tradizionale della festa. 
    All’inaugurazione ci sarà il segretario Enrico Letta. “Sarà una festa con qualche doverosa modifica dettata dalla normativa – ha detto il responsabile della festa Lele Roveri – ma con l’anima e l’atmosfera che sempre hanno caratterizzato ogni Festa de L’Unità. Il tutto verrà organizzato nel rispetto delle regole, come sempre è stato. Regole che tutti i partiti politici devono rispettare”.
    “Ringraziamo – prosegue Roveri – il Prefetto, Attilio Visconti per aver esplicitato e reso trasparenti elementi che già stavamo approfondendo da un paio di settimane con le autorità competenti e con nostri legali. Con ciò ribadiamo che quella della Festa de L’Unità sarà un’occasione per fare buona politica riconoscendo che i 30 giorni di avvio della par condicio non coincidono con l’inaugurazione della Festa”.
    La decisione è stata presa per le regole relative alla par condicio in campagna elettorale, visto che l’area dove si svolge la festa, il Parco Nord, è uno spazio pubblico (dato in concessione a un’azienda privata, ma a maggioranza pubblica, come BolognaFiere) non compreso fra le aree destinate dal Comune di Bologna alla campagna elettorale.    

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    Scontro Crisanti-Salvini. Il Cav: 'Sentenze di assoluzione inappellabili'

    “Se fossimo stati nelle mani di Salvini ci sarebbero 300mila vittime di Covid al posto di 140mila”. Le parole del microbiologo Andrea Crisanti, candidato capolista in Europa con il Pd, accendono lo scontro tra centrodestra e centrosinistra e riportano prepotentemente il tema Covid nella campagna elettorale.
    Se Matteo Salvini, tagliente, si limita a citare il virologo padovano, Giorgio Palù che definì Crisanti “un esperto di zanzare”, il suo partito non tarda a reagire compatto: “Speculare sui morti. Gli attacchi di Crisanti a Salvini sono a dir poco vergognosi”. La richiesta è che il segretario Enrico Letta si dissoci dalle parole dell’esperto, ma questi – al contrario – si schiera prontamente al suo fianco: “A destra prevale la cultura no vax. Ce li ricordiamo gli ‘aprire, aprire, aprire'”.
    Rincara la dose il ministro della Salute Roberto Speranza: “Purtroppo da parte della destra, di alcuni esponenti dei partiti di Meloni e Salvini su questo terreno ci sono state troppe ambiguità”. Si indigna la forzista Licia Ronzulli: “Ho proposto io l’obbligo vaccinale per il personale sanitario, altro che centrodestra no vax!”. Per Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, “mentre le Regioni a guida Lega erano in prima linea a combattere la battaglia contro il virus, Crisanti era impegnato nel suo show televisivo con finalità adesso note a tutti”. Gli risponde Nicola Zingaretti, governatore dem e ora capolista nel Lazio: “Se l’Italia ha sconfitto il Covid, è grazie a noi e alla fiducia che abbiamo riposto nella scienza”.
    L’argomento finisce anche al centro di un botta e risposta triangolare tra Letta, Carlo Calenda e Matteo Renzi. Questi, nel commentare la corsa del microbiologo, aveva espresso il timore “che al primo raffreddore ci becchiamo una quarantena di due mesi”. Il segretario dem rimarca caustico: “I meriti della candidatura di Crisanti. Ognuno dice cosa pensa veramente”. Ma Calenda non ci sta: “Abbiamo sostenuto tutti i provvedimenti presi dai diversi governi con lealtà – ricorda prontamente -. Non strumentalizzate la pandemia”.

    Agenzia ANSA

    L’Anm: “La Corte costituzionale l’ha dichiarata illegittima”. Lega e FdI appoggiano proposta (ANSA)

    Mentre infuria la polemica, al Nazareno si tira un sospiro di sollievo per le liste: il grosso è fatto, ora non resta che schiacciare sull’acceleratore della campagna elettorale. Eppure, nonostante l’impalcatura delle candidature sia ormai in piedi, non si escludono alcune limature. Un’operazione chirurgica che servirà a rimpiazzare quei posti ‘difficili’ rimasti vacanti dopo le rinunce (la deputata Alessia Morani, dopo aver declinato l’offerta ci ha ripensato e correrà nelle Marche), ma – forse – non solo. In ballo ci sarebbero ancora le collocazioni di Enzo Amendola, il sottosegretario agli affari europei del governo Draghi che forse si aspettava qualcosa di più del terzo posto per il Senato in Campania, e quella del costituzionalista Stefano Ceccanti che compare solo al quarto posto di uno dei colleghi plurinominali toscani. “Contrariamente a quanto scrivono alcuni, non sono candidato al numero 4 proporzionale Firenze-Pisa, che qualunque esperto (anche minimo) di legge elettorale sa essere sicuramente solo testimoniale”, spiega Ceccanti riservandosi ancora un po’ di tempo prima di esprimersi definitivamente a riguardo, un “ritardo” che definisce “non immotivato”. E che, dunque, fa presumere trattative in corso.
    Qualcuno immagina che, last minute, si possa riaprire anche la questione Monica Cirinnà. Ma dal partito bocche cucite. Di certo restano da definire gli oltre 60 collegi uninominali riservati dal Pd alla coalizione. Ad oggi, tra le poche certezze c’è la corsa di Ilaria Cucchi a Firenze per il Senato e quella di Aboubakar Soumahoro a Modena per la Camera, collegi ritenuti sicuri dalla federazione Europa Verde-Sinistra italiana che li ha candidati. Quanto al leader di SI, Nicola Fratoianni, si parla dell’uninominale di Pisa ma lui non conferma: “Io e Bonelli (il co-portavoce di Europa Verde, ndr) saremo certamente candidati al proporzionale”, per il resto “nelle prossime ore avrete risposte definitive”. Il leader di Impegno Civico, Luigi Di Maio, potrebbe essere candidato in Campania, nell’uninominale che comprende la sua Pomigliano d’Arco, mentre Bruno Tabacci a Milano. Per Emma Bonino si parla del collegio di Roma centro per il Senato, per il radicale Riccardo Magi di Torino 1 per la Camera.

    Agenzia ANSA

    “In vista della tornata elettorale del 25 settembre, nel più ampio contesto delle iniziative editoriali già avviate, la RAI inviterà al confronto i leader delle diverse formazioni politiche. (ANSA)

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    Meloni, orgogliosi della fiamma, ma io non sono fascista

    “La fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia non ha niente a che fare con il fascismo, ma è il riconoscimento del viaggio fatto dalla destra democratica attraverso la storia della nostra Repubblica. E noi ne siamo orgogliosi”. Lo dice la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in un’intervista rilasciata al settimanale britannico The Spectator, che in copertina riporta una caricatura della politica italiana con il titolo ‘Giorgia Meloni è la donna più pericolosa in Europa?’.    Nel lungo colloquio con l’intervistatore Nicholas Farrell – autore della biografia ‘Mussolini: A New Life’ – Meloni spiega che “quando abbiamo fondato Fratelli d’Italia, lo abbiamo fondato come centro-destra, a testa alta. Quando sono qualcosa, io lo dichiaro. Io non mi nascondo. Se fossi fascista, direi che sono fascista. Non ho mai parlato di fascismo, invece, perché non sono fascista”.
    “Nel Dna di Fratelli d’Italia non c’è nostalgia per fascismo, razzismo o antisemitismo. C’è invece un rifiuto per tutte le dittature: passate, presenti e future”, aggiunge.    Meloni considera sé stessa e il partito da lei guidato più vicino alle posizioni di Roger Scruton, filosofo britannico ed esponente del conservatorismo tradizionalista, che al socialismo rivoluzionario di Mussolini. “Penso che oggi la grande sfida globale, non soltanto in Italia, sia tra coloro che difendono l’identità e coloro che non lo fanno. Questo è quello che Scruton vuole dire quando afferma che se si distrugge qualcosa, non necessariamente si crea qualcosa di nuovo e migliore. Se fossi britannica, probabilmente sarei una Tory. Ma sono italiana”, è la chiosa.