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    Salvini: 'Minacce da Von der Leyen, la Lega farà una mozione di censura'

    “Si tratta di una squallida minaccia, un’ invasione di campo non richiesta. La signora rappresenta tutti gli europei, il suo stipendio è pagato da tutti noi, si è trattata di una disgustosa e arrogante minaccia. Il gruppo parlamentare della Lega presenterà una mozione di censura. Domenica votano italiani non i burocrati di Bruxelles,  se iofossi il presidente della Commissione Ue mi preoccuperei delle bollette”. Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini a Mattino Cinque commentando le parole di ieri della presente della commissione Ue Ursula Von der Leyen, secondo la quale, se la situazione politica in Italia dovesse evolversi “in una direzione difficile, abbiamo degli strumenti, come nel caso di Polonia e Ungheria”.
    Salvini ha poi ribadito che in un eventuale governo di centrodestra “non ci saranno ministri tecnici, ne abbiamo visti abbastanza, ricordo Monti, ad esempio”, non escludendo il proprio ritorno al Viminale: “Per me è stato un onore lavorare al fianco  della polizia di Stato ma aspetto il voto di domenica, aspettiamo”.
    Su una possibile revisione della Costituzione, ipotizzata da Giorgia Meloni, ha commentato: “Prima di cambiare la Costituzione pensiamo alle bollette. Pensare a cosa possiamo fare tra due o tre anni va benissimo, però la priorità per la Lega è aiutare gli italiani a pagare le bollette. Il primo decreto del nuovo governo sarà bloccare gli aumenti delle bollette”, sottolineando che nel centrodestra “abbiamo un programma comune su tutto. Certo – ha aggiunto – oggi per me l’emergenza è il caro bollette, gli amici Giorgia e Silvio dicono che per me si può aspettare, io evidenzio una differenza. Ma sono convinto che Giorgia e Silvio prenderanno atto” che si deve interveniresubito.

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    Frati Assisi ricordano il sisma del 1997

    (ANSA) – ASSISI (PERUGIA), 23 SET – A 25 anni dal terremoto
    che colpì Umbria e Marche i frati del Sacro Convento di Assisi
    come ogni anno, durante la novena di preparazione alla festa di
    san Francesco, faranno memoria delle vittime e delle famiglie
    colpite da quel drammatico avvenimento.   
    Lunedì 26 settembre alle 18 nella chiesa superiore della
    Basilica di San Francesco si terrà la celebrazione eucaristica
    presieduta da fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento di
    Assisi. Messa alla quale la comunità francescana annuncia la
    partecipazione anche dei familiari delle vittime del sisma del
    ’97, del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità
    Sostenibili, Enrico Giovannini, del Commissario straordinario
    alla ricostruzione post sisma 2016, Giovanni Legnini, e delle
    istituzioni regionali e comunali. (ANSA).   

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    Bandiera con aquila e fascio appesa a sede Cgil in Toscana

    (ANSA) – CORTONA (AREZZO), 23 SET – Una bandiera con
    un’aquila su un fascio è stata trovata appesa davanti alla sede
    della Cgil di Camucia (Arezzo). Lo rende noto lo stesso
    sindacato con Dalida Angelini, segretaria generale in Toscana,
    che dichiara: “Quello che è successo a Camucia è gravissimo.   
    L’ennesima intimidazione fascista che come Cgil riceviamo, con
    un salto di qualità, ora si appendono bandiere con aquile su
    fasci littori, roba da anni ’20 del Novecento. Stavolta spicca
    anche la tempistica: alla vigilia delle elezioni politiche e a
    quasi un anno dall’assalto squadrista alla sede della Cgil
    nazionale a Roma”.   
    “Il fascismo, purtroppo, c’è – prosegue -. Magari anche in
    forme diverse rispetto al Ventennio, ma c’è. Ci sono anche
    simboli che ancora evocano quella disastrosa e tragica
    esperienza. Noi lo abbiamo sempre denunciato, anche se non manca
    chi continua a minimizzare e mi domando cos’altro gli serva per
    capirlo. Di sicuro continueremo a chiedere la messa al bando
    delle organizzazioni neofasciste e non ci faremo intimidire da
    nulla”. (ANSA).   

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    Saluto romano: Sala, quella parte ha nostalgia del ventennio

    “Quella parte politica è ondivaga perché in alcuni momenti
    mostra il volto truce, in altri momenti si mostra più
    conciliante ma rimane il fatto che nell’essenza un po’ di
    nostalgia del ventennio c’è”. Così il sindaco di Milano,
    Giuseppe Sala, ha commentato il saluto romano nel corso di un
    funerale da parte dell’assessore alla Sicurezza di Regione
    Lombardia, Romano La Russa, di Fratelli d’Italia.   
    Ai giornalisti che gli hanno chiesto se l’assessore dovrebbe
    dimettersi Sala ha risposto che “per una questione di onestà una
    decisione andrebbe presa prima delle elezioni non dopo – ha
    concluso a margine de Il Verde e il Blu Festival -. Sono un po’
    affari loro ma rimane il fatto che un certo tipo di
    atteggiamento non finisce mai”. (ANSA).   

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    Il centrodestra in piazza del Popolo, 'governeremo per cinque anni'

    Il centrodestra unito chiude la campagna elettorale in una affollata Piazza del Popolo sicuro di vincere e di “governare bene per i prossimi 5 anni”, come promette Matteo Salvini. E Giorgia Meloni, che chiaramente gioca in casa, alza la posta sul presidenzialismo: “Se gli italiani ci daranno la maggioranza – osserva dal palco – faremo una riforma in senso presidenziale e saremo felici se la sinistra vorrà darci una mano, ma se gli italiani ci daranno i numeri noi lo faremo anche da soli”.
    Sul fronte internazionale, sorprende la tesi del presidente Silvio Berlusconi secondo cui Putin sarebbe stato praticamente spinto a fare la guerra dai filorussi del Donbass e dai media. E tiene banco anche il duello tra Lega e Fratelli d’Italia sulla futura eventuale composizione del governo: la leader di Fratelli d’Italia annuncia di avere la lista pronta. Salvini però non ci sta e chiede collegialità circa le scelte future. Prima il leader leghista a Milano dice che “non ci sono donne o uomini soli al comando”. ” La squadra – sottolinea – si costruisce insieme”. Poi a “Porta a Porta” fa capire che la partita per la leadership per lui è ancora tutta aperta: “Un governo Meloni? Io penso a un governo Salvini…”. Ma a scuotere questa vigilia elettorale non sono solo gli equlibri interni all’eventuale futuro governo, ma anche, appunto, la collocazione internazionale della coalizione stessa. Da giorni Matteo Salvini, osservato speciale per i suoi rapporti con Mosca, aveva assicurato di aver “cambiato idea su Putin dopo lo scoppio della guerra”.
    Stasera, invece, è Silvio Berlusconi a offrire una lettura quanto meno inedita delle ragioni che avrebbero portato il Cremlino ad invadere l’Ucraina. “Putin è caduto in una situazione difficile e drammatica. Dico – spiega l’ex premier nel salotto di Bruno Vespa – che è caduto perchè si è trattata di una missione delle due repubbliche filorusse del Donbass che è andata a Mosca, ha parlato con tutti, con giornali, tv e ministri del partito, sono andati da lui in delegazione dicendo “Zelensky ha aumentato gli attacchi delle sue forze contro di noi ed i nostri confini, siamo arrivati a 16mila morti, difendici perchè se non lo fai tu non sappiamo dove potremo arrivare”, e Putin è stato spinto ad inventarsi questa operazione speciale”. Ma va oltre: “Le truppe dovevano entrare, in una settimana raggiungere Kiev, sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky ed in una settimana tornare indietro. Invece hanno trovato una resistenza imprevista che poi sono state foraggiate con armi di tutti i tipi dall’Occidente”.
    Dal palco di Piazza del Popolo, la coalizione si mostra comunque unita. Apre la serata il leader di Forza Italia: prima ricorda i meriti dei suoi governi, quindi sotolinea come il centrodestra sia “la maggioranza vera del Paese”. In ogni elezione, sottolinea, “c’è stata sempre la stessa risposta: l’Italia non vuole essere governata dalla sinistra”.
    Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, sfida la sinistra perchè “non dia più patenti di democrazia”. Ancora più duro con il leader del Pd è Matteo Salvini: “A sinistra insultano, minacciano e fanno grandi viaggi all’estero. Letta, visto che non lo vota nessuno in Italia, è dovuto andare a Berlino a farsi incoraggiare. La prossima settimana lo mandiamo a Parigi”.
    Quindi parla delle sue prospettive al governo: “Chi sceglie la Lega – aggiunge – dà fiducia a un 49enne che è a processo e rischia 15 anni di carcere perché ha bloccato lo sbarco di clandestini: l’ho fatto e non vedo l’ora di tornare a farlo da Premier o da umile servitore dello Stato. Andiamo a vincere e per 5 anni governiamo insieme. Si mettano il cuore in pace a Berlino, Parigi e Bruxelles, votate voi”. Il gran finale è tutto per la leader di Fratelli d’Italia. Si vede che gioca in casa: per lei cori “Giorgia Giorgia”, qualche fumogeno e tantissime bandiere di Fratelli d’Italia nel momento della presentazione da parte dell’attore Pino Insegno. E subito va a testa bassa contro gli avversari: “Quando è arrivata la democrazia la sinistra ha perso la testa, è una sinistra rabbiosa, violenta che – attacca Meloni – ha il terrore di perdere il suo consolidato sistema di potere”.    

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    Scontri senza confronti, da Vespa la tribuna dei leader

    Tutti nello stesso salotto televisivo, quello di Bruno Vespa, ma non in contemporanea. L’ultima tribuna politica prima delle elezioni fa venire i brividi agli appassionati delle sfide dialettiche fra candidati, ma è in linea con questa campagna elettorale in cui i leader si sono molto scontrati e poco confrontati faccia a faccia. Poche le eccezioni: il ‘giro di tavolo’ al Forum Ambrosetti, dove hanno risposto a un paio di domande ciascuno del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, lo stesso moderatore del ‘duello’ fra Enrico Letta e Giorgia Meloni sul sito del quotidiano. L’immagine plastica della polarizzazione della sfida inseguita da FdI e Pd, irritante non poco per i rivali, a partire da Carlo Calenda, che tentò di inserirsi nel confronto rispondendo in differita agli stessi quesiti.
    A tre giorni dal voto, i sette leader si sono accomodati uno dopo l’altro sulla poltrona di Porta a Porta, in una serie di interviste mandate poi in onda in ordine estratto a sorte. Niente scintille, né colpi di scena. A parte il ragionamento di Silvio Berlusconi sui motivi che hanno spinto Vladimir Putin alla guerra in Ucraina. Nei venti minuti a testa i leader hanno riepilogato programmi, prese di posizione e critiche reciproche già declinate negli ultimi due mesi fra piazze, media e ogni tipo di social network.
    Giuseppe Conte ha difeso il Reddito di cittadinanza, poi accusato da Luigi Di Maio di tale incoerenza da essere “in grado di metterlo in discussione a seconda se gli conviene per i sondaggi”. Prima del suo gong finale, Meloni ha chiarito di non pensare a una rinegoziazione del Pnrr ma a un “tagliando, alla luce dell’aumento del costo delle materie prime”. “Beh, vuol dire che ha cambiato idea, ne sono contento”, ha osservato poco dopo Letta, ricordando che una decina di anni fa la leader di FdI gli tolse il record di ministro più giovane. Ora Meloni punta a Palazzo Chigi, dove innanzitutto varerebbe il disaccoppiamento fra il prezzo del gas e quello delle altre fonti energetiche. Ma senza lo scostamento di bilancio, che sarebbe invece la prima mossa di Calenda, “ma senza poi invenzioni su tagli di tasse o pensioni”. Un distinguo implicitamente diretto a Matteo Salvini, che non ha nascosto la sua ambizione: “Un governo Meloni? Io penso a un governo Salvini…”.   

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    Calenda: Draghi unica garanzia, non faremo da stampella

    Carlo Calenda e Matteo Renzi rilanciano l’obiettivo politico del terzo polo: far rimanere Mario Draghi a Palazzo Chigi, nonostante lui sia recalcitrante.Pensano che a “costringerlo” potrebbe essere il risultato delle urne.Un obiettivo ribadito e che si può realizzare se la proposta politica della “strana coppia” riuscirà a rubare voti al centrodestra, portandolo ad un pareggio.
    “Con un buon risultato terremo Draghi alla guida” del Paese, ha detto Calenda. Scenario possibile “con un governo di larga coalizione”, frutto di un insuccesso dei due poli. Dello stesso avviso Renzi: “Se il centrodestra non vince vuol dire che siamo all’ennesimo stallo e serve un governo istituzionale”, e a quel punto entrerebbe in gioco Draghi, nonostante il suo netto “no” di venerdì scorso. “Draghi dice di no ai giornalisti ma quando glielo chiederà il presidente della Repubblica sarà diverso”, ha affermato il leader di Iv.
    L’insistenza su Draghi a Palazzo Chigi da parte del terzo polo, nasce dal contesto internazionale: “Abbiamo una certezza – ha detto Calenda – il governo Meloni-Berlusconi-Salvini non è una garanzia per le alleanze internazionali. L’unica garanzia di fedeltà ai nostri alleati e ai valori dell’Occidente è andare avanti con Mario Draghi”, ha spiegato Calenda. In ogni caso Renzi e Calenda escludono che il terzo polo possa fare da stampella per far nascere un governo di centrodestra o di centrosinistra, se alle due coalizoni mancassero i seggi in Parlamento: “né con Meloni né con Fratoianni” sintetizza Renzi.
    Sui programmi, ha spiegato Calenda, il terzo polo “ritiene che bisogna investire ogni euro di spesa su scuola e sanità. Con particolare attenzione a quelle parti d’Italia dove l’emergenza educativa è diventata un’emergenza democratica”.
    La scelta di dare priorità all’istruzione, ha detto ancora il leader di Azione, dipende dal fatto che “in Italia abbiamo un grande problema di skills mismatch”, cioè il divario di competenze richieste dalle aziende e quelle che hanno i ragazzi che escono dalle scuole. “In primo luogo, bisogna portare la scuola dell’obbligo a18 anni, estendere il tempo pieno a tutte le scuole primarie e istituire delle aree di crisi complessa in cui inviare i migliori insegnanti”. E poi la sanità, in cui per una mammografia occorre attendere 22 mesi, e per una Tac 13: “dobbiamo investire circa 33 miliardi di euro per arrivare ad un rapporto spesa/ Pil simile a quello dei grandi Paesi europei”.

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    Meloni 'vince' applausometro in piazza

    Record di applausi per Giorgia Meloni rispetto agli altri leader del centrodestra saliti sul palco di piazza del Popolo a Roma. Con il suo intervento la presidente di Fratelli d’Italia ha chiuso la manifestazione organizzata dalla coalizione in vista delle elezioni di domenica. Gli applausi più forti sono scattati quando ha arringato i manifestanti urlando “C’è aria di libertà. È arrivato il momento di non turarsi il naso”, poi durante l’appello ai partiti rivali a “uscire allo scoperto” sulle alleanze e nei passaggi su difesa degli interessi nazionali, contro le restrizioni delle libertà causa covid e su sicurezza e lotta ai migranti irregolari.
    Durante il suo intervento hanno continuato a sventolare le bandiere blu di Gioventù nazionale. Meloni ha poi stoppato i fischi partiti da alcuni manifestanti quando lei ha citato i nomi dei leader rivali. “No, noi non fischiamo nessuno ché noi siamo gente di un certo livello”, ha detto.