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    I quattro Palazzi del potere, tra storia e curiosità

    Le urne di domenica 25 settembre decideranno gli inquilini di tre dei quattro “Palazzi” romani del potere, vale a dire Palazzo Chigi, sede del governo, Montecitorio, sede della Camera dei deputati, e Palazzo Madama, sede del Senato; da lunedì 26 sarà tuttavia centrale il quarto Palazzo, il Quirinale, visto che il suo inquilino – il presidente della Repubblica – sarà chiamato a dare l’incarico di presidente del Consiglio. Si tratta di quattro edifici storici, nel cuore di Roma, carichi di storia e di leggende.
    Palazzo del Quirinale sorge sull’omonimo Colle, per antonomasia il “più alto” dei sette storici colli dell’Urbe, ed è stato edificato nel 1587 per iniziativa di papa Sisto V, Felice Peretti, (“er Papa tosto” secondo la definizione del Belli), che ne fece la Reggia dei papi. Casa Savoia ne fece la propria dimora, quando la Capitale del Regno fu trasferita a Roma, e nel 1946 divenne la sede della Presidenza della Repubblica. E’ qui, tradizionalmente nella Studio alla Vetrata, che il presidente Sergio Mattarella riceverà le delegazioni dei gruppi parlamentari per le consultazioni, necessarie per affidare incarico di Presidente del Consiglio, ed è al Quirinale che i ministri del futuro governo giureranno nelle mani del Capo dello Stato.
    La sede della Presidenza del Consiglio si trova invece, dal 1961, in uno dei più bei Palazzi romani del tardo Rinascimento, Palazzo Chigi. In realtà l’edificio si deve all’iniziativa, nel 1578, degli Aldobrandini, che però nel 1657 lo vendettero al potente banchiere senese, Agostino Chigi. Fu poi sede dell’ambasciata di vari Stati (Belgio, Regno di Sardegna, Spagna, Impero austro-ungarico) prima di passare allo Stato Italiano nel 1916. Benché la sede del governo fosse al Viminale, nel 1922 Mussolini stabilì a Palazzo Chigi il proprio studio, e dal balcone all’angolo tra Piazza Colonna e via del Corso pronunciò i suoi primi discorsi, per poi scegliere Palazzo Venezia per i suoi comizi. Il 28 aprile 2013, durante il giuramento del Governo Letta al Quirinale, fuori da palazzo Chigi un uomo, Luigi Preiti, sparò contro due carabinieri, Giuseppe Giangrande e Francesco Negri, ferendo entrambi e una passante incinta.
    Ma le elezioni politiche servono in prima battuta per scegliere i 400 nuovi inquilini di Montecitorio e i 200 di Palazzo Madama, da cui dipende con la fiducia la nascita del governo. Il primo ha una storia travagliata: iniziato da papa Innocenzo X, come dimora della famiglia Ludovisi, fu interrotto per mancanza di fondi per 30 anni. Un altro papa Innocenzo, il XII, riuscì a concluderlo nel 1696, stabilendovi la Curia Apostolica (i tribunali pontifici). Dal balcone della magnifica facciata di Carlo Fontana, venivano annunciati al popolo i numeri delle estrazioni del Lotto. Divenuta sede della Camera dei deputati nel 1870, l’edificio fu ampliato da Basile nel 1918, che inserì suggestivi elementi liberty, tra i pochi esistenti a Roma, come la bellissima Aula e il celebre Transatlantico.
    Il curioso nome “Madama” del Palazzo che ospita il Senato, deriva da quello di Margherita d’Austria – soprannominata appunto Madama – moglie di Alessandro de Medici, da cui lo ebbe in usufrutto alla morte di questi nel 1537. L’edificio fu ripetutamente ritoccato fino al 1642. Dai Medici passò ai Lorena e nel 1755 allo Stato Pontificio che lo usò come sede del Governatorato e delle Finanze. “Madama” era chiamata dal popolino anche Violante Beatrice di Baviera, vedova di Ferdinando de Medici e ultima proprietaria del palazzo prima del passaggio ai Lorena nel 1731. Dopo Porta Pia ospitò subito il Senato del Regno e dal 1946 quello della Repubblica.   

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    Il post voto in tv, tra exit poll e proiezioni

    Maratone con ospiti in studio, collegamenti dalle sedi dei partiti e exit poll subito dopo la chiusura dei seggi. Le tv scaldano i motori in vista del voto di domenica 25 settembre.
    Per le elezioni politiche e per le regionali in Sicilia saranno trasmessi exit poll e proiezioni realizzati dagli istituti di sondaggi per Rai, La7, Sky TG24 e Mediaset. In particolare, subito dopo la chiusura dei seggi alle 23, Consorzio Opinio Italia per la Rai proporrà gli exit poll con la percentuale di voti e seggi per liste e coalizioni per la Camera e per il Senato. Stesso tipo di rilevazione, sempre a partire dalle 23 di domenica, da parte di Quorum/Youtrend per Sky Tg24 (Instant Poll), da Swg per La7 (Trend poll) e da Tecnè per Mediaset. È annunciata, poi, intorno alle 23.50 la prima proiezione per il Senato del Consorzio Opinio Italia per la Rai sulla base dei dati realmente scrutinati (voti e seggi per liste e coalizioni).
    La prima proiezione per la Camera del Consorzio Opinio Italia è annunciata invece per le 2. Rilevazioni dello stesso tipo prima per il Senato e poi per la Camera proverranno anche da Swg per La7 (Proiezioni), da Tecnè per Mediaset e da Quorum/YouTrend per Sky TG24 (Previsioni Real Time).
    Per quanto riguarda le regionali in Sicilia, primo dato alle 23 di domenica subito dopo la chiusura dei seggi, con gli exit poll riguardanti i candidati presidenti, espresso dal Consorzio Opinio Italia per Rai e dagli altri istituti di rilevazione. A partire dalle 15 di lunedì, prime proiezioni. Rai 1 e Rai 3 cominceranno la notte elettorale alle 22.40, rispettivamente con ‘Porta a Porta – Speciale Elezioni’, in collaborazione con il Tg1, e Tg3 Speciale Elezioni. A loro si unirà poi il Tg2, su Rai 2 a partire dalle 24.00, con ‘Tg2 Speciale Elezioni’. Su La7 l’appuntamento sarà con la classica Maratona Elezioni, la #maratonamentana, condotta come di consueto dal direttore del TgLa7, che prenderà il via alle ore 22.00, fino alle 20.00 di lunedì.
    Su Sky da domenica, a partire dalle 22.30 e fino alle 24.30 di martedì, cinquanta ore di maratona elettorale documenteranno l’esito delle urne nel corso dello speciale ‘La sfida del voto’, in onda da uno studio tutto nuovo. Su Retequattro, appuntamento con ‘Speciale Quarta Repubblica – Vincitori e Vinti’ condotto da Nicola Porro, che seguirà le ultime fasi del voto fino allo spoglio delle schede, con le proiezioni elettorali di Tecnè e collegamenti dal Viminale e dalle sedi dei principali partiti.

    Agenzia ANSA

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    Pensioni, stipendi, prezzi, priorità per il governo

    Aumentare la capacità di spesa degli italiani mettendoli al riparo da un’inflazione che viaggia ormai come un treno ‘pilotata’ dagli aumenti ‘monstre’ dell’energia.
    E’ la priorità delle priorità per chi siederà a breve a Palazzo Chigi. Ma i dossier economici per il nuovo governo sono molti e le ricette per affrontarli sono in molti casi diverse. Il tutto con due incognite: la guerra e il covid.
    Ecco in estrema sintesi alcuni dei dossier più urgenti:
    – INFLAZIONE: è la madre di tutti i problemi. I dati definitivi dell’Istat confermano che, ad agosto, ha raggiunto un tasso record dalla fine del 1985: l’8,4%. Per il carrello della spesa i rincari sono stati quasi del 10%.
    – SCOSTAMENTO DI BILANCIO: fare nuovo debito per sostenere famiglie e imprese. Nel centrodestra le posizioni sono diverse tra chi richiama alla prudenza e chi lo chiede subito mentre il premier uscente ha avvertito: sono già stati erogati 31 miliardi. La sinistra dice ‘no’ e chiede che a pagare siano le aziende, il M5s avverte: si rischia di doverlo fare molto piu’ corposo. Dal Pd si invoca come estrema ratio.
    – EXTRA-PROFITTI: Il Governo uscente è già intervenuto puntando ad un incasso quest’anno oltre i 6 miliardi con un contributo straordinario a carico dei produttori. Molte forze politiche chiedono di incrementare questo contributo sugli utili in più.
    – IVA: Se ne chiede l’azzeramento per i beni di prima necessità per aiutare le famiglie.
    – FISCO: c’è da recuperare la delega fiscale che e’ stata definitivamente bocciata in Senato insieme all’equo compenso. Tra i nodi controversi la rforma del catasto.
    – AZIENDE IN CRISI: I tavoli di crisi al ministero del Lavoro rischiano di fare il boom: secondo quanto calcola Confindustria il caro energia sta mettendo in ginocchio le aziende con un maggior onere di 68 miliardi su base annua.
    – PENSIONI: A fine anno scade Quota 102 (in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi). I sindacati chiedono di introdurre maggiore flessibilità – tra le richieste quella di andare in pensione da 62 anni o con 41 anni di contributi – per far fronte al ritorno all’uscita solo con 67 anni di età o con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, così come prevede la Fornero.
    – LAVORO: Sostenere l’occupazione e difenderla dal rischio che la crisi energetica si scarichi sui lavoratori è un’altra delle questioni prioritarie, che vede al centro anche il tema della precarietà.
    – STIPENDI-CONTRATTI: L’inflazione galoppante ed il caro-energia erodono il potere d’acquisto delle retribuzioni. Di qui l’urgenza, secondo i sindacati, di rinnovare tutti i contratti e detassare gli aumenti.
    – SALARIO MINIMO-RDC: Il salario minimo è chiesto a gran voce dalla sinistra. Più cauti i sindacati. Resta ‘sospesa’ la direttiva dell’Ue. Per il Reddito una vera e propria guerra elettorale tra gli ‘abolizionisti’ e i ‘miglioristi’. La misura potrebbe essere rivista.
    – SUPERBONUS: anche sul superbonus edilizio al 110% si è scatenata la campagna elettorale tra chi lo difende per il lavoro creato e l’impatto ambientale e chi invece fa notare come lo Stato sia stato ‘depredato’.
    – BOLLETTE: e’ in questo momento l’emergenza maggiore per famiglie e imprese. Il Governo è intervenuto ma a parere di quasi tutti in modo insufficiente. Attesi nuovi interventi.
    – CARBURANTI-GAS: E’ ipotizzabile una proroga per lo sconto: poco più di 30 cent al litro fino a ottobre. Per il gas si discute a livello europeo di un ‘tetto’ al prezzo.
    – PNRR: Già partiti i cantieri. L’ipotesi è di ridiscuterlo visto che è nato prima dell’emergenza energetica e quindi quando il livello dei prezzi era ben diverso.
    – ITA: Uno dei dossier più complessi atterra sul tavolo del nuovo governo. Il Mef ha scelto il fondo Usa Certares, in partnership commerciale con Delta ed Air France-Klm, per la trattativa esclusiva. Il closing a fine anno.
    – TRASPORTI PUBBLICI: Agens, l’associazione datoriale del Tpl, chiede un tetto alle tariffe energia, rispetto dei tempi dei ristori e continuo sostegno al settore perché venga mantenuto l’equilibrio finanziario delle imprese, necessario a garantire la continuità dei servizi.
    – RETE TLC: Tra i dossier caldi che passano dal Governo Draghi a quello prossimo c’è quello della Rete Unica. I Ministeri più direttamente coinvolti sono quelli dello Sviluppo economico, dell’Innovazione e transizione digitale e naturalmente il Mef a cui risponde Cdp che a sua volta controlla per il 60% Open Fiber, l’operatore che vende fibra all’ingrosso. E così i ministri Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao hanno seguito da vicino l’evoluzione del piano di riorganizzazione preparato dall’ad di Tim Pietro Labriola e che, passando per la separazione societaria di rete e servizi, ha come soluzione ottimale quella di una fusione della Netco con Open Fiber.

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    Elezioni: al voto 51 milioni di italiani

    Sono quasi 51 milioni gli italiani che il 25 settembre avranno diritto a recarsi alle urne, dei quali 4,7 milioni ha votato all’estero. Il 51% sono donne, mentre 2,6 milioni di maggiorenni voterà per la prima volta al Senato. Sono alcuni dei dati sulle elezioni contenuti nel dossier pubblicato dal Viminale.
    Ecco tutti i ‘numeri’ dell’appuntamento elettorale di domenica.
    – QUASI 51 MILIONI AL VOTO. Gli elettori chiamati al voto sono 50.869.304, di cui 4.741.790 all’estero. Dei 46.127.514 elettori in Italia il 51,74% sono donne e il restante 48.26% uomini. Del corpo elettorale fanno parte 2.682.094 maggiorenni che per la prima volta, dopo la recente modifica dell’articolo 58 della Costituzione, potranno votare non solo per la Camera dei Deputati, ma anche per eleggere il Senato della Repubblica. Dei giovani elettori le donne sono 1.302.170 e gli uomini 1.379.924.
    – VOTO ALL’ESTERO, EUROPA AL PRIMO POSTO. Per quanto riguarda la distribuzione geografica degli elettori italiani all’estero, la maggior parte si trova in Europa (2,6 milioni). Seguono America Meridionale, America Settentrionale e Centrale e Africa, Asia, Oceania e Antartide (in coda con poco più di 250mila schede).
    – A ROMA IL PIENO DI AVENTI DIRITTO. La Lombardia con 7.505.133 elettori è la regione con il maggior numero di aventi diritto al voto, la Valle d’Aosta con un totale di 98.187 elettori quella con il minor numero di votanti. Il comune di Rocca de’ Giorgi, in provincia di Pavia, con soli 25 elettori (13 uomini e 12 donne) è l’ente con il minor corpo elettorale, mentre Roma con 2.055.382 (di cui 1.096.575 donne e 958.807 uomini) è la città con quello maggiore.
    – 61MILA SEGGI, ALMENO 180MILA SCRUTATORI. Sul territorio nazionale sono 61.566 le sezioni elettorali che dalle ore 7 alle 23 di domenica 25 settembre saranno aperte per l’esercizio del diritto di voto. In ciascuna sezione ci sarà un presidente, un segretario e quattro scrutatori. Il seggio può funzionare con un minimo di tre componenti, quindi saranno almeno 180mila le persone che saranno impegnate nelle operazioni di voto e di spoglio delle schede.
    – OLTRE 20MILA SCUOLE E ALTRI UFFICI IMPEGNATI. Le oltre 60mila sezioni elettorali sono ubicate in 22.586 fabbricati, la maggior parte dei quali sono scuole che dunque, a pochi giorni dall’apertura dell’anno scolastico, rimarranno chiuse da oggi a lunedì 26 compreso.
    – LA CARICA DEI CANDIDATI. Il dossier del Viminale riporta il numero dei candidati alla Camera dei Deputati: 1.310 nei collegi uninominali, 2.788 nei collegi plurinominali e 95 nella circoscrizione Estero. Per il Senato della Repubblica le candidature sono 693 per i collegi uninominali, 1.418 per i collegi plurinominali, e 41 per la circoscrizione Estero.

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    Meloni a Napoli per rush finale, cambiamo l'Italia

     In linea con una campagna elettorale vissuta tutta di corsa, Giorgia Meloni arriva trafelata a Napoli per il rush finale. L’appuntamento è a Bagnoli, un tempo roccaforte operaia, con i giovani di Fdi che inizialmente avrebbe dovuto incontrare a Ostia salvo dirottare l’evento su Napoli, unica tra le grandi città in principio non toccata dalla sua agenda elettorale. La zona è blindata dalle forze dell’ordine presenti in gran numero dopo le recenti scaramucce verificatesi nei comizi tenuti in altre città. La temuta manifestazione dei centri sociali viene tenuta a bada a distanza di un chilometro dal luogo in cui parla la leader di Fdi a ridosso del mare. Giacca rosa su pantaloni chiari, prima del comizio Meloni risponde ai cronisti sulla polemica legata alle dichiarazioni del presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen che ieri era intervenuta sulle elezioni italiane paventando possibili contromisure nel caso di una deriva sul modello della Polonia o dell’Ungheria. Salvo oggi chiarire che il discorso non riguardava l’Italia, ma solo i due paesi citati. Meloni ne prende atto ma non risparmia una frecciata: “Una cosa sono i partiti politici – mette in chiaro – il Parlamento, il ruolo politico, ma i commissari è come se fossero i ministri di tutta la Commissione europea. Quindi consiglio prudenza, se si crede nella credibilità dei commissari europei e della Commissione”.    La domanda successiva serve a sgonfiare l’altro caso del giorno, quello innescato dalle parole benevole di Silvio Berlusconi nei confronti dell’ex amico Putin. Anche qui parole chiare: “Chi è Putin? Putin è il presidente russo che ha fatto una cosa inaccettabile per me. Questo c’è scritto sul programma del centrodestra, mi pare che Berlusconi abbia spiegato che le parole che aveva espresso erano non un’interpretazione del suo pensiero ma un’interpretazione del pensiero di altri. Spero – ha aggiunto Meloni – che prima o poi chiederete a Enrico Letta conto del fatto che è alleato con un partito che dice che bisogna fermare l’invio delle armi all’Ucraina”. Sbrigata la pratica con la stampa, c’è il palco. Più che un comizio è una chiacchierata, anche dai toni informali, con i giovani di Fdi arrivati in bus da tutta Italia. Si toccano i temi d’attualità, inframezzati da qualche ironia. “Avete visto? Dicono che faccio paura. Allora mi sono vestita di rosa per essere più pannosa, più petalosa come dice la Lorenzin e meno spaventosa”. La platea risponde divertita. Qualcuno prova ad anticipare i temi da trattare e viene bonariamente ripreso: “Aspè ci sto arrivando, lo vuoi fare te il comizio al posto mio?”, il rimbrotto della leader di Fdi. Che poi attacca il filosofo francese Bernard Henry Levy (“Doveva venire dalla Francia a darci lezioni uno che si oppose alla estradizione di Cesare Battisti?”). Applausi. Il clima è disteso, ma non si può perdere d’occhio l’obiettivo. Di qui l’appello: “Occhio a tutto questo entusiasmo, non ci dobbiamo distrarre. Io stasera stacco, domani passo la giornata con mia figlia. E vi assicuro che ho dato tutto, di più non potevo. Ho preso pure cinque chili in questa campagna elettorale, sembro una meringa”. Parla meno di 40 minuti Giorgia Meloni. E poi, sempre di corsa, in auto per partecipare a una diretta Rai. “Ragazzi, devo andare – il commiato -. Non vorrete mica che Letta faccia il confronto da solo? Ma da domani tocca a voi, sapendo che se vinciamo noi salta il sistema di potere del Pd e cambiamo l’Italia”.    

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    Berlusconi nella sua Milano, one man show al Manzoni

     Dopo una campagna elettorale social per le conseguenze, svela, di una brutta caduta, Silvio Berlusconi torna sul palcoscenico per l’ultimo appello al voto.    Il leader di Forza Italia sceglie la sua città, Milano, e il suo teatro, il Manzoni, per invitare gli elettori a votare FI e il centrodestra ed è ‘one man show’. L’ex premier ripaga la lunga attesa del pubblico, quasi due ore, con un intervento dei suoi: canta l’inno azzurro, fa battute, imita il segretario del Pd Enrico Letta e poi illustra il programma di un governo che, assicura, sarà “europeo, occidentale e atlantista”.    Intervistato da Alessandro Sallusti e Augusto Minzolini, Berlusconi torna subito sulla polemica per le sue parole sull’Ucraina: “Pensate il dolore che provo io nel vedere cosa sta accadendo. Hanno distorto le mie parole e la posizione di Forza Italia. Ancora una volta a sinistra danno i numeri”, sottolinea ricordando i suoi meriti per la firma dell’accordo di Pratica di Mare, nel 2002, e per avere evitato l’invasione russa della Georgia nel 2008. “C’è chi dice – aggiunge – che c’era bisogno di una mediazione con Putin e oggi usano parole da macellaio”.    Il pubblico applaude il suo leader, sventola le bandiere e gli dedica una standing ovation quando si alza dalla poltroncina bianca dalla quale ha tenuto quasi tutto il suo intervento.    “Siamo, come Ppe, parte integrante dell’Europa, e ci sentiamo amici degli Stati Uniti”, sottolinea ancora prima di passare ai temi della politica interna. “Meloni e Salvini? Sono due persone leali – dice – Il mio rapporto con loro, spero non si offendano, è da padre a figlio. Ho una cultura imprenditoriale e sportiva che mi permetterà di chiamarli, magari di offrirgli una splendida cena, e di metterli d’accordo entro mezzanotte”, afferma a proposito di chi parla di litigiosità fra gli alleati del centrodestra. Ce n’è poi anche per gli avversari: “Ho sentito una sola proposta del signor Letta: ‘Metteremo la patrimoniale'”, dice con la voce in falsetto suscitando la risata della platea.    Quello di domenica, come ricorda anche lo slogan della sua campagna elettorale, è “una scelta di campo”. C’è da affrontare un autunno difficile tra le tensioni internazionali e le loro conseguenze economiche. “Rincari? Colpa della sinistra e dei suoi no ai termovalorizzatori, ai biogassificatori, e persino alla ricerca sul nucleare pulito” ricorda il presidente, che poi elenca uno dopo l’altro i principali punti del suo programma elettorale, dalla flat tax al milione di alberi da piantare, per concludere con una promessa: “Continuerò anche dopo la campagna elettorale a parlare su TikTok perché mi sono divertito e ho scoperto dei giovani consapevoli, concreti e informati”.    

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    Di Maio chiude a Napoli, il Reddito non si tocca

     ”La Meloni dice che il reddito va abolito. Io vi dico che il reddito l’ho fatto e ne sono orgoglioso come sono orgoglioso delle altre leggi che ho contribuito a fare. Per me abolirlo è follia”. Luigi Di Maio, leader di Impegno civico e ministro degli Esteri, chiude la campagna elettorale tra gli applausi del teatro Sannazaro di Napoli, dopo il tour de force degli ultimi giorni nel capoluogo campano che lo vede candidato sia nel plurinominale, sia nel difficile collegio di Fuorigrotta conteso con altri big come Mara Carfagna, Sergio Costa e Mariarosaria Rossi.    Un mix di immagini della partita di Champions Napoli-Liverpool accoglie sul palco Di Maio che dà la carica ai suoi: ”Non ci sono imprese impossibili ma solo imprese da realizzare. Ribalteremo i pronostici”. Il ministro è convinto che Impegno civico sarà “la rivelazione” delle elezioni di domenica. ”Abbiamo ancora 24 ore per coinvolgere e convincere tanti indecisi, persone che se vanno a votare il Paese sicuramente non finisce in mano a Salvini, Berlusconi e Meloni.    Se non vanno a votare è come se avessero votato per loro, e questo glielo dobbiamo spiegare”. Sul palco anche una sagoma di Salvini: “Ho cercato in tutti i modi il confronto con lui ma è stato inutile”. Poi l’attacco: “Quando qualcuno si oppone al tetto io inizio a preoccuparmi perché magari sta più dalla parte di Putin che degli italiani. Nel nostro paese ci sono partiti che non sono d’accordo sul tetto massimo al prezzo del gas e uno di questi è il partito di Matteo Salvini. Quando aumentano le bollette, non solo paghiamo di più ma paghiamo a Putin ed è questo che mi fa arrabbiare di più”.    “Questa campagna elettorale – è il bilancio del ministro – è stata bellissima ma durissima. Si è trasformata in un referendum sul reddito di cittadinanza e questo è molto preoccupante. Nel bel mezzo di una crisi energetica e di una crisi legata all’inflazione non dobbiamo abbandonare le fasce deboli e allo stesso tempo dobbiamo stare vicini alle imprese. Ci sono imprenditori che hanno il terrore negli occhi nel parlare della bolletta di settembre, hanno avuto difficoltà a pagare già quella di luglio e di agosto. Serve un decreto taglia bollette, immediatamente dopo le elezioni”.    Quanto al Reddito, ”esserne orgoglioso significa anche essere pronti a migliorarlo ed io sono d’accordo, ma che in un momento del genere, con queste bollette e l’inflazione, si decida di eliminare il reddito significa non avere capito le tensioni sociali che ci sono. Vorrei dire alla Meloni che le persone a cui toglierà il reddito andranno anche dai suoi sindaci e presidenti di Regione a chiedere aiuto per le loro famiglie”.    Infine, senza citarlo, un riferimento agli ex compagni del M5s: “Fare l’opposizione non può essere un obiettivo politico.Occorre avere l’ambizione di governare, se si vuole cambiare il Paese”.    

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    Terzo polo, “vento in poppa, sarà grande risultato”

     L’ultimo appello, con la voce ormai ai minimi termini, è per gli indecisi, “a quelli per cui la politica è un magna magna”. “No, la politica dipende da chi la vota”, ha messo in chiaro Carlo Calenda, prima che dagli altoparlanti partisse Born to Run di Bruce Springsteen, e che la folla alla Terrazza sul Gianicolo applaudisse il suo abbraccio con Matteo Renzi. Un binomio nato quasi a sorpresa a un mese dalle elezioni, che punta a non perdere Mario Draghi a Palazzo Chigi: “Se prendiamo più del 10% credo che quella potrebbe diventare la vera soluzione, la soluzione giusta”.    Questa esperienza elettorale poi potrebbe sfociare in un progetto più strutturato: “Innanzitutto saremo protagonisti in Parlamento – spiega il capo di Italia viva – e nel 2024 poeteremo Renew Europe non solo a essere il primo parroco in Europa ma anche in Italia, troveremo le forme”.    Intanto l’obiettivo è creare le condizioni per conservare Mario Draghi alla guida del Paese. “Ci aspettiamo un voto intelligente degli italiani, l’unico modo per tenere il Paese in sicurezza, è votare il Terzo polo”, è la tesi di Calenda. Il suo compagno di viaggio, Renzi, non può citare i sondaggi ma è sicuro: “Abbiamo il vento in poppa, avremo un grande risultato”.    La chimica fra i due leader ha retto finora. “Molti scommettevano su quando avremmo litigato io e Calenda. Abbiamo litigato, ma non ve lo abbiamo fatto vedere – ha rivelato l’ex premier -. Anche sul luogo di questa manifestazione”. La gente in piazza – oltre 4mila secondo gli organizzatori – ride e applaude. “Il Terzo polo ha rappresentato l’unica novità di questa campagna elettorale. Il Pd – dice Renzi – forse vince le elezioni nel Metaverso”.    Sventolano le bandiere bianche e blu nuove di zecca, sul palco si alternano i big dei due partiti, a partire dalle ministre Elena Bonetti, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che lancia un avvertimento su Giorgia Meloni, potenzialmente la prima donna premier in Italia: “Mi dicevano ‘dai Mara, una donna premier vuole dire sfondare un tetto di cristallo’. Ma il rischio è che i cocci di quel tetto di cristallo ricadano sulla testa delle donne italiane”.    “Chi la vota perché gli sta simpatica, poi non si lamenti. Con il centrodestra al governo in quattro mesi saremo come nel 2011”, il rilancio di Calenda, che definisce “aberranti” le parole di Silvio Berlusconi su Vladimir Putin e “insufficiente” il suo chiarimento: “Caro Silvio Berlusconi, è arrivato il momento che vai a fare altro, e noi ti aiuteremo a farlo accadere”. Nel mirino dell’ex ministro ci sono anche Giuseppe Conte (“Non sei tu il papà del Reddito di cittadinanza ma i cittadini che lo pagano”) ed Enrico Letta, accusato di aver puntato su una campagna elettorale divisiva, anche in tema di vaccini. Un collage di film ambientati nei luoghi più suggestivi di Roma dà a Calenda lo spunto per rilanciare un’idea di politica nata da “emozione e bellezza”. “Il 90% di quello che hanno detto gli altri sono grandissime palle, la flat tax, i 10mila euro ai 18enni, il presidenzialismo. Questo Paese è fragile, deve ricominciare dai fondamentali”, chiarisce, puntando sulla difesa di “due pilastri del welfare, la sanità e la scuola, che stanno crollando sotto i nostri occhi”. (ANSA).