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    Ucraina: quinto invio di armi dall'Italia. Ironia di Mosca: “E le bollette?”

    ìIl Governo Draghi, con uno dei suoi ultimi atti, si prepara a licenziare il quinto decreto interministeriale sulla “cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari” all’Ucraina. I contenuti classificati del provvedimento sono stati illustrati oggi – come nelle altre quattro volte precedenti – dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, al Copasir. Quest’ultimo, informa il presidente Adolfo Urso, ha riscontrato l’aderenza del testo “alle indicazioni e agli indirizzi dettati dal Parlamento”.
    In attesa del nuovo esecutivo di centrodestra, dunque, non si arresta il sostegno militare dell’Italia a Kiev. Sul punto c’è l’accordo della premier in pectore, Giorgia Meloni, che oggi nel corso di una prima telefonata ha ricevuto i ringraziamenti da Volodymyr Zelensky ed un invito “a recarsi quanto prima a Kiev'”. Mentre lei ha confermato il suo “pieno sostegno alla causa della libertà del popolo ucraino”.
    Mosca non l’ha presa bene. “Le forniture di armi all’Ucraina non aiutano a risolvere il problema del caro-bollette”, ha scritto sui social l’ambasciata russa a Roma, postando immagini di missili anti-carro e bombe da mortaio italiane finite nelle mani dei militari di Putin. C’è anche una guerra di informazione che si combatte e la rappresentanza diplomatica russa in Italia è spesso in prima linea.

    Le forniture di armi all´Ucraina non aiutano a risolvere il problema del caro-bollette. Поставки оружия Украине не способствуют снижению счетов за коммунальные услуги.@RWApodcast@milinfolive pic.twitter.com/noZbuEibPY
    — Russian Embassy in Italy (@rusembitaly) October 4, 2022

    La controffensiva ucraina nell’Est e nel Sud del Paese necessita di massicci rifornimenti di materiale bellico e tutti gli alleati stanno procedendo alla spedizione di armamenti, Stati Uniti in testa, che hanno appena annunciato ulteriori aiuti per 1,1 miliardi di dollari: tra le armi che saranno inviate ci sono altri 18 Himars, lanciarazzi multipli con una gittata fino ad una settantina di km, considerati un ‘game changer’ per la loro efficacia. La Danimarca ha approvato un altro pacchetto di aiuti per 145 milioni di euro ed un accordo con Germania e Norvegia per la produzione del sistema di artiglieria Zuzana II.
    Sui materiali italiani non ci sono dati ufficiali. L’elenco è ‘coperto’ ed i membri del Copasir sono tenuti a rispettare il segreto: finora si è parlato di missili controcarro, sistemi di difesa aerea Stinger, mortai, mitragliatrici pesanti e leggere, munizionamento di artiglieria, cingolati per trasporto truppe, veicoli Lince con blindatura antimine, sistemi di comunicazione, dispositivi di protezione individuale, razioni k. L’ambasciatore Stefano Pontecorvo, in un’intervista alla Stampa, ieri ha sottolineato che “quando saranno resi pubblici gli elenchi del materiale bellico che stiamo fornendo, si capirà che il nostro contributo alla difesa ucraina è importante”.
    Guerini lo scorso 22 settembre è stato ricevuto a Kiev dal presidente Volodymyr Zelensky ed ha incontrato il suo collega Oleksii Reznikov, che ha messo sul tavolo le necessità delle forze armate gialloblu. Proprio in base a queste esigenze – e dopo una ricognizione degli arsenali – lo Stato Maggiore della Difesa ha riempito l’elenco del quinto decreto. Ma il sostegno italiano non si limita agli equipaggiamenti. Sono infatti in corso mirate attività addestrative per rendere più sicuro l’utilizzo delle armi da parte del personale ucraino.
    Anche Urso – presente nel totoministri che impazza in questi giorni – ha avviato rapporti con Kiev. Sabato scorso ha avuto un colloquio telefonico con Andriy Yermak. Oggi il primo contatto diretto Zelensky-Meloni, con il presidente ucraino che si è detto “certo di poter contare su una proficua collaborazione con il prossimo Governo italiano”.

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    Draghi, assicurare crescita e gestione oculata risorse

    “Dobbiamo assicurare a cittadini e imprese una rete robusta di protezione economica e sociale, insieme a prospettive serie di sviluppo. C’è bisogno di assistenza, ma soprattutto di lavoro, di crescita. E c’è bisogno di una gestione oculata delle risorse, che respinga i tentativi della criminalità organizzata di appropriarsi dei soldi pubblici come troppo spesso è accaduto in passato”. Lo ha detto il premier Mario Draghi alla direzione nazionale antimafia.
     “Il Pnrr non è il piano di un governo, ma di tutta l’Italia, e ha bisogno dell’impegno di tutti per garantirne la riuscita nei tempi e con gli obiettivi previsti. La politica italiana sa ottenere grandi risultati quando collabora – tra forze politiche di colori diversi, tra Governo centrale ed enti territoriali”.
    “Aiutare le procure e le forze di pubblica sicurezza è essenziale, ma non basta. Dobbiamo continuare a rafforzare la cultura della legalità e ad agire contro le cause profonde che favoriscono la criminalità. Questo sforzo condiviso deve essere particolarmente intenso nei momenti di incertezza economica, come quello in cui viviamo. Le mafie si incuneano nel tessuto economico e finanziario del Paese e sfruttano le difficoltà dei cittadini e degli imprenditori onesti per espandersi, eliminare la concorrenza, riciclare fondi illeciti”, ha spiegato il premier. “La confisca dei beni sottratti alla mafia è frutto di una legge del 1982, che porta i nomi di Pio La Torre, ex segretario del Partito comunista siciliano, e di Virginio Rognoni, allora ministro democristiano dell’Interno, scomparso il 20 settembre scorso – ha aggiunto Draghi -. È stata parte delle fondamenta su cui i giudici Falcone e Borsellino hanno costruito il maxiprocesso contro Cosa Nostra; ha fornito la base legale per successive inchieste che hanno inferto ulteriori, durissimi colpi alle mafie; e ha contribuito a rendere il recupero e la confisca dei beni alle mafie in Italia un modello a livello europeo, uno strumento di cooperazione tra Stati membri. Dobbiamo essere orgogliosi di ciò che l’Italia ha fatto nella lotta alla mafia – di ciò che voi e i vostri colleghi avete fatto. Al tempo stesso, dobbiamo essere consapevoli che questo impegno deve continuare, senza esitazioni, anche nei prossimi anni. L’antimafia è patrimonio di tutti, da custodire e rafforzare. Siete la nostra certezza che le mafie hanno una fine oltre che un inizio; che ogni attacco ai valori della nostra Repubblica sarà contrastato; che continueremo a batterci per rimuovere ogni ostacolo alla nostra democrazia, alla nostra libertà. Grazie”.

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    Musk twitta condizioni di pace filo-Mosca, ira di Kiev

    Da amico dell’Ucraina, che ha consentito al Paese invaso dai russi di continuare a comunicare grazie al suo sistema satellitare Starlink, a improvvisato negoziatore per la pace con Mosca. Non è piaciuto agli ucraini – dal presidente Zelensky in giù – il sondaggio lanciato su Twitter da Elon Musk su una serie di proposte di pace che a Kiev sono sembrate schiacciate sulle volontà del Cremlino.
    “Rifare le elezioni nelle regioni annesse sotto la supervisione Onu”, con la Russia “che se ne andrà se questa sarà la volontà del popolo”; “la Crimea formalmente parte della Russia, come è stato dal 1738 (fino all’errore di Krusciov)”; “forniture d’acqua assicurate alle Crimea”; “l’Ucraina resta neutrale”: queste le condizioni lanciate ieri dal miliardario fondatore di Tesla, e sottoposte alla domanda Sì o No che ha superato i due milioni e mezzo di risposte.

    Ukraine-Russia Peace:- Redo elections of annexed regions under UN supervision. Russia leaves if that is will of the people.- Crimea formally part of Russia, as it has been since 1783 (until Khrushchev’s mistake).- Water supply to Crimea assured.- Ukraine remains neutral.
    — Elon Musk (@elonmusk) October 3, 2022

    Il tweet ha suscitato a sua volta un’altra domanda di Zelensky ai suoi follower: “Quale Elon Musk preferite, quello che sostiene l’Ucraina o quello che sostiene la Russia?” Da Kiev, insieme a risposte indignate, è arrivata anche la contro ‘proposta di pace’ di Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky: “Elon Musk – gli replica in un altro tweet -, esiste un piano di pace migliore: 1. l’Ucraina libera i suoi territori. Compresa l’annessa Crimea. 2. La Russia subisce la smilitarizzazione e la denuclearizzazione obbligatoria in modo da non poter più minacciare gli altri. 3. I criminali di guerra affrontano un tribunale internazionale”. “Tesla è sicuramente una bella macchina. Ma oggi preferisco gli Himars”, ha poi aggiunto Podolyak riferendosi ai sistemi missilistici forniti dagli Stati Uniti.

    Which @elonmusk do you like more?
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) October 3, 2022

    Tra i serrati botta e risposta si è inserito anche Dmitry Medvedev, l’ex presidente russo ormai falco del Cremlino, che si è “complimentato” con Musk, senza tuttavia rinunciare a una sprezzante ironia: “Adesso, però, l’agente ombra ha perso la copertura. Merita un avanzamento di grado, rapidamente”, ha twittato, “anticipando” anche “il suo prossimo tweet: dirà che l’Ucraina è uno Stato artificiale…”. “È triste che la propaganda russa faccia presa anche sulle menti più brillanti…”, è stato invece il commento dell’ex presidente ucraino Petro Poroshenko.
    Intanto Musk ha continuato a twittare per spiegare le sue intenzioni: “È molto probabile che” queste proposte diventino comunque “il risultato finale: è solo questione di quante persone moriranno prima di allora”. Preso d’assedio dalle critiche, l’uomo che a marzo sfidò Vladimir Putin “a giocarsi l’Ucraina in un combattimento di arti marziali” ha insistito ancora, chiedendo agli utenti di “votare”: “La Russia ha fatto una mobilitazione parziale. Se ci saranno rischi per la Crimea, passerà alla piena mobilitazione e il numero dei morti da entrambe le parti sarà devastante. La Russia ha più di tre volte la popolazione dell’Ucraina, quindi in una guerra totale la vittoria dell’Ucraina è improbabile. Se hai a cuore il popolo ucraino – è la sua posizione -, cerca la pace”.
    Contro Musk si è espresso oggi il commissario Ue all’Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevicius: “Non si tratta di scienza missilistica: La Russia ha invaso l’Ucraina! Non c’è Ucraina senza Crimea come non c’è Tesla senza batterie. Invece di fare sondaggi su Twitter, dovremmo tutti concentrarci sull’aiutare l’Ucraina a vincere questa guerra”, ha twittato Sinkevicius.   

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    La Russa resta assessore, malgrado il saluto romano

       È stata respinta con 46 voti su 72 la mozione di censura all’assessore regionale lombarda alla Sicurezza, Romano La Russa, che chiedeva di “revocare la nomina ad assessore regionale”, per “un atto di celebrazione del fascismo”, a prima firma del capogruppo del Pd, Fabio Pizzul, e sottoscritta da numerosi esponenti di tutti i gruppi di minoranza. Durante il dibattito era assente il presidente della Regione Attilio Fontana. Il provvedimento era arrivato dopo che l’assessore La Russa, in occasione dei funerali del cognato ed esponente di destra Alberto Stabilini, aveva partecipato al rito del ‘presente’.
       Per il Pd, “siamo di fronte alla totale inconsapevolezza di come si rappresenta il ruolo istituzionale” e alla “impossibilità di ricoprire con onore la carica”. La consigliera di Lombardi civici europei, Elisabetta Strada, ha notato che “la lettera di scuse (scritta da La Russa ndr) mostra che non si è compresa l’inopportunità del fatto”.  ‘Nessuna nostalgia in Regione Lombardia’ c’era scritto sui cartelli esibiti dal Movimento Cinque Stelle, rimossi dai commessi. 
        È “senza valenza politica” il gesto del saluto romano, secondo la capogruppo di Fdi Barbara Mazzali, tanto che “la leader del partito Giorgia Meloni l’ha definito antistorico”. Il gesto, “per quando riconducibile a un momento privato – aggiunge – non rappresenta la posizione politica legata al partito di Fratelli d’Italia, ma un gesto personale”. Il clamore mediatico, per Mazzali, è stato “uno strumento di propaganda elettorale per evocare fantasmi che non appartengono al nostro partito”. Sulla stessa linea è l’intervento del capogruppo di Forza Italia, Gianluca Comazzi: “È evidente che non ci sia pericolo di fascismo in questa Regione come in questo Paese”. L’assessore poi “ha chiesto scusa, pertanto il tema non c’è”.
       “Immediatamente ho chiesto scusa a chi si è sentito offeso perché ho compreso l’inopportunità del gesto, che ha danneggiato più di chiunque altro il mio partito. E sono scuse che rinnovo oggi con ancora più convinzione, se ce ne fosse bisogno”. Così lo stesso La Russa, durante la discussione in Consiglio regionale della mozione di censura. Si è trattato del primo intervento in aula di La Russa, che ha notato: “Avrei immaginato un altro ingresso in aula e me ne dispiaccio innanzitutto con me stesso. Da parte mia non c’è alcuna volontà che voglia risultare contraria al testo della Costituzione, che ho sempre servito e accettato anche se in alcuni passaggi poteva non piacermi, in tutte le mie attività istituzionali”. L’evento, spiega, “era fine a se stesso e nulla aveva a che fare con un significato politico”. Inoltre, il saluto romano è eseguito “non con molta convinzione” perché, ammette, “ero conscio del gesto che andavo a compiere, fatto per non venir meno alle ultime volontà di Alberto”. Per La Russa, la vicenda è diventata “incomprensibilmente” notizia nazionale perché “in campagna elettorale tutto è consentito”

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    Lombardi (M5S),nel Lazio si continua anche con Iv-Azione

    (ANSA) – ROMA, 04 OTT – Nel Lazio “stiamo lavorando tutti
    assieme anche con Italia Viva e Azione. Noi siamo in regione e
    siamo concentrati sulla chiusura della legislatura. Stiamo
    lavorando sul collegato di bilancio, ultimo atto legislativo che
    faremo. Di altro non stiamo parlando, visto anche il momento
    delicato e di difficoltà del Paese”. Lo ha detto all’ANSA
    l’assessora della giunta di Nicola Zingaretti, esponente M5s,
    Roberta Lombardi, ribadendo così l’alleanza del campo largo che
    governa ora il Lazio. (ANSA).   

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    Governo, Meloni: 'Fare presto, troppe scadenze importanti'

    “Vediamo di capire quando sono” le consultazioni, “bisogna cercare di fare presto, ci sono troppe scadenze importanti”. Così la leader di Fdi Giorgia Meloni parlando con i cronisti mentre lasciava gli uffici di Montecitorio. “Non ci siamo ancora interrogati su questo, ragionevolmente, lo abbiamo fatto in passato ma francamente non ne abbiamo ancora parlato”, ha risposto alla domanda se il centrodestra si presenterà unito alle consultazioni al Quirinale.
    “Leggo tante cose, la Meloni è diventata draghiana. Io penso che persone normali che cercano di organizzare una transizione ordinata nel rispetto delle istituzioni facciano una cosa normale, non è che si fa un inciucio”, ha detto ancora Meloni ai cronisti che le chiedevano del dossier energia.
    “Prudenza”. Oltre al silenzio, suo e dei suoi più stretti collaboratori, Giorgia Meloni invita tutti a non lasciare correre troppo la fantasia nel gioco del toto-ministri. La squadra quando sarà il momento sarà pronta e sarà all’altezza, è il refrain che ripetono anche da Lega e Forza Italia, che si sono affrettati a specificare che l’esecutivo di centrodestra sarà “politico”, dopo che la sola idea circolata nel fine settimana di una prevalenza di tecnici, e nei ruoli chiave, aveva sollevato un vespaio tra gli alleati. La leder di Fdi come oramai d’abitudine trascorre tutto il pomeriggio Montecitorio. “Leggo cose surreali che poi dovrei commentare” le uniche parole che dice prima di chiudersi negli uffici del gruppo a occuparsi dei dossier economici, la crisi dell’energia su tutti, con la “stella polare” della difesa dell’interesse nazionale. Al Consiglio europeo del 20 e del 21 ottobre molto probabilmente sarà ancora Mario Draghi – con cui i contatti sono continui – a rappresentare l’Italia e, sottolineano da via della Scrofa, non c’è nessuna intenzione di creare “fratture” tra vecchio e nuovo governo. Ma i documenti, e la proposta italiana in arrivo, mettono le mani avanti da Fdi, sono quelli elaborati dall’esecutivo ancora in carica. Fazzolari è l’unico che si ferma a parlare coi cronisti. Oggi “c’è Cingolani”. E domani ancora non si sa – dice forse anche con una dose di scaramanzia – “chi avrà le sue funzioni né chi sarà il premier”.
    Non entra nel merito del “borsino” dei ministri Fazzolari – che in molti vedono in pole come sottosegretario alla presidenza – ma minimizza le tensioni con gli alleati (“non c’è polemica sui tecnici”) e anche il polverone alzato dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Fa fede, assicura, il programma condiviso dal centrodestra che prevede, almeno per ora l’opzione minimal della flat tax incrementale e dell’aumento a 100mila euro della soglia per gli autonomi. Si vedono andare e venire anche Francesco Lollobrigida e Giovanni Donzelli. E alla Camera si affaccia anche la neoeletta senatrice Lavinia Mennuni (che ha battuto nel suo collegio Emma Bonino e Carlo Calenda). Ma sulla composizione del puzzle nessuno si sbilancia. Bisogna fare presto, è la convinzione di tutti, perché le emergenze sono tante e servono risposte rapide. L’idea sarebbe quella di arrivare all’appuntamento del 13 ottobre con l’intesa tra alleati sul pacchetto completo, presidenze delle Camere e ministri, da sottoporre ovviamente poi al vaglio del presidente della Repubblica.
    Anche perché è un gioco a incastri: se, come risale nelle quotazioni, dovesse passare lo schema che vede Ignazio La Russa sullo scranno più alto di Palazzo Madama e un leghista alla Camera – si fanno i nomi di Riccardo Molinari o di Giancarlo Giorgetti – Forza Italia andrebbe compensata con un ministero di peso come la Farnesina, dove resta in campo anche l’ipotesi Elisabetta Belloni ma a quel punto potrebbe andare invece Antonio Tajani, che sarebbe anche il capodelegazione di Fi al governo.
    Per Silvio Berlusconi, poi, in Consiglio dei ministri non potrà mancare – è un suo puntiglio – la fidatissima Licia Ronzulli. Nell’idea del Cav potrebbe essere destinata alla sanità ma per quel dicastero si guarda a una figura con maggiori competenze specifiche. Altri papabili in casa Fi sono Alessandro Cattaneo e Anna Maria Bernini (che potrebbe anche essere riconfermata nel ruolo di capogruppo). Per gli Affari europei resta forte il nome di Raffaele Fitto, mentre al momento Giulia Bongiorno avrebbe perso il derby con Carlo Nordio per la Giustizia. E se resta ancora da riempire la casella del ministero dell’Economia (il pressing su Fabio Panetta si farebbe sempre più incalzante) l’altro nodo ancora da sciogliere rimane quello del ruolo di Matteo Salvini, che domani farà la sua mossa riunendo il consiglio federale a Roma (Meloni farà un punto con l’esecutivo di Fdi mercoledì). Il leader leghista – se davvero non dovesse spuntare il ritorno al ministero dell’Interno, cui guarda anche Tajani in alternativa agli Esteri – vorrebbe almeno la vicepresidenza del Consiglio. Che riaprirebbe all’ipotesi della prima ora di due vice.

     

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    A Palazzo Vecchio striscione per solidarietà a donne Iran

    (ANSA) – FIRENZE, 03 OTT – Uno striscione a sostegno delle
    donne iraniane è stato affisso oggi a Palazzo Vecchio dal
    sindaco di Firenze Dario Nardella e dai Bowland, band musicale
    nata a Firenze da tre amici che si sono incontrati a Teheran.
    Nello striscione c’è scritto ‘Firenze solidale con le donne
    iraniane’ con le tre parole ‘Donna, vita, libertà’. (ANSA).