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    Giovedì 13 alle 10 la prima seduta della Camera

    La Camera dei deputati è convocata giovedì 13 ottobre 2022 alle ore 10.00 per la prima seduta della XIX legislatura. All’ordine del giorno figurano: la costituzione dell’Ufficio provvisorio di Presidenza; la costituzione della Giunta delle elezioni provvisoria e la proclamazione di deputati subentranti; l’elezione del Presidente (per scrutinio segreto). In base a quanto disposto dal Regolamento, la seduta sarà presieduta dall’onorevole Ettore Rosato nella sua qualità di Vicepresidente più anziano per elezione tra quelli della legislatura precedente.

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    Meloni, nomi di livello, ci metto la faccia – IL PUNTO

    “Il momento è importante e io voglio far bene perché in questo Governo sono io che ci metto la faccia. Vi assicuro che daremo il massimo dell’impegno”. Giorgia Meloni riunisce lo stato maggiore di Fratelli d’Italia a via della Scrofa per fare il punto sul nuovo Esecutivo. E mette subito le cose in chiaro. La sfida di Palazzo Chigi è la partita della sua vita, oltre che un momento cruciale per la tenuta del Paese (“La fase forse più difficile della storia repubblicana”) e lei non intende mettere in squadra persone che non siano più che all’altezza. E di questo, anche gli alleati sono già stati avvisati. Ognuno, chiaramente, può avanzare le proprie proposte, ma poi toccherà a lei alla fine tirare le somme e decidere. E non ha alcuna intenzione di accontentarsi. O nomi di alto profilo che possano vantare delle competenze di grande livello, avrebbe detto ai suoi, o piuttosto meglio qualche tecnico. Ma nomi a caso, tanto per accontentare qualche corrente di partito o per soddisfare le ambizioni di qualcuno, lei non li accetterà.    Quindi, dopo aver definito “fluida” la situazione sull’ eventuale squadra, Meloni avrebbe illustrato alcuni dei principali dossier ai quali si sta lavorando per rispondere subito “alle priorità del Paese”, il più urgente dei quali è quello sull’energia, i cui primi provvedimenti ad hoc potrebbero già rientrare nella prossima Manovra. Tema cruciale, quello energetico, sul quale anche in Ue qualcosa comincia a muoversi.    I 27 raggiungono, infatti, un accordo sul nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, includendo il price cap al petrolio, mentre, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, alla vigilia del Vertice di Praga, dice ufficialmente che la crisi ucraina “rende urgente stabilire un’autentica Unione dell’energia” che “sarà un pilastro essenziale della sovranità dell’Ue”.    Programmi a parte, l’Esecutivo nazionale di FdI dà a Giorgia Meloni il pieno mandato a continuare il confronto con gli alleati per la formazione del nuovo governo. E, secondo quanto spiegano il capogruppo uscente Francesco Lollobrigida e Fabio Rampelli, non si sarebbero fatti nomi e non risulterebbe allo stato “alcun veto su Salvini per il Viminale”. E questo, nonostante il diretto interessato, al termine del Consiglio Federale di ieri e dopo aver ricevuto “l’investitura” da parte di Giancarlo Giorgetti (“è il candidato naturale”), aveva fatto capire di essere pronto a “fare quel che serve”, cioè anche “un passo di lato” qualora all’Interno dovesse andare qualcun altro.    Più chiaro, forse, il commento del presidente dei senatori di FdI uscente Luca Ciriani. Anche lui esclude che ci siano veti su Salvini al Viminale, ma, osserva, “potrebbero esserci problemi di opportunità”. E se poi, alla fine, si dovesse optare per qualche tecnico, Rampelli minimizza “È presumibile che alcune caselle di governo possano essere affidate a tecnici, fermo restando che essendo il leader politico, il governo è politico”.    Sul cosiddetto ‘lodo Meloni’, invece, Lollobrigida non entra “nel merito”: “Attendiamo le decisioni di Mattarella” dopo “le consultazioni e la formazione del Parlamento”. E proprio oggi viene ufficializzata la data della prima seduta per le Camere che è quella del 13 ottobre alle 10. Quel giorno verranno proclamati anche i parlamentari eletti e saranno scelti i nuovi Presidenti. Solo dopo potranno prendere il via le consultazioni al Quirinale.    Alla vigilia della direzione del Pd, c’è attesa per la relazione di Enrico Letta, ma nel partito la tensione non accenna a diminuire. Con il responsabile sicurezza Enrico Borghi che vorrebbe escludere “ogni rischio di interregno” per evitare “incursioni” da parte di destra e sinistra. “Scioglierlo – incalza Stefano Bonaccini – sarebbe fare un regalo alle destre”.    Intanto, alle 15 Draghi riunisce la cabina di regia sul Pnrr con i ministri e i capigruppo di maggioranza, mentre FI attacca: “Surreale non essere invitati”. La delegazione dei forzisti infatti era passata ad Azione di Calenda. Draghi rivendica le misure adottate per l’attuazione del Pnrr, esclude che ci siano ritardi, assicura che il prossimo governo continuerà “con la stessa efficacia” l’azione di quello uscente e non nasconde che la prossima sfida sarà il capitolo energia che dovrà essere inserito nel Piano. Un piano sul quale Meloni ha già messo le mani avanti nella riunione di partito dicendo che ci sono “ritardi evidenti che saranno difficili da recuperare e che verranno però attribuiti al nuovo governo, probabilmente anche da parte di chi li ha determinati…”. Intanto Moody’s avverte l’Italia: “Senza riforme è possibile il taglio del rating”.   

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    Ucraina: quinto invio di armi dall'Italia. Ironia di Mosca: “E le bollette?”

    ìIl Governo Draghi, con uno dei suoi ultimi atti, si prepara a licenziare il quinto decreto interministeriale sulla “cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari” all’Ucraina. I contenuti classificati del provvedimento sono stati illustrati oggi – come nelle altre quattro volte precedenti – dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, al Copasir. Quest’ultimo, informa il presidente Adolfo Urso, ha riscontrato l’aderenza del testo “alle indicazioni e agli indirizzi dettati dal Parlamento”.
    In attesa del nuovo esecutivo di centrodestra, dunque, non si arresta il sostegno militare dell’Italia a Kiev. Sul punto c’è l’accordo della premier in pectore, Giorgia Meloni, che oggi nel corso di una prima telefonata ha ricevuto i ringraziamenti da Volodymyr Zelensky ed un invito “a recarsi quanto prima a Kiev'”. Mentre lei ha confermato il suo “pieno sostegno alla causa della libertà del popolo ucraino”.
    Mosca non l’ha presa bene. “Le forniture di armi all’Ucraina non aiutano a risolvere il problema del caro-bollette”, ha scritto sui social l’ambasciata russa a Roma, postando immagini di missili anti-carro e bombe da mortaio italiane finite nelle mani dei militari di Putin. C’è anche una guerra di informazione che si combatte e la rappresentanza diplomatica russa in Italia è spesso in prima linea.

    Le forniture di armi all´Ucraina non aiutano a risolvere il problema del caro-bollette. Поставки оружия Украине не способствуют снижению счетов за коммунальные услуги.@RWApodcast@milinfolive pic.twitter.com/noZbuEibPY
    — Russian Embassy in Italy (@rusembitaly) October 4, 2022

    La controffensiva ucraina nell’Est e nel Sud del Paese necessita di massicci rifornimenti di materiale bellico e tutti gli alleati stanno procedendo alla spedizione di armamenti, Stati Uniti in testa, che hanno appena annunciato ulteriori aiuti per 1,1 miliardi di dollari: tra le armi che saranno inviate ci sono altri 18 Himars, lanciarazzi multipli con una gittata fino ad una settantina di km, considerati un ‘game changer’ per la loro efficacia. La Danimarca ha approvato un altro pacchetto di aiuti per 145 milioni di euro ed un accordo con Germania e Norvegia per la produzione del sistema di artiglieria Zuzana II.
    Sui materiali italiani non ci sono dati ufficiali. L’elenco è ‘coperto’ ed i membri del Copasir sono tenuti a rispettare il segreto: finora si è parlato di missili controcarro, sistemi di difesa aerea Stinger, mortai, mitragliatrici pesanti e leggere, munizionamento di artiglieria, cingolati per trasporto truppe, veicoli Lince con blindatura antimine, sistemi di comunicazione, dispositivi di protezione individuale, razioni k. L’ambasciatore Stefano Pontecorvo, in un’intervista alla Stampa, ieri ha sottolineato che “quando saranno resi pubblici gli elenchi del materiale bellico che stiamo fornendo, si capirà che il nostro contributo alla difesa ucraina è importante”.
    Guerini lo scorso 22 settembre è stato ricevuto a Kiev dal presidente Volodymyr Zelensky ed ha incontrato il suo collega Oleksii Reznikov, che ha messo sul tavolo le necessità delle forze armate gialloblu. Proprio in base a queste esigenze – e dopo una ricognizione degli arsenali – lo Stato Maggiore della Difesa ha riempito l’elenco del quinto decreto. Ma il sostegno italiano non si limita agli equipaggiamenti. Sono infatti in corso mirate attività addestrative per rendere più sicuro l’utilizzo delle armi da parte del personale ucraino.
    Anche Urso – presente nel totoministri che impazza in questi giorni – ha avviato rapporti con Kiev. Sabato scorso ha avuto un colloquio telefonico con Andriy Yermak. Oggi il primo contatto diretto Zelensky-Meloni, con il presidente ucraino che si è detto “certo di poter contare su una proficua collaborazione con il prossimo Governo italiano”.

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    Draghi, assicurare crescita e gestione oculata risorse

    “Dobbiamo assicurare a cittadini e imprese una rete robusta di protezione economica e sociale, insieme a prospettive serie di sviluppo. C’è bisogno di assistenza, ma soprattutto di lavoro, di crescita. E c’è bisogno di una gestione oculata delle risorse, che respinga i tentativi della criminalità organizzata di appropriarsi dei soldi pubblici come troppo spesso è accaduto in passato”. Lo ha detto il premier Mario Draghi alla direzione nazionale antimafia.
     “Il Pnrr non è il piano di un governo, ma di tutta l’Italia, e ha bisogno dell’impegno di tutti per garantirne la riuscita nei tempi e con gli obiettivi previsti. La politica italiana sa ottenere grandi risultati quando collabora – tra forze politiche di colori diversi, tra Governo centrale ed enti territoriali”.
    “Aiutare le procure e le forze di pubblica sicurezza è essenziale, ma non basta. Dobbiamo continuare a rafforzare la cultura della legalità e ad agire contro le cause profonde che favoriscono la criminalità. Questo sforzo condiviso deve essere particolarmente intenso nei momenti di incertezza economica, come quello in cui viviamo. Le mafie si incuneano nel tessuto economico e finanziario del Paese e sfruttano le difficoltà dei cittadini e degli imprenditori onesti per espandersi, eliminare la concorrenza, riciclare fondi illeciti”, ha spiegato il premier. “La confisca dei beni sottratti alla mafia è frutto di una legge del 1982, che porta i nomi di Pio La Torre, ex segretario del Partito comunista siciliano, e di Virginio Rognoni, allora ministro democristiano dell’Interno, scomparso il 20 settembre scorso – ha aggiunto Draghi -. È stata parte delle fondamenta su cui i giudici Falcone e Borsellino hanno costruito il maxiprocesso contro Cosa Nostra; ha fornito la base legale per successive inchieste che hanno inferto ulteriori, durissimi colpi alle mafie; e ha contribuito a rendere il recupero e la confisca dei beni alle mafie in Italia un modello a livello europeo, uno strumento di cooperazione tra Stati membri. Dobbiamo essere orgogliosi di ciò che l’Italia ha fatto nella lotta alla mafia – di ciò che voi e i vostri colleghi avete fatto. Al tempo stesso, dobbiamo essere consapevoli che questo impegno deve continuare, senza esitazioni, anche nei prossimi anni. L’antimafia è patrimonio di tutti, da custodire e rafforzare. Siete la nostra certezza che le mafie hanno una fine oltre che un inizio; che ogni attacco ai valori della nostra Repubblica sarà contrastato; che continueremo a batterci per rimuovere ogni ostacolo alla nostra democrazia, alla nostra libertà. Grazie”.

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    Musk twitta condizioni di pace filo-Mosca, ira di Kiev

    Da amico dell’Ucraina, che ha consentito al Paese invaso dai russi di continuare a comunicare grazie al suo sistema satellitare Starlink, a improvvisato negoziatore per la pace con Mosca. Non è piaciuto agli ucraini – dal presidente Zelensky in giù – il sondaggio lanciato su Twitter da Elon Musk su una serie di proposte di pace che a Kiev sono sembrate schiacciate sulle volontà del Cremlino.
    “Rifare le elezioni nelle regioni annesse sotto la supervisione Onu”, con la Russia “che se ne andrà se questa sarà la volontà del popolo”; “la Crimea formalmente parte della Russia, come è stato dal 1738 (fino all’errore di Krusciov)”; “forniture d’acqua assicurate alle Crimea”; “l’Ucraina resta neutrale”: queste le condizioni lanciate ieri dal miliardario fondatore di Tesla, e sottoposte alla domanda Sì o No che ha superato i due milioni e mezzo di risposte.

    Ukraine-Russia Peace:- Redo elections of annexed regions under UN supervision. Russia leaves if that is will of the people.- Crimea formally part of Russia, as it has been since 1783 (until Khrushchev’s mistake).- Water supply to Crimea assured.- Ukraine remains neutral.
    — Elon Musk (@elonmusk) October 3, 2022

    Il tweet ha suscitato a sua volta un’altra domanda di Zelensky ai suoi follower: “Quale Elon Musk preferite, quello che sostiene l’Ucraina o quello che sostiene la Russia?” Da Kiev, insieme a risposte indignate, è arrivata anche la contro ‘proposta di pace’ di Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky: “Elon Musk – gli replica in un altro tweet -, esiste un piano di pace migliore: 1. l’Ucraina libera i suoi territori. Compresa l’annessa Crimea. 2. La Russia subisce la smilitarizzazione e la denuclearizzazione obbligatoria in modo da non poter più minacciare gli altri. 3. I criminali di guerra affrontano un tribunale internazionale”. “Tesla è sicuramente una bella macchina. Ma oggi preferisco gli Himars”, ha poi aggiunto Podolyak riferendosi ai sistemi missilistici forniti dagli Stati Uniti.

    Which @elonmusk do you like more?
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) October 3, 2022

    Tra i serrati botta e risposta si è inserito anche Dmitry Medvedev, l’ex presidente russo ormai falco del Cremlino, che si è “complimentato” con Musk, senza tuttavia rinunciare a una sprezzante ironia: “Adesso, però, l’agente ombra ha perso la copertura. Merita un avanzamento di grado, rapidamente”, ha twittato, “anticipando” anche “il suo prossimo tweet: dirà che l’Ucraina è uno Stato artificiale…”. “È triste che la propaganda russa faccia presa anche sulle menti più brillanti…”, è stato invece il commento dell’ex presidente ucraino Petro Poroshenko.
    Intanto Musk ha continuato a twittare per spiegare le sue intenzioni: “È molto probabile che” queste proposte diventino comunque “il risultato finale: è solo questione di quante persone moriranno prima di allora”. Preso d’assedio dalle critiche, l’uomo che a marzo sfidò Vladimir Putin “a giocarsi l’Ucraina in un combattimento di arti marziali” ha insistito ancora, chiedendo agli utenti di “votare”: “La Russia ha fatto una mobilitazione parziale. Se ci saranno rischi per la Crimea, passerà alla piena mobilitazione e il numero dei morti da entrambe le parti sarà devastante. La Russia ha più di tre volte la popolazione dell’Ucraina, quindi in una guerra totale la vittoria dell’Ucraina è improbabile. Se hai a cuore il popolo ucraino – è la sua posizione -, cerca la pace”.
    Contro Musk si è espresso oggi il commissario Ue all’Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevicius: “Non si tratta di scienza missilistica: La Russia ha invaso l’Ucraina! Non c’è Ucraina senza Crimea come non c’è Tesla senza batterie. Invece di fare sondaggi su Twitter, dovremmo tutti concentrarci sull’aiutare l’Ucraina a vincere questa guerra”, ha twittato Sinkevicius.   

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    La Russa resta assessore, malgrado il saluto romano

       È stata respinta con 46 voti su 72 la mozione di censura all’assessore regionale lombarda alla Sicurezza, Romano La Russa, che chiedeva di “revocare la nomina ad assessore regionale”, per “un atto di celebrazione del fascismo”, a prima firma del capogruppo del Pd, Fabio Pizzul, e sottoscritta da numerosi esponenti di tutti i gruppi di minoranza. Durante il dibattito era assente il presidente della Regione Attilio Fontana. Il provvedimento era arrivato dopo che l’assessore La Russa, in occasione dei funerali del cognato ed esponente di destra Alberto Stabilini, aveva partecipato al rito del ‘presente’.
       Per il Pd, “siamo di fronte alla totale inconsapevolezza di come si rappresenta il ruolo istituzionale” e alla “impossibilità di ricoprire con onore la carica”. La consigliera di Lombardi civici europei, Elisabetta Strada, ha notato che “la lettera di scuse (scritta da La Russa ndr) mostra che non si è compresa l’inopportunità del fatto”.  ‘Nessuna nostalgia in Regione Lombardia’ c’era scritto sui cartelli esibiti dal Movimento Cinque Stelle, rimossi dai commessi. 
        È “senza valenza politica” il gesto del saluto romano, secondo la capogruppo di Fdi Barbara Mazzali, tanto che “la leader del partito Giorgia Meloni l’ha definito antistorico”. Il gesto, “per quando riconducibile a un momento privato – aggiunge – non rappresenta la posizione politica legata al partito di Fratelli d’Italia, ma un gesto personale”. Il clamore mediatico, per Mazzali, è stato “uno strumento di propaganda elettorale per evocare fantasmi che non appartengono al nostro partito”. Sulla stessa linea è l’intervento del capogruppo di Forza Italia, Gianluca Comazzi: “È evidente che non ci sia pericolo di fascismo in questa Regione come in questo Paese”. L’assessore poi “ha chiesto scusa, pertanto il tema non c’è”.
       “Immediatamente ho chiesto scusa a chi si è sentito offeso perché ho compreso l’inopportunità del gesto, che ha danneggiato più di chiunque altro il mio partito. E sono scuse che rinnovo oggi con ancora più convinzione, se ce ne fosse bisogno”. Così lo stesso La Russa, durante la discussione in Consiglio regionale della mozione di censura. Si è trattato del primo intervento in aula di La Russa, che ha notato: “Avrei immaginato un altro ingresso in aula e me ne dispiaccio innanzitutto con me stesso. Da parte mia non c’è alcuna volontà che voglia risultare contraria al testo della Costituzione, che ho sempre servito e accettato anche se in alcuni passaggi poteva non piacermi, in tutte le mie attività istituzionali”. L’evento, spiega, “era fine a se stesso e nulla aveva a che fare con un significato politico”. Inoltre, il saluto romano è eseguito “non con molta convinzione” perché, ammette, “ero conscio del gesto che andavo a compiere, fatto per non venir meno alle ultime volontà di Alberto”. Per La Russa, la vicenda è diventata “incomprensibilmente” notizia nazionale perché “in campagna elettorale tutto è consentito”