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    Zelensky, uso armi nucleari da Putin dipende da risposta Europa

    (ANSA) – ROMA, 13 OTT – Putin userebbe le armi nucleari “solo
    se sapesse che non ci saranno conseguenze per lui dopo l’uso”.   
    E’ quanto sostiene il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in
    un’intervista alla Zdf tedesca.   
    “Il rischio che la Russia utilizzi armi nucleari dipenda
    direttamente da quanto saranno resilienti i partner occidentali
    dell’Ucraina di fronte al ricatto di Putin e se riceverà un
    avvertimento su una risposta forte”, ha detto Zelensky. “Il
    rischio c’è. Ma l’Europa nel suo complesso non può assolutamente
    influenzare questo rischio con la sua posizione, non deve farsi
    ricattare”, ha aggiunto. Il presidente ha quindi ricordato
    l’occupazione e l’annessione illegale della Crimea per la quale
    Mosca ha ricevuto solo “sanzioni molto superficiali”, che Putin
    ha preso come una risposta debole e poi ha esteso l’aggressione
    al Donbass, e infine ha optato per un’invasione su vasta scala.   
    (ANSA).   

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    Media, allarme anti-aereo risuona in tutta l'Ucraina

    (ANSA) – ROMA, 13 OTT – La tv ucraina e alcuni canali
    Telegram riferiscono che le sirene di allarme anti-aereo stanno
    suonando in tutta l’Ucraina. Lo riporta la Bbc.   
    In seguito alle segnalazioni di sirene antiaeree in tutta
    l’Ucraina, il capo della regione di Leopoli, Maksym Kozytskyi,
    ha diffuso un messaggio in cui afferma che la “difesa aerea sta
    funzionando” nella regione e dice ai residenti di “rimanere nei
    rifugi, il pericolo continua”. (ANSA).   

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    Berlusconi: trattativa finita, nessun ministero a Ronzulli

    Prosegue la trattativa? “No, è finita”. Lo ha detto Silvio Berlusconi a Corriere.it lasciando il Senato. E che ministero avrà Licia Ronzulli? “Nessuno”. “Nessun ministero alla Ronzulli – ha ribadito – e non va bene perché non si devono dare i veti”.Sono “lieto” del voto di oggi “avevamo fatto i calcoli che lo avrebbero votato tutti lo stesso”. Berlusconi ha replicato al Corriere.it sul voto di oggi lasciando Palazzo Madama. E a chi gli chiede chi a suo avviso abbia votato per La Russa ha replicato il Terzo Polo e i senatori a vita. “Abbiamo voluto dare un segnale che non si devono dare i veti sulle persone, i veti sono inaccettabili”.”Sinceri auguri al nuovo presidente del Senato Ignazio La Russa. Forza Italia ha voluto dare un segnale di apertura e collaborazione con il voto del presidente Berlusconi. Ma in una riunione del gruppo di Forza Italia al Senato è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni in riferimento alla formazione del governo. Auspichiamo che questi veti vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese”. E’ quanto si legge in una nota di Berlusconi.

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    Ilaria Cucchi ha il covid, salta la prima seduta al Senato

    “Gli imprevisti della vita. Essere eletti in Senato e non poter partecipare alla seduta d’insediamento per via del covid. Avrei voluto stringere la mano a Liliana Segre, stamattina. Sarebbe stato per me il modo più bello di iniziare questa nuova avventura”. Lo scrive su Facebook Ilaria Cucchi neo eletta nelle fila diAlleanza verdri – Sinistra italiana.
    “Ma ci saranno presto altre occasioni. – aggiunge – Cercherò di essere la vostra voce. Di tutti voi che mi avete supportata in questi anni, che mi avete dato fiducia. Di tutti voi che credete nell’importanza di difendere i diritti umani, sociali e civili. Sono onorata, emozionata e lavorerò con serietà e dedizione. Ci riuscirò perché saprò che siete con me”.

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    Il discorso della senatrice a vita Liliana Segre

    Ecco il testo del discorso della senatrice a vita Liliana Segre che ha aperto a Palazzo Madama la seduta per il voto del presidente 

    Colleghe Senatrici, Colleghi Senatori,

    rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco.
    Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato. Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.
    Rivolgo ovviamente anch’io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest’aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.
    Come da consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali.
    Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore…una follia senza fine. Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “la pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.

    Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva.
    In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
    Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!

    Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
    L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.
    Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con “disciplina e onore”, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.
    Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica “alta” e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza.

    Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte.  E il popolo ha deciso.
    È l’essenza della democrazia.
    La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.

    Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.
    In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.
    Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica.
    In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.
    E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali – e purtroppo questo è accaduto spesso – la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
    Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
    Il pensiero corre inevitabilmente all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, che erano state l’essenza dell’ancien regime.
    Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla “Repubblica”: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
    Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli !

    Le grandi nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria.
    Perché non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date “divisive”, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?
    Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.

    Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.
    Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i lavori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza” si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo.   Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.

    Concludo con due auspici.

    Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità del Parlamento.
    Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza.  
    Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.
    Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni.

    Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente anziché ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco l’Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.
    Non c’è un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare.

    Senatrici e Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!

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    Senato: De Poli, da Segre intervento alto profilo

    (ANSA) – ROMA, 13 OTT – “La presidente Segre ha fatto un
    intervento di alto profilo e ha dato un messaggio importante
    alle famiglie e alle imprese rispetto ai problemi veri che
    abbiamo difronte. Ha sottolineato la centralità del Parlamento
    che deve dare le risposte necessarie per uscire da questo
    momento di crisi economica e sociale”. Così Antonio De Poli
    commenta l’intervento in Aula di Liliana Segre. (ANSA).   

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    La Russa, colonnello di FdI sullo scranno del Senato

     Il siciliano Ignazio Benito Maria La Russa classe ’47, nato a Paternò, è il nuovo presidente del Senato per la XIX legislatura dopo che, fino a ieri, sempre a palazzo Madama, ha vestito i panni di vicepresidente.    In quanto alla politica è figlio d’arte: il padre Antonio, nel dopoguerra fu senatore del Movimento Sociale Italiano. Si racconta che il primo palco Ignazio lo abbia calcato a dieci anni, proprio accanto al papà. L’impegno in prima persona arriva nei lontani anni ’70 quando milita nel Fronte della gioventù.    L’avvocato La Russa si laurea all’università di Pavia e precedentemente studia in un collegio a San Gallo, in Svizzera.    Uno dei suoi incarichi più importanti è stato quello di difensore civile nel processo per l’omicidio di Sergio Ramelli, militante del fronte della gioventù ucciso a Milano nel 1975. Ha due fratelli: Romano , ex europarlamentare, e Vincenzo, avvocato e parlamentare ed una sorella Emilia.    Arriva in parlamento con il Movimento sociale nel ’92 e vi rimane ininterrottamente per 9 legislature. Durante la svolta di Fiuggi nel 1995, è in prima linea nella fondazione di Alleanza Nazionale, guidata da Gianfranco Fini. E’ poi ministro della Difesa nel governo Berlusconi IV dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011. Un anno dopo, il 17 dicembre 2012, annuncia la sua uscita dal Popolo della Libertà e fonda il partito Fratelli d’Italia insieme a Giorgia Meloni e Guido Crosetto. Nel 2013 entra a Montecitorio con FdI. Dopo 26 anni trascorsi ininterrottamente alla Camera dei deputati (dal 1992 al 2018), alle elezioni politiche del 2018 viene candidato al Senato della Repubblica, nel collegio uninominale Lombardia per la coalizione di centro-destra in quota Fratelli d’Italia, e viene eletto senatore con il 44,52% delle preferenze. Il 28 marzo 2018 viene eletto vicepresidente del Senato della Repubblica con 119 voti.    Personaggio poliedrico, caratterizzato dalll’immancabile pizzetto e dal marcato accento siciliano. Appassionato di calcio, sempre fedele al suo grande amore per l’Inter. Famoso per avere la battuta facile, non rinuncia mai alla frase ironica e scherzosa neanche quando siede sullo scranno dell’Aula del Senato come vice presidente. Ha fatto da doppiatore nel cartone animato I Simpson nell’episodio intitolato “Dolce e amara Marge”.    Ignazio la Russa è sposato con Laura De Cicco da più di trent’anni. Dalla loro unione sono nati tre figli: Antonino Geronimo, Leonardo Apache e Lorenzo Cochis. (ANSA).   

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    Soumahoro arriva alla Camera con gli stivali da lavoro

    ”Porto questi stivali – simbolo delle sofferenze e speranza del Paese Reale che entra con me alla Camera per legiferare – in memoria di chi è morto di lavoro, chi è discriminato e chi ha fame. Coi piedi nel fango della realtà e lo spirito nel cielo della speranza”, lo scrive  sul suo profilo twitter Aboubakar Soumahoro. 
    Sindacalista italo-ivoriano impegnato nella difesa degli ‘invisibili’, i migranti e i braccianti sfruttati nei campi e costretti in ghetti senza servizi e senza diritti, Soumahoro è stato eletto alla Camera dei Deputati nelle liste di Alleanza Verdi e Sinistra

    Porto questi stivali – simbolo delle sofferenze e speranza del Paese Reale che entra con me alla Camera per legiferare – in memoria di chi è morto di lavoro, chi è discriminato e chi ha fame. Coi piedi nel fango della realtà e lo spirito nel cielo della speranza.#noiora pic.twitter.com/If6rG4zoaH
    — Aboubakar Soumahoro (@aboubakar_soum) October 13, 2022

     
    Nato nel 1980 in Costa d’Avorio, è arrivato in Italia a 19 anni e si è laureato in Sociologia all’Universita’ ‘Federico II’ di Napoli col massimo dei voti con una tesi sulla condizione dei lavoratori migranti in Italia. In prima linea contro lo sfruttamento dei braccianti e il caporalato prima con l’Usb e poi con la Lega Braccianti di cui è cofondatore è molto presente in Puglia in particolare nei ‘ghetti’ del foggiano dove trovano rifugio in condizioni precarie migliaia di braccianti stagionali impegnati nella raccolta nei campi.
    Soumahoro è stato promotore di numerose manifestazioni a partire da quando nell’agosto del 2018 morirono nel Foggiano in due distinti incidenti stradali 16 migranti stipati in alcuni furgoni mentre tornavano dai campi. Nel luglio 2019, dopo un ennesimo atto di violenza contro alcuni migranti che stavano andando a lavorare, alla guida di una sessantina di braccianti occupo’ simbolicamente a Bari la Basilica di San Nicola per chiedere “condizioni di lavoro e di vita dignitose, una casa, rispetto delle norme contrattuali, rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno in tempi certi”. La protesta cesso’ dopo un incontro con il vescovo che assicuro’ il proprio impegno a sostegno delle loro istanze.
    Ma sono state numerose le attività sindacali di Soumahoro. Quando in Calabria nel giugno 2018 fu ucciso un bracciante, chiese e ottenne dal governo Conte la creazione del Tavolo operativo di contrasto al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura. Tra l’altro, si e’ incatenato vicino a Montecitorio per chiedere un incontro col presidente del Consiglio, ha organizzato e promosso nel 2020 in piazza San Giovanni, a Roma, gli Stati Popolari degli Invisibili.
    A Borgo Mezzanone, nel Foggiano, in occasione della nascita della Lega Braccianti, ha fondato la prima “Casa dei diritti e della dignita’ Giuseppe Di Vittorio”. Ha anche scritto un libro, ‘Umanita’ in rivolta. La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicita’ ‘, edito da Feltrinelli.