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    Chi è Bernini, politica di lungo corso all'Università

     Annamaria Bernini, già ministra per le Politiche europee nel governo Berlusconi IV, nel 2011, è il nuovo ministro dell’Università. Politica di lungo corso, ha iniziato la carriera in Alleanza nazionale di Gianfranco Fini, diventando poi esponente del Popolo della Libertà e, infine, di Forza Italia. Eletta in Parlamento per la prima volta nel 2008, nel 2010 corre alle Regionali dell’Emilia-Romagna come candidata di centrodestra. Alle Politiche 2013 viene eletta senatrice del Popolo della libertà, salvo poi aderire alla rinata Forza Italia dal 16 novembre dello stesso anno. Nel 2018 è rieletta a Palazzo Madama, ricoprendo la carica di capogruppo dei senatori azzurri e affianca Antonio Tajani come vicecoordinatrice nazionale del partito.    Laureata con lode in Giurisprudenza all’Alma Mater nel 1991, diversi programmi di studio all’estero, è avvocata e docente universitaria. Per dieci anni docente di Diritto dell’Arbitrato Interno e Internazionale e delle procedure alternative alla Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, è professoressa associata di Istituzioni di Diritto pubblico comparato alla Facoltà di Economia dell’Unibo, sede di Forlì , ma oggi è in aspettativa per incarichi istituzionali. Ha svolto anche attività di docenza in materia di Istituzioni di Diritto Pubblico alla Facoltà di Economia dell’Alma Mater.    Nel 2019 ha presentato un Disegno di Legge a favore dei giovani meritevoli. Il provvedimento prevedeva sistemi premianti per under 35 particolarmente meritevoli attraverso borse di studio per effettuare tesi di ricerca, master di primo o secondo livello, un fondo start up in materie legate alle nuove tecnologie, fondi per il rientro di cervelli in fuga, incentivi per stimolare le assunzioni di giovani, l’anticipo del praticantato e l’istituzione del fondo Erasmus Italia. Sempre nel 2019 ha presentato un altro Disegno di Legge a favore dei giovani laureati, che prevedeva strumenti di riscatto della laurea a fini pensionistici.    

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    Chi è Sangiuliano, un giornalista alla cultura

    Napoletano, classe ’62, una formazione da giurista e una carriera tutta nel giornalismo, inviato di economia e politica internazionale e poi direttore, dal 2018 al timone del Tg2 Rai, Gennaro Sangiuliano, da oggi ministro della cultura nel governo Meloni, è da sempre dichiaratamente schierato e impegnato a destra. “La tradizione del giornalismo italiano è politica. Ed è certamente più onesta una faziosità limpida ed esibita di una subdola terzietà”, spiegava qualche anno fa in un’intervista al Foglio, rivendicando al contempo l’equilibrio politico sempre mantenuto dal suo tg: “Basta vedere i dati dell’Osservatorio di Pavia. E questo perché sto attento al minutaggio, sono maniacalmente attento che ci siano tutte le voci”. Nell’aprile del 2022 diventò un caso la sua partecipazione con un intervento sul conservatorismo alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Milano.    Laureato in giurisprudenza alla Federico II, un dottorato in Diritto ed economia, sempre a Napoli, e poi un master in diritto privato europeo alla Luiss di Roma dove ha avuto come professore Giuseppe Conte, docente alla Lumsa, alla Sapienza e alla Luiss, dal 1996 al 2001 è stato direttore del quotidiano Roma e poi vicedirettore di Libero. Entrato in Rai nel 2003 è stato inviato in Bosnia, Kosovo e in Afghanistan. Dal 2009 al 2018 è stato vicedirettore del Tg1. Nel 2018 è stato nominato direttore del Tg2, riconfermato nel 2021. Autore di numerosi saggi, si è dedicato soprattutto alle biografie, da quella di Giuseppe Prezzolini (l’anarchico conservatore, 2008) a quella di Putin.    (Vita di uno zar, 2015), ma anche Hillary Clinton (Vita in una dynasty americana 2016), Trump (Vita di un presidente contro tutti 2017) e Xi Jinping (Il nuovo Mao. Xi Jinping e l’ascesa al potere nella Cina di oggi, 2019). L’ultimo, nel 2021, è dedicato a “Reagan Il presidente che cambiò la politica americana”.       

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    Chi è Raffaele Fitto, curerà Affari europei e Pnrr

     Un’esperienza da eurodeputato, presidente della Regione Puglia e ministro per gli Affari regionali nel quarto governo Berlusconi.    Raffaele Fitto occuperà la cruciale casella degli Affari europei – che si occuperà anche del Pnrr – nel nuovo governo di centrodestra targato Meloni dopo una lunga carriera politica iniziata con la militanza nella Dc a soli 19 anni, passata per Forza Italia e approdata in Fratelli d’Italia.    Nato a Maglie il 28 agosto 1969, Raffaele è figlio del politico democristiano Salvatore Fitto, presidente della Regione Puglia dal 1985 fino alla sua morte, nel 1988. E’ questo l’anno in cui il giovane Fitto inizia la sua militanza nella Dc, con cui viene eletto in consiglio regionale della Puglia nel 1990.    Nel 1994 arriva la laurea in giurisprudenza e, con lo scioglimento della Dc, l’adesione al Partito Popolare Italiano di Rocco Buttiglione, che seguirà nell’alleanza con la neonata Forza Italia. Nel 1995 viene riconfermato in regione, dove diventerà assessore e vicepresidente. Nel 1999 è eletto parlamentare europeo con Forza Italia. Rimane in carica solo per un anno perché nel 2000 si candida alla guida della Puglia, diventando il più giovane presidente di Regione della storia della Repubblica. Ricandidatosi alle regionali del 2005, è sconfitto per un soffio da Nichi Vendola. L’anno dopo, Fitto approda in Parlamento come deputato Fi, e nel 2008 è nominato ministro per gli Affari regionali nel governo Berlusconi IV.    Nel 2014 torna a Strasburgo con la vittoria alle europee, ma quello stesso anno si consuma la rottura con Forza Italia a seguito del patto del Nazareno. Il divorzio definitivo arriverà nel 2015. Due anni dopo nasce l’esperienza di Direzione Italia, ma dopo il fallimento alle elezioni del 2018, il partito si federa con Fratelli d’Italia per le europee del 2019, in cui Fitto risulterà rieletto. Nel 2020, Fitto si ricandida a governatore della Puglia, ma viene battuto dal presidente uscente Michele Emiliano. Alle politiche del 25 settembre scorso è stato eletto deputato con Fratelli d’Italia.    

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    Chi è Lollobrigida, capogruppo Fdi all'Agricoltura

     Dopo la conferma della designazione a capogruppo di Fdi, incarico ricoperto negli ultimi quattro anni, Francesco Lollobrigida, 50 anni è stato oggi designato dalla premier Giorgia Meloni per l’incarico di ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare. Un dicastero rinominato dunque e che verrà guidato da un esponente di Fratelli d’Italia. Militante di destra di lungo corso, Lollobrigida è cognato della presidente del consiglio in pectore Meloni. E’ infatti sposato con Arianna Meloni, militante di Alleanza Nazionale, nonché sorella di Giorgia, e ha due figlie.    Nato a Tivoli, vive a Roma, dove si è laureato in giurisprudenza. È pronipote di Gina Lollobrigida.    Entrato in politica fin da giovanissimo nel Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, guidando l’organizzazione missina nella Provincia di Roma fino al 1995. Ha svolto il servizio militare in Aeronautica.. In seguito è stato consigliere comunale a Subiaco, consigliere provinciale di Roma, poi assessore allo sport, cultura e turismo del comune di Ardea, e Consigliere regionale nel Lazio. Nel 2008 diventa presidente di Alleanza Nazionale nella sezione provinciale di Roma e dal 2010 al 2012 del Popolo della Libertà (PdL). Dal 2010 al 2013 è stato assessore con deleghe regionali alla mobilità e ai trasporti nella giunta regionale del Lazio di Renata Polverini..    Il 20 dicembre 2012 abbandona il PdL, assieme alla cognata Giorgia Meloni, e insieme sono tra i fondatori di Fratelli d’Italia. Nel 2013 diventa responsabile nazionale “organizzazione” di Fratelli d’Italia. Nel 2018 viene eletto capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio. Risulta sostenitore delle comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti, e ha collaborato con San Patrignano.    

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    Macron: 'Pronto a lavorare con Meloni, la vedrò in Ue'. Scholz: 'Continueremo relazione molto buona con l'Italia'

    “Sono pronto a lavorare” con la futura premier Giorgia Meloni e “la incontrerò intorno al tavolo del Consiglio europeo”, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron senza però volersi sbilanciare sulla possibilità di un primo incontro domenica o lunedì a Roma, dove Macron vedrà il capo dello Stato Sergio Mattarella e il pontefice. “Voglio rispettare la prassi”, ha aggiunto il capo dell’Eliseo. 
    Scholz, continueremo relazione molto buona con l’Italia”Siamo tutti insieme come nazioni europee nell’Ue ed è essenziale che noi democrazie collaboriamo molto – ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz interpellato sull’imminente incarico a Giorgia Meloni per il nuovo Governo italiano -. Tutte le volte che ci sono cambi di governo a causa delle elezioni, come in una democrazia, questo non può rovinare le buone relazioni che abbiamo con gli altri stati membri o, per esempio, che noi abbiamo tra Germania e Italia. Continueremo a lavorare con una collaborazione molto buona tra i due Paesi e nell’ambito dell’Unione europea perseguendo le nostre comuni prospettive”.

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    Pd: coordinatore sindaci da famiglia Matera,ripartire da ascolto

    (ANSA) – MATERA, 21 OTT – “Un tour per tornare a parlare
    alla gente, agli elettori arrabbiati e delusi. La sinistra deve
    ripartire dalla politica di prossimità, quella della porta
    accanto, dall’ascolto”. Queste le premesse di “Pane e Politica –
    un sindaco a cena dalle famiglie italiane”, il viaggio nelle
    province italiane di Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e
    coordinatore dei sindaci del Pd, iniziato ieri sera da Matera.   
    “La crisi energetica e il caro prezzi, l’inflazione, la nascita
    del nuovo Governo, il ruolo dei giovani, il lavoro precario, la
    questione ambientale”, sono alcuni temi affrontati durante la
    cena a casa della famiglia Tralli-Federico, prima tappa del
    viaggio con un dibattito animato, seguito a un’accoglienza
    calorosa, trasmesso in diretta sulla pagina Facebook.   
    “Una città simbolo del riscatto sociale, tema attorno al
    quale dovrà ruotare la discussione della rigenerazione Pd. – ha
    detto Ricci a proposito di Matera – Spesso ci siamo riempiti la
    bocca della parola ‘partecipazione’, ma abbiamo parlato sempre
    alle stesse persone. La sinistra deve ripartire dalla politica
    di prossimità, quella della porta accanto, dall’ascolto. Questo
    sarà il mio contributo alla fase costituente”. del coordinatore
    dei sindaci del Pd, che si è aperto con una riflessione: “Perché
    il Pd ha perso le elezioni?”, la riflessione per iniziare la
    conversazione. “Occorre insistere molto sui giovani, i valori e
    la cultura sono cambiati. Si pagano le aspettative mancate del
    passato. Serve un linguaggio diverso e volti nuovi”, alcuni
    degli spunti dei commensali.   
    A tener banco la crisi energetica. “La situazione italiana è
    drammatica: il caro-energia piega le famiglie, le imprese di
    tutti i livelli, e anche i Comuni. – osserva Ricci – Il nuovo
    Governo deve subito dare agli enti territoriali e alle regioni
    un tavolo anti-crisi, d’emergenza, come si è fatto per il Covid.   
    L’opposizione deve unirsi, non stare divisa, per chiedere anche
    questa scelta urgentissima”. (ANSA).   

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    Scontro Parigi-Berlino in Ue su price cap e Sure

    Il patto tra Emmanuel Macron e Angela Merkel ad Aquisgrana sembra ormai un ricordo lontanissimo. Parigi e Berlino si prendono la scena dello scontro totale in Europa sull’energia e fanno scendere le quotazioni – sotto gli occhi di mercati e cittadini – di una già difficile intesa comune per abbassare i prezzi del gas e delle bollette. Un’emergenza che Mario Draghi, al suo ultimo vertice europeo, ha cercato di riportare al centro dell’attenzione invocando in modo netto l’unità e un’azione immediata. Necessarie, per il premier italiano, anche a congedarsi dall’Ue segnando un punto decisivo sul tetto al prezzo del gas.
    Il palazzo dell’Europa Building a Bruxelles ha accolto i capi di Stato e di governo a circa due settimane dall’ultimo incontro a Praga e la tensione nel frattempo si è fatta sempre più alta. Ad anticipare che il confronto porterà con tutta probabilità a un’intesa soltanto minima è stato il premier olandese Mark Rutte, capobanda dei falchi nordici contrari al price cap al gas e a nuovo debito comune insieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Oggi – ha tagliato corto – ci sarà l’accordo sull’acquisto congiunto del gas”. Da negoziare con i partner affidabili come Norvegia, Algeria e Stati Uniti su tutti. Sul price cap, vero pomo della discordia, si chiederà invece alla Commissione di “esaminare ancora alcune opzioni”. Per prendere altro tempo e, dal punto di vista di Berlino e L’Aja, cercare di ostacolare la proposta di Roma, Parigi e un gruppo di capitali che – insieme – raggiungerebbero già la soglia per la maggioranza qualificata necessaria. E che in queste settimane, nonostante la contrarietà di Germania, Olanda, Irlanda, Austria, Danimarca e Ungheria – che con Viktor Orban ha messo il carico da novanta bollando il tetto come “un suicidio economico” -, hanno portato anche Bruxelles a una prima apertura, con la proposta di Ursula von der Leyen su un corridoio di prezzo dinamico e temporaneo almeno per gestire il passaggio ad un nuovo indice di riferimento del gas da affiancare all’ormai non più rappresentativo Ttf.
    Lo scontro principale comunque si consuma tutto tra Parigi e Berlino, ormai in piena crisi. E nemmeno il bilaterale tra Macron e Scholz prima dell’avvio dei lavori è riuscito a rimarginare le divergenze. Tutto il contrario: a certificarlo le parole seccate del francese, che a favor di telecamere non le ha mandate a dire. “Dobbiamo preservare l’unità finanziaria e politica degli europei” e “non è positivo che la Germania si isoli”, ha tuonato. Un’irritazione che avrebbe origine nello scudo da 200 miliardi sull’energia varato da Berlino, forte del suo spazio fiscale, e dai continui ‘no’ tedeschi su una necessaria “solidarietà europea” davanti a una crisi che, ha evidenziato il capo dell’Eliseo, “riguarda tutti”. Per questo “è importante che si trovi l’unanimità”.
    Il muro tedesco però è ben saldo e negli stessi istanti è il cancelliere Olaf Scholz a rispedire le accuse al mittente, evidenziando che il Recovery fund e il maxi-piano energetico RePowerEu – che porta in dote un nuovo capitolo ai Pnrr – sono già “opportunità per agire in solidarietà”. Per quanto riguarda poi “gli strumenti” per far abbassare i prezzi del gas, serve quantomeno una discussione “intensa” perché “devono funzionare, nessuno vuole rimanere senza gas”.
    Le parole del Bundeskanzler sono risuonate come una pietra tombale sulla possibilità di un nuovo Sure che, invece, è l’elefante nella stanza del vertice. Nella bozza delle conclusioni non se ne trova traccia, ma Emmanuel Macron e Mario Draghi sono in pressing da settimane. E sono tornati a chiederlo anche al tavolo dei leader. Riportando l’orologio indietro al luglio 2020 e allo scontro frontale tra le capitali sul Recovery fund. La cui riuscita, alla fine, fu agevolata dalla guida di Angela Merkel. Nell’estremo tentativo di ricucire lo strappo, magari in tempo per il nuovo Consiglio straordinario energia annunciato il 18 novembre, il presidente francese aprirà le porte dell’Eliseo al cancelliere tedesco mercoledì prossimo. Riportare l’asse in linea è cruciale per il destino della crisi energetica dell’intera Europa.   

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    Dal price cap al Ttf, il glossario della crisi

    Una parola ‘tecnica’ per ogni misura. La crisi energetica in Europa parla un linguaggio dentro al quale spesso non è facile districarsi. Ecco in ordine alfabetico le proposte su cui si confrontano i capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles, alla ricerca di un cammino comune per abbassare i prezzi dell’energia e delle bollette dei cittadini.
        * ACQUISTI COMUNI – Si tratta di una nuova piattaforma Ue per coordinare l’acquisto congiunto di gas con cui riempire degli stock. Prevede una partecipazione obbligatoria dei Paesi membri per almeno il 15% del volume.    * COESIONE – I Paesi potranno dirottare i fondi per i territori della programmazione 2014-2020 non ancora impegnati, fino a un massimo di 40 miliardi, per la crisi energetica.    * ECCEZIONE IBERICA – Si tratta di un limite al prezzo del gas sul modello di quello attuato da Spagna e Portogallo.    Andrebbe però finanziato con sussidi nazionali.    * PRICE CAP – In italiano, tetto al prezzo del gas. E’ il nodo della discordia più grande tra i Paesi Ue. Bruxelles ha aperto alla possibilità di un meccanismo di correzione del mercato dinamico e temporaneo (la sua durata massima sarebbe di tre mesi) per prevenire picchi estremi di prezzo. Sul tavolo anche un price cap per limitare la volatilità dei prezzi infra-quotidiani.    * SURE 2 – Quello originale è il fondo da 100 miliardi di euro in prestiti varato durante la pandemia per finanziare tramite l’emissione di debito comune le Cig e gli schemi nazionali contro la disoccupazione. Oggi alcuni Paesi, tra cui Italia e Francia, ne chiedono un remake per fare fronte al caro energia.    * TAGLIO DELLA DOMANDA – L’obiettivo già concordato nel maxi piano energetico RePowerEu del taglio del 15% dei consumi di gas diventa obbligatorio tramite l’attivazione dello stato di allerta Ue.    * TTF – Acronimo di Title Transfer di Amsterdam, il principale mercato europeo di riferimento per lo scambio del gas naturale, sarà affiancato da un nuovo indice di riferimento entro aprile 2023.