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    Lollobrigida, il nuovo ministero si chiamerà Masaf

    Sarà Masaf, ministero dell’Agricoltura, Sovranità alimentare, e forestale la nuova denominazione del ministero. Lo ha annunciato alla sua prima uscita pubblica il ministro Francesco Lollobrigida, partecipando al ventennale del Car di Roma, il Centro agroalimentare.
     “Il decreto per la nuova denominazione non sarà nel prossimo Cdm ma in quello successivo”, ha detto Lollobrigida. 

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    Governo: Letta, per noi iniziata traversata nel deserto

     “La nostra campagna elettorale è stata dura, difficile, molto difficile, alla fine abbiamo ottenuto un risultato che non era quello che speravamo, ci troviamo un uno spazio di opposizione, minoranza, e comincia una traversata nel deserto, che io spero sia la più corta possibile grazie alla nostra azione di opposizione”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, al Congresso del Partito Socialista Svizzero, Basilea. Per Letta, fra i temi di discussione della politica c’è “la riflessione sulla capacità di mettere insieme la questione della transizione ecologica e la questione della sostenibilità sociale”.

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    Difesa: 'Nessun conflitto di interessi per Crosetto'

    “Non si ravvisa sul piano tecnico-giuridico alcuna ipotesi di conflitto di interessi o di incompatibilità”.Lo afferma il ministero della Difesa in una nota con riferimento “all’ipotizzato conflitto di interessi fra l’incarico del Ministro Crosetto e le sue precedenti funzioni di presidente dell’AIAD, oggetto di recenti trasmissioni televisive e articoli di stampa”.
    La conclusione del ministero è sulla base “degli articoli 2 e 3 della legge n. 215 del 2004 e delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo attribuite al Ministro dagli articoli 4 e 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dal 10 al 13 del codice dell’ordinamento militare”. “Per espressa previsione di legge, anche eventuali situazioni di conflitto antecedenti all’assunzione della carica non assumono alcun rilievo in quanto cessate all’atto dell’assunzione della carica stessa- spiega la nota- Nessuno status di incompatibilità o di conflitto di interessi è giuridicamente ipotizzabile nel momento in cui il Ministro non ha più cariche, proprietà aziendali o patrimoni personali che in qualsiasi modo possano entrare in rapporto con le attività di Ministero della difesa”.    E non è tutto: “il Ministro della difesa non partecipa in alcun caso all’adozione di atti idonei ad incidere sul suo patrimonio o su quello del coniuge o dei parenti, in quanto del tutto privo di poteri e funzioni negoziali. Nel settore del procurement degli armamenti, a mente dell’articolo 26 del citato codice, è il Capo di Stato maggiore della difesa che definisce i requisiti operativi dei sistemi d’arma da approvvigionare e [ex articolo 41 del medesimo codice] il Segretario generale della Difesa che avvia le attività di ricerca di carattere tecnologico e industriale e che presiede alle procedure di acquisizione attraverso le competenti Direzioni tecniche”. E comunque “nel pregresso incarico di presidente di AIAD, per la natura dei settori industriali rappresentati, di chiaro interesse strategico nazionale, l’attuale Ministro ha perseguito obiettivi del tutto convergenti con quelli pubblici, rafforzando le capacità delle imprese e la conseguente competitività internazionale mediante la promozione dell’industria italiana della Difesa all’estero”.    Oltretutto “il Ministero della difesa non ha mai detenuto né detiene alcuna partecipazione nei gruppi industriali di riferimento”, aggiunge la nota, annunciando che trasmetterà “le dichiarazione sull’insussistenza di situazioni di conflitto previste dall’articolo 5 della legge 215 del 2004, confermando che non sussistono nella fattispecie motivi di inconferibilità o incompatibilità”. 

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    L'impero dei segni: Giorgia Meloni, l'emozione del successo

    I primi messaggi (del corpo e non solo) della leader del partito vincitore alle elezioni diventata presidente del Consiglio. L’emozione, la determinazione, le piccole gaffe, le scelte fatte. Un’analisi dei segni disseminati più o meno volontariamente nei primi giorni dopo la vittoria, dall’intervento alla Coldiretti a Milano, al passaggio di consegne con Mario Draghi al discorso alla Camera con la guida di un esperto di comunicazione, Alberto De Martini.

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    Palazzo Chigi ai ministeri, Meloni è 'il signor presidente'. 'Chiamatemi pure Giorgia…'

     “Per opportuna informazione si comunica che l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: “Il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni”. È quanto si legge in una comunicazione, indirizzata “a tutti i ministeri” dal nuovo segretario generale di Palazzo Chigi, Carlo Deodato.
    L’immagine della missiva, su carta intestata della Presidenza del Consiglio, Ufficio del cerimoniale di Stato e per le onorificenze, è rimbalzata sui social. La comunicazione è stata poi confermata da fonti di più ministeri.

    L’immagine della comunicazione ai ministeri

    In serata interviene Giorgia Meloni a sgombrare il campo. “Leggo che il principale tema di discussione di oggi sarebbe su circolari burocratiche interne, più o meno sbagliate, attorno al grande tema di come definire la prima donna Presidente del Consiglio. Fate pure. Io mi sto occupando di bollette, tasse, lavoro, certezza della pena, manovra di bilancio. Per come la vedo io, potete chiamarmi come credete, anche Giorgia”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni su Instagram interviene sulle polemiche relative alal definizione del suo ruolo.

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    Meloni sente Zelensky: 'Pieno sostegno a Kiev'. Premier pronta per i vertici internazionali

    Giorgia Meloni si prepara ad affrontare la sua sfida forse più dura a livello internazionale: l’esordio a Bruxelles da premier.
    Giovedì prossimo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la riceverà a palazzo Berlaymont. Un incontro che per la nuova inquilina di Palazzo Chigi darà il via ai grandi vertici in giro per il mondo: dalla COP27 a Sharm El-Sheikh al G20 di Bali. Intanto, dopo il faccia a faccia a Roma con Emmanuel Macron, Meloni sente sia il cancelliere tedesco Olaf Scholz – a cui sottolinea l’urgenza di arrivare, quanto prima, a misure concrete contro il caro energia – sia il presidente Volodymir Zelensky che la invita a visitare l’Ucraina. 

    Ucraina: Meloni a Scholz,impegno Italia in sostegno a Kiev

    Da parte di Roma – la promessa – resta il pieno sostegno a Kiev a livello politico, economico, militare e umanitario. Nel colloquio con Scholz, la premessa è il riconoscimento degli “importanti passi avanti compiuti a livello europeo” ma, il messaggio del governo italiano è che per arginare il caro bollette e carburanti serve agire in fretta. La svolta decisiva sul price cap, infatti, non è ancora arrivata e a pesare sono state proprio le resistenze di Germania e Paesi Bassi. L’energia non è l’unico dossier sul tavolo: Meloni e Scholz parlano della forte partnership tra Roma e Berlino, dei flussi migratori, di crescita economica e Ucraina. Il conflitto con la Russia è al centro anche di una successiva telefonata con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, a cui Meloni rinnova il pieno sostegno del governo a Kiev nel quadro delle alleanze internazionali e per la futura ricostruzione. Nella conversazione viene, poi, affrontato il tema dell’integrazione dell’Ucraina nell’Ue e nella Nato e confermato l’impegno italiano per ogni sforzo diplomatico utile alla cessazione dell’aggressione di Mosca. L’auspicio finale è il rinnovo dell’intesa sull’esportazione del grano dai porti ucraini, fondamentale per scongiurare una possibile crisi alimentare.
    La commissione europea è pronta a collaborare con il nuovo governo e “si aspetta una buona cooperazione” anche da parte dell’Italia “in vista delle molte sfide” all’orizzonte, in particolare sull’energia. “E’ molto simbolico che Meloni venga qui come prima uscita” rimarcano fonti europee ribadendo che da parte della commissione “non c’è alcun tipo di interferenza nei fatti interni agli stati membri” e che si guarda “non alle ideologie, ma alle azioni”. Meloni – che è anche presidente del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei – non ha mai risparmiato critiche all’Ue, nemmeno di recente, quando è tornata sulla necessità di modificare alcune norme, a partire dal patto di stabilità. Ma è in particolare la questione degli aggiustamenti sul Pnrr, sottolineata dalla stessa premier, ad essere guardata con attenzione dalle parti di Palazzo Berlaymont. Perché il Pnrr – è il mantra della commissione – può essere cambiato ma in “casi eccezionali” e solo dopo una “valutazione rigorosa” dell’esecutivo. L’attesa dell’Ue sulle prime mosse della premier non riguarda solo il Recovery fund: anche il dossier migranti potrebbe essere foriero di tensioni. Giovedì a Bruxelles il primo incontro della premier sarà, alle 16, con la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola. Un faccia a faccia, sottolineano fonti dell’Eurocamera, a cui viene attribuita una particolare valenza politica poiché il Pe è l’unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini. A seguire Meloni vedrà von der Leyen e, alle 18.30, il presidente del consiglio europeo Charles Michel. Nella stessa giornata non può essere escluso un incontro anche con Jens Stoltenberg, compatibilmente con l’agenda del segretario generale della Nato (verso cui, comunque, i segnali di rassicurazioni da parte della leader di FdI sono stati continui, sin dalla campagna elettorale).

    Agenzia ANSA

    Giovedì 3 novembre Ursula von der Leyen, riceverà la premier Giorgia Meloni alla sua prima visita a Bruxelles. Il portavoce della commissione: “Dall’Italia ci aspettiamo una buona cooperazione in vista di molte sfide”. Meloni vedrà anche il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel (ANSA)

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    Mattarella: “Il covid non è ancora sconfitto ma il peggio è passato”

    “Dopo oltre due anni e mezzo di pandemia non possiamo ancora proclamare la vittoria finale sul Covid-19. Dobbiamo ancora far uso di responsabilità e precauzione. La Sanità pubblica ha il compito di mantenere alta la sicurezza soprattutto dei più fragili, dei più anziani, di coloro che soffrono per patologie pregresse. Tuttavia sentiamo che il periodo più drammatico è alle nostre spalle”. Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo alla Celebrazione de “I Giorni della Ricerca”.
    Nella lotta al Covid “la scienza è stata decisiva. Come lo è stata la dedizione del personale sanitario, in ogni ruolo. Come lo è stata la solidarietà, nelle sue più diverse espressioni, a tutti i livelli: dai gesti semplici di aiuto tra le famiglie, nelle comunità, alle scelte comuni compiute dall’Unione europea”, ha sottolineato il capo dello Stato.
    “Senza l’ammirevole impegno della scienza per individuare i vaccini, scoperti e prodotti in tempi record, anche grazie alle scoperte realizzate nella lotta contro il cancro oggi saremmo costretti a contare molte migliaia di morti in più. Se oggi possiamo, nella gran parte dei casi, affrontare il covid, come se si trattasse di un’influenza poco insidiosa, è perché ne è stata fortemente derubricata la pericolosità per effetto della vaccinazione; dalla grande adesione alla vaccinazione, dovuta all’ammirevole senso di responsabilità della quasi totalità dei nostri concittadini, sollecitati a farvi ricorso dalla consapevolezza di salvaguardare, in tal modo, la salute propria e quella degli altri”, conclude Mattarella.
    Il presidente della Repubblica sottolinea poi che “la pandemia ci ha fatto capire quanto è importante il Servizio sanitario nazionale e quanto è prezioso il suo carattere universalista, cioè la vocazione a proteggere tutti i cittadini senza esclusioni. Al tempo stesso, abbiamo toccato con mano anche i limiti delle nostre strutture e della nostra organizzazione sanitaria, così come si è evoluta nei decenni. Anche nel campo della sanità, così essenziale a un pieno diritto di cittadinanza, siamo chiamati a usare al meglio le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per accrescerne l’efficienza”.

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    Alla Sapienza,'rivendichiamo un'università antifascista'

     L’occupazione è finita ma la mobilitazione non si arresta. Ripartirà il 4 novembre. Dopo le tensioni all’Università La Sapienza di Roma, per gli scontri tra appartenenti ai collettivi studenteschi e la polizia a margine di un convegno indetto da Azione Universitaria, sigla legata a Fratelli d’Italia, l’occupazione a Scienze Politiche si è conclusa alle 11 con un’assemblea all’aperto davanti alla facoltà. Se le modalità su come proseguire non sono ancora state stabilite, assemblee o un corteo, le rivendicazioni degli studenti sono chiare: una università “antifascista”, “anticapitalista”, “ecologista”, “transfemminista” e “antirazzista”.    Dopo aver appeso gli striscioni all’esterno della facoltà – “Mai più violenza sugli studenti, riprendiamoci i nostri spazi”, hanno scritto i ragazzi; “Un’altra università per questo, per altro per tutto”. E ancora: “Vostro il Governo, nostra la rabbia” – e poco prima dell’avvio del dibattito una studentessa dei collettivi ha spiegato le richieste degli universitari. E il perché della protesta dell’altro giorno. “Nel centenario della marcia su Roma rivendichiamo un’università antifascista. Al processo di normalizzazione dell’estrema destra che oggi è al Governo nemmeno la nostra università è immune, anzi ne è partecipe legittimando la presenza di personaggi reazionari e vicini ai movimenti neofascisti”. Gli interventi sono partiti da due principali richieste: dimissioni della Rettrice Polimenti “perché é mancata da parte sua ‘una assunzione di responsabilità'” e “fuori le forze dell’ordine dall’Ateneo”, ritmata anche in coro insieme a “siamo tutti antifascisti”.    Quanto agli scontri con le forze di polizia, i collettivi hanno parlato di ‘repressione’ o “abuso di potere”. La discussione ha poi ha affrontato i temi legati alla realtà che tutti i giorni gli studenti vivono. Tanti gli interventi, tra i quali quelli di esponenti di ‘Cambiare rotta’, l’Organizzazione Giovanile Comunista del collettivo di Scienze Politiche, del Fronte della Gioventù Comunista, del Collettivo di fabbrica della Gkn, degli studenti provenienti da Bologna.    ‘Vogliamo uscire – ha sintetizzato Zeudi del Collettivo di Scienze Politiche – dalla narrazione che noi siamo gli studenti manganellati perché noi siamo molto altro” . Ed in effetti chiedono una università dove al centro siano i “bisogni e gli interessi” degli studenti e “non quelli delle aziende che finanziano la didattica e orientano la ricerca”. Aziende che ritengono “responsabili della crisi climatica e complici dei conflitti globali in atto’. Respingono “la logica del merito e dalla produttività” perché ci fa “essere in perenne competizione tra noi a discapito del nostro benessere fisico e psicologico.    Il merito non é altro che uno strumento con cui si acuiscono le differenze di classe tra gli studenti. Vogliamo una università a cui sia garantito l’accesso allo studio per tutti, a prescindere dalla condizione sociale di partenza”. Perché vogliono diventare “non solo utenti ma protagonisti”‘ . Un protagonismo che potrebbe avere riflessi anche sulle piazze e che potrebbe essere strumentalizzato da chi punta a far salire la tensione. Lo ha fatto capire il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, lo ha ribadito il capo della Polizia Lamberto Giannini e oggi lo ha fatto capire anche il comandante dei Carabinieri Teo Luzi quando ha sottolineato che, con la crisi e la guerra, “sarà un 2023 difficile”. Ma, ha assicurato, “il nostro compito è quello di dare sicurezza e di stare vicino alla gente”.