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    Centrodestra riprende Latina, Celentano prima sindaca

     Il centrodestra si riprende Latina.    Manca solo l’ufficialità sulla schiacciante vittoria di Matilde Celentano, la prima donna-sindaco nella storia della città.    Sull’onda lunga del trend nazionale e regionale, la candidata si è affermata con circa il 70% delle preferenze, in attesa del completamento dei dati ufficiali sul sito del Comune.    Supportata da Fratelli d’Italia, Lega, lista Matilde Celentano Sindaco, Udc-Dc e Forza Italia si è imposta nettamente sul primo cittadino uscente Damiano Coletta, sostenuto da Pd, Movimento 5 Stelle, Per Latina 2032 e Latina Bene Comune.    Non è riuscito così il tris all’uscente Coletta il medico, civico del centrosinistra, disarcionato lo scorso settembre dalle dimissioni di massa del Consiglio comunale. E con la sua sconfitta è tramontato anche il progetto di far guidare la città da un ritrovato campo largo Pd-M5s. Coletta ha subito telefonato alla rivale per congratularsi.    “Dedico questa vittoria a tutte le donne della mia città. È un risultato straordinario. Sono felice, commossa, emozionata, ma avverto tutta la responsabilità di rimettere in piedi una città in stato di abbandono. Mi conforta il fatto che non sarò sola, potendo contare in una maggioranza solida – ha detto la neo sindaca – Questa vittoria ci dà ragione sulla proposta politica di centrodestra, credibile e fattibile e che, ne sono certa, sarà in grado di dare risposte alla città e alla comunità di Latina tutta, che attende la realizzazione di un progetto di sviluppo”.    Alle urne nel capoluogo Pontino si sono presentati il 58,08% del totale degli aventi diritto al voto, a fronte del 61,18% della scorsa tornata elettorale, 3 punti percentuali in meno rispetto al 2021. Un’affluenza leggermente inferiore a quella registrata in tutto il Lazio che si attesta al 59,8%.    Sempre in provincia di Latina, non è andata bene all’imprenditrice trans Andrea Paola Iannotti che si era candidata sindaco a Campodimele come risposta alla precedente candidatura di Mario Adinolfi a primo cittadino di Ventotene. Il suo risultato è stato zero voti. “Sono stata discriminata”, dice ora.    Partita ancora aperta invece, in un altro centro importante del Lazio ad Anagni, in provincia di Frosinone. Qui l’affluenza è stata del 74,19%, poco più del 74,08 delle ultime elezioni e sarà ballottaggio tra il sindaco uscente di centrodestra Daniele Natalia e Alessandro Cardinali, imprenditore di 45 anni sostenuto dalla coalizione civica ‘SiAmo Anagni’.     

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    A Vicenza il centrosinistra insidia il sindaco uscente

     Testa a testa e ballottaggio a Vicenza, dove lo sfidante Giacomo Possamai si presenta al ballottaggio in un inaspettato vantaggio rispetto al sindaco uscente, il ‘civico di centrodestra’ Francesco Rucco. A quest’ultimo non basta la “stampella” della lista civica che porta il suo nome alla coalizione, dove la Lega raccoglie poco meno del 7% delle preferenze.    Il capoluogo berico vede realizzarsi l’exploit sperato del giovane capogruppo Pd in Consiglio regionale Possamai, sostenuto dai dem in collaborazione con il Terzo Polo. Il 33enne viaggia intorno al 46-47% delle preferenze personali, tre punti sopra Rucco. Non sembra esserci poi spazio, né posto in Consiglio comunale, per tutte le altre formazioni, Cinquestelle compresi, che non riescono a superare la soglia del 3%.    All’interno della coalizione di centrodestra, come detto, la lista di Rucco primeggia, come già sperimentato in altre esperienze elettorali, prime fra tutte le regionali. Ma è il resto della coalizione che crolla, con un 10% di Fdi e la Lega più giù al 7%. Cinque anni fa, vincendo al primo turno con il 50,7%, la Lega era al 15,88%, più del doppio di oggi.    Pd e la lista Possamai viaggiano entrambe al 13-14%, Azione-Iv pesa poco nella coalizione, circa il 3,3%. Nulla da fare per gli altri cinque candidati, in particolare per Edoardo Bortolotto dei Cinquestelle – addirittura penultimo – e per l’ex assessore Claudio Cicero, di area centrodestra.    “Avevamo un sondaggio che ci dava una forbice tra il 45 e il 49 per cento – ha commentato Rucco – quindi ci aspettavamo il ballottaggio, che altro non è che la seconda tappa di un percorso che avevamo già previsto di fare. Ora si corre e si va a prendere tutte quelle persone che non hanno votato e che sono tante, purtroppo. Ho sempre chiesto a Possamai il confronto a due su quelli che sono i nostri due progetti, ma lui ha voluto nascondersi. Ora però non potrà più farlo – ha concluso – e quindi verrà al confronto diretto”.    Ringraziando la città per il risultato “straordinario”, Possamai invita comunque a mantenere la concentrazione per il ‘secondo tempo’: “Noi siamo partiti mesi fa – ha sottolineato – a muoverci quartiere per quartiere, persona per persona, avendo chiaro che Vicenza veniva prima di tutto, anche dei temi nazionali. Il nostro progetto, per Vicenza e per i vicentini, ha dimostrato di poter fare la differenza. Fiducia oltre le aspettative dai vicentini nei nostri confronti e ora non li possiamo deludere”.     

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    La Lega padrona a Treviso, il centrosinistra resta lontano

    La Lega resta padrona a Treviso. Il partito di Salvini si conferma inattaccabile nella roccaforte della Marca – dove è in sella da un ventennio – e riconquista con Mario Conte la poltrona del sindaco al primo turno.
    Troppo lontano, mentre si va completando lo scrutinio, il distacco accumulato dal centrosinistra con Giorgio De Nardi, che sin dalle prima schede è apparso in caduta libera. Quando si è ad un terzo dei voti scrutinati, nella tornata amministrativa meno partecipata (solo il 52,14% in città) Mario Conte è avanti con il 66% dei consensi; De Nardi insegue al 27%. Gli altri candidati, espressione del Terzo Polo e 5 Stelle, viaggiano fra il 3,95% di Niccolò Maria Rocco (Azione-Italia Viva-Calenda Futura), e il 2,45% di Maurizio Mestriner (Movimento 5 Stelle – Unione Popolare).
    Conte non ha avuto bisogno di effetti speciali per riproporsi come l’uomo da battere. A Treviso interpreta quella che è la linea della Lega “di Zaia”, pragmatica, amministrativa e non troppo politica.
    Giorgio De Nardi, imprenditore del settore digitale, non è riuscito invece a catalizzare attorno al suo progetto progressista il M5S e neppure il Terzo Polo. Azione. Il cui apporto, dato il risultato che si va affermando, sarebbe stato comunque insufficiente.
    La lettura su Treviso diventa più interessante se iscritta nel perimetro del centrodestra, per gli equilibri in vista delle regionali del 2025, quando Fratelli d’Italia potrebbe lanciare la sfida alla stessa Lega per lo scranno di Palazzo Balbi.
    Una dinamica già avviata in Veneto alle elezioni politiche del 25 settembre, quando il partito di Giorgia Meloni doppiò addirittura quello di Salvini, 32,7%. contro il 14,,7%. E’ proprio Mario Conte, davanti ai giornalisti, a fornire i numeri parziali: “Sembra che la Lega sia 17-18% e Fratelli d’Italia all’11-12% – dice – Ma mancano ancora molte sezioni, attendiamo fiduciosi”. Per la Lega rimane invece un ‘brutto sogno’ lo scarso risultato raccolto a Treviso nelle politiche del 25 settembre scorso: “Noi abbiamo subito un voto di protesta in occasione delle politiche – sentenzia Conte – ma sapevamo che i nostri elettori sarebbero tornati a fronte di un progetto credibile come quello che abbiamo messo in campo”. (ANSA).   

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    Castelletti vince, a Brescia la prima donna sindaco

    Laura Castelletti è la prima donna sindaco nella storia di Brescia. In serata, con poco più del 50% delle sezioni scrutinate, la candidata del centrosinistra si presenta davanti alla Loggia, sede del consiglio comunale della città, per dare il via ai festeggiamenti.
    “Questo risultato è figlio del buon governo di questi dieci anni. È un’emozione essere la prima donna sindaco di Brescia, è una soddisfazione aver vinto al primo turno. La città ha dato una chiara indicazione della strada da percorrere”: sono state le prime dichiarazioni di quella che è stata per dieci anni la vicesindaca della città. La forbice è ampia: Castelletti è abbondantemente sopra il 50%, segue il candidato del centrodestra, Fabio Rolfi, che si ferma poco sopra il 40%.
    La sindaca raccoglie il testimone di Emilio Del Bono, che nel 2018 vinse al primo turno con il 53,8% dei voti. Per la seconda tornata elettorale di fila le elezioni a Brescia si concludono al primo turno. E uno dei primi pensieri di Castelletti è proprio per Del Bono: “Un grande amministratore e una presenza significativa per me in questa campagna elettorale”. La sindaca ribadisce il ruolo di squadra nel risultato del centrosinistra (senza 5stelle che a Brescia hanno corso con Pci e Unione popolare, fermandosi sotto il 3%): “Non sono donna sola al comando. C’è stato un lavoro di squadra fortissimo e continuerà a esserci”. “Spero che le istituzioni facciano il loro dovere – ha aggiunto -. È bene che la Regione e il Governo facciano un rapido reset e si mettano a disposizione dei bresciani, non della sottoscritta. Siamo gente capace di pianificare, di portare avanti i progetti non ci deve essere ostilità. Spero che si sia trattato solo di uno spiacevole momento elettorale” ha risposto Castelletti a chi chiedeva delle promesse fatte dagli esponenti del governo nazionale e della Regione giunti a Brescia a sostegno di Rolfi. “Sono stata chiamata anche ‘sindaca Ztl’ e ‘radical chic’. Quando non ci sono le idee si passa alle offese” ha replicato sul punto la neosindaca, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. Grande delusione in casa centrodestra (dove FdI è primo partito, seguito dalla lista Rolfi e con la Lega sotto il 9%)che solo venerdì aveva portato a Brescia tutti i big, a partire dalla premier Giorgia Meloni in città per sostenere la corsa di Fabio Rolfi.
    “Le sconfitte fanno male, ma la città va ascoltata” il primo commneto di Rolfi. “Sono molto contento del lavoro costuito e fatto in questi mesi di lavoro, abbiamo rafforzato la presenza civica del centrodestra e ora l’obiettivo è costruire una proposta ancora più convincente per i prossimi cinque anni”. Certo “serve proseguire l’impegno per alzare l’affluenza – ha concluso l’ex assessore regionale -: non siamo riusciti a motivare a sufficienza gli elettori che hanno un orientamento di centrodestra ma che anche questa volta hanno deciso di rimanere a casa”   

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    Roccaforte rossa Ancona scricchiola, sarà ballottaggio

    Ad Ancona, unico capoluogo di regione in cui si vota per questa tornata di elezioni amministrative si profila un testa a testa tra il candidato di centrodestra Daniele Silvetti, che appare in vantaggio, e la candidata del centrosinistra Ida Simonella. Con 13 sezioni scrutinate su 99, secondo dati ufficiosi, Silvetti, espresso da Forza Italia, sostenuto da 7 liste, tra cui Fdi, Fi più civici, Lega, ha raccolto il 44,92% dei voti, mentre Simonella, assessore tecnico uscente della giunta guidata da Valeria Mancinelli, si attesta a 40,89%. Tra i due contendenti si profila quindi un ballottaggio, che comunque vada – e tenendo presente che al secondo turno i 5 stelle potrebbero convergere sul candidato di centrosinistra – sarebbe una vittoria per il centrodestra, mai arrivato a questo livello di consensi in una città considerata una storica roccaforte rossa. Il capogruppo regionale di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli, mette le mani avanti: “sono i primi risultati, e quando ci sono i parziali le docce fredde sono un attimo. Premesso questo, l’analisi della tendenza è buona”. Il centrodestra punta a governare la città dopo oltre 30 anni di centrosinistra, in cui ci sono stai anche ballottaggi, ma con il candidato o la candidata sindaco in grande vantaggio già al primo turno. Questa volta però si è respirata una volontà di cambiamento fina dalle prima battute della campagna elettorale, spinta anche dalla volontà esplicita della premiere Giorgia Meloni venuta in grande spolvero insieme ai vice Antonio Tajani e e Matteo Salvini a tirare la volata a Silvetti nell’ultima settimana prima del voto, con l’obiettivo dichiarato di completare la filiera istituzionale: regione Marche, conquistata nel 2020, governo, conquistato nel 2022, e ora Ancona, città simbolica per l’ondata che ha portato l centrodestra alla guida dell’Italia. Ciccioli, invece, sottolinea “la tendenza del grande successo della candidatura di Silvetti che evidentemente è passata in città ed è andatoa molto oltre l’elettorato tradizionale e delle liste politiche che lo sostenevano. C’è stato un pezzo di città, le liste civiche che hanno implementato i voti in maniera significativa. L’altro aspetto è il candidato, si vota anche con la sensazione di appartenenza: Silvetti è passato come persona che appartiene alla città. Simonella è passata più come persona espressione di ceto politico”. Un consenso che sta trascinando anche i due principali partiti delle coalizioni, con un testa a testa testa tra Fratelli d’Italia e Pd. Il centrodestra si è presentato compatto alle elezioni, il centrosinistra diviso: nessun accordo con M5s e strappo con Europa Verde, ma ha portato dalla sua l’ex Terzo Polo e i socialisti, uniti nella lista Riformisti. E comunque c’è un dato da valutare: l’affluenza definitiva si è assestata a 54,95%, in linea con quella del 2018 ma in calo rispetto al dato nazionale, 59,03%.     

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    Imperia conferma Scajola sindaco, è un plebiscito

    Imperia non riserva sorprese all’ex ministro Claudio Scajola. Il sindaco uscente si conferma primo cittadino al primo turno con un consenso superiore al 60%. Erano 23 i comuni al voto in Liguria, quattro quelli sopra i 15 mila residenti. Oltre a Imperia, unico capoluogo con urne aperte, gli altri tre grandi centri in cui i cittadini sono stati chiamati a eleggere sindaco sono Ventimiglia (Imperia), Sarzana (La Spezia) e Sestri Levante (Genova). La scelta civica di Scajola, che ha imposto ai partiti del centrodestra più la Lista Toti e l’Udc, di rinunciare ai simboli di partito per stare al suo fianco, ha pagato e ora per l’ex sindaco comincia la quarta avventura da sindaco. Nettamente sconfitto il principale antagonista, il poliziotto Ivan Bracco, sostenuto dal centrosinistra, l’uomo che per sei volte ha indagato su Scajola “nulla di personale” ha sempre detto. Le elezioni comunali, che anche in Liguria registrano un calo dell’affluenza (56,09%, era 60,42% mentre a livello nazionale 59,03% era 61,22%) mostrano una generale tenuta del centrodestra nei comuni principali, dove non si registrano stravolgimenti. A fare compagnia a Scajola c’è Cristina Ponzanelli, sindaco uscente di centrodestra a Sarzana. Per lei il pericolo principale veniva dall’ex sindaco Pd ed ex consigliere regionale Renzo Guccinelli, che si è presentato con una lista civica sostenuto dal Pd e dal Terzo Polo. Anche per Ponzanelli, come per Scajola, si profila un successo ampio al primo turno. Dei quattro Comuni sopra i 15 mila abitanti, un paragrafo particolare lo merita Sestri Levante, unico ad andare al voto con una amministrazione uscente di centrosinistra, dopo la gestione di Valentina Ghio, la segretaria regionale del Pd divenuta parlamentare, che aveva vinto al primo turno al suo secondo mandato. Ora il centrosinistra va al ballottaggio, con una situazione particolare: il centrodestra ha giocato un derby. Le segreterie dei partiti hanno candidato il giornalista Diego Pistacchi, mentre esponenti locali del centrodestra, leghisti e forzisti, tra i quali il capogruppo in Regione degli azzurri, Claudio Muzio, hanno appoggiato l’ingegnere Francesco Solinas. Al ballottaggio, salvo ribaltamenti improbabili con le ultime sezioni da scrutinare vanno Marcello Massucco per il centrosinistra e Solinas. A Ventimiglia, Comune dove l’amministrazione dell’indipendente Gaetano Scullino sostenuto dal centrodestra era stata fatta cadere da uno strappo della Lega, ci sarà un altro ballottaggio e sarà tra il leghista regista dello strappo Flavio Di Muro, molto vicino al viceministro Edoardo Rixi e il candidato del centrosinistra e di alcune liste civiche Gabriele Sismondini: i due sono testa a testa.   

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    A Terni si delinea sfida centrodestra-Bandecchi

    Uscirà dal ballottaggio il nome del nuovo sindaco di Terni che succederà all’uscente Leonardo Latini della Lega. Il dato non è ancora definitivo ma sembra proprio che a contendersi la guida della città ci saranno un candidato atteso, Orlando Masselli, espresso dalla coalizione del centrodestra, e un nome nuovo per la politica cittadina, Stefano Bandecchi, coordinatore nazionale di Alternativa popolare, patron di Unicusano e presidente della Ternana calcio. A dividerli pochi punti percentuali anche se i risultati che stanno affluendo sul portale Eligendo del Ministero dell’Interno devono ancora consolidarsi.
    Quello che si sta delineando a Terni è comunque uno scenario che pochi avevano previsto alla vigilia della consultazione. Nel quale lontani non solo da Masselli ma anche da Bandecchi risultano Partito democratico e Movimento 5 stelle. Quest’ultimo nel 2008 era arrivato al ballottaggio con il 24,43 dei voti mentre ora si attesta poco sopra il sei per cento e intorno al dieci come raggruppamento guidato da Claudio Fiorelli.
    Cresce ma non in maniera significativa il Pd, poco oltre il 14 per cento contro il 12,57 della passata consultazione, con il candidato sindaco José Maria Kenny vicino al 22 per cento.
    Il centrodestra conferma di essere maggioranza ma mentre Latini nel 2008 al primo turno aveva superato il 49 per cento dei consensi, Masselli – sempre base ai dati delineati finora – naviga intorno al 35, una quindicina in meno quindi.
    All’interno della coalizione Fratelli d’Italia diventa primo partito a Terni con quasi il 17 per cento, triplicando di fatto il risultato del 2008, crolla la Lega, verso il 4 per cento, dal 29 delle passate elezioni, e diminuisce i voti Forza Italia, tra il 7 e l’8 per cento dal 9 della passata consultazione.
    Il nome nuovo del ballottaggio, se i dati confermeranno la tendenza, è quello di Bandecchi, presidente della Ternana (messa in vendita da qualche mese) che ha praticamente, ma non ancora matematicamente, ottenuto la permanenza nella serie B di calcio.
     Protagonista anche di accesi scontri con i tifosi, come imprenditore e presidente rossoverde ha proposto la realizzazione a Terni di un nuovo stadio e di una clinica.
    “Ricordati che sono un uomo affermato, un uomo di successo, un uomo che gestisce imprese a livello nazionale e internazionale, che non ha certo bisogno dello stipendio da sindaco ma che è spinto solo dalla voglia di rilanciare la città di Terni” aveva scritto in una lettera aperta agli elettori. 

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    Sergio nuovo Ad della Rai, via libera del Cda

    Via libera del cda Rai alla nomina di Roberto Sergio ad amministratore delegato, come proposto dall’assemblea degli azionisti. Tre i voti a favore: quello della presidente Marinella Soldi, che in caso di parità vale doppio, di Simona Agnes, in quota FI, e di Igor De Biasio, in quota Lega. Contraria Francesca Bria, in quota Pd, mentre Alessandro Di Majo, in quota M5S, e Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti, si sono astenuti. Sergio, che non era presente al momento del voto, oltre alla nomina di Paola Marchesini a direttore del suo staff, ha annunciato di voler indicare come direttore generale Giampaolo Rossi: l’ex consigliere di Fratelli d’Italia sarà una pedina centrale nella nuova Rai voluta dal governo Meloni e tra un anno, quando scadrà l’attuale mandato del consiglio, è destinato a prendere il timone dell’azienda. Contratto di servizio e piano industriale, oltre naturalmente alla messa a punto dei palinsesti, sono le priorità elencate dal nuovo Ad in cda. Sergio ha sottolineato anche che si metterà subito al lavoro sul piano di sostenibilità e sulla transizione digitale, spiegando che intende avviare un immediato dialogo con le rappresentanze sindacali (attese giovedì prossimo in audizione in Commissione di Vigilanza), anche per tentare di scongiurare lo sciopero indetto per il 26 maggio. Tra gli altri punti toccati nel suo intervento, l’attenzione verso il target giovane e i dipendenti e i collaboratori under 30. Insieme a questo, priorità alla valorizzazione delle risorse interne e ai programmi realizzati in house e una forte sensibilità rispetto alla parità di genere. Sergio ha, inoltre, reso noto che manterrà la direzione ad interim di Radio Rai.

    Agenzia ANSA

    Un manager di lungo corso e l’ex consigliere da lunedì al lavoro (ANSA)

    “Mi sono astenuto per un senso di responsabilità nei confronti dell’azienda”, ha spiegato Di Majo, precisando che valuterà l’operato del nuovo vertice in base alle scelte compiute. Potrebbe essere, insomma, di volta in volta ago della bilancia, come Laganà, che spiega di essersi astenuto per la sua contrarietà alle modalità di nomina dei vertici previste dalla legge e che valuterà le scelte solo in base al merito. Il Pd stigmatizza la posizione di Soldi, che ha permesso alla nomina di Sergio di passare. “Non so quali siano le motivazioni di questo voto , quello che invece so è che il presidente Rai ha il compito e il dovere di esercitare un effettivo ruolo di garanzia”, avverte Francesco Verducci. Alcuni deputati dem hanno presentato una proposta di legge per la governance duale, con un cda di sorveglianza e uno di gestione, mentre il leader M5s Giuseppe Conte invoca gli stati generali per riformare la tv pubblica, estromettendo i partiti. Plaude al nuovo vertice la maggioranza, in particolare Fratelli d’Italia, secondo cui sarà ora garantito un maggior pluralismo. Dopo l’annuncio dell’uscita di Fabio Fazio in direzione Discovery, gli occhi sono puntati sulle mosse di palinsesto. Sugli arrivi di giornalisti esterni, come Nicola Porro o Massimo Giletti, sono arrivate più smentite che conferme. Intanto, però, l’Ad ha confermato in cda che l’anno prossimo resteranno in onda Report, in onda dal 23 ottobre, Cartabianca, dal 7 settembre, In mezz’ora, dal 17 settembre e Chi l’ha visto, dal 6 settembre. E’ quasi pronto, inoltre, il pacchetto di nomine che andrà in cda il 25 maggio e non il 18, come ipotizzato in un primo momento. Il direttore di Adnkronos Gian Marco Chiocchi, apprezzato dalla premier, dovrebbe prendere la guida del Tg1, al posto di Monica Maggioni che andrebbe alla direzione per l’Offerta editoriale. Al Tg2 in pole Antonio Preziosi, spinto da Forza Italia, con il trasferimento di Nicola Rao alla Direzione Relazioni Istituzionali, mentre al Tg3 dovrebbe essere confermato Mario Orfeo. La guida di Rai Parlamento dovrebbe andare a Giuseppe Carboni, essendo fallito, a quanto pare, il tentativo di M5s di spostarlo su una direzione di maggior peso come Rainews, che Paolo Petrecca non intende lasciare. La Lega dovrebbe spuntarla a Rai Sport dove resta in pole Angela Mariella: Forza Italia, che otterrebbe anche Isoradio per Ivano Liberati, starebbe provando, per ora invano, a chiedere il ruolo per Jacopo Volpi. Il Carroccio otterrebbe anche la direzione del Giornale Radio per Francesco Pionati, con il trasferimento di Andrea Vianello alla Tv di San Marino, e blinderebbe la Tgr, la cui guida dall’ottobre 2024 dovrebbe passare da Alessandro Casarin, che andrà in pensione, all’attuale condirettore Roberto Pacchetti. Per quanto riguarda i generi all’Intrattenimento Prime Time dovrebbe andare Marcello Ciannamea, gradito alla Lega, mentre al Day Time e all’Approfondimento due dirigenti vicini a Fratelli d’Italia: rispettivamente Angelo Mellone e Paolo Corsini.