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    Mar Rosso, Tajani celebra il lancio della missione Aspides: “Un successo italiano”

    Bruxelles – L’Italia gonfia il petto e celebra il lancio della missione navale europea nel Mar Rosso. Il comando dell’operazione EuNavFor Aspides è stato affidato alla Grecia, ma a dirigere le mosse nelle acque minacciate dagli Houthi sarà il contrammiraglio della Marina militare italiana, Stefano Costantino. “Siamo stati il Paese che più di ogni altro ha insistito perché ci fosse una missione militare per proteggere il traffico mercantile”, ha rivendicato da Bruxelles il vicepremier italiano, Antonio Tajani.I ministri degli Esteri dell’Ue hanno varato oggi (19 febbraio) l’operazione difensiva di sicurezza marittima che avrà l’obiettivo di ripristinare e salvaguardare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, dove da fine novembre i ribelli yemeniti filo-iraniani hanno attaccato decine di imbarcazioni cargo in risposta ai bombardamenti israeliani a Gaza. L’ultimo, rivendicato dagli Houthi, proprio oggi contro una nave mercantile battente bandiera del Belize ma registrata nel Regno Unito e operata dal Libano, colpita nello stretto di Bab el-Mandeb al largo delle coste dello Yemen, mentre dagli Emirati Arabi Uniti era diretta a Varna, in Bulgaria.

    Aspides “fornirà la consapevolezza della situazione marittima, accompagnerà le navi e le proteggerà da possibili attacchi multimodali in mare”, si legge nel comunicato del Consiglio dell’Ue. Rispondere ad attacchi aerei, come abbattere droni e missili, o a minacce via mare. Ma – come più volte ribadito dal Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Seae), Aspides non condurrà mai operazioni sul suolo yemenita. La missione avrà un ampio raggio d’azione: attiva lungo le principali linee di comunicazione marittime dello Stretto di Baab al-Mandab e dello Stretto di Hormuz, nonché nelle acque internazionali del Mar Rosso, del Golfo di Aden, del Mare Arabico, del Golfo di Oman e del Golfo Persico.Al commodoro greco Vasilios Griparis il comando dell’operazione, mentre il comandante della forza navale sarà affidata al contrammiraglio Stefano Costantino. Il quartier generale avrà sede a Larissa, in Grecia. La Marina militare italiana guiderà il contingente europeo – per ora composto da tre navi – dal cacciatorpediniere Caio Duilio. Per quanto riguarda invece lo sforzo di Roma, “sarà il ministero della Difesa a decidere come sarà composto il contingente”, ha precisato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.Il vicepremier e leader di Forza Italia ha definito la missione “un successo italiano”, sottolineando il “messaggio forte” che così l’Italia manda “a un sistema che subendo danni, quello portuale”. Il 40 per cento del traffico marittimo italiano passa infatti dal canale di Suez. Ma lo stretto egiziano ha un peso sull’economia globale, non solo tricolore: rappresenta il 12 per cento del commercio mondiale in termini di transiti di merci, un dato che aumenta fino al 30 per cento se si considerano i container.

    Antonio TajaniPer ora ad Aspides, oltra a Grecia e Italia, parteciperanno la Francia – con il ruolo di vice nelle operazioni sul campo – e la Germania. Ma la missione, che durerà un anno, potrà essere allargata non solo ad altri Paesi membri (la Romania avrebbe dato la propria disponibilità a partecipare), ma anche a Paesi extra-Ue e extra-Nato.“Una grande notizia”, ha commentato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, mentre Ursula von der Leyen ha dichiarato, in un post su X: “Al di là della risposta alle crisi, si tratta di un passo avanti verso una più forte presenza europea in mare per proteggere i nostri interessi europei”. Un “importante passo verso una difesa comune europea“, le ha fatto eco Tajani.

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    Borrell avverte Netanyahu: “No ad azioni militari a Rafah”

    Bruxelles – Nessun intervento militare a Rafah. L’Unione europea prova a mettere pressione sul primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, intimando a non eccedere oltre nella risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. E’ l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Josep Borrell, a chiedere allo Stato ebraico di fermarsi. “ L’UE invita il governo israeliano a non intraprendere un’azione militare a Rafah che peggiorerebbe una situazione umanitaria già catastrofica“.La presa di posizione di Borrell non è incompatibile con le ragioni israeliane, tanto è vero che lo stesso Alto rappresentante dell’UE non nega “il diritto di Israele a difendersi”, che anzi l’Unione europea “riconosce”, ma deve essere “in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario”.La risposta militare di Israele a un’organizzazione che l’UE riconosce come terroristica non deve andare oltre Gaza, insiste Borrell. “L’Unione europea è molto preoccupata per i piani del governo israeliano per una possibile operazione di terra a Rafah, dove oltre un milione di palestinesi si stanno attualmente rifugiando dai combattimenti”. Proprio per questo si vedono rischi di ulteriori emergenze umanitarie, e vittime civili di cui l’Alto rappresentante dell’UE non fa esplicita menzione.Il tema sarà comunque oggetto della riunione dei ministri degli Esteri in programma il 19 febbraio, dove comunque la situazione in Medio Oriente era già stata inserita all’ordine del giorno della riunione dei Ventisette. Da programma, spiega una alto funzionario europeo, i ministri degli Esteri dovrebbero concentrarsi sulla questione umanitaria e “gli sforzi per evitare un’estensione del conflitto”. Le intenzioni del governo israeliane di intervenire a Rafah vanno nel senso opposto, rendendo la situazione sul terreno ancora più complicata e scombinando l’agenda a dodici stelle.Ne va anche dell’unità di un’Unione europea che di fronte al nuovo capitolo del conflitto arabo-israeliano sta iniziando a cambiare idea, e il sostegno allo Stato ebraico si sta sfilacciando. Irlanda e Spagna hanno chiesto una verifica urgente degli accordi di associazione UE-Israele proprio perché non convinti della condotta israeliana in linea con il diritto internazionale. In senso al Consiglio si è consapevoli che l’appoggio politico non è più lo stesso. “La domanda è se il comportamento di Israele significhi una violazione degli impegni sui diritti umani”, ammettono a Bruxelles..

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    È su una compagnia statale cinese di treni la prima indagine Ue sulle sovvenzioni estere distorsive

    Bruxelles – È la Cina il primo Paese extra-Ue a finire sotto la lente della Commissione Europea per il possibile ricorso a sovvenzioni che hanno consentito a società estere di beneficiare di vantaggi sleali, turbando l’integrità del Mercato interno. Dopo gli avvertimenti arrivati a più riprese lo scorso anno, l’Antitrust Ue ha annunciato oggi (16 febbraio) di aver avviato la sua prima indagine approfondita ai sensi del Regolamento sulle sovvenzioni estere, per il caso di una gara d’appalto pubblico lanciata in Bulgaria per la fornitura di 20 treni elettrici ‘push-pull’ e dei relativi servizi di manutenzione e formazione del personale per 15 anni (per un valore contrattuale di 610 milioni di euro).

    L’indagine avviata oggi fa seguito a una notifica presentata alla Commissione Europea da Crrc Qingdao Sifang Locomotive – una controllata del produttore di treni di proprietà statale cinese Crrc Corporation – che secondo l’esame preliminare già condotto dai servizi dell’esecutivo Ue presenta “sufficienti indicazioni che questa società abbia ricevuto una sovvenzione estera che distorce il Mercato interno” dell’Unione. Secondo il Regolamento sulle sovvenzioni estere le aziende sono obbligate a notificare le loro gare d’appalto pubbliche sul territorio dell’Unione quando il valore stimato del contratto supera i 250 milioni di euro e quando l’azienda ha ricevuto almeno 4 milioni di euro di contributi finanziari esteri da almeno un Paese terzo nei tre anni precedenti la notifica. Crrc Qingdao Sifang Locomotive ha presentato una notifica completa lo scorso 22 gennaio e – da quel momento – la Commissione ha 110 giorni lavorativi per prendere una decisione finale (fino al 2 luglio).Ma la volontà di approfondire la questione rappresenta per il Berlaymont già di per sé “la determinazione a preservare l’integrità del Mercato interno, garantendo che i beneficiari di sovvenzioni estere non possano beneficiare di un vantaggio sleale per aggiudicarsi appalti pubblici nell’Ue”. In questo caso specifico la Commissione Ue deve valutare “se il contributo finanziario estero costituisca una sovvenzione che conferisce direttamente o indirettamente un vantaggio selettivo all’azienda” e se questo consente all’azienda stessa di “presentare un’offerta indebitamente vantaggiosa” rispetto ad altre società che hanno partecipato alla gara d’appalto in Bulgaria. In seguito all’indagine si possono delineare tre scenari: il via libera agli impegni proposti dall’azienda “se questi pongono rimedio in modo completo ed efficace alla distorsione”, il divieto all’aggiudicazione del contratto o una decisione di non obiezione.Nella stessa nota la Commissione Ue avverte che “negli ultimi anni le sovvenzioni estere sembrano aver distorto il Mercato interno dell’Ue, anche fornendo ai loro beneficiari un vantaggio sleale nell’acquisizione di imprese o nell’ottenimento di contratti di appalto pubblico”. Il primo caso accertato secondo il Regolamento entrato in vigore nel luglio 2023 potrebbe essere proprio quello relativo a Crrc Corporation Limited, produttore di materiale rotabile di proprietà statale cinese e il più grande al mondo in termini di fatturato.

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    Mar Rosso, l’operazione navale Ue Aspides è ai blocchi di partenza. Il “comando strategico” in Grecia, la guida delle operazioni all’Italia

    Bruxelles – Lunedì 19 febbraio i ministri degli Esteri dell’Ue lanceranno ufficialmente la missione navale del blocco per far fronte agli attacchi perpetrati dagli Houthi alle navi commerciali nel Mar Rosso. La conferma arriva da un alto funzionario dell’Ue: sciolte le riserve sui Paesi al comando dell’operazione, il quartier generale sarà in Grecia e la guida delle operazioni sarà affidata all’Italia. Ma diversi punti sembrano ancora in via di definizione.In sole cinque settimane di lavoro, l’Ue è ora pronta a fare la sua parte per difendere la libertà di navigazione e di commercio in una delle rotte più strategiche del mondo: dal canale di Suez transita – prima della crisi – il 12 per cento del commercio globale. Un’operazione “piuttosto rischiosa”, ammettono fonti Ue, perché – rispetto a precedenti missioni contro i pirati somali – i ribelli yemeniti “sono molto più abili militarmente”. La durata prevista è di un anno, il tempo stimato perché “sia raggiunto l’obiettivo”. Ma sarà possibile estenderla previa decisione del Consiglio dell’Ue.Per ora le navi pronte sarebbero tre, anche se l’Ue “spera di avere quattro navi operative” da lunedì. Nell’area, hanno spiegato le fonti, sono già presenti asset di 7 Paesi membri: Francia, Italia, Belgio, Germania, Spagna, Danimarca e Grecia. Ma questo non significa che tutti parteciperanno attivamente all’operazione. Quel che è stato stabilito è che il quartiere generale di Aspides – da scudo, questo il nome dell’operazione – sarà in Grecia, mentre la guida delle operazioni sarà assunta da una fregata italiana. A cui farà da “vice” il contingente francese.Grecia, Francia e Italia sono i tre Paesi che fin dall’inizio hanno dato la propria disponibilità a partecipare. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha dichiarato in mattinata che la missione “vedrà anche la partecipazione dell’aviazione tedesca e dell’aviazione francese”, e che sono in corso contatti per “raccogliere altre adesioni”. La Romania, e una richiesta di partecipazione sarebbe pervenuta anche da parte albanese.Non è chiaro in che forma, se con uomini, navi o mezzi aerei. Ma la quantità dei mezzi navali dipenderà “anche dal tipo di navi che gli stati membri dispiegheranno”, ha spiegato la fonte, sottolineando inoltre che l’Ue sta chiedendo anche “mezzi aerei”. La fonte ha ammesso che il Servizio europeo di Azione Esterna (Seae) “non ha ancora una panoramica completa” e che – seppure il lancio sarà già lunedì – spera di essere “pienamente operativa in poche settimane”.Il raggio d’azione di Aspides, che è stata creata in fretta e furia con asset già dispiegati per la precedente missione Agenor, andrà dal Mar Rosso, al Golfo di Aden fino alla parte più occidentale dell’Oceano indiano. L’Ue ha attivato i canali diplomatici con Gibuti per poter “avere accesso” al Paese per un supporto logistico sul campo. Se molti punti concreti sembrano ancora fumosi, il principio che guiderà la missione è saldo: sarò una missione esclusivamente difensiva e “non ci saranno attacchi diretti sul territorio yemenita“. Il che dovrebbe significare, per esempio, che il contingente Ue non avrà la facoltà di abbattere le basi terrestri Houthi da cui partiranno eventuali attacchi.

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    Morto in carcere l’oppositore russo Alexei Navalny. L’Ue condanna il Cremlino “unico responsabile”

    Bruxelles – E’ morto oggi (16 febbraio) in carcere in Russia Alexei Navalny, considerato il principale oppositore del presidente russo, Vladimir Putin, dopo quasi tre anni di detenzione. La notizia è stata diffusa nella mattinata di venerdì dal servizio penitenziario russo, secondo cui Navalny sarebbe morto dopo essersi sentito male durante una passeggiata, nella colonia detentiva a nord del Circolo Polare Artico dove stava scontando una lunga pena.Il nome di Navalny, 47 anni, era diventato celebre in occidente per il tentativo fallito del Cremlino di avvelenarlo ad agosto 2020. Era detenuto in Russia da gennaio 2021, arrestato appena dopo essere tornato nel suo Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Lo scorso agosto condannato a scontare altri 19 anni di carcere.Secondo l’agenzia di stampa russa Tass, Navalny non aveva problemi di salute e non c’erano richieste mediche avanzate dai suoi parenti prima dell’incidente. Il servizio penitenziario ha fatto sapere inoltre che “sono state eseguite tutte le misure di rianimazione necessarie, che non hanno dato risultati positivi. I medici dell’ambulanza hanno constatato la morte del condannato”.Mentre ancora le cause della morte non sono state accertate, da Bruxelles risuonano messaggi di cordoglio e contemporanea condanna. “Navalny ha combattuto per i valori della libertà e della democrazia. Per i suoi ideali, ha fatto l’estremo sacrificio”, commenta su X (ex Twitter) il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, incolpando senza mezze misure “il regime russo” come “l’unico responsabile di questa tragica morte. Porgo le mie più sentite condoglianze alla sua famiglia. E a coloro che lottano per la democrazia in tutto il mondo nelle condizioni più buie. I combattenti muoiono. Ma la lotta per la libertà non finisce mai”.Alexei @navalny fought for the values of freedom and democracy. For his ideals, he made the ultimate sacrifice.The EU holds the Russian regime for sole responsible for this tragic death.I extend my deepest condolences to his family. And to those who fight for democracy around…— Charles Michel (@CharlesMichel) February 16, 2024La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è detta “profondamente turbata e rattristata dalla notizia. Putin non teme altro che il dissenso del suo stesso popolo”. E la morte di Navalny “è un triste promemoria di ciò che rappresentano Putin e il suo regime. Uniamoci nella nostra lotta per salvaguardare la libertà e la sicurezza di coloro che osano opporsi all’autocrazia”.In una nota congiunta con l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, von der Leyen ha anche ricordato che Navalny è stato “lentamente assassinato dal presidente Putin e dal suo regime, che non temono altro che il dissenso del proprio popolo”. I due leader hanno garantito il loro impegno a non risparmiare “alcuno sforzo per chiedere conto alla leadership politica e alle autorità russe. Chiediamo alle autorità russe di stabilire tutti i fatti riguardanti la morte di Navalny. La Russia deve rilasciare immediatamente tutti gli altri prigionieri politici. A farle eco la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, che su X scrive che il “mondo ha perso un combattente il cui coraggio risuonerà attraverso le generazioni. Inorridito dalla morte del vincitore del Premio Sakharov Alexei Navalny. La Russia gli ha tolto la libertà e la vita, ma non la sua dignità. La sua lotta per la democrazia continua a vivere. I nostri pensieri sono con sua moglie e i suoi figli”.Non solo i vertici comunitari. Dagli eurodeputati ai commissari, tutta o quasi Bruxelles si muove con parole di solidarietà nei confronti dell’attivista anticorruzione e principale oppositore al regime di Putin in Russia. Nel 2021 era stato insignito dal Parlamento europeo del Premio Sakharov 2021 per la libertà di pensiero, alla cui cerimonia di assegnazione non aveva preso parte perché già incarcerato in Russia. “Una notizia terribile ma prevedibile: era stato trasferito in una cella di punizione a metà dicembre e le sue condizioni erano critiche. È l’ennesimo crimine di Putin, per il quale la condanna della comunità internazionale deve essere più netta e ferma che mai”, commenta su X l’eurodeputato e capodelegazione Pd, Brando Benifei.In today’s Russia, free spirits are sent to the Gulag and condemned to death. Anger and indignation.I pay tribute to the memory of Alexeï Navalny, his dedication, his courage. My thoughts go out to his family, loved ones, and to the Russian people.— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) February 16, 2024Non solo da Bruxelles parole di commiato per l’attivista russo. Da Parigi il presidente francese Emmanuel Macron, rende “omaggio alla memoria di Alexeï Navalny, alla sua dedizione, al suo coraggio”, ricordando che nella “Russia odierna gli spiriti liberi vengono mandati nei Gulag e condannati a morte. Rabbia e indignazione”. Da Berlino il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è detto “profondamente rattristato dalla morte di Alexei Navalny. Si è battuto per la democrazia e la libertà in Russia e, a quanto pare, ha pagato con la vita il suo coraggio. Questa terribile notizia mostra ancora una volta come è cambiata la Russia e che tipo di regime è al potere a Mosca”.

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    INTERVISTA / Spajić: “Il Montenegro investe su Ue e Nato. La presenza cinese non ci preoccupa più”

    Bruxelles – Il Montenegro sembra finalmente aver trovato un suo equilibrio, dopo anni di instabilità politica e istituzionale. Podgorica non ha mai perso la bussola del percorso verso l’Unione Europea, ma ora che la tempesta lunga più di tre anni è passata, l’obiettivo è ancora più visibile all’orizzonte. “Stiamo lavorando duramente e credo che sarà davvero epocale avere 28 membri entro il 2028“, confessa il primo ministro del Montenegro in carica dal primo novembre 2023, Milojko Spajić, nel corso di un’intervista esclusiva rilasciata a Eunews a margine dell’inaugurazione dell’iniziativa del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) ‘Membri candidati all’allargamento Ue’ a Bruxelles.

    Il primo ministro del Montenegro, Milojko SpajićPrimo ministro Spajić, quanto ritiene realistico che – a cinque anni da oggi – il Montenegro parteciperà alle prossime elezioni europee?“Noi saremo pronti anche prima del 2028. Ma sappiamo anche che la politica di allargamento Ue è un processo a doppio senso e faremo del nostro meglio per concludere i negoziati di adesione nel 2026 e attendere fino al 2028 per la ratifica del Trattato di adesione da parte di tutti gli Stati membri. Dal momento in cui l’Unione contava già 28 membri, non è necessaria una revisione interna dei Trattati prima del nostro ingresso. Sarebbe un passo storico vedere i politici montenegrini in corsa per le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo nel 2029”.Che tipo di partner è il Montenegro per l’Unione Europea?“Oggi il rapporto con l’Unione Europea e con gli altri Paesi dei Balcani Occidentali è il più positivo di sempre, ma dobbiamo migliorare ancora. Per quanto riguarda gli investimenti, vogliamo invitare società, imprese e istituzioni europee a ricostruire le infrastrutture, vogliamo ancora più scambi commerciali tra il Montenegro e l’Unione Europea, e ancora più imprese che aprono da noi e viceversa. Questa è una grande opportunità per Paesi come l’Italia, per esempio: Il Montenegro e tutti i Balcani Occidentali sono un frutto a portata di mano, perché i nostri cittadini amano l’Italia, la guardano come un modello in termini di società e di adesione all’Ue. Vogliamo più imprese italiane in Montenegro, così come da altri Paesi dell’Unione”.Eppure il Montenegro negli ultimi anni ha sollevato non poche perplessità a Bruxelles.“Il problema più grande del Montenegro è che nel 2020, quando sono diventato ministro delle Finanze, quasi il 60 per cento del turismo proveniva da Paesi esterni all’Unione Europea, alla regione e alla NATO. Le infrastrutture erano finanziate al 100 per cento da Paesi ed entità esterne a questo spazio politico, e anche il 90 per cento degli investimenti proveniva da Oriente. Allo stesso tempo, dal punto di vista geopolitico siamo membri della Nato e potenziali membri dell’Ue, con un 100 per cento di allineamento alla sua Politica estera e di sicurezza comune. Era una sorta di situazione bipolare, in cui geopoliticamente eravamo allineati da una parte, ma economicamente eravamo completamente isolati dal continente europeo e ci comportavamo come una nazione dell’Asia centrale. In quattro anni – all’inizio come ministro delle Finanze e ora da primo ministro – abbiamo cambiato completamente la rotta economica del Montenegro”.Ma quanto è ancora preoccupante la presenza cinese nell’economia del Paese?“Abbiamo ereditato il prestito con la China Investment Bank, lo abbiamo coperto con successo e abbiamo ridotto l’esposizione dal 27 per cento del Pil al 7/8 per cento. Ora è completamente gestibile, quasi trascurabile, è solo uno dei prestiti nel nostro portafoglio e non ci preoccupa molto. Vogliamo che il finanziamento delle infrastrutture in futuro provenga quasi esclusivamente dai nostri alleati della regione, dell’Ue e della Nato. Stiamo finalmente regolando l’economia e la geopolitica nel modo giusto”.

    Il primo ministro del Montenegro, Milojko SpajićA proposito di Nato. È preoccupato dalle minacce di Trump, secondo cui gli Stati Uniti non dovrebbero difendere gli alleati che non spendono abbastanza nella difesa da un’eventuale aggressione russa?“Rischierei di entrare nella campagna politica statunitense, se commentassi questa dichiarazione. Io voglio intenderla come un messaggio cruciale per gli Stati Uniti, non solo per Trump ma anche per Biden: che Washington vuole vedere un contributo più attivo da parte di tutti i partner della Nato. Abbiamo ricevuto il massaggio, il Montenegro vuole essere un partner credibile per tutti coloro che fanno parte dell’Alleanza. Il governo è entrato in carica il primo novembre scorso, non abbiamo avuto molto tempo: la precedente bozza di bilancio diceva che la spesa per gli scopi Nato era pari all’1,8 per cento del Pil, ma in un solo mese siamo riusciti ad aumentarla al 2,01 per cento”.Diventando così uno dei 18 Paesi Nato che quest’anno avranno raggiunto la soglia minima di spesa del 2 per cento per la difesa in rapporto al Pil.“Questa è la dimostrazione di quanto siamo impegnati. Dopo l’aggressione russa all’Ucraina è fondamentale rendersi conto di quanto sia importante la sicurezza non più solo a livello teorico, ma anche e soprattutto pratico. È inimmaginabile che un membro della Nato possa essere invaso e conquistato da una potenza straniera come ha fatto la Russia con l’Ucraina”.

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    La Commissione europea sta studiando la richiesta di Spagna e Irlanda di rivedere l’accordo di Associazione con Israele

    Bruxelles – Se sospendere effettivamente l’accordo di Associazione Ue-Israele è uno scenario ancora inverosimile, il fatto che la verifica del rispetto degli obblighi derivanti da tale accordo sia sul tavolo della Commissione Ue è un segnale politico non indifferente. Dopo la lettera inviata da Spagna e Irlanda a Ursula von der Leyen, oggi (15 febbraio) la conferma arriva direttamente dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: “Stiamo studiando il documento dei due primi ministri“, ha dichiarato dal quartier generale della Nato a Bruxelles.La questione è ancora in una fase embrionale: le prossime tappe della procedura le ha spiegate la portavoce della Commissione europea responsabile per gli Affari esteri, Nabila Massrali. “La decisione di sospendere un accordo viene presa dal Consiglio dell’Ue, su proposta dell’Alto rappresentante o della Commissione”, ha chiarito Massrali la briefing quotidiano con la stampa. Spetterebbe dunque a Josep Borrell fare una valutazione politica sugli elementi che sussistono per una tale iniziativa, e sottoporla ai ministri degli Esteri dell’Ue. Ma perché l’accordo venga effettivamente sospeso, sarebbe necessario un voto all’unanimità dei 27 Paesi membri.“Presto potrò dire qualcosa rispetto a questo tema”, ha affermato il capo della diplomazia europea. Già lunedì 19 febbraio ad esempio, quando è previsto il vertice ministeriale Ue Affari Esteri e all’ordine del giorno – oltre all’Ucraina e al probabile lancio della missione navale Ue nel Mar Rosso – è presente un punto sulla crisi in Medio Oriente. “L’accordo di associazione è la base giuridica del nostro dialogo in corso con le autorità israeliane e fornisce importanti meccanismi per discutere le questioni problematiche. In questo quadro, l’Ue continuerà a riaffermare il suo impegno per l’applicabilità del diritto internazionale umanitario nei territori palestinesi occupati”, ha chiarito ancora Nabila Massrali. Ma portare avanti la procedura per una sua eventuale sospensione – e con esso tutte le agevolazioni commerciali che prevede -, potrebbe essere la leva per costringere Tel Aviv a rispettare effettivamente i propri obblighi.

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    L’iniziativa sull’allargamento Ue del Cese inaugurata sotto gli occhi dei premier di Albania e Montenegro

    Bruxelles – Dopo le promesse, la messa a terra della prima iniziativa di coinvolgimento concreto dei Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea. Il Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) ha lanciato ufficialmente oggi (15 febbraio) l’iniziativa ‘Membri candidati all’allargamento Ue’, per integrare 131 membri della società civile dei nove Paesi candidati all’adesione Ue – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina – nel lavoro consultivo del Comitato per tutto il 2024, diventando la prima istituzione dell’Unione a fare questo passo.

    Da sinistra: il presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese), Oliver Röpke, il primo ministro del Montenegro, Milojko Spajić, il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, e la vicepresidente della Commissione Ue per i Valori e la trasparenza, Vêra Jourová (15 febbraio 2024)“Quando mi sono insediato, l’avevo promesso come una delle prime iniziative”, ha ricordato il presidente del Cese, Oliver Röpke, parlando del coinvolgimento dei Paesi coinvolti nel progetto di allargamento Ue. Dopo il lancio dell’iniziativa nel settembre 2023 e l’invito di inizio gennaio a presentare le candidature, “la risposta è stata enorme, con 567 richieste, questo ha dimostrato quanto è dinamica e attiva la società civile di questi Paesi”.

    A febbraio sono stati scelti 131 membri che ora potranno partecipare a tutto il ciclo dei pareri (gruppi di studio, riunioni di sezione e sessioni plenarie), con una plenaria annuale specifica sulle questioni relative all’allargamento Ue programmata per settembre e la valutazione del progetto a dicembre 2024: da oggi saranno integrati nel Comitato 13 membri dall’Albania, 9 dalla Bosnia ed Erzegovina, 15 dalla Georgia, 16 dalla Moldova, 14 dal Montenegro, 14 dalla Macedonia del Nord, 13 dalla Serbia, 15 dalla Turchia e 22 dall’Ucraina. “È una nuova fase, potete portare una nuova visione nell’Ue“, è l’esortazione del presidente Röpke.  “L’ingresso nell’Ue è l’assicurazione politica contro le minacce degli autocrati”, ha messo in chiaro nel suo intervento la vicepresidente della Commissione Ue per i Valori e la trasparenza, Vêra Jourová, che ha promesso – anche in vista della nuova legislatura europea e come impegno della futura Commissione – che “spingeremo l’integrazione con i Paesi candidati all’adesione Ue ovunque possibile, ci sono molte porte aperte” anche grazie al nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali.L’iniziativa del Cese è stata presentata a Bruxelles alla presenza dei premier del Montenegro, Milojko Spajić, e dell’Albania, Edi Rama. “Faremo tutto il nostro lavoro in linea come l’approccio basato sul merito, non vogliamo scorciatoie”, ha assicurato il primo ministro montenegrino, ricordando che “siamo stati i primi a portare i rappresentanti della società civile nel processo negoziale” iniziato nel 2012: “La priorità del governo è di implementare le riforme, sfruttando questo momento positivo” iniziato con il nuovo ciclo politico dello scorso anno. “Tutti dovrebbero realizzare che tanto l’Ue è importante per noi, tanto noi siamo importanti per l’Ue”, è l’avvertimento del premier albanese Rama, che ha definito quello del Cese “il primo grande esempio di come dobbiamo vedere il prossimo futuro comune“. Ovvero “essere parte integrante e con diritto di voto”, anche nelle altre istituzioni Ue “a diversi livelli e in diversi comitati”, dal Parlamento alla Commissione, fino al Consiglio dell’Ue. Rama ha definito l’Unione “più consapevole dell’importanza strategica dei Balcani non solo a parole, ma anche nei fatti”, anche se “è triste constatare che serviva Putin per darci una scossa e aprirci gli occhi, ma non possiamo aspettare una nuova invasione, un nuovo disastro” per spingere questo processo.A che punto è l’allargamento UeSui sei Paesi dei Balcani Occidentali che si trovano sul percorso dell’allargamento Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e l’ultimo Consiglio Europeo di dicembre ha deciso che potranno essere avviati i negoziati di adesione “una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione”. Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.

    Da sinistra: il primo ministro del Montenegro, Milojko Spajić, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (15 dicembre 2024)Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Di nuovo seguendo la raccomandazione contenuta nel Pacchetto Allargamento Ue, il vertice dei leader Ue del 14-15 dicembre 2023 ha deciso di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.