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    Lite in pubblico tra Zelensky e Trump, salta l’accordo sulle terre rare

    Bruxelles – Volodymyr Zelensky non si fida delle previsioni di Donald Trump, secondo le quali cedendo agli Usa le terre rare ucraine si fermerebbe la guerra che la Russia conduce nel suo Paese. Il presidente statunitense (e il suo staff) si offendono, volano parole forti e l’accordo salta. Il tutto in diretta Tv dallo studio ovale della Casa Bianca, in un crescendo di toni che forse non si era ma visto (almeno in diretta televisiva).La situazione era tesa sin dall’inizio, con Trump che sfotte Zelensky già al suo arrivo per come è vestito (il presidente ucraino come al solito non ha un abito, che, ha spiegato mille volte, metterà quando l’invasione sarà finita) “oggi sei elegante”, gli ha detto. Poi la scena si sposta nello studio ovale, dove i toni si alzano rapidamente, in buona parte anche a causa dell’intervento del vice presidente JD Vance, che accusa Zelensky di non aver “mai detto grazie” agli Usa. Il confronto è anche sull’aiuto europeo, che Trump bolla come molto più basso di quello statunitense, mentre il presidente ucraino tentava di correggerlo sostenendo che quel che diceva Trump non era vero.In sostanza Trump ha sostenuto che una volta firmato l’accordo sulle terre rare, con gli operai inviati dagli Usa che “scavano, scavano, scavano” la Russia fermerebbe la guerra. Zelensky non ci crede, dice che dal 2024 “Vladimir Putin ha violato il suoi impegni ben 26 volte”, e che l’unico modo per fermarlo è rafforzare la difesa ucraina, in particolare l’aviazione, “ne abbiamo tanto bisogno”. Perché, ha insistito, “Putin è un killer ed un terrorista”.Poi di fronte ad un Trump che si erge ad arbitro “imparziale” tra Mosca e Kiev per raggiungere la pace il presidente ucraino ha ribadito che al tavolo delle trattative ci devono essere “l’Ucraina, la Russia e l’Unione europea, e anche gli Stati Uniti”, senza però avere alcuna conferma di questo.Trump attacca ancora, sostenendo che Zelensky è “irrispettoso” verso di lui e verso gli Usa, è che  “stai giocando con la vita di milioni di persone, stai rischiando la Terza guerra mondiale“, e che dunque sta “giocando male le sue carte”. “Non sono qui per giocare a carte”, ha replicato l’ucraino.Lo sconto è continuato per una ventina di minuti, al termine dei quali Zelensky ha lasciato la Casa Bianca senza che la riunione per la firma dell’accordo si tenesse, e senza una conferenza stampa finale. Secondo la rete televisiva Fox (molto vicina a Trump) lo stesso presidente Usa avrebbe invitato l’ucraino ad andar via.Subito dopo Trump ha diffuso un post su X nel quale afferma che: “Oggi abbiamo avuto un incontro molto significativo alla Casa Bianca. Sono state apprese molte cose che non si sarebbero mai potute capire senza una conversazione sotto un tale fuoco e una tale pressione. È sorprendente ciò che emerge attraverso le emozioni, e ho stabilito che il Presidente Zelenskyy non è pronto per la pace se l’America è coinvolta, perché ritiene che il nostro coinvolgimento gli dia un grande vantaggio nei negoziati. Non voglio vantaggi, voglio la PACE. Ha mancato di rispetto agli Stati Uniti d’America nel loro amato Studio Ovale. Potrà tornare quando sarà pronto per la pace”.A ruota la prima reazione europea dal premier polacco Donald Tusk, presidente di turno del Consiglio europeo: “Caro Volodymyr, caro amico ucraino, non sei solo”.Il capo delegazione del Pd al Parlamento europeo, Nicola Zingaretti, anche lui con un tweet afferma che: “Il Presidente degli Usa ha dimenticato di essere il presidente di una grande democrazia e si comporta da padrone offendendo chi è stato aggredito. Ora l’Europa si unisca ancora di più a difesa della libertà, della pace e della giustizia”.

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    La solidarietà dei corrispondenti stranieri di Bruxelles ai giornalisti che seguono la Casa Bianca

    Bruxelles – L’Associazione di corrispondenti esteri di Bruxelles (API-IPA) è pienamente solidale con l’Associazione dei corrispondenti della Casa Bianca (WHCA) “di fronte alle azioni che minacciano l’indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti. Escludere la WHCA dalle decisioni riguardanti l’accesso al pool di giornalisti della Casa Bianca è preoccupante e costituisce un pericoloso precedente”.In quanto organizzazione che rappresenta gli interessi professionali dei giornalisti accreditati presso le istituzioni dell’Ue e della Nato, l’API-IPA, spiega una nota, rimane convinta che una stampa libera e indipendente sia la pietra angolare della democrazia. “La capacità dei corrispondenti di riferire senza interferenze governative su chi è al potere è fondamentale. Nessun leader dovrebbe poter scegliere chi è autorizzato a riferire”, ha dichiarato il presidente dell’Associazione Dafydd ab Iago.“Notiamo che la WHCA ha lavorato instancabilmente per oltre un secolo per sostenere gli standard professionali, per ampliare l’accesso alla stampa e garantire che i giornalisti (reporter, fotografi, produttori e tecnici) abbiano la libertà di svolgere il loro lavoro vitale senza influenze indebite”, aggiunge ab lago.L’associazione dunque sostiene “con forza l’impegno costante della WHCA per un accesso completo, una piena trasparenza e il diritto del pubblico statunitense e mondiale a ricevere un’informazione indipendente e senza timori. Ci uniamo ai colleghi corrispondenti a Washington nella difesa di questi principi, essenziali per far sì che il potere renda conto del proprio operato”.

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    Per l’Europa è l’ora delle scelte e della responsabilità

    Il ciclone Trump sta condizionando come non mai il futuro non solo dell’Unione europea, ma dell’Europa nel suo complesso.Sembra emergere un nuovo potere imperiale, capace con un solo “ordine esecutivo” di sovvertire politiche e assetti consolidati, mutare con un semplice tweet (una volta si sarebbe detto “con un tratto di penna”) alleanze e priorità che fino a pochissimo tempo fa avevano accomunato le due sponde dell’Atlantico.Ed è molto probabile quindi che l’ego dell’inquilino della Casa Bianca si sia ulteriormente rafforzato alla sfilata quasi ininterrotta dei leader europei che, dalla periferia dell’impero, si sono presentati alla sua Corte, chi portando tributi, come le terre rare ucraine, chi la promessa di armi e munizioni per ottenere la benevolenza e magari i favori del principe.Non a caso, l’unica che si è presentata a mani vuote, l’Alta rappresentante per la politica estera europea Kaja Kallas, è stata brutalmente rispedita in Europa senza aver potuto incontrare il suo omologo Marco Rubio, col quale pure aveva appuntamento.Chi è andato, poi, ha suscitato le gelosie di chi è rimasto a casa, in un crescendo che marcherà le tappe del debriefing di questa folle settimana a partire dall’incontro di Londra di domenica 3 marzo promosso dal premier britannico Keir Starmer, per finire al Consiglio europeo straordinario del 6 marzo a Bruxelles e preceduto dalle riunioni delle principali famiglie politiche europee.La posta in gioco è alta, nel contesto più ampio delle altre partite lanciate da Trump contro l’Europa, come la guerra dei dazi o il tentativo di promuovere, né più né meno, un “regime change” che possa vedere al potere più sovranisti possibile.Si tratta da un lato di tornare in partita per una soluzione giusta e duratura del conflitto ucraino e dall’altro di gettare finalmente le basi di quell’”autonomia strategica” europea, invocata da anni in special modo da Emmanuel Macron, ma mai veramente perseguita. Premesso che nessun Paese vorrebbe davvero rompere i legami militari e strategici con gli Stati Uniti, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere che il messaggio che giunge da oltreoceano è molto chiaro: aumentate, e di molto, le vostre spese militari, prendete a cuore seriamente la vostra sicurezza, la vostra capacità di difesa, noi non siamo più disposti a farlo al posto vostro.L’impressione è che Starmer – incalzato in casa da un Nigel Farage ringalluzzito dalla sintonia con gli alfieri del movimento Make America Great Again – Macron e il nuovo arrivato Friedrich Merz abbiamo capito più di altri che è giunto il momento, per dirla con Mario Draghi, di “do something”. Anche Ursula von der Leyen, a dire la verità, lo ha compreso benissimo anche perché sa che per lei le porte della Casa Bianca sono per il momento bandite, riducendo ulteriormente il suo già stretto margine di azione, il che non le impedirà di metter sul tavolo, giovedì prossimo, una serie di proposte anche riguardanti lo scorporo delle spese militari dal calcolo dei parametri del Patto di Stabilità che la faranno comunque stare in partita.Ma è sulla partecipazione o meno ai negoziati sulla fine del conflitto e sugli assetti futuri, dell’Ucraina come dei rapporti con la Russia, che si parlerà in primo luogo, al netto delle anime belle che preferirebbero non sporcarsene proprio le mani o confidare nella resurrezione dell’ONU, dove peraltro la settimana scorsa si è visto di tutto e di più al momento del voto di risoluzioni proprio sull’aggressione russa.È il momento delle scelte, ma anche dell’assunzione di responsabilità, anche a costo di doverne poi assumere le conseguenze. Da questo punto di vista, mentre corre voce che gli Stati Uniti avrebbero già comunicato in modo riservato a tutti i Paesi europei la loro intenzione di passare al Regno Unito la leadership del gruppo di contatto per l’assistenza militare all’Ucraina, la notizia che il governo starebbe studiando l’ipotesi di far salire al 2,5 per cento del Pil le spese militari italiane, costituirebbe un ottimo “entry point” per Giorgia Meloni in vista del confronto che avrà con gli altri leader europei nei prossimi giorni.

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    Starmer non riesce a convincere Trump a impegnare truppe in Ucraina

    Bruxelles – C’è un grande via vai in questi giorni alla corte di Donald Trump. Dopo Emmanuel Macron, ieri vi si è recato per rendere omaggio Keir Starmer, e oggi pomeriggio sarà il turno di Volodymyr Zelensky. Ma “re Donald” non sembra lasciarsi impressionare granché dalle richieste di quelli che dovrebbero essere i suoi alleati più stretti. Così, nemmeno il pellegrinaggio del premier britannico pare aver prodotto risultati concreti. Almeno sul dossier più scottante tra quelli che si affollano sulla scrivania dello Studio ovale: quello del conflitto in Ucraina.Come si conviene ad un vassallo che visita il suo feudatario, così l’inquilino di Downing Street ha varcato la soglia della Casa Bianca assicurandosi di non presentarsi a mani vuote. Tra le regalie offerte al padrone di casa, il primo ministro britannico ha portato anzitutto un invito personale di Sua Maestà re Carlo III a Trump per una seconda visita di Stato nel Regno Unito (dopo quella della regina Elisabetta II nel 2019), un avvenimento “senza precedenti”.A dimostrazione della buona fede di Londra e dell’impegno del suo governo sulla questione sicurezza, Starmer ha poi messo sul tavolo la recentissima decisione di portare il bilancio per la difesa dall’attuale 2,3 al 2,5 per cento del Pil, anticipando al 2027 il target inizialmente previsto per il 2030. Musica per le orecchie del presidente, che fin dal suo primo mandato non si stanca di ripetere che gli europei devono assumersi la responsabilità della sicurezza nel Vecchio continente.The bond between the UK and the US couldn’t be stronger.Thank you for your hospitality, @POTUS. pic.twitter.com/tcAtp2hzCY— Keir Starmer (@Keir_Starmer) February 27, 2025Del resto, quel monito sta venendo preso sempre più seriamente dalle cancellerie di qua dell’Atlantico, come dimostrano i frenetici summit che si susseguono in queste settimane – dopo la doppietta parigina, un terzo vertice è in calendario per dopodomani (2 marzo) a Londra – dedicati proprio al tema della difesa continentale. Qualcuno, come il cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz, immagina addirittura una potenziale alleanza militare europea che possa assumere vita propria rispetto alla Nato.Probabilmente una chimera, almeno nell’immediato futuro. Ma queste fughe in avanti (soprattutto se arrivano da un atlantista incallito come il leader della Cdu) rendono bene la cifra del panico che sta attanagliando l’Europa mentre la nuova amministrazione statunitense procede spedita verso il disgelo con il Cremlino, come dimostrato dai colloqui di Istanbul di ieri tra i diplomatici delle due superpotenze, apparentemente intenzionate a spartirsi (di nuovo) il mondo.Quindi la charme offensive. Il leader britannico si è profuso in lusinghe nei confronti del suo potente (quanto erratico) interlocutore. Seguendo l’esempio offerto lunedì da Macron, anche Starmer si è esibito in un numero di equilibrismo politico. Mostrandosi il più amichevole possibile ma correggendo il tycoon quando quest’ultimo ha ripetuto le osservazioni (false) per cui i Paesi europei avrebbero finanziato Kiev solo tramite prestiti e non, come gli Stati Uniti, con sovvenzioni a fondo perduto. La carota e, se non proprio il bastone, un fuscello gentile.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) ospita a Washington il suo omologo francese Emmanuel Macron, il 24 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Trump ha “cambiato la conversazione sull’Ucraina”, ha dichiarato davanti alla stampa il primo ministro laburista. Il presidente Usa, dice Starmer, ha aperto “una finestra di enorme opportunità per raggiungere un accordo di pace storico” che ponga fine al conflitto. E ora “vogliamo lavorare con voi” per assicurarci che sia “duraturo”. Ma occorre vedere se tutti intendono la stessa cosa quando parlando di questo fantomatico accordo di pace.Una delle richieste principali del premier britannico – e vero motivo delle regalie – era l’impegno da parte di Washington di fornire una “copertura” (backstop) alle eventuali truppe di peacekeeping europee nell’ex repubblica sovietica. Come Zelensky, Macron e il resto dei leader del Vecchio continente, anche Starmer continua a ripetere che le garanzie di sicurezza di cui Kiev ha bisogno saranno credibili solo se coinvolgeranno anche l’esercito statunitense.Tuttavia, l’impegno delineato da Trump non è esattamente quello che ci si aspetta a Londra, Parigi e Bruxelles. “Avremo molte persone che lavorano” in Ucraina, ha spiegato il tycoon, come conseguenza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe siglare proprio oggi pomeriggio insieme a Zelensky. “È una garanzia di sicurezza“, ha ragionato: “Non credo che qualcuno si prenderà gioco di noi se saremo lì con molti lavoratori”. In fin dei conti, il presidente statunitense si è detto convinto che il suo omologo russo Vladimir Putin “manterrà la sua parola” e rispetterà un cessate il fuoco, quando ne verrà stipulato uno.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: European Council)Ma se ciò non accadesse? Lo zio Sam difenderà i peacekeepers di Sua Maestà, se venissero attaccati? “I britannici sono soldati incredibili”, ha osservato Trump, “e possono prendersi cura di loro stessi“. “Se hanno bisogno di aiuto, io sarò sempre con gli inglesi”, ha poi precisato, ma ribadendo immediatamente che “non hanno bisogno di aiuto“. Non esattamente una rassicurazione per gli alleati europei, che si stanno interrogando sul destino della Nato e sulla deterrenza garantita dall’articolo 5 della Carta atlantica (dove si sancisce il principio della difesa collettiva): “Non credo che avremo motivo” di attivarlo, dice il presidente.Alla fine, dal suo bilaterale, Starmer porta a casa fumose promesse su un futuro accordo commerciale tra Usa e Regno Unito, per rinsaldare la special relationship tra Washington e Londra. Niente di più concreto. Anzi, semmai, l’ennesima conferma che i militari statunitensi non metteranno piede in Ucraina. Ma di questi tempi, in cui gli europei (o meglio i vertici Ue, che Trump ritiene “progettata per ingannare gli Usa“) devono umiliarsi come a Canossa per incontrare qualcuno dell’amministrazione a stelle e strisce, già aver ottenuto udienza alla Casa Bianca è un risultato.

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    Ue-India, c’è la strategia per una nuova collaborazione. Modi: “Accordo commerciale entro fine anno”

    Bruxelles – Commercio, tecnologia, innovazione, investimenti. E l’impegno di un nuovo accordo di libero scambio già nel 2025. Ursula von der Leyen e il suo collegio dei commissari trovano in India quelle risposte che cercavano. Il viaggio a est voluto dalla presidente della Commissione Ue produce gli effetti desiderati. Tutti da definire e sviluppare in concreto, certo, ma comunque c’è una rinnovata partnership. C’è l’accordo, spiega il primo ministro indiano, Narendra Modi, per “un libro blu per mobilità, sicurezza, innovazione, green economy, commercio, investimenti“. C’è una strategia chiara su cui lavorare.L’Europa quello che cercava a oriente non l’aveva nascosto. Serviva la risposta dell’interlocutore, e Modi la offre in pubblico, in conferenza stampa. “Questa visita ha ridato vigore alle nostre relazioni” bilaterali, riconosce ad una sorridente von der Leyen, raggiante nel sentire dal primo ministro indiano che “abbiamo deciso di creare un’agenda ambiziosa e audace per le relazioni Ue-India post-2025“, che passa anche per voglia di chiudere “un accordo commerciale bilaterale per la fine dell’anno”.In linea di principio von der Leyen ottiene praticamente tutto ciò che voleva. “È tempo di portare la nostra partnership strategica UE-India al livello successivo“, il mantra ripetuto dalla tedesca anche in occasione del suo viaggio in Asia meridionale, ed è esattamente quello che ottiene. La presidente della Commissione europea è arrivata in India con un’agenda chiara, costituita da tre aree su cui lavorare per la nuova stagione di relazioni bilaterali: commercio e la tecnologia, sicurezza e difesa, connettività e partnership globale. Da Modi ottiene gli impegni in questo senso.“Ora più che mai gli eventi geopolitici richiedono questi passi”, scandisce von der Leyen nella conferenza congiunta con il premier indiano. Un riferimento alle manovre militari russe in Ucraina, all‘unilateralismo trumpiano in politica estera e in materia commerciale, ad una Cina che guarda silenziosa ma non a braccia conserte cosa accade sullo scacchiere internazionale. “Per l’Europa l’India è un pilastro di affidabilità in un mondo di imprevedibilità“. Ora l’Ue può iniziare a sentirsi meno insicura.

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    Metsola risponde a Trump: “L’Ue è un progetto di pace”

    Bruxelles – “L’Unione europea è principalmente ed essenzialmente un progetto di pace“, premiato anche con il Nobel. Mette le cose in chiaro, Roberta Metsola. La presidente del Parlamento europeo vuole rispondere al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha accusato l’Ue di esistere sulla base di intenzioni contrarie agli interessi americani. Metsola sceglie di replicare da Washington, in occasione della sua visita negli Usa dove è stata invitata per tenere un discorso alla Johns Hopkins University. E’ qui, con garbo ma con decisione, che ricorda all’opinione pubblica americana che la versione offerta dall’inquilino della Casa Bianca necessita delle precisazioni.“La pace è l’essenza dell’Unione europea“, insiste Metsola. Tradotto: l’Ue non è stata creata per essere un avversario degli Stati Uniti. Semmai, continua, è stata creata per dare seguito a quelle relazioni scolpite nel tempo e non solo: “La storia dei rapporti tra Unione europea e Stati Uniti è scritta nel sacrificio di quanti hanno dato la vita contro la tirannia”. Un riferimento ai conflitti mondiali del XX secolo, ma anche un implicito riferimento ai conflitti di oggi, in particolare quello in corso in Ucraina avviato dalle operazioni militari russe.“La sicurezza dipende dalle relazioni trans-atlantiche, che vanno oltre l’industria, oltre il commercio e oltre le considerazioni politiche immediate”, continua Metsola, con una velata critica alle intenzioni di imporre dazi sui beni europei. “Nelle guerre commerciali non vince nessuno”, chiarisce quindi la presidente dell’europarlamento, che dopo le precisazioni del caso sulla natura dell’Ue, ne aggiunge un’altra: “L’Europa risponderà con fermezza. Non vogliamo, ma siamo pronti“.

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    Ucraina, a Istanbul il secondo round di colloqui Usa-Russia. Putin accusa le “élite occidentali” di non volere la pace

    Bruxelles – È iniziato questa mattina (27 febbraio) a Istanbul, in Turchia, il secondo round di colloqui tra funzionari russi e statunitensi per preparare il ‘tavolo’ del negoziato per la pace in Ucraina. Mentre Volodymyr Zelensky si appresta a partire alla volta di Washington, dove è atteso da Donald Trump per siglare il discusso accordo sui minerali di Kiev, Russia e Stati Uniti confermano la riapertura dei canali diplomatici cominciata lo scorso 18 febbraio a Riad con l’incontro tra i ministri degli Esteri Marco Rubio e Sergej Lavrov.L’incontro si svolge presso la sede del consolato generale degli Stati Uniti a Istanbul. Nel frattempo, sono in corso anche i preparativi per un incontro tra i due presidenti, Donald Trump e Vladimir Putin. La Turchia ha ribadito la sua disponibilità ad ospitare il bilaterale tra i leader delle due superpotenze. L’Ue, pugnalata ieri sera dall’annuncio dei dazi da parte di Trump, resta a guardare con apprensione l’alleato di sempre strizzare l’occhio al nemico pubblico numero uno. Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha telefonato a Recep Tayyip Erdogan. “In questi tempi difficili, apprezziamo il ruolo della Turchia come attore importante a livello globale e regionale e cerchiamo di collaborare strettamente per garantire una pace duratura in Ucraina e sostenere una transizione inclusiva e democratica in Siria”, ha scritto su X il leader Ue, a margine del colloquio telefonico.Good phone call with president @RTErdogan. Türkiye is a strategic partner, an EU candidate country, and a @NATO ally. We look forward to continuing to strengthen our relationship.In these challenging times, we appreciate Türkiye’s role as a significant global and regional…— António Costa (@eucopresident) February 27, 2025A Istanbul, l’avvio di un negoziato per la pace in Ucraina non è esplicitamente in agenda. Anche se è difficile immaginare che i diplomatici di Washington e Mosca non ne parleranno. Ma sul menù c’è il rapporto tra le due superpotenze: dopo anni di muro contro muro, la sintonia tra Trump e Putin promette una futura normalizzazione dei rapporti. Già dopo l’incontro in terra saudita, Rubio e Lavrov hanno dichiarato di voler ripristinare il normale funzionamento delle ambasciate e dei consolati e la loro cooperazione economica ed energetica, in particolare nell’Artico, e spaziale. Lo stesso Lavrov, durante una visita in Qatar, ha spiegato che a incontrarsi saranno “funzionari diplomatici di alto livello”, che discuteranno “dei problemi sistemici che si sono accumulati in seguito alle attività illecite della precedente amministrazione degli Stati Uniti per creare ostacoli artificiali al lavoro dell’ambasciata russa”. In questo momento – e dallo scorso ottobre -, Mosca non ha nemmeno un ambasciatore a Washington.Nel frattempo, l’autoritario presidente russo è intervenuto ad un incontro del Servizio Federale per la Sicurezza (Fsb): come riportato da Reuters, Putin ha accusato le “élite occidentali” di voler minare la ripresa del dialogo tra Russia e Stati Uniti. “Sono determinate a mantenere l’instabilità nel mondo” e “cercheranno di interrompere o compromettere il dialogo che è iniziato”, ha avvertito il leader del Cremlino. Secondo Putin, “i primi contatti con la nuova amministrazione degli Stati Uniti suscitano alcune speranze”, perché con Trump “vi è una reciproca attenzione a lavorare per ristabilire le relazioni interstatali e risolvere gradualmente l’enorme mole di problemi sistemici e strategici accumulati nell’architettura globale”.

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    Ucraina, l’Ue insiste: “La Cina sostiene la Russia, stop a questa collaborazione”

    Bruxelles – La Commissione europea prova ad alzare la voce contro la Repubblica popolare cinese e il suo ruolo nel conflitto in Ucraina. Dopo l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, è la volta del suo portavoce, Anour El Anouni, andare all’attacco contro il sostegno militare di Pechino a Mosca. “Condanniamo le relazioni tra Cina e Russia. Intimiamo lo stop di questa collaborazione“, scandisce in occasione del tradizionale incontro con la stampa.A Bruxelles non viene digerito l’attivismo commerciale utile a portare avanti le operazioni militari dell’armata russa. “La Cina è il principale fornitore di tecnologie a duplice uso” civile e militare, come droni e componenti, “che sostengono la base industriale militare russa”, accusa ancora il portavoce di Kallas. “Queste tecnologie sono poi usate sul campo di battaglia” per combattere le forze regolare ucraine e procedere con l’offensiva, sottolinea El Anouni. “Sono beni con applicazioni militari”, insiste.All’interno dell’esecutivo comunitario non c’è alcuno dubbio sul fatto che “senza sostegno della Cina la Russia non potrebbe continuare la sua aggressione con la stessa potenza” di fuoco, riconosce il portavoce dell’Alta rappresentante. Non ci si gira troppo attorno: “Siamo profondamente preoccupati” per questa alleanza sino-russa, va avanti il portavoce.La preoccupazione non riguarda solo il conflitto russo-ucraino in sé e il ritorno in termini di rapporti di forza nei confronti con Kiev, soprattutto con scenari di negoziali di pace sullo sfondo, ma preoccupazione riguarda anche le alleanze regionali su uno scacchiere internazionale improvvisamente assai meno prevedibile. Inoltre si teme che l’azione, pur decisa, dell’Ue nei confronti degli alleati della Russia, possa essere meno incisiva del previsto. Con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive, ma evidentemente non è bastato a fermare i rifornimenti all’esercito russo.