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    Le nozze fra persone Lgbt+ al vaglio della Corte suprema indiana

    (ANSA) – ROMA, 17 APR – La Corte Suprema indiana inizierà
    domani una serie di udienze per discutere diverse petizioni che
    chiedono di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso
    sesso. Il tribunale ha affermato che l’udienza sarà “trasmessa
    in live streaming nell’interesse pubblico”. Lo scrive la Bbc,
    precisando che il dibattito dovrebbe essere alquanto vivace
    considerati gli schieramenti in campo: le coppie omosessuali e
    gli attivisti Lgbtq+ che sperano in un giudizio a loro favore,
    mentre il governo e i leader religiosi che si oppongono
    fermamente alle unioni omosessuali. Il presidente della Corte
    Suprema, DY Chandrachud, ha definito il dibattito una questione
    di “importanza fondamentale” e ha istituito un collegio
    costituzionale di cinque giudici, che si occupa di importanti
    questioni di diritto.   
    L’India ospita decine di milioni di persone Lgbtq+. Nel 2012,
    il governo ne ha stimate circa 2,5 milioni, ma i calcoli in base
    a statistiche globali ritengono che siano almeno il 10%
    dell’intera popolazione, ovvero più di 135 milioni. Secondo un
    sondaggio Pew condotto nel 2020, il 37% delle persone è convinto
    che le persone Lgbtq+ debbano essere accettate, con un aumento
    del 22% rispetto al 15% registrato nel 2014. Ma nonostante il
    cambiamento, l’atteggiamento nei confronti del sesso e della
    sessualità rimane in gran parte conservatore in questo Paese e
    gli attivisti affermano che la maggior parte delle persone
    Lgbtq+ abbia paura di fare coming out, anche con i propri amici
    e familiari. Inoltre gli attacchi alle coppie dello stesso sesso
    fanno regolarmente notizia. Molta attenzione è quindi rivolta a
    ciò che accadrà in aula nei prossimi giorni. Una decisione
    favorevole farà dell’India il 35/o Paese al mondo a legalizzare
    le unioni tra persone dello stesso sesso e a innescare
    cambiamenti nella società. (ANSA).   

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    Pakistan: i fondamentalisti profanano i minareti degli Ahmadiyya

    (ANSA) – ISLAMABAD, 17 APR – Una folla di musulmani
    estremisti ha profanato in Pakistan i minareti e la cupola del
    luogo di culto della minoranza Ahmadiyya, fondata nel XIX
    secolo. Lo ha reso noto all’ANSA Amir Mehmood, portavoce della
    comunità, precisando che i fatti risalgono a domenica pomeriggio
    e che si sono verificati nel villaggio di Ghooghiat, nel Punjab.   
    “Attaccare e demolire i luoghi di culto da parte di folle e
    funzionari governativi è una palese violazione della
    Costituzione del Pakistan”, ha precisato il portavoce chiedendo
    che “le minoranze religiose siano protette”.   
    Il movimento religioso, conosciuto anche come Jamaat
    Ahmadiyya, è stato fondato da Mirza Ghulam Ahmed in India nel
    XIX secolo con riferimento all’Islam. Il parlamento pachistano
    tuttavia ha dichiarato gli ahmadi non musulmani nel 1973 e da
    allora vengono spesso perseguitati per la loro fede da gruppi
    estremisti musulmani. (ANSA).   

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    Cdm, cade il divieto di export di armi negli Emirati Arabi

    In corso il Cdm.  All’ordine del giorno, salvo varie ed eventuali, c’è solo il disegno di legge sull’adesione al Protocollo addizionale della Convenzione concernente il contratto di trasporto internazionale di merci su strada (Cmr), relativo alla lettera di vettura elettronica, concluso a Ginevra il 20 febbraio 2008, un elemento per la digitalizzazione dell’autotrasporto.
    Il governo Meloni conferma che non è più vietata l’esportazione di armi negli Emirati Arabi Uniti. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri che, come spiega il comunicato di Palazzo Chigi, “dopo aver ascoltato una dettagliata relazione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha dato attuazione a quanto stabilito dal precedente Governo, e dunque attesta che l’esportazione di materiale d’armamento negli Emirati Arabi Uniti non ricade più tra i divieti stabiliti dall’art. 1, commi 5 e 6, della legge 9 luglio 1990, n. 185”. 
    Come si legge nel comunicato, “il 5 agosto 2021, il Consiglio dei ministri ha avuto conferma dall’allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, d’intesa con il Parlamento, dopo un’indagine conoscitiva della Commissione affari esteri e comunitari della Camera, del fatto che l’impegno militare degli Emirati Arabi Uniti in Yemen era cessato. In seguito, lo scenario ha continuato a evolversi positivamente: da aprile 2022 le attività militari in Yemen sono rallentate e circoscritte e l’attività diplomatica ha avuto una importante accelerazione”. Nella nota post Consiglio dei ministri si sottolinea che “l’impegno degli Emirati Arabi Uniti con altri attori regionali ha fatto progressi. Tra il 2015 e il 2021 gli Emirati hanno stanziato 5,5 miliardi di euro per la stabilizzazione e ricostruzione dello Yemen, impegno che è continuato nel 2022 con 500 milioni di euro e ancora nel novembre scorso, con Fondo monetario internazionale e Arab Monetary Fund, con un impegno di 1,5 miliardi di dollari in tre anni”. “Considerati i nuovi elementi – è la conclusione -, il Consiglio dei ministri oggi, dopo aver ascoltato una dettagliata relazione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha dato attuazione a quanto stabilito dal precedente Governo, e dunque attesta che l’esportazione di materiale d’armamento negli Emirati Arabi Uniti non ricade più tra i divieti stabiliti dall’art. 1, commi 5 e 6, della legge 9 luglio 1990, n. 185”.
     Costituisce “un passaggio necessario per il raggiungimento dell’obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativo alla semplificazione delle procedure logistiche e alla digitalizzazione dei documenti” l’adesione al Protocollo addizionale della Convenzione concernente il contratto di trasporto internazionale di merci su strada (Cmr), relativo alla lettera di vettura elettronica, concluso a Ginevra il 20 febbraio 2008, di cui il Consiglio dei ministri oggi ha approvato il disegno di legge. Lo spiega il comunicato di Palazzo Chigi, in cui si precisa che il provvedimento, “inoltre, rientra nel quadro dell’attuazione del regolamento (UE) n.2020/1056, relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci”. “La Cmr – chiarisce la nota – disciplina vari aspetti legali relativi al trasporto internazionale su strada e, in particolare, regola i rapporti di diritto civile per il trasporto internazionale (tra i quali i diritti e gli obblighi delle parti, la responsabilità del mittente e del vettore). Il Protocollo addizionale, finalizzato ad agevolare giuridicamente l’uso delle lettere di vettura elettroniche, non modifica le disposizioni sostanziali già in vigore ma fornisce un quadro giuridico supplementare per la digitalizzazione delle lettere di vettura, integrando la Convenzione per facilitare la compilazione facoltativa della lettera di vettura attraverso procedure di registrazione e di gestione elettronica dei dati”.

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    L’ansia e le preghiere di Wojtyla per Emanuela Orlandi

    “Desidero esprimere solidarietà alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela, di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’ angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso. Elevo al Signore la mia preghiera perché Emanuela possa presto ritornare incolume ad abbracciare i suoi cari che l’attendono con strazio indicibile”.Fu questa, all’Angelus del 3 luglio 1983, la prima volta che l’allora Papa Giovanni Paolo II, santo dal 27 aprile 2014, intervenne pubblicamente sulla vicenda della scomparsa, tuttora avvolta nel mistero, di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, figlia di un dipendente della Prefettura della Casa Pontificia che prestava servizio in qualità di messo all’anticamera papale, nel palazzo apostolico. Finito nei giorni scorsi al centro di polemiche proprio intorno al caso Orlandi, il papa polacco ha ricevuto la difesa della memoria da Papa Francesco, che ha parlato di “illazioni offensive e infondate” contro Wojtyla.Dopo il primo intervento, altre otto volte Giovanni Paolo II fece pubblicamente riferimento alla vicenda: un nuovo accenno fu all’Angelus della domenica successiva (10 luglio 1983): “Stiamo facendo tutto il possibile”, disse; poi un terzo (17 luglio 1983), con un appello dopo la consegna all’ANSA di un messaggio registrato da presunti “rapitori” che avevano detto di tenere prigioniera la ragazza e ne avevano legato il destino alla liberazione di Alì Agca, il terrorista turco che il 13 maggio 1981, in piazza San Pietro, aveva attentato alla vita di Giovanni Paolo II. Il 20 luglio 1983 il papa chiese ai fedeli riuniti in piazza San Pietro per l’udienza generale di recitare con lui un’Ave Maria in latino e di pregare per la ragazza scomparsa. Il giorno dopo (21 luglio 1983) il papa rivolse un altro appello ai “rapitori” chiedendo la liberazione della ragazza, senza contropartita: era il giorno indicato nel messaggio dei presunti sequestratori come scadenza dell’ultimatum per la liberazione di Agca.Un ulteriore accenno del papa a Emanuela Orlandi fu fatto il 24 luglio 1983, dal palazzo apostolico di Castel Gandolfo: un invito ai fedeli a pregare per lei; un altro ancora, tre giorni dopo (27 luglio), con un nuovo invito alla preghiera. E, ancora, il 28 agosto 1983, sempre dalla residenza pontificia estiva. La vigilia di Natale di quel 1983, poi, Giovanni Paolo II si recò in casa Orlandi, in Vaticano, per far visita alla famiglia.Infine, il 25 aprile 1984 il papa lanciò un nuovo appello, l’ultimo pubblico, per avere notizie della ragazza scomparsa: “Il mio pensiero – disse – va a persone vicine e lontane: va innanzitutto alla famiglia Orlandi, che ho ricordato particolarmente nella preghiera insieme con la loro cara Emanuela, della quale non si è più saputo nulla. I genitori di Emanuela non perdono la speranza di poter riabbracciare la loro figlia. Attendono con ansia di avere almeno qualche sicura notizia che allevii la loro terribile angoscia”. 

    Agenzia ANSA

    “Certo di intepretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II” (ANSA)

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    La Russa, a Fiuggi riconoscemmo il valore della Resistenza

    (ANSA) – MILANO, 17 APR – “A chi dice che la destra deve fare
    ancora i conti del passato, dico di leggere il libro di Pier
    Ferdinando Casini, che riprende alcune delle tesi di Fiuggi
    quando con Pinuccio Tatarella riconoscemmo chiaramente il valore
    assoluto della Resistenza nel ridare all’Italia libertà e
    democrazia”. Lo ha detto il presidente del Senato Ignazio La
    Russa, nel corso della presentazione a Milano del libro di Pier
    Ferdinando Casini, ‘C’era una volta la politica. Parla l’ultimo
    democristiano’ edito da Piemme. (ANSA).   

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    Le conversazioni Online sulla diatriba nel Terzo Polo

    Secondo un sondaggio, condotto da SWG all’inizio del mese, la capacità di rinnovarsi e le difficoltà nei rapporti interni sono i due aspetti verso i quali gli italiani sono più severi nei confronti del proprio partito. Dati che forniscono la misura di come gli scontri interni ai partiti siano assolutamente sgraditi agli elettori. E che sono di estrema attualità visto lo scontro in atto tra Calenda e Renzi con accuse reciproche di voler far saltare il banco per non dare vita ad un soggetto politico unico che sarebbe dovuto nascere dalla fusione tra Azione e Italia Viva.
    Sulla questione ANSA e DataMediaHub hanno analizzato le conversazioni online (social + news online + blog e forum) negli ultimi trenta giorni. L’analisi riguarda le conversazioni online relative ai due leader di partito. Le citazioni online di Calenda sono state 117.300, da parte di 11.700 autori unici, i cui contenuti hanno coinvolto (con like + reaction + commenti e condivisioni) più di 464mila persone. Il picco massimo si è registrato il il 13 aprile scorso quando Calenda ha sentenziato che “il partito unico è definitivamente morto”.
    Quelle relative a Renzi invece sono state 154.100, da parte di quasi 15mila autori unici, i cui contenuti hanno coinvolto, nei termini succitati, più di 601mila soggetti. Per entrambi, connotazione in netta prevalenza negativa per quanto riguarda il sentiment, la quota di emozioni e, appunto, sentimenti contenuti nelle verbalizzazioni online sulla questione.
    Negatività confermata anche, se necessario, dalla “emoji cloud” dalla nuvola di emoji maggiormente utilizzate in associazione alle verbalizzazioni sulla questione. Come mostra l’infografica di sintesi dei dati emergenti dalla nostra analisi, netta prevalenza di faccine che sghignazzano, che sono arrabbiate o perplesse rispetto alle reciproche accuse che i due leader si sono scambiati, pubblicamente sui social, in questi giorni.

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    Schlein, grande soddisfazione per la vittoria di De Toni a Udine

    (ANSA) – ROMA, 17 APR – “Una bellissima notizia, la vittoria
    di Alberto Felice De Toni a Udine. Ed è una grande soddisfazione
    per tutte e tutti quelli che lo hanno accompagnato in questo
    percorso. Una vittoria costruita grazie a un bel lavoro di
    squadra. Ad Alberto Felice De Toni vanno gli auguri di buon
    lavoro da tutta la comunità democratica”. Così in una nota la
    segretaria del PD Elly Schlein. (ANSA).   

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    Ad Udine il centrosinistra vince con alleanza Pd,Terzo Polo, M5s

    (ANSA) – UDINE, 17 APR – Quella che ha vinto il ballottaggio
    a Udine è un’ampia alleanza che include il Pd, il Terzo Polo e
    anche il M5s. Quest’ultimo aveva inizialmente candidato il
    proprio esponente, Ivano Marchiol, che dopo il primo turno – al
    quale aveva riscosso il 9,24% dei consensi – ha stretto un
    accordo con Alberto Felice De Toni.   
    All’interno di questa alleanza figurano alcune liste civiche.   
    Il centrosinistra torna al governo della città dopo un
    mandato del centro destra con a capo il leghista Pietro
    Fontanini. (ANSA).