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    Israele-Iran, Kallas predica “de-escalation” e “diplomazia”. Ma l’Ue non ha una vera strategia

    Bruxelles – Mentre non accenna a fermarsi l’escalation in Medio Oriente, l’Ue tenta di trovare un punto di caduta. Ma non c’è nulla di nuovo sul piatto dei ministri degli Esteri, riunitisi oggi per una sessione d’emergenza, oltre alle solite dichiarazioni trite e ritrite. Kaja Kallas parla di de-escalation e moderazione nello stesso momento in cui Benjamin Netanyahu minaccia di assassinare il leader iraniano Ali Khamenei e Donald Trump ingiunge alla Repubblica islamica di abbandonare completamente qualsiasi programma nucleare.Parlando ai giornalisti al termine del Consiglio Affari esteri straordinario riunitosi stamattina (17 giugno) in formato virtuale per discutere della guerra scatenata da Israele contro l’Iran, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha reiterato per l’ennesima volta le stesse formule, ormai quasi stucchevoli, che i vertici comunitari, gli Stati membri e i leader del G7 stanno ripetendo da giorni.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)L’Ue, ha detto l’ex premier estone, “chiede a entrambe le parti di rispettare il diritto internazionale e dare prova di moderazione“. La riunione odierna è stata utile, ha spiegato Kallas, anche per “coordinare gli Stati membri nell’evacuazione dei nostri cittadini dalla regione“, scopo per cui l’Ue ha attivato il meccanismo di protezione civile.La pista negoziale: il nodo del nucleare iranianoLe discussioni si sono incentrate “su cosa possiamo fare per facilitare la de-escalation“, ha spiegato. Bruxelles, sottolinea Kallas, “sostiene una soluzione diplomatica” su tutti i fronti: sia per quel che riguarda la guerra in corso, ormai al suo quinto giorno, sia per riportare in carreggiata il processo negoziale relativo al programma nucleare di Teheran. “Ora che i colloqui tra Iran e Stati Uniti si sono interrotti, l’Ue ha un ruolo da giocare“, dice, annunciando di essere in contatto con le controparti israeliana e iraniana nonché coi partner locali, poiché “la stabilità della regione è nell’interesse di tutti“. E tale stabilità, osserva, passa per un Iran senza bomba atomica.Sul tema, l’approccio di Bruxelles pare meno tranchant rispetto a quello di Washington. Se l’inquilino della Casa Bianca ha intimato alla dirigenza di Teheran di rinunciare completamente a qualunque forma di arricchimento dell’uranio (incluso per scopi civili), Kallas ammette di aver “avuto discussioni con l’Iran riguardo al suo programma nucleare“, dando conto delle diverse sensibilità sulle due sponde dell’Atlantico: “Gli Stati Uniti parlano per sé“, rimarca, e non anche per i Ventisette.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)L’Alta rappresentante ha definito “deplorevole” il ritiro degli Usa dal Joint comprehensive plan of action (Jcpoa) nel 2018, deciso dallo stesso Donald Trump durante il suo primo mandato. Le trattative bilaterali tra Washington e Teheran per trovare una nuova intesa, in sostituzione dello storico accordo del 2015 (mediato proprio dall’Ue), erano giunte ad un punto morto nelle scorse settimane. Un paio di mesi fa, il presidente statunitense aveva lanciato un ultimatum alla dirigenza iraniana, allo scadere del quale sono arrivate, puntuali, le bombe dello Stato ebraico.Il fronte militareBenjamin Netanyahu ha giustificato quell’attacco preventivo – una pratica controversa sotto il profilo del diritto internazionale – sostenendo che la Repubblica islamica sarebbe stata ad un passo dalla bomba atomica, con la quale avrebbe minacciato direttamente l’esistenza di Israele. Ma la stessa intelligence a stelle e strisce segnalava da mesi che sarebbero serviti almeno tre anni agli ayatollah per costruire un ordigno e usarlo contro i propri nemici.Ad ogni modo, l’Alta rappresentante considera che un intervento diretto degli Stati Uniti a fianco dello Stato ebraico “trascinerebbe l’intera regione in un conflitto più ampio e questo non è nell’interesse di nessuno“, ricordando che da Teheran è giunta la disponibilità a fermare i missili se Israele sospende i bombardamenti.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto via Imagoeconomica)Ma Kallas non è stata in grado di definire nello specifico quali iniziative diplomatiche l’Ue abbia in programma, o in quali modi intenda “esercitare pressione” sui belligeranti per ottenere la conclamata de-escalation. Nel frattempo, nonostante il “veto” che Trump sostiene di aver posto su un’operazione simile, le alte sfere di Tel Aviv continuano ad accarezzare l’idea di assassinare la guida suprema iraniana Ali Khamenei.Per quest’ultimo, dicono, potrebbe essere in serbo una sorte simile a quella di Saddam Hussein, il dittatore iracheno deposto e giustiziato in seguito all’invasione del 2003 del Paese del Golfo ad opera della coalizione dei volenterosi – l’originale – guidata dagli Stati Uniti. Un parallelo interessante, considerato che quella guerra fu giustificata con il presunto possesso da parte di Baghdad di armi di distruzione di massa che in realtà non erano mai esistite.Da Gaza a Kiev (e Mosca)I ministri degli Esteri hanno anche discusso, brevemente, della catastrofe umanitaria che continua a consumarsi nella Striscia, messa in secondo piano dall’escalation militare ordinata da Netanyahu. “Non lasceremo cadere l’attenzione su Gaza“, ha ribadito il capo della diplomazia a dodici stelle, ripetendo la necessità che venga “garantito immediatamente l’ingresso degli aiuti umanitari e messo in piedi un cessate il fuoco completo” che includa il rilascio di tutti gli ostaggi. La revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele, su cui stanno lavorando i servizi della Commissione, sarà invece sul tavolo del Consiglio Affari esteri di lunedì prossimo (23 giugno).Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Infine, c’è stato tempo anche per menzionare la guerra in Ucraina. Nelle scorse ore, ha detto Kallas, la Russia ha condotto su Kiev uno dei raid più devastanti da oltre tre anni a questa parte, dimostrando di non essere interessata ad alcuna tregua. Pertanto, taglia corto l’Alta rappresentante, Vladimir Putin non può in alcun modo essere investito del ruolo di mediatore nel conflitto tra Tel Aviv e Teheran, come recentemente suggerito da Trump e, anzi “dobbiamo mantenere la pressione” sul Cremlino.Tradotto: avanti tutta con l’approvazione del 18esimo pacchetto di sanzioni. Che però è destinato a rimanere zoppo, dato che il tycoon ha confermato di non appoggiare una delle sue componenti centrali, cioè l’abbassamento del tetto al prezzo del greggio russo da 60 a 45 dollari al barile (sul quale devono essere d’accordo tutti i partner G7). Secondo Kallas, “dovremmo andare avanti” sul price cap, e l’escalation mediorientale fornisce una ragione in più: “Proteggere la stabilità dei mercati globali dell’energia“. Non è chiaro, tuttavia, come i Ventisette possano implementare autonomamente una misura del genere senza coordinarsi con Washington.

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    Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”

    dall’inviato a Strasburgo – “Una versione vergognosa della nostra umanità si sta dispiegando davanti ai nostri occhi in tempo reale, e i nostri valori globali si stanno sgretolando a un ritmo sconvolgente, con conseguenze devastanti. In nessun luogo ciò è più chiaro che a Gaza“. Il re di Giordania, Abdallah II, affonda il colpo contro il governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Si rivolge all’Aula del Parlamento europeo per parlare di un alleato ormai considerato come ‘ex’, non più sostenibile perché insostenibile in come sta conducendo sempre più la propria lotta contro Hamas.“Ciò che sta accadendo oggi a Gaza viola il diritto internazionale, gli standard morali e i nostri valori comuni“, accusa il sovrano dello Stato arabo. “E stiamo assistendo a una trasgressione dopo l’altra in Cisgiordania, con una situazione che peggiora di giorno in giorno”. In questo Abdallah II invita il Parlamento europeo e l’Ue che rappresenta a prendere una posizione chiara. “Se la nostra comunità globale non agisce con decisione, diventiamo complici della riscrittura del significato dell’essere umani”, afferma riferendosi ai tentennamenti europei. “Se i bulldozer israeliani continuano a demolire illegalmente case, uliveti e infrastrutture palestinesi, allo stesso modo abbatteranno i guardrail che definiscono la condotta morale”.Il re di Giordania prova a scuotere il Parlamento europeo, animato da parlamentari provenienti da Stati diversi, alcuni dei quali ancora non riconoscono ancora la Palestina come Stato. E’ a loro che si rivolge, quando scandisce che “i  palestinesi, come tutti i popoli, meritano il diritto alla libertà, alla sovranità e, sì, anche allo Stato“.Il re di Giordania, Abdallah II, in Parlamento europeo [Strasburgo, 17 giugno 2025]Abdallah II non entra nel merito delle operazioni militari contro la Repubblica islamica, limitandosi a ricordare le implicazioni in termini di instabilità e incertezza che può avere un allargamento del conflitto nella regione. Insiste sulla situazione a Gaza, per inchiodare il governo israeliano alle proprie responsabilità: “Ripensate al 2023: i primi attacchi e raid israeliani contro un ospedale di Gaza scatenarono shock e indignazione a livello globale. Da allora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato quasi 700 attacchi contro le strutture sanitarie di Gaza“. Quindi la stoccata per il Parlamento europeo: “Com’è possibile che ciò che solo 20 mesi fa era considerato un’atrocità sia ora così comune da passare inosservato?” Il re di Giordania chiede un cambio di passo da parte dell’Europa. Lascia all’Unione la riflessione e l’onere delle scelte. “Quest’anno sarà probabilmente un momento di decisioni cruciali per il mondo intero”, scandisce. In tal senso “la leadership europea sarà fondamentale per scegliere la strada giusta”.L’intervento deciso del sovrano arabo finisce con l’animare il dibattito in Aula. Da una parte socialisti, verdi e sinistra radicale, decisi a chiedere linea dura contro il governo di Tel Aviv, A loro si contrappongono i popolari, i conservatori e i sovranisti, al fianco dello Stato ebraico. Mentre i liberali esitano. “Chiediamo alla Commissione Ue di verificare se è stato violato l’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, perché ci sono elementi che suggerirebbero di no”, scandisce la presidente di Re, Valerie Hayer: “Se effettivamente non fosse stato rispettato allora ci sarà da sospenderlo e anche considerare embargo”.La guerra di Israele contro l’Iran mette in ombra la catastrofe di GazaL’articolo citato specifica che le relazioni tra le Parti, e il valore dell’accordo, si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Qualcosa che per i socialisti è stato violato. “Vogliamo sanzioni contro il governo israeliano“, tuona la presidente dei socialisti (S&D), Iratxe Garcia Perez. , convinta che con quanto sta avvenendo a Gaza “si sta violando l’articolo 2 dell’accordo di associazione e dovremmo sospenderlo, imponendo un embargo sulle armi”. Inoltre, gli attacchi in Iran “sono contro il diritto internazionale e pone problemi si stabilità mondiale”.Stessa linea, e ancor più decisa, quella espressa da Manon Aubry (laSinistra): “Il nostro gruppo non vedrà mai il sostegno all’Iran, ma l’Ue giochi il suo ruolo per condannare le violazioni del diritto“. Perché, spiega, “Israele ha attaccato illegalmente l’Iran, in violazione del diritto internazionale”. Una violazione che, denuncia l’europarlamentare francese, “avviene ancora una colta col sostegno dei vertici europei”. Una critica, quest’ultima, diretta alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, incapace di prendere posizione. “L’obiettivo di Netanyahu è la diversione”, continua Aubry. “Il programma nucleare iraniano è un pretesto per far dimenticare che è sotto mandato d’arresto internazionale, che si sta consumando un genocidio a Gaza e creare le condizioni perché non si riconosca più uno stato palestinese”.“Siamo a favore di sanzioni contro il governo israeliano e i suoi membri”, scandisce Bas Eickhut, co-presidente del Verdi. “Siamo supercritici sul ruolo di Israele, e siamo uniti su questo”, e per questo “chiediamo di fermare l’accordo di associazione, perché i diritti umani non sono più rispettati”. Inoltre “vogliamo cessate il fuoco e accesso di aiuti umanitari”.Da sinistra: Iratxe Garcia Perez (presidente dei socialisti), Bas Eickhut (co-presidente dei Verdi), Manon Aubry (co-presidente laSinistra)Decisamente altri i toni usati dal Ppe, con il presidente dei popolari, Manfred Weber, che da una parte ribadisce vicinanza allo Stato ebraico sostenendo che “non vogliamo altra escalation fermo restando il diritto di Israele a difendersi”, e spostando l’attenzione su Teheran: “L’Iran non deve ottenere accesso ad armi nucleari”, dice in conferenza stampa. Solo in seconda battuta arriva la critica per la situazione in corso nei territori palestinesi: “Serve piano accesso degli aiuti umanitari a Gaza, la fame non può essere un’arma“.Nessuna condanna al governo di Netanyahu da parte di Nicola Procaccini, co-presidente dei conservatori europei (Ecr). “Abbiamo visto il ruolo giocato dai droni” nei conflitti in corso, scandisce, puntando il dito contro le attività della Repubblica islamica.

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    Trump, l’elefante nella stanza del G7. Dazi, sanzioni alla Russia, la crisi Israele-Iran: tutto dipende da lui

    Bruxelles – Qualcuno l’ha già ribattezzato ‘G7 meno uno’: il vertice dei sette grandi del mondo alla prova di Donald Trump. In Canada, a Kananaskis, i leader di Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Giappone, Canada ed Unione europea affrontano il presidente degli Stati Uniti in uno dei summit più densi degli ultimi anni. Al nodo delle sanzioni alla Russia si è affiancata la pericolosa escalation tra Israele e Iran. Dietro le quinte, tutti cercano di strappare al tycoon un accordo per mettere fine alla minaccia dei dazi.Sulla linea dura contro Mosca, lo strappo è già consumato. Bruxelles ha messo sul tavolo la misura chiave del diciottesimo pacchetto di sanzioni al Cremlino, la riduzione del tetto massimo del prezzo del petrolio russo da 60 a 45 dollari al barile. L’Ue e il Regno Unito insistono perché la misura sia coordinata con Washington, ma Trump ha finora chiuso la porta: “Le sanzioni ci costano molto denaro”, ha dichiarato durante una conferenza stampa con il premier britannico Keir Starmer, suggerendo che “prima dovrebbero farlo gli europei”. Agli antipodi rispetto agli alleati, Trump ha sostenuto che “buttare fuori” la Russia dal G8 è stato un errore: “Non credo che in questo momento ci sarebbe una guerra, se la Russia fosse stata dentro”, ha spiegato. Dimenticando che Putin venne escluso dalla kermesse proprio in seguito all’invasione e annessione della Crimea nel 2014.Il bilaterale tra Donald Trump e Ursula von der Leyen al G7 a KananaskisDopodiché, il waltzer dei bilaterali per risolvere la questione dei dazi americani. Sorride Starmer, che riesce a finalizzare con Trump un accordo “storico” per limitare la portata delle tariffe reciproche. Poi il presidente americano ha un confronto con Meloni, che gli ribadisce l’importanza di raggiungere un accordo con il blocco Ue, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e con il presidente francese Emmanuel Macron. Incontra anche i leader Ue: Antonio Costa gli regala una maglietta di Cristiano Ronaldo con scritto “Giochiamo per la pace. Come una squadra”, mentre Ursula von der Leyen affronta con il tycoon “questioni critiche, dall’Ucraina al commercio”. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, la presidente della Commissione europea si mostra ottimista in vista della deadline del 9 luglio: “Abbiamo chiesto ai team di accelerare il lavoro per raggiungere un accordo equo e giusto“, afferma in un post su X.Von der Leyen, intervenendo al summit, ha ribadito che “i dazi, indipendentemente da chi li stabilisce, sono in definitiva una tassa pagata da consumatori e imprese in patria”. E “creano incertezza che ostacola gli investimenti e la crescita”. Poi, la leader Ue ammicca a Trump e cerca di individuare un nemico comune. “Quando concentriamo la nostra attenzione sui dazi tra i partner, distogliamo le nostre energie dalla vera sfida, una sfida che ci minaccia tutti”, avverte: la Cina. Von der Leyen ha denunciato la concorrenza sleale di Pechino, sottolineando che “le fonti del più grande problema collettivo che abbiamo hanno origine dall’adesione della Cina al Wto nel 2001”.I leader di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Giappone, Canada ed Unione europea durante i lavori del G7Ammansire Trump, richiamarlo alla compattezza di un tempo – perché il G7 “insieme rappresenta il 45 per cento del Pil mondiale”, prima di sottoporgli una nuova proposta: secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Handelsblatt, la Commissione europea sarebbe pronta ad accettare dazi provvisori del 10 per cento su tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti, se non ci saranno tariffe più elevate su automobili, farmaci e prodotti elettronici. L’Ue sarebbe disposta, in cambio, a ridurre i dazi sui veicoli prodotti negli Stati Uniti e a modificare eventuali ostacoli tecnici o giuridici per facilitare la vendita delle automobili statunitensi in Europa.Poi il colpo di scena: Trump lascia il vertice in anticipo, sembrerebbe per dedicarsi con urgenza, e unilateralmente, alla crisi in Medio Oriente. È lui stesso a smentire, attaccando personalmente Macron, reo di aver “erroneamente affermato” che Trump fosse di ritorno a Washington per lavorare a un cessate il fuoco tra Israele e Iran. “Che lo faccia intenzionalmente o meno, Emmanuel sbaglia sempre”, ha scritto l’inquilino della Casa Bianca sulla sua piattaforma social, Truth. Aggiungendo che “si tratta di qualcosa di molto più importante”.Prima di lasciare il Canada, Trump ha firmato una dichiarazione congiunta per la de-escalation in Medio Oriente, che non lascia però dubbi sull’attribuzione delle responsabilità di quanto sta accadendo nella regione: per le democrazie più influenti del mondo “l’Iran è la principale fonte di instabilità e terrorismo nella regione” ed “Israele ha il diritto di difendersi”. Teheran, ribadiscono i leader, “non potrà mai dotarsi di armi nucleari”. Per i partner europei, la preoccupazione maggiore è “salvaguardare la stabilità dei mercati”, come sottolineato nella dichiarazione. Ma anche qui, la strategia di Trump è decisamente più aggressiva. Il tycoon, di ritorno negli Usa, ha lanciato una pericolosa minaccia a Teheran: rinunciare completamente all’arricchimento dell’uranio o “succederà qualcosa”. Nel frattempo, i ministri degli Esteri dei 27 Ue si sono riuniti proprio questa mattina, convocati dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, per fare un punto sulla situazione. Senza l’elefante nella stanza.

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    La guerra Israele-Iran irrompe nel Parlamento europeo, l’Aula modifica l’agenda dei lavori

    dall’inviato a Strasburgo – Fare il punto su una situazione in Medio Oriente che appare completamente fuori controllo. L’attacco di Israele contro l’Iran non ha lasciato il Parlamento europeo indifferente, con i principali gruppi – popolare (Ppe), socialista (S&D) e liberale (Re) – che chiedono e ottengono una modifica all’agenda dei lavori per un dibattito sul tema. Lo scontro Israele-Iran viene calendarizzato per il pomeriggio di martedi 17 giugno, subito il dibattito previsto sulle nuove regole per i rimborsi dei passeggeri in caso di ritardo aereo.La modifica dell’agenda dei lavori non avviene senza tensioni. Dalle fila de la Sinistra si leva la voce critica di Marc Botenga, che chiede di aggiungere al dibattito una risoluzione con tanto di voto. “Quello di Israele è un atto illegale, criminale e pericoloso“, attacca il belga. “Non si può attaccare un altro Paese” militarmente, “questo è contro la legge”, scandisce in Aula. E poi, spiega, l’attacco condotto dal governo di Benjamin Netanyahu “è criminale perché sono morti bambini” a seguito delle operazioni. In terzo luogo, continua Botenga, “è stata attaccata una centrale nucleare” (quella di Natanz, ndr), il che rende il tutto “pericoloso”.L’europarlamentare solleva un tema, quello dei diritto e dei principi, e l’universalità di questi. Offre un parallelismo di attualità, mettendo a confronto il conflitto in corso in Ucraina con le tensioni crescenti e cresciute in Medio Oriente: “Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina abbiamo condannato, mentre ora la presidente della Commissione europea non ha condannato“, scandisce Botenga, che accende i riflettori sulla questione dei due pesi e delle due misure.Von der Leyen mette nel mirino l’Iran: “Principale fonte di instabilità regionale”C’è anche la pericolosità del principio di fondo. Nel dire che non si può attaccare militarmente ponendosi al di sopra delle regole, Botenga avverte che se il principio si impone a quel punto chiunque può attaccare chiunque, visto che ognuno, all’occhio dell’altro, può rappresentare una minaccia. “Non possiamo continuare a sostenere azioni illegali che vano contro il diritto internazionale“, insiste Botenga.Sempre dai banchi de laSinistra, la francese Rima Hassan condanna Netanyahu e il suo governo per aver fermato in acque internazionali la nave Freedom Flotilla e fermato gli aiuti umanitari diretti a Gaza. “L’azione era illegale e non c’è stata condanna”, denuncia l’europarlamentare, che punta il dito contro il Parlamento europeo: “Il silenzio del Parlamento europeo va contro la credibilità dell’istituzione“, scandisce, prendendosi gli applausi scroscianti di tutto il suo gruppo. La presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, deve intervenire per ristabilire ordine e silenzio in Aula, dove Hassan rincara la dose, accusando pubblicamente Israele di “genocidio e carestia” nella Striscia.L’intervento di Hassan trova la pronta risposta di Jordan Bardella (Rn/PfE): “Questo intervento dimostra ciò che è: non un’eurodeputata ma un’ambasciatrice di Hamas”, l’attacco dell’euro-scettico. Israele dunque non solo irrompe nell’agenda della sessione plenaria, ma divide l’Aula e avverte l’Alta rappresentate per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, attesa a discutere della questione: il clima, anche a Strasburgo, non è dei più distesi.

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    Von der Leyen mette nel mirino l’Iran: “Principale fonte di instabilità regionale”

    Bruxelles – Non più solo dichiaratamente Cina e Russia. Nella lista dei nemici l’Unione europea inserisce pubblicamente anche l’Iran. E’ la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a inserire la Repubblica islamica nella colonna delle nazioni ostili, continuando quell’esercizio iniziato presentando il libro bianco per la difesa che ha ufficialmente fatto di Pechino e Mosca gli attori da cui guardarsi le spalle. Ora, nella cornice del G7 canadese di Kananaskis, ‘frau’ von der Leyen punta il dito contro gli ayatollah.“L’Iran è la principale fonte di instabilità regionale“, scandisce la presidente della Commissione europea che, di fronte agli attacchi missilistici di Israele contro uno stato sovrano, avvenimento tradizionalmente riconosciuto come atto di guerra, si adegua alla linea di Netanyahu e afferma che “Israele ha il diritto di difendersi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al G7 di Kananaskis [16 giugno 2025]Sui valori l’Ue sembra perdersi, ma a l’Unione europea continua ad aver bisogno degli Stati Uniti, e si cerca di tenerli vicini anche attraverso pericolose alleanze in chiave anti-qualcuno. Certo, von der Leyen insiste sulla necessità di pace, e in tal senso ribadisce “l’impegno a trovare una soluzione duratura attraverso un accordo negoziato” con l’Iran, perché “una soluzione diplomatica resta la soluzione migliore a lungo termine per affrontare le preoccupazioni relative al programma nucleare iraniano“. Non dice, o non ricorda von der Leyen, che questi stessi sforzi vennero vanificati dalla rinuncia dal presidente degli Stati Uniti nel 2018, da quello stesso Donald Trump – allora al primo mandato – che lasciò all’Europa il delicato compito di salvare un accordo rimesso in discussione, allontanando Teheran dall’occidente e mostrando l’inquilino della Casa Bianca per ciò che era e ciò che continua a essere, un interlocutore a cui piace riscrivere da solo le regole del gioco e per questo un qualcuno di cui l’Europa non si può fidare.L’Ue arriva al G7 consapevole che guerra in Ucraina e tensioni in Medio oriente non sono fenomeni isolati né casuali quanto correlati. Preoccupa il sostegno di Teheran a Mosca, con droni e soprattutto missili. Un alto funzionario europeo riconosce che quando si parla di Iran “non siamo solo preoccupati per programma nucleare, ma anche per la proliferazione di missili balistici, che possono rappresentare un problema per la nostra sicurezza“. Lo ribadisce anche von der Leyen dal Canada: “Abbiamo espresso la nostra profonda preoccupazione per i programmi nucleari e missilistici balistici dell’Iran”. Oggi, denuncia ancora la tedesca, “lo stesso tipo di droni e missili balistici progettati e realizzati dall’Iran stanno colpendo indiscriminatamente città in Ucraina e Israele“. Ecco perché l’Iran non è un Paese amico.Cina e Russia, accuse e sanzioniVon der Leyen lo dice ai partner del G7, a cominciare dagli Stati Uniti di cui c’è un disperato bisogno. Trump saprà ascoltare? Lei ci prova, strizzando l’occhiolino e provando a compattare il gruppo contro gli ‘altri’: “Tutti i paesi del G7 si trovano ad affrontare pratiche commerciali aggressive da parte di economie non di mercato“. Velate accusa alla Cina, tralasciando i dazi degli Stati Uniti.A Trump e partner del G7 von der Leyen chiede poi unità nella risposta contro Mosca e il suo ‘zar’ Vladimir Putin: “Dobbiamo esercitare maggiore pressione sulla Russia affinché garantisca un vero cessate il fuoco, la riporti al tavolo dei negoziati e ponga fine a questa guerra”. In tale ottica “le sanzioni sono fondamentali”. La presidente dell’esecutivo comunitario assicura che “stanno funzionando”, e a riprova di ciò ricorda che “i ricavi russi dal petrolio e dal gas sono diminuiti di quasi l’80 per cento dall’inizio della guerra”. L’Ue lavora a un 18esimo pacchetto di sanzioni. “Inviterò tutti i partner del G7 a unirsi a noi in questa impresa”, conclude von der Leyen.

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    Ue-Svizzera, passi avanti per il rinnovo degli accordi su mercato unico e cooperazione

    Bruxelles – Dopo negoziati lunghi quasi un anno, oggi (13 giugno) la Commissione europea ha messo sul tavolo dei Paesi membri un pacchetto di accordi che dovrebbero inquadrare il rapporto tra l’Ue e la Svizzera. Modernizzarlo, rafforzarlo e ampliarne la portata. Dall’accesso al mercato unico, alla cooperazione in materia di salute, sicurezza alimentare ed energetica, l’obiettivo è “liberare tutto il potenziale” delle relazioni tra i due partner “a chiaro vantaggio di entrambe le parti“.Parola di Maros Sefcovic, commissario europeo per il Commercio, che ha guidato le negoziazioni con la Repubblica federale. “L’Unione europea e la Svizzera sono più che semplici vicini: siamo partner economici, alleati geopolitici e ora ribadiamo il nostro impegno comune ad aprire un nuovo capitolo nelle nostre relazioni”, ha esultato Sefcovic. A livello politico, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la presidente della Confederazione svizzera Viola Amherd avevano concluso i negoziati già a dicembre.Ursula von der Leyen e Viola Amherd, 20/12/25 [Ph European Commission]Il pacchetto ora al vaglio dei Paesi membri – e del Parlamento di Berna – per la ratifica, verte essenzialmente sulla modernizzazione di cinque accordi originariamente firmati nel 1999, che garantiscono alla Svizzera l’accesso al mercato interno dell’Ue nei settori dei trasporti aerei e terrestri, della libera circolazione delle persone, della valutazione della conformità e del commercio di prodotti agricoli.Inoltre, il pacchetto introduce un’intesa per istituire uno spazio comune per la sicurezza alimentare e un accordo in materia di salute, volto a rafforzare le risposte congiunte alle minacce transfrontaliere. Inoltre, quest’ultimo consentirà alla Svizzera di sedere al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e partecipare al sistema di allarme rapido e di reazione. Un nuovo accordo sull’elettricità garantirà invece alla Svizzera l’accesso al mercato elettrico dell’Ue.Berna ha garantito un contributo “regolare ed equo” alla coesione economica e sociale dell’Unione, messo nero su bianco da un accordo finanziario, e beneficerà della partecipazione ai programmi comuni su ricerca e formazione, energia, mobilità, salute e via dicendo. Una serie di disposizioni transitorie consentono già alle entità svizzere di partecipare ai bandi dal primo gennaio 2025. L’accordo finanziario prevede che la Svizzera versi un pagamento annuale di 375 milioni di euro per il periodo compreso tra l’entrata in vigore del pacchetto e il 2036. A ciò si aggiunge un pagamento annuale di circa 140 milioni di euro a partire dalla fine del 2024.Infine, il pacchetto prevede un accordo sulla cooperazione spaziale che consentirà alla Svizzera di partecipare alle attività del programma spaziale dell’Ue, in particolare quelle relative alle componenti Galileo ed EGNOS, tramite l’Agenzia spaziale dell’Ue.

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    Israele attacca l’Iran: “Stanno costruendo la bomba”. L’Ue non condanna Tel Aviv ma esorta alla de-escalation

    Bruxelles – Israele alza la posta e allarga la già acuta crisi in Medio Oriente, attaccando direttamente l’Iran. La notte scorsa, Tel Aviv ha avviato un’azione militare su larga scala contro il suo storico rivale regionale che, nelle parole dello stesso Benjamin Netanyahu, durerà per tutto il tempo necessario. Con i suoi “attacchi preventivi”, lo Stato ebraico starebbe puntando ad impedire alla Repubblica islamica di costruire la bomba nucleare. Dall’Ue arrivano reazioni miste, ma tutti esortano le parti ad impegnarsi nella de-escalation.L’attacco di Tel Aviv (e la risposta di Teheran)Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, le forze armate israeliane (Idf) hanno avviato una pesante campagna di bombardamenti sull’Iran, allargando pericolosamente l’escalation militare all’intera regione mediorientale. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato l’operazione Leone rampante come un’azione preventiva per garantire la sicurezza dello Stato ebraico, che sarebbe minacciata dall’avanzamento del programma nucleare militare di Teheran.Moments ago, Israel launched Operation “Rising Lion”, a targeted military operation to roll back the Iranian threat to Israel’s very survival.This operation will continue for as many days as it takes to remove this threat.——Statement by Prime Minister Benjamin Netanyahu: pic.twitter.com/XgUTy90g1S— Benjamin Netanyahu – בנימין נתניהו (@netanyahu) June 13, 2025L’operazione continuerà “per tutti i giorni necessari”, ha dichiarato Netanyahu (sul cui capo pende dallo scorso novembre un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale): se lasciata incontrollata, sostiene, “la crescente gittata dei missili balistici iraniani porterebbe l’incubo nucleare nelle città europee e, alla fine, anche in America“.L’esercito di Tel Aviv ha fatto alzare in volo più di 200 aerei, colpendo un centinaio di obiettivi tra siti nucleari (incluso quello di Natanz, il più grande del Paese), impianti missilistici e della contraerea, depositi di armi ma anche zone residenziali in tutta la Repubblica islamica. L’Idf ha confermato di aver assassinato “i tre più alti comandanti militari” di Teheran, tra cui il comandante delle Guardie rivoluzionarie Hossein Salami e il capo di Stato maggiore dell’esercito Mohammad Bagheri, nonché una mezza dozzina di scienziati sospettati di avere un ruolo chiave nell’arricchimento dell’uranio degli ayatollah.Per l’ennesima volta, Tel Aviv aumenta così drasticamente la tensione nell’intera regione, dopo oltre un anno e mezzo di crimini di guerra e contro l’umanità portati avanti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania accompagnati da bombardamenti a tappeto e incursioni terrestri in Libano e Siria.Uno degli edifici colpiti dagli attacchi israeliani a Teheran, il 13 giugno 2025 (foto: Atta Kenare/Afp)In risposta ai bombardamenti notturni, Teheran ha promesso un’immediata rappresaglia che è in effetti già in corso, affidata ad almeno un centinaio di droni. Il leader supremo Ali Khamenei ha annunciato “una punizione severa”, mentre l’esercito iraniano ha parlato di una risposta “letale”. Israele è entrato stamattina in lockdown, con le strade delle principali città deserte e le autorità che suggeriscono agli abitanti di rimanere chiusi in casa e dotarsi di scorte di cibo sufficienti per un paio di settimane. Lo Stato ebraico e la vicina Giordania stanno al momento intercettando i droni iraniani nei rispettivi spazi aerei.Le reazioni dai leader mondiali e dall’UeNelle ultime ore si sono moltiplicate le reazioni da parte dei leader mondiali, che richiamano entrambi i Paesi alla moderazione per prevenire l’ennesima, devastante escalation. La Turchia condanna le “azioni aggressive” di Israele, mentre il premier britannico Keir Starmer (il cui governo ha recentemente sanzionato due membri dell’esecutivo israeliano) ha definito “preoccupanti” gli attacchi.Dai vertici dell’Ue arrivano commenti decisamente più indulgenti. Per la presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen, tutte le parti devono “dare prova di massima moderazione, allentare immediatamente la tensione e astenersi da ritorsioni“. Un messaggio replicato anche dal presidente del Consiglio europeo, António Costa, secondo cui “è necessario evitare un’ulteriore pericolosa escalation“, mentre l’Alta rappresentante Kaja Kallas si dice “pronta a sostenere qualsiasi sforzo diplomatico volto a ridurre la tensione“. I portavoce della Commissione e del Servizio di azione esterna (Seae) hanno confermato di essere in contatto con entrambe le parti (Kallas avrebbe avuto un colloquio in mattinata con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar), ma si sono rifiutati di fornire “qualsiasi valutazione sulla compatibilità degli attacchi israeliani con il diritto internazionale“.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)Più critici gli eurodeputati italiani di centro-sinistra, che da qualche tempo stanno alzando la voce sulla necessità che Bruxelles sospenda l’accordo di associazione con Tel Aviv: quest’ultimo si trova attualmente in fase di revisione, ma per metterlo in pausa serve l’unanimità dei Ventisette, che rimane una chimera. Pierfrancesco Maran (Pd) suggerisce di “interrompere le forniture militari ad Israele“, mentre il suo gruppo (S&D) si limita a chiedere la sospensione delle relazioni commerciali con lo Stato ebraico. Leoluca Orlando (Avs) predice “effetti più imprevedibili ed estesi di quelli della guerra in Ucraina“, bollando l’esecutivo di Netanyahu come “un insulto alla cultura ebraica”.Per la delegazione del M5s, “Israele usa le bombe (metà delle quali sono prodotte in Europa, ndr) per sfidare il diritto internazionale e mettere in pericolo la sicurezza globale“, e Bruxelles dovrebbe smettere “di tollerare l’arroganza del governo Netanyahu“. Il gruppo dei pentastellati a Strasburgo, la Sinistra, chiede l’embargo sulle armi, la sospensione immediata dell’accordo di associazione Ue-Israele e di dare seguito al mandato di arresto emesso dalla Cpi.La posizione di Washington (e gli avvertimenti dell’Aiea)Diversamente dal solito, l’amministrazione statunitense – avvertita in anticipo dell’attacco – ha cercato di distanziarsi dalle azioni di Tel Aviv, sottolineando che si è trattato di una decisione unilaterale. “Non siamo coinvolti in attacchi contro l’Iran e la nostra priorità è proteggere le forze americane nella regione”, si legge in una nota diffusa da Marco Rubio, il capo della diplomazia a stelle e strisce, che insolitamente non include nessuna generica formula di sostegno allo Stato ebraico.La relativa freddezza dello zio Sam (tradizionalmente il più solido alleato dello Stato ebraico) sarebbe dovuta al fatto che Donald Trump nutriva ancora delle speranze di poter raggiungere un accordo con la dirigenza iraniana sul suo programma nucleare. I colloqui tra le parti vanno avanti da mesi ma si stavano arenando nelle ultime settimane, anche se il tycoon sembra sperare ancora in una ripresa delle trattative con la Repubblica islamica. Il sesto round di negoziati era previsto per questo weekend, ma gli eventi di stanotte hanno probabilmente azzerato ogni possibilità di raggiungere una svolta in tempi brevi.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Roberto Schmidt/Afp)Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), ha reiterato gli appelli alla moderazione per evitare un disastro nucleare nella regione e si è reso disponibile “a recarmi sul posto al più presto per valutare la situazione e garantire la sicurezza, la protezione e la non proliferazione in Iran”. Giusto ieri, l’agenzia dell’Onu ha censurato per la prima volta in 20 anni il governo di Teheran, sostenendo che le autorità iraniane non stanno rispettando i loro impegni per quanto riguarda le “salvaguardie nucleari internazionali“.Nel 2015, l’Iran aveva siglato uno storico accordo multilaterale mediato dall’Ue sul proprio programma nucleare, noto come Joint common plan of action (Jcpoa), che prevedeva tra le altre cose un controllo internazionale sull’arricchimento dell’uranio della Repubblica islamica, permesso unicamente per usi civili. Il trattato è poi saltato nel 2018, durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca. Dal Berlaymont si ribadisce che “l’Ue non abbandona il Jcpoa“.

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    A Roma il vertice Weimar Plus in sostegno di Kiev. Rutte: “All’Aia la Nato concorderà il 5 per cento”

    Bruxelles – Sostegno incrollabile all’Ucraina e aumento delle spese per la difesa in ambito Nato. Sono i punti principali affrontati alla riunione del gruppo Weimar Plus, presieduto oggi a Roma da Antonio Tajani. Sul nuovo target del 5 per cento dell’Alleanza nordatlantica, il vicepremier forzista assicura l’impegno dell’Italia ma chiede più flessibilità. Nel frattempo, l’Ue spinge per adottare nuove sanzioni contro il Cremlino.I pesi massimi della difesa europea si sono riuniti oggi (12 giugno) a Villa Madama, a Roma, per discutere di sostegno a Kiev e di sicurezza euro-atlantica, inclusi i nuovi impegni di spesa militare dell’Alleanza nordatlantica. Alla Farnesina, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha accolto gli omologhi di Francia, Germania, Polonia, Spagna, Regno Unito e Ucraina, insieme all’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas e, per la prima volta, alla presenza del Segretario generale della Nato Mark Rutte.Focus sulla difesaSul versante sicurezza, il tema centrale è senza dubbio la necessità di aumentare massicciamente le spese militari nel Vecchio continente. Nella loro dichiarazione congiunta, i ministri hanno riconosciuto che gli alleati europei devono “assumersi maggiori responsabilità all’interno della Nato” e auspicato “un ambizioso rafforzamento delle capacità di difesa europee, intensificando in modo flessibile e sostenibile le spese per la sicurezza e e la difesa nazionali“.A Villa Madama con i Ministri dei Paesi Weimar+ per un importante confronto sulla sicurezza euroatlantica e sul sostegno all’#Ucraina.Abbiamo concordato di rafforzare il nostro impegno per un’Europa più forte, capace di difendere i propri cittadini e di contribuire alla pace e… pic.twitter.com/6IC639JRDc— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) June 12, 2025Il riferimento è duplice. Da un lato, c’è il colossale piano ReArm Europe proposto dall’esecutivo comunitario: fino a 800 miliardi di potenziali investimenti nazionali da parte dei Ventisette (derivanti dal rilassamento delle regole del Patto di stabilità) più altri 150 miliardi in appalti congiunti dal fondo Safe, cui potranno partecipare anche Paesi extra-Ue come Regno Unito e Ucraina.Dall’altro lato, c’è il nuovo obiettivo del 5 per cento che sta per essere concordato dai leader dell’Alleanza al summit dell’Aia, in calendario per fine mese. Ma la parola d’ordine, appunto, è flessibilità. A sottolinearlo è lo stesso padrone di casa: “L’Italia è favorevole” ad alzare l’asticella, ha dichiarato il vicepremier, “ma bisogna programmarlo in almeno 10 anni“. Il Belpaese ha raggiunto solo recentemente il target del 2 per cento deciso nel 2014.Sul nodo cruciale delle tempistiche è arrivata la sponda di Rutte, che prima della ministeriale ha incontrato Giorgia Meloni per un bilaterale. “Non ho comunicato nulla riguardo a una data di scadenza” per tradurre in pratica il nuovo target (composto da 3,5 punti di Pil per le spese militari e un ulteriore 1,5 per cento in investimenti collegati in senso lato alla sicurezza), ha affermato il capo della Nato, in un’apertura agli alleati coi conti pubblici sotto pressione come l’Italia.La premier italiana Giorgia Meloni accoglie a Palazzo Chigi il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, il 12 giugno 2025 (foto: Chigi)Ma non c’è dubbio, ha tenuto il punto l’ex premier olandese, sulla necessità di “spendere di più” e di farlo massicciamente, a partire dalla produzione di munizioni e dall’aumento delle capacità di difesa antiaeree. Perché, sostiene, la Russia potrebbe attaccare direttamente il territorio Nato “entro il 2029 o al massimo al 2030”. Tutti d’accordo: per il titolare degli Esteri tedesco Johann Wadephul, “la capacità di difesa non deve essere un dibattito teorico, è un’amara necessità”, mentre Kallas ha ribadito che “un’Europa più forte significa anche una Nato più forte“.Sostegno a Kiev (e sanzioni su Mosca)Quanto al dossier Ucraina, i partecipanti hanno ribadito il sostegno al Paese aggredito, accogliendo con favore “gli sforzi di pace guidati dagli Stati Uniti e i recenti colloqui” tra le squadre negoziali di Kiev e Mosca (l’ultimo a Istanbul a inizio mese) ma deplorando l’approccio tutt’altro che costruttivo di Vladimir Putin.“Siamo pronti per la pace, vogliamo finire la guerra quest’anno“, ha dichiarato il titolare degli Esteri di Kiev, Andrij Sybiha. Ma, secondo il suo omologo polacco Radoslaw Sikorski, lo zar “si sta prendendo gioco” delle aperture concesse sia da Volodymyr Zelensky sia da Donald Trump (la cui mediazione non sembra finora portare da nessuna parte).Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per costringere l’inquilino del Cremlino a sedersi al tavolo delle trattative, i partecipanti al vertice odierno hanno ribadito la “disponibilità a intensificare la pressione sulla Russia“, anche ricorrendo all’imposizione di nuove sanzioni. In tal senso si sta già lavorando a Bruxelles, dove gli ambasciatori dei Ventisette stanno discutendo sul 18esimo pacchetto presentato a inizio settimana dalla Commissione.Sulle nuove misure – che vanno adottate all’unanimità dalle cancellerie – aleggia il veto del primo ministro slovacco Robert Fico, ufficialmente per timori relativi alla sicurezza energetica di Bratislava. Da Roma, Kallas si è detta “abbastanza ottimista su un accordo finale“, mentre i portavoce del Berlaymont continuano a ripetere che “la Commissione discute costantemente con gli Stati membri” su come le sanzioni possano “funzionare nell’interesse di tutti”.