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    I leader Ue chiedono una “pausa umanitaria immediata” a Gaza

    Bruxelles – I capi di stato e di governo dell’Ue trovano un linguaggio comune sulla “tragedia umanitaria” a Gaza. È già una notizia, perché non succedeva dal 26 ottobre, neanche tre settimane dopo l’inizio del conflitto tra Israele e Hamas. A distanza di cinque mesi, quell’appello a “corridoi o pause umanitarie” si è trasformato nella richiesta di “una pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco sostenibile”.L’unanimità ha un costo, e sulla crisi in Medio Oriente è evidentemente quello di andare al ribasso. “So che c’è voluto bisogno di tempo per trovare unità, ma questa sera dimostriamo di poter giocare un ruolo positivo“, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella conferenza stampa a margine dei lavori. Ma nel momento in cui gli Stati Uniti stanno per proporre una risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu in cui per la prima volta chiedono di cessare le ostilità nella Striscia, la dichiarazione finale dei 27 sembra già superata. Con tanta pace dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, e del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che in mattinata avevano utilizzato toni ben più duri su Israele.L’aveva già denunciato il primo ministro belga, Alexander De Croo, al suo arrivo al vertice: “L’Ue deve essere leader, non seguire”. Proprio in riferimento al “buon esempio” di Washington, che dopo aver posto il veto diverse volte a risoluzione che chiedevano di deporre le armi, domani per la prima volta non anteporranno la liberazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas alla richiesta di mettere fine ai bombardamenti sulla popolazione civile palestinese. Lo stesso De Croo, a margine del Consiglio, ha ammesso che “il fatto che gli Stati Uniti stiano adottando questa posizione ha fatto la sua parte“.Nel capitolo dedicato al Medio Oriente della tradizionale dichiarazione a 27 che chiude il vertice europeo, l’Ue “esorta” il governo israeliano a non intraprendere un’operazione di terra a Rafah, “chiede” di garantire la fornitura di assistenza umanitaria, “sottolinea” l’importanza di rispettare e attuare le misure provvisorie richieste dalla Corte internazionale di Giustizia per impedire un genocidio a Gaza. Di condanne, c’è la sacrosanta condanna “nei termini più forti possibili” delle atrocità perpetrate da Hamas il 7 ottobre e quella della violenze commesse dai coloni israeliani estremisti in Cisgiordania. Ma non dei bombardamenti israeliani che hanno causato oltre 30 mila vittime, di cui la maggior parte donne e minori, e nemmeno degli ostacoli all’ingresso degli aiuti umanitari, che stanno portando 2 milioni di persone sull’orlo di una carestia.

    Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa, 21/03/24I capi di stato e di governo dell’Ue hanno espresso “profonda preoccupazione per la catastrofica situazione umanitaria a Gaza e per il suo effetto sproporzionato sui civili, in particolare sui bambini, nonché per l’imminente rischio di carestia“. Rispetto all’ultima bozza delle conclusioni del Consiglio europeo, hanno avuto l’ardire di aggiungere: “Causata dall’ingresso insufficiente di aiuti a Gaza”.Michel ha insistito che “bisogna fare tutto il possibile per convincere, per assicurarsi che ci sia una reale possibilità di accesso umanitario”. E ha ribadito l’unità dei 27 nel supporto al “ruolo essenziale” svolto dall’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) nella regione. Un’unità che – anche qui – dovrà essere confermata non solo a parole dai Paesi Ue che ancora non hanno sbloccato i fondi all’Agenzia dopo le accuse di complicità con Hamas mosse da Israele contro una decina di dipendenti dell’Unrwa. Tra cui Italia e Germania.

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    Ucraina, l’Ue promette di velocizzare consegne militari ma non c’è accordo su come finanziarle

    Bruxelles – Più sostegno sul campo attraverso la velocizzazione delle consegne militari, anche attraverso l’eventuale utilizzo degli extra-profitti generati dai beni russi congelati in Europa e la linea dura contro i Paesi terzi che aiutano la Russia a mantenere attiva la propria macchina da guerra aggirando le sanzioni. I capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’Ue vengono incontro alla richieste del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, promettendo quanto prima più munizioni, pezzi di artiglieria e sistemi di difesa anti-aerea. Un modo per rispondere alle critiche e alle accuse per un’alleanza, quella con l’Ue, considerata a Kiev come “umiliante“.Le conclusioni del primo giorno di vertice del Consiglio europeo ribadiscono l’impegno incondizionato all’Ucraina. “La Russia non deve vincere“, il messaggio politico fermo messo nero su bianco dai leader, e per questo l’Unione si dice “determinata a continuare a fornire tutto il sostegno politico, economico, finanziario, militare, umanitario e diplomatico per tutto il tempo necessario“. Si riconosce la penuria e quindi la necessità di rifornimento di munizioni e sistemi di difesa anti-aerea, per cui i Ventisette si impegnano a “velocizzare e intensificare la fornitura di tutta l’assistenza militare necessaria“.Il vero nodo resta quello pratico, vale a dire finanziario, che si scontra con le necessità e le tempistiche. Servono soldi che l’Ue non ha per far ripartire l’industria bellica europea, e i leader europei lasciano il tavolo senza alcuna soluzione pratica. Invitano Commissione e ministri competenti a “esplorare tutte le opzioni” per mobilitare finanziamenti, e fare il punto della situazione “a giugno”, in occasione del vertice del consiglio Europeo di fine mese (27 e 28 giugno). Vuol dire concedere altri tre mesi all’armata russa, durante i quali gli europei continueranno, verosimilmente, a non far partire le commesse necessarie per rifornirsi e rifornire l’Ucraina.Le conclusioni sulla difesa stridono con i proclami e gli impegni scritti nelle conclusioni dedicate all’Ucraina. Vanno inoltre lette con attenzione. “Esplorare tutte le opzioni” può far intendere che l’idea di eurobond per la difesa, e quindi creazione di debito comune per stimolare l’industria del settore, non sia del tutto esclusa. Ma nel linguaggio dei tecnici gli eurobond sono riferiti a “soluzioni innovative”, riferimento scomparso dalla conclusioni. Tra chi vorrebbe eurobond (Italia, Estonia, Lituania, Spagna) e chi invece preferisce guardare gli strumenti esistenti, preferibilmente nel bilancio comune (Germania, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia), sembra prevalere la linea di questi ultimi.Quello che ottiene Zelensky è la disponibilità dell’Unione a valutare “anche la possibilità di sostegno al finanziamento militare” attraverso l’uso degli extra-profitti derivanti dai beni russi congelati in Europa. Una proposta su cui si dovrà continuare a lavorare perché ci sia una base giuridica solida che eviti l’avvio di cause, ricorse, e le conseguenti impossibilità di aiutare militarmente Kiev e paralizzare i sistemi di giustizia nazionali. Se tutto va bene, azzarda la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, tramite extra-profitti potrebbe arrivare a Kiev “un miliardo di euro già l’1 luglio”.Resta ferma l’intenzione di fare della Banca europea per gli investimenti uno strumento utile alla causa, e aprire la strada a prestiti e finanziamenti per l’industria della difesa. Si chiede alla Bei di “adattare la propria politica” di prestiti e di “adattare la sua attuale definizione di bene a duplice-uso“. Sono proprio queste tecnologie ‘duali’ a uso civile e militare la chiave per poter aprire i rubinetti.L’Unione europea ci prova, ma ancora una volta è attesa alla prova dei fatti. Pesa l’assenza di una difesa comune, e un’Europa ancora troppo confederale. “Il sostegno militare e l’impegno alla sicurezza saranno forniti nel pieno rispetto  della politica di sicurezza e difesa di determinati Stati membri e tenendo conto degli interesse nella sicurezza e nella difesa di tutti gli Stati membri”. Vuol dire che il rischio di procedere in modo disordinato è ancora sul tavolo, e questo potrebbe giocare a favore di Putin.

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    È il giorno della Bosnia ed Erzegovina. Il Consiglio Europeo sblocca la strada per l’adesione Ue

    Bruxelles – L’endorsement è arrivato e oggi si può dire che “lo slancio e la finestra attuale di opportunità” è stata colta. I 27 leader Ue hanno deciso questa sera (21 marzo) di dare il via libera all’avvio dei negoziati di adesione con la Bosnia ed Erzegovina, appoggiando all’unanimità l’esortazione dei 7 Paesi membri più aperturisti (tra cui l’Italia) di permettere a Sarajevo di “incamminarsi saldamente sulla strada dell’Unione Europea”. È a tutti gli effetti un giorno storico per la Bosnia ed Erzegovina – anche se la svolta è ‘solo’ politica e non veramente tecnica – considerato il fatto che è da otto anni che il Paese balcanico attende alla porta dell’Unione.

    Da sinistra: la presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina, Borjana Krišto, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles MichelSulla base della raccomandazione positiva della Commissione Europea arrivata lo scorso 12 marzo, il Consiglio Europeo ha dato il suo sostegno all’apertura dei negoziati di adesione Ue, anche se va rimarcato che il lavoro più complesso arriva probabilmente solo adesso. Perché i Ventisette invitano sì la Commissione a preparare il quadro negoziale per la Bosnia ed Erzegovina, ma solo “nel momento in cui saranno prese tutte le misure pertinenti” – come si legge nelle conclusioni del Consiglio Europeo – indicate nella raccomandazione specifica del Pacchetto Allargamento Ue 2022. La palla passa dunque di nuovo a Sarajevo, che dovrà portare a compimento le 8 priorità, e solo a seguire la Commissione potrà mettere a terra il quadro negoziale da adottare all’unanimità in Consiglio Affari Generali (che riunisce i 27 ministri degli Affari Europei). Solo allora saranno davvero avviati a livello formale i negoziati di adesione Ue per la Bosnia ed Erzegovina.“Il vostro posto è nella nostra famiglia europea, la decisione odierna rappresenta un passo avanti fondamentale nel vostro cammino verso l’Ue”, è l’annuncio del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, che ha postato su X una foto con la la presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina, Borjana Krišto (contattata poco prima del via libera da Bruxelles). “Ora il duro lavoro deve continuare per far sì che la Bosnia ed Erzegovina avanzi costantemente, come vuole il vostro popolo”, ha aggiunto Michel. Anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha accolto “con favore” quella che ha definito in conferenza stampa una “decisione storica” dei 27 leader Ue: “La Bosnia ed Erzegovina ha fatto enormi passi avanti verso l’Unione, nell’ultimo anno è stato fatto di più dei dieci anni precedenti”. A oggi il Paese balcanico “è completamente allineato a livello di governance, politica estera, di sicurezza e di difesa“, ha confermato von der Leyen, che ha rimarcato anche “progressi importanti nell’adozione di testi di legge cruciali, sulla gestione della migrazione e sul dialogo e la riconciliazione”. Ora la speranza è che “la decisione di oggi porti a nuovi ulteriori progressi” nel percorso di avvicinamento della Bosnia ed Erzegovina all’Unione. “È un passo importante per avvicinare il Paese all’Ue, un’Unione allargata significa un’Unione più forte”, ha rimarcato la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola.Oltre la Bosnia, a che punto è l’allargamento UeSui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e ora attende solo l’avvio formale dei negoziati di adesione. Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.

    Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Come funziona il processo di adesione Ue

    Il processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.

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    A Gaza “il fallimento dell’umanità”. Borrell e il segretario dell’Onu Guterres chiedono all’Ue un messaggio forte su Israele

    Bruxelles – Quello che sta accadendo a Gaza è “il fallimento dell’umanità”. Non ha ancora finito le parole l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che da cinque mesi è la voce più critica nelle istituzioni Ue sulle operazioni militari israeliane per annientare Hamas. Quelle scelte oggi, al suo arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles, sono tra le più pesanti e non arrivano per caso: i capi di stato e di governo sono chiamati ad andare oltre la posizione sul conflitto concordata a ottobre. E in ballo c’è la richiesta di “una pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco sostenibile“, recita l’ultima versione delle conclusioni del vertice.Potrebbe sembrare ancora troppo poco, alla luce degli appelli alla cessazione delle ostilità che si moltiplicano da mesi da parte di una buona fetta della comunità internazionale. Ma il conflitto a Gaza ha dimostrato la difficoltà dei 27 a cantare all’unisono quando si parla di politica estera. “Sono felice che oggi il Consiglio approvi delle conclusioni che vanno ben oltre le precedenti di ottobre”, ha confermato Borrell. Oltre a limare l’appello per abbassare le armi, i governi nazionali ribadiranno la richiesta di liberazione degli ostaggi e “mostreranno una forte preoccupazione” per la situazione della popolazione civile.Una situazione “inaccettabile” secondo il capo della diplomazia Ue. Oltre 31 mila vittime e il rischio di una carestia imminente “non sono una crisi umanitaria, ma il fallimento dell’umanità“. Che per Borrell ha una solo via d’uscita: “Israele deve rispettare la popolazione civile e permettere l’ingresso di aiuti a Gaza”. Visibilmente contrariato, Borrell ha elencato tutto ciò che Tel Aviv non sta facendo: “C’è un aeroporto a un’ora di macchina da dove stiamo paracadutando gli aiuti, ma è chiuso. Stiamo costruendo un porto, anche se a Gaza un porto c’è già. Ma è chiuso. E le frontiere di terra sono aperte così poco che i rifornimenti non entrano”.Per convincere i capi di stato e di governo che è il momento di lanciare un messaggio forte a Tel Aviv, è intervenuto in apertura al vertice il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Un alto funzionario Ue ha riferito di un colloquio di due ore e mezzo tra i leader e il segretario dell’Onu. “Positivo, franco”, nel quale i 27 hanno appoggiato integralmente le preoccupazioni di Guterres. Che ha fatto il punto della situazione sull’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e sulla distribuzione di aiuti umanitari. I leader Ue dovrebbero riaffermare al vertice che “i servizi forniti dall’Unrwa a Gaza e in tutta la regione sono essenziali”.Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel con Antonio Guterres“Viviamo in un mondo caotico, con superpotenze che si combattono e situazioni di impunità dove Paesi o gruppi armati pensano di poter fare quello che vogliono perché non ne devono rispondere”, ha dichiarato Guterres al suo arrivo a Bruxelles. Ribadendo i principi che guidano il diritto internazionale, ha insistito sull’importanza di fugare ogni dubbio sull’applicazione di doppi standard in Ucraina e a Gaza. “Gli stessi motivi per cui crediamo che in Ucraina sia essenziale una pace pienamente in linea con il diritto internazionale, crediamo che sia necessario un cessate il fuoco a Gaza”. E allo stesso modo, “come abbiamo condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, condanniamo il fatto che stiamo assistendo a un numero di vittime civili a Gaza senza precedenti”.Una svolta potrebbe arrivare proprio dal palazzo di vetro di New York: gli Stati Uniti hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu in cui per la prima volta Washington non antepone la liberazione degli ostaggi al cessate il fuoco, ma li mette sullo stesso piano. L’ha sottolineato Borrell, l’ha ribadito anche il primo ministro belga, Alexandre De Croo: “È ora di essere chiari, di chiedere un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi e di mettere tutti sulla strada dei negoziati per la soluzione dei due Stati. Quello che gli Stati Uniti hanno presentato ieri al Consiglio di Sicurezza è un buon esempio”, ha dichiarato prima dei lavori.Sulla stessa linea Madrid, con Pedro Sanchez che ha parlato della “necessità di arrivare a un cessate il fuoco e di aprire la porte a aiuti umanitari proporzionati alla catastrofe umanitaria di Gaza”. Si avvicina a questa posizione anche Berlino: “Per noi è molto chiaro che abbiamo bisogno di un cessate il fuoco più duraturo”, ha confermato il cancelliere Olaf Scholz. Mentre l’olandese Mark Rutte ha preferito insistere perché “tutta l’enfasi sia posta sui colloqui per ottenere una pausa di sei settimane nei combattimenti, in modo che gli ostaggi possano uscire e gli aiuti massicci possano arrivare”. Colloqui attualmente in corso in Egitto, mediati da Stati Uniti e Qatar.L’Alto rappresentante Borrell ha infine confermato che inviterà alla prossima riunione dei ministri degli Esteri Ue il loro omologo israeliano, Israel Katz, perché “spieghi cosa sta facendo Israele”. Ma allo stesso tempo, l’Ue “deve analizzare cosa sta accadendo”, e Borrell lo farà insieme al rappresentante speciale Ue per i diritti umani. In modo da poter riferire ai ministri degli Esteri dei 27 e mettere pressione su Tel Aviv. “Israele ha diritto di difendersi, non di vendicarsi”, ha concluso il capo della diplomazia Ue.

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    Zelensky attacca gli alleati: “Umiliante l’aiuto su artiglieria, Ue può dare di più”

    Bruxelles – L’Unione europea fa poco. Il presidente dell’Ucraina, Volodymir Zelensky, ringrazia i capi di Stato e di governo dell’Ue per il sostegno, prezioso, ma considerato ipocrita. Di più: “Umiliante”. Perché non aiuta fino in fondo, e anzi le ‘briciole’ che l’Ue mette a disposizione per la risposta militare di Kiev all’aggressore russo aiutano il Cremlino. Irrompe nel vertice del Consiglio europeo, Zelensky, per un affondo che è un richiamo alla responsabilità. I ritardi nella consegna delle munizioni non vanno giù al leader ucraino.“Le munizioni sono una questione vitale” per rispondere all’avanzata russa, ricorda Zelensky. “Purtroppo, l’uso dell’artiglieria in prima linea da parte dei nostri soldati è umiliante per l’Europa, nel senso che l’Europa può dare di più. Ed è fondamentale dimostrarlo adesso”. Il presidente ucraino non nasconde il suo malumore per un’Europa vicina molto a parole, ma troppo poco nella pratica. L’Ue aveva promesso un milione di pezzi di artiglieria entro fino 2023, per poi ammettere di non essere in grado di tenere fede agli impegni assunti e auspicabilmente consegnare poco più della metà di quanto promesso entro fine marzo di quest’anno. L’Ucraina ha ragione da vendere, e l’irritazione di Zelensky lo stesso leader ucraino la manifesta apertamente, avvertendo i Ventisette: “Questa è la guerra della Russia non solo contro l’Ucraina, ma contro tutti noi, anche contro i vostri paesi, contro tutta la nostra Europa e lo stile di vita europeo”.Il presidente ucraino chiede uno slancio, un cambio di passo, una maggiore determinazione, un impegno vero. Non critica l’apporto avuto fin qui, comunque prezioso, consapevole che l’Ue ha scelto la via migliore per un coinvolgimento diretto nel conflitto che vorrebbe dire guerra mondiale o quasi. Critica l’entità del sostegno, insufficiente per Kiev per vincere il conflitto. Lo dice con forza quando parla della contraerea.“I sistemi di difesa aerea esistenti non sono sufficienti a proteggere l’intero nostro territorio dal terrorismo russo“, avverte Zelensky. Quello che ne deriva non è che la diretta conseguenza di un’Ucraina impreparata e debole: fornire mezzi, strumentazioni e armi necessari per fermare la guerra dell’aria che la Russia conduce assieme a quella di terra. “Sapete tutti quali sono i passi da compiere”, scandisce Zelensky, in un’implicita ma chiara richiesta di aiuto, che è anche la pretesa di tenere fede a impegni assunti dall’Ue anche in questo ambito. “Dobbiamo fornire una protezione affidabile ai cieli sopra la linea del fronte”, che l’Ucraina da sola non può garantire. “Dobbiamo far sì che Putin perda la battaglia per il cielo ucraino” perché, assicura, “se lo farà, perderà anche la terra“. Il leader ucraino è consapevole che l’Europa non ha investito nell’industria bellica perché in tempi di pace, e dunque oggi in difficoltà a far ripartire un comparto divenuto strategico e necessario, e chiede di accelerare. “Per favore, non perdete il tempo necessario per attivare la produzione della difesa“. Un invito ai Ventisette a non rinviare le decisioni che servono per finanziare la produzione a dodici stelle, senza affidarsi a terze parti. “Spero che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che la nostra Europa ha bisogno di una reale autosufficienza in termini di difesa”, l’auspicio di Zelensky. “Ciò può essere raggiunto solo aumentando la produzione di armi e munizioni nel continente”. Esattamente uno dei punti sul tavolo del vertice, dove i leader sono divisi.Italia, Spagna, Lituania ed Estonia vedono di buon occhio l’idea di creare eurobond per la difesa, ipotesi su cui frenano invece Germania, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia. Un modo di presentarsi al cospetto del partner ucraino che non aiuta a fugare i dubbi sull’efficacia degli alleati europei e il loro “umiliante” sostegno.

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    Interferenze russe sulla vita dei cittadini Ue: il Consiglio Europeo si prepara alla difesa dalle minacce. “Ma non c’è rischio di guerra”

    Bruxelles – La guerra russa in Ucraina non ha i successi sperati, e sempre più da Mosca partono minacce, ed azioni reali, contro la vita quotidiana dei cittadini europei. E’ un ripiego, un modo per creare il massimo disturbo possibile ai Paesi che stanno sostenendo Kiev contro l’invasione. Non si tratta di minacce strettamente militari, ma gli effetti di attacchi informatici o il lancio di una forte campagna di disinformazione possono essere dirompenti nella vita quotidiana degli europei. Non c’è insomma la necessità di prepararsi a una guerra, che non è alle viste per l’Unione, assicura l’alto rappresentante per la Politica estera Josep Borrell.Al punto 18 della bozza di Conclusioni del Consiglio europeo che si svolgerà oggi e domani a Bruxelles è scritto che si “sottolinea la necessità imperativa di una preparazione militare e civile rafforzata e coordinata e di una gestione strategica delle crisi nel contesto dell’evoluzione del panorama delle minacce”.  Dunque il capi di Stato e di governo invitano i ministri competenti “a portare avanti i lavori e la Commissione, insieme all’Alto Rappresentante, a proporre azioni per rafforzare la preparazione e la risposta alle crisi a livello dell’Ue in un approccio a tutti i rischi e a tutta la società. che tenga conto delle responsabilità e delle competenze degli Stati membri, in vista di una futura strategia di preparazione”.Il fraseggio è complesso, può essere interpretato con significati anche che esulano dalla volontà del Consiglio europeo. In sostanza, ci spiega un esperto di questi dossier, i capi di Stato e di governo “considerano interferenze ibride tipo attacchi cyber e disinformazione”.  Quando si scrive “Whole of society” (le parole del testo originale delle bozze, in inglese) cioè “tutta la società” si intende, ad esempio “un attacco al sistema sanitario può portare alla morte di pazienti che dipendono da macchinari. Un attacco alla filiera alimentare – continua l’esperto – può causare proteste e caos sociale”. Inoltre sono possibili attacchi cibernetici “a sistemi bancari, amministrativi e servizi pubblici e privati”.Non bisogna poi dimenticare che mancano meno di tre mesi alle elezioni europee e dunque “c’è un forte rischio di una campagna di disinformazione mirata ad inquinare il voto”, conclude l’esperto.Borrell risponde, entrando al Consiglio europeo, a tutti quelli che hanno parlato di minaccia di guerra nell’Unione europea, cercando di abbassare i toni. Nella bozza di dichiarazione, spiega Borrell c’è “l’invito agli europei a essere consapevoli delle sfide che stanno affrontando”, il che  “è positivo”, ma, sottolinea lo spagnolo, “non dobbiamo nemmeno esagerare. La guerra non è imminente. Ho sentito alcune voci che dicevano che la guerra è imminente. Ebbene, grazie a Dio non lo è”.Borrell sostiene che “viviamo in pace, sosteniamo l’Ucraina, non siamo parte di questa guerra e dobbiamo prepararci per il futuro, aumentando la nostra capacità di difesa, ma non spaventate inutilmente le persone, la guerra non è imminente. Ciò che è imminente è la necessità che gli ucraini siano sostenuti”Ecco il testo in inglese del paragrafo 18 delle bozze:“In addition, the European Council underlines the imperative need for enhanced and coordinated military and civilian preparedness and strategic crisis management in the context of the evolving threat landscape. It invites the Council to take work forward and the Commission together with the High Representative to propose actions to strengthen preparedness and crisis response at EU level in an all-hazards and whole-of-society approach, taking into account Member States’ responsibilities and competences, with a view to a future preparedness strategy”.

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    L’Ue ha proposto di utilizzare i profitti dei beni russi congelati per armare l’Ucraina

    Bruxelles – Circa tre miliardi all’anno, a partire dal 2024. A tanto ammontano i profitti generati dagli asset russi congelati sul territorio Ue. Oggi l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha messo sul tavolo del Consiglio dell’Ue la proposta di utilizzarli per finanziare l’Ucraina. Non più la sua ricostruzione, come a Bruxelles si ipotizzava da mesi: il 90 per cento di queste risorse sarà destinato al sostegno militare alla resistenza di Kiev.“Non esiste simbolo o utilizzo migliore per quei soldi che rendere l’Ucraina e tutta l’Europa un posto più sicuro in cui vivere. Sono orgogliosa di presentare oggi questa proposta”, ha esultato in un post su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Una proposta che, se adottata rapidamente dal Consiglio, potrebbe garantire risorse aggiuntive all’Ucraina già “prima dell’estate”, prevede un alto funzionario Ue.Da febbraio 2022, nei Paesi Ue sono immobilizzati asset e riserve della Banca centrale russa per un valore di circa 210 miliardi di euro. Che, a seconda dei tassi di interesse, frutteranno i circa 3 miliardi di profitti all’anno che l’Ue ha individuato per dare vigore a un sostegno militare a Kiev che fatica a soddisfare le necessità del campo di battaglia. In sostanza la proposta di Borrell prevede di destinare il 90 per cento di queste entrate alla fornitura di attrezzature militari attraverso al Fondo europeo per la Pace – in aggiunta ai 5 miliardi per il solo 2024 concordati il 14 marzo -, mentre il restante 10 per cento andrà a rimpinguare la fetta di budget Ue dedicato alla ricostruzione dell’Ucraina. E per sostenere e incrementare le capacità dell’industria della difesa di Kiev.

    L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell in conferenza stampa a margine del Consiglio di associazione Ue-Ucraina, 20/3/24 (Photo by JOHN THYS / AFP)Questa ripartizione varrebbe per il 2024, mentre negli anni successivi – nel momento in cui cambiassero le priorità – il regolamento garantirà una certa flessibilità e potrà essere “rivisto e modificato dal Consiglio dell’Ue”, chiariscono fonti Ue. La prima revisione sarebbe già prevista il 1 gennaio 2025. Le stesse fonti ammettono che “non ci sono tempistiche certe” per l’adozione della proposta, perché ora la palla passa ai Paesi membri. Ma filtra ottimismo per un rapido avanzamento dei lavori. “Auspico una rapida adozione da parte del Consiglio”, ha dichiarato Borrell in mattinata, durante il Consiglio di Associazione Ue-Ucraina in corso nella capitale europea.È arrivata immediatamente la risposta di Mosca, con il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha definito la mossa di Bruxelles “un’altra dichiarazione in linea con il movimento verso la distruzione dei fondamenti giuridici del diritto europeo e del diritto internazionale“. L’Ue – che sulla fattibilità giuridica della proposta ragiona da diverso tempo – ha precisato che i profitti in questione non sono di priorità della Russia, ma delle società di clearing (i depositari centrali di titoli) che detengono riserve e attività della Banca centrale russa.Il file finirà in mano ai capi di stato e di governo dei 27 già domani, 20 marzo, in occasione del Consiglio europeo. Saranno i leader in prima persona a cercare di raggiungere una prima intesa politica sulla proposta di Borrell. Una “discussione difficile – ha già preventivato un alto funzionario Ue -, vediamo se riusciremo a trarre delle conclusioni in merito”.

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    L’Ue studia come difendersi dalla Russia e chiede all’ex presidente finlandese di redigere un rapporto

    Bruxelles – Chi meglio della Finlandia, che con la Russia condivide 1.340 km di confine, per spiegare a Bruxelles dove intervenire per migliorare la difesa dell’Europa. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha incaricato l’ex presidente finlandese, Sauli Niinistö, di redigere un rapporto sulla preparazione, la prontezza e gli strumenti della difesa Ue.Niinistö, presidente a Helsinki dal 2012 e fino al 1 marzo 2024, è anche presidente onorario del Partito Popolare Europeo, la stessa famiglia politica della leader Ue. “Il modello finlandese è una storia di esperienze attraverso i secoli come vicino della Russia”, ha riconosciuto Niinistö. Una storia che è passata dall’indipendenza dall’Unione sovietica dichiarata nel 1917 alla Guerra d’inverno nel 1939 contro l’aggressione dell’Armata Rossa. Fino all’adesione alla Nato nell’aprile 2023 e le conseguenti minacce di Vladimir Putin di inviare truppe e “sistemi di distruzione” al confine con il Paese.Una storia che fa sì che “ogni finlandese difende il proprio Paese”. Per assicurare la pace “bisogna essere forti. Chi è forte non viene sfidato, non viene attaccato. Ecco perché l’Europa deve essere forte, più forte di quanto sia ora“, ha spronato l’Ue l’ex presidente finlandese nel punto stampa con von der Leyen a Bruxelles. Le ha fatto eco la leader Ue: “La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha spento l’illusione che la pace sia permanente” e che “l’Europa, da sola, stesse facendo abbastanza in materia di sicurezza, sia essa economica o militare, convenzionale o informatica”. Ma la guerra ai confini dell’Ue ha fatto ripiombare il mondo nell’insicurezza, “pericoloso come lo è stato per generazioni”.Von der Leyen ha evidenziato le ragioni della sua scelta: il popolo finlandese “ha imparato a vivere in prossimità di un vicino così imprevedibile e aggressivo. E questo ha plasmato profondamente la vostra società”. Non solamente dal punto di vista militare: in Finlandia la difesa “è infatti una questione che riguarda l’intera società”, con una strategia di difesa civile completa, in modo che i cittadini “possano essere preparati a tutte le emergenze, comprese quelle militari, le minacce ibride e i disastri naturali“.Il rapporto, che sarà sviluppato in stretta collaborazione con l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, e con gli Stati membri, prenderà le mosse proprio da questa “mentalità specifica” di un popolo in cui “ogni parte della società è in grado di contribuire a salvaguardare le funzioni vitali in tempi di crisi, garantire l’approvvigionamento di base per la popolazione e sostenere le forze di difesa nei loro compiti”.