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    Pronto il 17esimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia: “Mettiamo pressione su Putin”

    Bruxelles – Gli ambasciatori dei Ventisette hanno messo a punto il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che andranno ora adottate dal Consiglio Affari esteri all’inizio della prossima settimana. Ma le misure restrittive – interpretate a Bruxelles come una risposta al niet di Vladimir Putin sul cessate il fuoco proposto da Volodymyr Zelensky e dagli alleati occidentali dell’Ucraina – non sembrano particolarmente incisive, almeno secondo gli Stati membri fautori di un approccio più muscolare nei confronti di Mosca.La conferma è arrivata stamattina (14 maggio) da fonti diplomatiche: il Coreper (l’organo preparatorio che riunisce i rappresentanti permanenti degli Stati membri) ha dato il disco verde al 17esimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino. Le misure erano state presentate dall’esecutivo Ue lo scorso 7 maggio, per poi essere leggermente modificate negli scorsi giorni dalla presidenza polacca del Consiglio. L’approvazione formale da parte dei ministri degli Esteri dei Ventisette dovrebbe avvenire lunedì prossimo (20 maggio).Le misure sono state confezionate esattamente un mese dopo essere state messe sul tavolo dal capo della diplomazia comunitaria, Kaja Kallas. L’Alta rappresentante sostiene da tempo la necessità di un’ulteriore stretta del regime sanzionatorio a dodici stelle contro la Federazione (l’ultimo pacchetto, il 16esimo, risale a fine febbraio) per mantenere alta la pressione sul Cremlino. “Le sanzioni prosciugano la cassa di guerra della Russia”, ha scritto su X salutando l’approvazione odierna al Coreper.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)A livello di contenuti, tuttavia, si tratta di poco più che pallottola spuntata. Un’estensione di misure già esistenti, allargate ad un numero più ampio di persone fisiche e giuridiche. Il che spiegherebbe l’approvazione tutto sommato liscia del pacchetto, che non ha dovuto scontrarsi con l’ormai abituale opposizione ungherese.L’obiettivo delle sanzioni approvate oggi è ancora una volta la cosiddetta “flotta ombra” del Cremlino. Vengono così colpite quasi 200 nuove navi con cui la Federazione elude l’embargo petrolifero imposto dall’Occidente continuando a esportare greggio in giro per il mondo, portando la lista nera dei vascelli fantasma oltre quota 350.Sono inoltre finite nel mirino di Bruxelles 75 persone e aziende coinvolte a vario titolo nel complesso militare-industriale russo, nonché una trentina di imprese che secondo l’Ue continuano a fornire a Mosca beni e tecnologie a doppio uso (civile e militare). Infine, il pacchetto vieta l’esportazione verso la Federazione di alcune sostanze chimiche utilizzate nella produzione di missili.Fuori dalle maglie delle restrizioni sono rimaste, invece, le misure più dure richieste dai “falchi” dell’Ue, baltici e scandinavi in testa. Che guardano oltre e ipotizzano già un 18esimo – sul quale, in effetti, dovrebbero iniziare a breve i lavori degli sherpa – e, magari, anche un 19esimo pacchetto di sanzioni. In cui includere finalmente Rosatom, il gigante statale dell’energia atomica, e l’import di gas naturale liquefatto (gnl).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)I Ventisette considerano il round di sanzioni approvato oggi come un modo per mettere pressione su Vladimir Putin, affinché accetti di sedersi al tavolo per negoziare un cessate il fuoco in Ucraina. Come da copione, lo zar ha candidamente ignorato l’ultimatum presentatogli dagli alleati occidentali di Kiev (una sospensione incondizionata delle ostilità per 30 giorni, che sarebbero dovuti scattare l’altroieri), in un inedita dimostrazione di unità da una sponda all’altra dell’Atlantico.Supportato sia dalla coalizione dei volenterosi sia dagli Stati Uniti, il leader ucraino Volodymyr Zelensky ha dato appuntamento al suo omologo russo a Istanbul per incontrarsi di persona domani (15 maggio) e discutere di una tregua al conflitto che infuria da più di tre anni.Le nuove sanzioni arrivano così alla vigilia di quello che, almeno nelle speranze delle cancellerie europee, potrebbe essere il primo round di colloqui diretti tra Russia e Ucraina dal marzo 2022, sotto gli auspici dello stesso mediatore di allora, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. E, magari, pure di Donald Trump, che proprio in queste ore sta girando in lungo e in largo gli Stati del Golfo Persico.

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    “Intimidazioni e abuso di risorse pubbliche”: l’Osce getta ombre sul trionfo elettorale di Rama in Albania

    Bruxelles – A 48 ore dalle elezioni in Albania che hanno riconfermato per la quarta volta consecutiva il premier Edi Rama, l’Organizzazione per lo Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) getta alcune ombre sul trionfo del partito socialista, che da solo ha conquistato il 52,1 per cento dei voti: “I nostri osservatori a lungo termine hanno assistito a intimidazioni diffuse e all’abuso di risorse pubbliche durante la campagna“, si legge nel report della missione Osce. Conclusioni immediatamente rilanciate da quell’Unione europea a cui Rama ha promesso l’adesione entro il 2030.L’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr) dell’Osce ha dispiegato la propria missione, guidata dall’ambasciatore Lamberto Zannier e composta da 12 esperti internazionali e 26 osservatori a lungo termine, già a partire dal 10 aprile. In tal modo, l’Osce ha potuto verificare non solo il corretto svolgimento della giornata elettorale, che si è svolta “in modo tranquillo e ben organizzato, nonostante alcune carenze”, ma anche il clima che ha preceduto il voto per il rinnovo del Parlamento dell’11 maggio.Edi Rama durante un comizio elettorale a Tirana, 9/5/2025. (Photo by Adnan Beci / AFP)Dal rapporto emerge “un uso improprio delle risorse statali, con alti rappresentanti del governo impegnati in numerosi eventi ufficiali che spesso coincidevano con la campagna elettorale e includevano l’annuncio di programmi di assistenza sociale e progetti infrastrutturali, conferendo al partito al potere un vantaggio indebito”. Al di là della mancanza di condizioni di parità tra i candidati, la missione internazionale ha segnalato intimidazioni diffuse e numerose accuse di pressioni sui votanti, in particolare sui dipendenti pubblici. Lo stesso Zannier ha avvertito che “stiamo assistendo a un’estrema polarizzazione politica che si traduce in una pressione eccessiva sugli elettori e sul processo elettorale stesso”, e che questo “compromette i passi positivi compiuti in passato in Albania e potrebbe influire negativamente sui progressi verso il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine” indicati dall’Odihr.In una dichiarazione congiunta, l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, e la commissaria europea per l’Allargamento, Marta Kos, si sono congratulate “con tutte le autorità competenti che hanno garantito il regolare svolgimento delle operazioni in tutto il Paese” candidato all’adesione all’Ue, sottolineando che le elezioni sono state gestite in modo “generalmente inclusivo e trasparente“. Kallas e Kos hanno poi però ripreso le annotazioni del rapporto dell’Odihr, affermando che “a causa dell’uso diffuso di risorse amministrative e dell’influenza delle istituzioni, è possibile che la maggioranza al potere abbia goduto di un vantaggio derivante dalla carica ricoperta”. Nel comunicato, Bruxelles ha evidenziato inoltre che “l’indipendenza dei media continua a rappresentare un problema e la copertura elettorale ha continuato a dare risalto ai principali partiti, mentre la trasparenza del finanziamento della campagna elettorale è rimasta limitata”.Rama non ha ancora commentato l’esito delle elezioni né le rilevazioni dell’Odihr e di Bruxelles. E nemmeno le accuse, molto più dure, mosse dal suo rivale sconfitto: il leader del Partito Democratico, Sali Berisha, ha dichiarato che “le elezioni dell’11 maggio sono state caratterizzate dal più massiccio acquisto di voti nella storia elettorale dell’Albania” e che il Partito Democratico “non accetterà mai queste elezioni”. Berisha ha già indetto una manifestazione di protesta per il 16 maggio, il giorno in cui i leader di tutta Europa parteciperanno al vertice della Comunità politica europea proprio a Tirana.

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    Conte a Bruxelles per dire no al riarmo: “In Ucraina la strategia bellicista è una scommessa fallita”

    Bruxelles – L’Europa ha fallito, perché la Russia ha oggi “un potere negoziale maggiore di quello che aveva all’indomani immediato dell’aggressione”. Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte torna all’attacco a Bruxelles per ribadire con decisione due ‘no’: al riarmo del continente e alla “strategia bellicista di scommettere sulla vittoria militare contro la Russia”. Una “scommessa fallita”, secondo l’ex premier.Sulla scalinata d’ingresso del Parlamento europeo di Bruxelles, insieme agli otto eurodeputati pentastellati e a un centinaio di ragazze e ragazzi del Network giovani del partito, Conte ha puntato il dito contro il governo di Giorgia Meloni (e quello di Mario Draghi prima di lei), che “doveva assolutamente battersi per imprimere una svolta negoziale in linea con quella che è la tradizione, la sensibilita’ del nostro popolo e del nostro Paese”. E invece, secondo il leader pentastellato dopo “tre anni di falsità” la realtà è che la strategia del blocco Ue sposata dall’Italia è “un fallimento”.Giuseppe Conte con la delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, 13/05/25Per il Movimento, “è evidente che ormai tutti stanno comprendendo che solo la soluzione negoziale è l’unica possibile“. Ma, ha incalzato il presidente, “se l’avessero compresa prima”, a Washington come a Londra e a Bruxelles, “ci saremmo sicuramente risparmiati centinaia di migliaia di morti e di distruzione”.All’eventualità che sia Vladimir Putin, atteso giovedì 15 maggio a Istanbul per un faccia a faccia con Zelensky, a disertare e rifiutare l’interruzione delle ostilità, Conte ha risposto: “Il negoziato lo fai anche se non in presenza“, e ha avvertito del rischio di “entrare in questi giochini” e di fare valutazioni definitive “su singoli passaggi, gesti, dichiarazioni”.L’avvertimento diventa allarme quando si parla di piano di riamo europeo, perché “se oggi fai una riconversione industriale” per cui anziché automobili produci “missili e carrarmati”, continuerai a produrre “missili e carrarmati sempre per il futuro”. E “quando hai tutti questi armamenti, poi li devi utilizzare“, ha proseguito l’ex premier.Verso i referendum: quattro sì sul lavoro, sulla cittadinanza serve lo Ius ScholaeNel bel mezzo della campagna per i referendum dell’8-9 giugno, Conte ha indicato la linea agli iscritti al Movimento. Quattro sì per i quesiti sul lavoro, perché “lavoratori e lavoratrici che in Italia vivono già il problema di salari molto bassi” e “addirittura dell’assenza di un salario minimo legale” hanno “l’opportunità di avere maggiori tutele e sicurezza“. Mentre per il quinto quesito, che dimezzerebbe da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale in Italia necessario a uno straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, il Movimento 5 Stelle ha deciso per la libertà di voto.“Abbiamo fatto una riflessione interna – ha spiegato Conte – e non è la soluzione“. I rischi sarebbero due: “Temo che il Paese non sia pronto a questo dimezzamento e che la battaglia per lo Ius Scholae venga buttata via”, ha proseguito il leader M5S. Conte ha comunque dichiarato che “voterà sì” anche al quesito sulla cittadinanza, bacchettando il governo, “molto irresponsabile” per aver invitato lavoratori e lavoratrici a non andare a votare.

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    Costa incontra Vučić, ma non condanna lo scivolamento di Belgrado verso Mosca

    Bruxelles – L’Ue abbandona il bastone e sceglie la carota con la Serbia di Aleksandar Vučić, nonostante il leader autoritario continui a tenersi in stretti rapporti con Vladimir Putin e a gestire il Paese come un feudo personale. Il presidente del Consiglio europeo António Costa, in visita ufficiale nella capitale, ha mostrato un volto amichevole, incoraggiando lo Stato candidato a proseguire sulla via delle riforme e chiudendo un occhio sulle violazioni dello Stato di diritto.Inizia a Belgrado il tour di António Costa nei Balcani occidentali: tre giorni di incontri nelle cancellerie della regione, che si muovono in ordine sparso (e a velocità diverse) verso l’adesione al club a dodici stelle. Stamattina (13 maggio) è in Serbia, nel pomeriggio si sposterà in Bosnia-Erzegovina; quindi Montenegro, Kosovo, Macedonia del nord e infine Albania, dove venerdì (16 maggio) si terrà il sesto summit della Comunità politica europea.Adesione e riformeIl principale impegno istituzionale di Costa è stato un bilaterale con Aleksandar Vučić, il capo di Stato nazionalista al potere dal 2014 che sta trasformando la democrazia serba in un regime autoritario e sta spostando Belgrado sempre più lontana da Bruxelles e sempre più vicina a Mosca. Le rispettive delegazioni, riunitesi dopo il faccia a faccia tra i leader, si sono confrontate soprattutto sulle relazioni Ue-Serbia nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione ai Balcani occidentali, nonché sulle opportunità di cooperazione economica.There is a positive momentum for enlargement and a clear opportunity for Serbia to seize it.During my meetings today in Belgrade with President @avucic, PM Macut @SerbianGov and Parliament speaker @anabrnabic, I stressed the importance of progressing towards EU accession… pic.twitter.com/alm4DhzBGA— António Costa (@eucopresident) May 13, 2025Durante una conferenza stampa congiunta al palazzo presidenziale, i due non hanno lesinato sulle buone maniere e i convenevoli. Costa si è detto compiaciuto di sapere che “l’integrazione nell’Ue rimane una priorità assoluta” del governo serbo e ha lodato la traiettoria di quello che ha definito un “Paese stabile, pacifico e prospero, che ha affrontato l’eredità del passato e ha scelto di abbracciare il suo futuro democratico ed europeo”.Il processo di adesione, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo, non è un’imposizione di Bruxelles ma “una libera scelta di ogni Stato” cui va dato seguito attraverso una serie di azioni concrete. Per tenere fede agli impegni presi, il governo serbo deve ora lavorare alacremente alle riforme. Il terzo cluster dei negoziati verrà aperto quando Belgrado avrà compiuto progressi sufficienti sulla libertà dei media, il contrasto alla corruzione e la riforma della legge elettorale.L’asse Belgrado-Mosca (che imbarazza Bruxelles)Ma c’erano un paio di grossi elefanti nella stanza che ospitava Costa, Vučić e i giornalisti. Il primo è la vicinanza politica del presidente serbo all’omologo russo Vladimir Putin, particolarmente scomoda in questa fase storica. Una relazione tossica che, almeno teoricamente, dovrebbe creare forti imbarazzi al leader di un Paese candidato all’ingresso in Ue ma che, a quanto pare, non scalfisce eccessivamente la prima carica dello Stato balcanico.Non è passata inosservata ai cronisti la partecipazione dell’uomo forte di Belgrado alla parata della vittoria sulla Piazza Rossa a Mosca, lo scorso 9 maggio. Un vero e proprio schiaffo in faccia al capo della diplomazia comunitaria Kaja Kallas, che il mese scorso aveva esortato Stati membri e Paesi candidati a non recarsi alla corte dello zar con un ammonimento scivolato addosso tanto al presidente serbo quanto al premier slovacco Robert Fico.Il presidente russo Vladimir Putin durante le celebrazioni per l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista, il 9 maggio 2025 a Mosca (foto: Vyacheslav Prokofyev/Sputnik via Afp)Ma Costa ha gettato acqua sul fuoco, sostenendo che la visita di Vučić nella capitale della Federazione fosse unicamente intesa a “celebrare un evento del passato” (cioè gli 80 anni della vittoria sovietica sulla Germania nazista nel 1945), mentre “nel presente la Serbia è pienamente impegnata nel processo di adesione“, come certificato dal suo interlocutore.Affinché questo processo vada in porto, ha rimarcato tuttavia l’ex premier portoghese, Belgrado deve garantire “pieno allineamento” con la politica estera e di sicurezza comune (Pesc) dell’Unione, che passa attraverso la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina e il sostegno a Kiev. “Non possiamo celebrare la liberazione di 80 anni fa e non condannare l’invasione di altri Paesi oggi“, ha osservato Costa. Per poi tornare però a tendere la mano a Vučić: “Non abbiamo la stessa visione su tutto”, ha ammesso, ma “l’unico modo per affrontare le divergenze è parlare e capirsi“.Il silenzio sulle proteste antigovernativeIl secondo elefante nella stanza era la gestione di Vučić dello Stato serbo, dove la corruzione dilaga e l’impunità ostacola un vero cambiamento. Da mesi, anziché placarsi continuano a ingrossarsi quelle che potrebbero essere le più grosse proteste antigovernative nel Paese almeno dai tempi della cacciata del leader comunista Slobodan Milošević a inizio millennio, dopo il crollo della Jugoslavia. Manifestazioni oceaniche che l’apparato di sicurezza di Belgrado reprime con la violenza ricorrendo, pare, anche a strumenti banditi dalle convenzioni internazionali come i cosiddetti “cannoni sonici“.Da quando, lo scorso novembre, è crollata una pensilina a Novi Sad uccidendo 15 persone, un’ondata di malcontento popolare ha sconvolto il Paese balcanico minacciando di far traballare la presa di Vučić sul potere. Ad animare le piazze serbe è soprattutto un movimento studentesco motivato e organizzato, che giusto ieri (12 maggio) è arrivato a Bruxelles dopo una maxi-maratona a staffetta di quasi 2mila chilometri per portare di fronte al Berlaymont la protesta – ormai ampiamente trasversale e intergenerazionale – di un popolo che vuole costruire per sé un futuro europeo anziché rimanere un satellite del Cremlino.Manifestanti a Belgrado, il 15 marzo 2025 (foto: Andrej Isakovic/Afp)Su questo aspetto (un punto su cui la stessa Commissione Ue ha iniziato ad alzare la voce negli ultimi tempi), tuttavia, i due leader hanno glissato diplomaticamente. Non una parola sull’erosione dello Stato di diritto o sulla repressione del dissenso, due dinamiche che pure non si sposano troppo bene coi criteri di Copenaghen che i Paesi candidati devono soddisfare per aderire all’Unione.Per ora, Costa preferisce mantenere un tono conciliante. Da quando ha assunto l’incarico di presidente del Consiglio europeo lo scorso dicembre, si è fatto vanto di aver posto al centro dell’attenzione i partner dei Balcani occidentali nell’ottica dell’allargamento del club a dodici stelle. Prima di ripartire alla volta di Sarajevo, l’ex premier portoghese ha incontrato anche il premier Duro Macut e la presidente del Parlamento, Ana Brnabić.

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    L’Ue pronta a continuare con le sanzioni alla Russia: “Tenere alta la pressione”

    Bruxelles – “Di Putin non ci può fidare“, e quindi “in assenza di un cessate il fuoco esploriamo ulteriori sanzioni” da imporre contro la Russia. Situazione e linea sono espresse in questa parole, quelle di Anitta Hipper, portavoce portavoce dell’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, e di Paula Pinho, capo del servizio del portavoce della Commissione europea. Di fronte a Mosca che continua con le operazioni militari in Ucraina neanche l’Ue intende fermarsi o cambiare approccio.L’Unione europea intende continuare a mettere pressione sulla Russia, nel tentativo di indebolirla quanto più possibile e, se non costringerla di fatto alla via negoziale, porla in condizione di debolezza negoziale quando sarà il momento delle trattative con Kiev per la fine del conflitto.La Commissione può sempre proporre misure restrittive, al vaglio poi degli Stati membri. I Ventisette sono vicini all’accordo per il 17esimo pacchetto di sanzioni (atteso a breve, forse già in settimana), e si inizia a lavorare già a un nuovo, ulteriore 18esimo insieme di nuove sanzioni. In seno al Consiglio però c’è chi vuole andare oltre. “Dobbiamo estendere il raggio e il peso delle sanzioni, anche con un diciannovesimo pacchetto se necessario“, tuona il ministro delle Finanze della Lituania, Rimantas Sadzius.Le sanzioni alla Russia non sono oggetto di lavoro né competenza dei ministri economici, eppure il tema finisce anche all’interno della riunione del consiglio Ecofin. “La pressione sull’aggressore deve restare alta e forte”, insiste Sadzius, non il solo a discutere di questioni al di fuori dell’agenda dei lavori. Anche la ministra delle Finanze svedese, Elisabeth Svantesson, vuole tenere alta l’attenzione sulla risposta dell’Ue alle manovre militare russe: “Dobbiamo essere duri nei confronti della Russia“, ed è per questo che “sosteniamo il nuovo pacchetto di sanzioni”, sottolinea l’esponente del governo di Stoccolma. “Le sanzioni funzionano, ma dobbiamo fare di più”. Quindi l’invito implicito ai partner europei: “Il tempo non gioca a favore di Putin, l’economia russa è sempre più debole”.

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    Il Pkk si scioglie, l’Ue invita la Turchia a “cogliere l’attimo” per una soluzione politica alla questione curda

    Bruxelles – L’annuncio storico dello scioglimento del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, dopo oltre 40 anni di lotta armata contro lo Stato turco e più di 40 mila vittime, apre una finestra d’opportunità per “avviare un processo inclusivo basato sul dialogo e sulla riconciliazione” tra Ankara e la minoranza curda, che rappresenta circa il 20 per cento della popolazione. È la speranza della Commissione europea, dei leader delle comunità curde della regione e dell’opposizione turca al presidente sultano Recep Tayyip Erdoğan. In un comunicato, la Turchia ha già chiarito che la dissoluzione del Pkk non porterà a concessioni, decentramenti o “modelli federali che intacchino la struttura unitaria del Paese”.Il negoziato che porterà il Pkk a deporre le armi è durato più di otto mesi, avviato lo scorso autunno attraverso la mediazione del partito filo-curdo DEM e giunto a compimento quando, il 27 febbraio, il leader curdo e teorico del Confederalismo democratico, Abdullah Öcalan – imprigionato da 26 anni nell’isola-prigione di Imrali, al largo delle coste di Istanbul – ha invitato il suo movimento a mettere fine alla guerriglia. Il Pkk aveva disposto immediatamente un cessate il fuoco con la Turchia, fino all’annuncio di ieri (12 maggio) che “il dodicesimo congresso del Pkk ha deciso di sciogliere la struttura organizzativa del Pkk e di porre fine alla sua lotta armata“.Erdogan, che già allora definì l’appello di Öcalan “un’opportunità storica” per turchi e curdi, ha dichiarato: “Oggi abbiamo superato un’altra soglia critica. Il gruppo terrorista ha deciso di abbandonare le armi e dissolversi. Riteniamo questa decisione importante per il mantenimento della pace e della fratellanza“. Il presidente ha puntualizzato che, “per evitare incidenti su questa strada, la nostra intelligence monitorerà ciò che resta per concludere questo processo”.Una donna curda applaude durante una manifestazione dove sventolano bandiera del Partito dei Lavoratori del Kurdistan e del leader Abdullah OcalanL’agenzia stampa curda Firat, da sempre vicina al Pkk, ha reso noto le modalità con cui verrà sciolta l’organizzazione separatista curda. In tre fasi, e sotto l’egida delle Nazioni Unite. In una prima fase, verrà pianificato nel dettaglio l’abbandono delle armi: i primi battaglioni a deporre le armi saranno quelli dell’Iraq del nord, nelle province di Duhok, di Erbil e di Seyid Sadik. Una terza fase riguarderà la distruzioni di campi di addestramento, depositi di armi, tunnel e rifugi che dovrebbe essere delegata all’esercito turco. Il processo dovrebbe avvenire sotto gli occhi di osservatori internazionali e dell’Onu.Il presidente del Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (DEM), Tuncer Bakirhan, ha affermato che “l’esito del Congresso del Pkk è una buona notizia per tutta la Turchia” e si è augurato che “questo processo termini con la pace e la democrazia”, perché “ormai non c’e’ alcun ostacolo alla costruzione di una Turchia democratica“. Il partito filo-curdo, che ha avuto un ruolo fondamentale nelle trattative con Öcalan, è da anni vittima di una serie di indagini giudiziarie per presunti legami con il Pkk, ed alcuni dei suoi leader ed esponenti sono tutt’ora incarcerati. L’accusa di collaborazione con il Pkk – oltre che corruzione, riciclaggio e turbativa d’asta – è la stessa con cui Erdogan ha fatto arrestare lo scorso 19 marzo il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, esponente del Partito Popolare Repubblicano.Hanno espresso soddisfazione, tra gli altri, per la svolta storica, il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Nechirvan Barzani, e i ministri degli Esteri di Giordania e Siria. Da Bruxelles, il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri, Anouar El Anouni, ha auspicato “l’avvio di un incredibile processo di pace che miri a una soluzione politica alla questione curda” e invitato “tutte le parti a cogliere l’attimo e ad avviare un processo inclusivo basato sul dialogo e sulla riconciliazione”.

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    Ue-Russia, scintille dopo “l’ultimatum” per il cessate il fuoco. Vicino l’accordo a 27 su nuove sanzioni al Cremlino

    Bruxelles – In attesa che Mosca risponda all’invito di Volodymyr Zelensky per un faccia a faccia in Turchia, l’Unione europea sta limando un nuovo pacchetto di misure restrittive contro la Russia a cui, secondo fonti diplomatiche, i 27 potrebbero dare un primo via libera a livello di ambasciatori già mercoledì (14 maggio). Intanto il Cremlino respinge le minacce giunte da Londra, dove Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna hanno fatto intendere che, se Putin non accetterà di sospendere le ostilità entro la fine della giornata, dovrà affrontare nuove sanzioni.Il portavoce del governo tedesco, Stefan Kornelius, ha avvertito che “il tempo sta per scadere” per la Russia affinché accetti la tregua di 30 giorni in Ucraina a partire da oggi, messa sul tavolo da Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Donald Tusk e Keir Starmer, in accordo con il premier ucraino. Pena, l’applicazione di nuove sanzioni. L’Alta rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, ha affermato in un post su X che Putin “dovrebbe finirla di giocare” e “impegnarsi seriamente” nei negoziati per la pace.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, e i ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito, Germania, Italia, Polonia e Spagna a Londra, 12/05/25 [Ph: Account X Kaja Kallas]Immediatamente, durante una conferenza stampa, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha risposto che gli “ultimatum” lanciati dai leader dell’Ue “sono inaccettabili” e che “non si può parlare alla Russia con un linguaggio del genere”. Nel frattempo, lontano dalle telecamere, le diplomazie dei 27 Paesi membri stanno finalizzando il diciassettesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, in cantiere da fine febbraio (da quando cioè è stato adottato il sedicesimo) e ormai quasi pronto. Secondo quanto riportato da fonti diplomatiche, la Commissione europea ha presentato alcune modifiche al pacchetto per dare seguito alle osservazioni formulate dalle capitali e “negli ultimi giorni la presidenza polacca del Consiglio dell’Ue ha collaborato con gli Stati membri per migliorare il pacchetto”.Le stesse fonti rivelano che sono state aggiunte altre navi della cosiddetta flotta ombra, con cui la Federazione russa aggira l’embargo europeo sul petrolio e su altre merci, all’elenco delle imbarcazioni soggette a misure restrittive. Sarebbero ora “quasi 200”. Alcuni Paesi, in particolare i baltici e gli scandinavi, spingono per l’imposizione di sanzioni anche sul gas naturale liquefatto (Gnl) russo e sulla società atomica statale Rosatom.Il via libera del Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri, potrebbe arrivare mercoledì. “La maggior parte delle delegazioni sostiene la proposta. Alcune hanno chiesto un po’ più di tempo per concludere ulteriori analisi”, confermano le fonti. A quel punto, i ministri degli Esteri dei 27 potrebbero formalizzare il 17esimo pacchetto di sanzioni già il giorno successivo, giovedì 15 maggio. Sempre che Mosca non lanci un segnale forte e risponda all’appello (o “ultimatum”) di Bruxelles.

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    Allargamento, in Montenegro il decimo Forum Ue della società civile dei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il 13 e 14 maggio si terrà a Budva, in Montenegro, la decima edizione del Forum della Società civile dei Balcani Occidentali, promosso dal Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese). L’evento rappresenta uno dei principali appuntamenti dedicati al dialogo strutturato tra le organizzazioni della società civile dei paesi balcanici e le istituzioni dell’Ue. In un momento cruciale per il futuro dell’allargamento dell’Unione, il forum si concentrerà sul tema “Accelerare la convergenza socio-economica con l’Ue per una vita migliore”, riflettendo l’urgenza di rafforzare i legami politici, economici e sociali tra la regione e l’Unione.Il forum si propone come piattaforma di confronto multilivello per discutere il ruolo della società civile nel processo di adesione all’UE, la partecipazione dei partner sociali e l’attuazione concreta del Pilastro europeo dei diritti sociali. I lavori si articoleranno intorno a tre priorità: l’accelerazione del processo di adesione dei paesi della regione, il contributo della società civile alla realizzazione del Piano di crescita per i Balcani Occidentali e le modalità attraverso cui promuovere maggiore coesione e convergenza in materia di diritti sociali e benessere economico.La locandina dell’evento (Fonte: EESC)Il Montenegro, paese ospitante, è considerato tra i candidati più avanzati nei negoziati di adesione, e il forum rappresenterà anche un’occasione per valorizzare i suoi progressi e incoraggiare altri partner della regione a seguire percorsi simili. La scelta di Budva come sede non è casuale: evidenzia simbolicamente la centralità del Montenegro come ponte tra Bruxelles e i Balcani, e sottolinea l’impegno del Cese nel coinvolgimento diretto delle comunità locali nei processi decisionali europei.Negli ultimi anni, la cooperazione tra l’UE e i Balcani Occidentali ha vissuto momenti altalenanti, tra avanzamenti nei negoziati e fasi di stallo politico. Il forum mira a rilanciare questa relazione attraverso la voce della società civile, che viene riconosciuta come attore fondamentale per sostenere le riforme democratiche, il rispetto dello stato di diritto, la lotta alla corruzione e la promozione della sostenibilità ambientale. A tal fine, i partecipanti – circa 150 tra rappresentanti di organizzazioni civiche, membri del CESE, delegati delle istituzioni europee e funzionari governativi regionali – discuteranno anche di strategie concrete per rafforzare la capacità delle società civili locali di influenzare i processi pubblici.L’iniziativa si inserisce nel quadro delle attività preparatorie al pacchetto sull’allargamento dell’Ue previsto per fine anno e potrà contribuire a definire raccomandazioni operative, destinate alla Commissione Europea e ai governi dei paesi candidati. In questo modo, il Forum di Budva non sarà soltanto un momento di riflessione, ma anche un tassello chiave nella costruzione di una strategia condivisa per una maggiore integrazione e convergenza socio-economica nella regione balcanica. Sarà possibile partecipare all’evento da remoto sul sito del Cese.