More stories

  • in

    Ucraina e Stati Uniti trovano l’accordo sulle terre rare, da Washington assistenza economica

    Bruxelles – Dopo lo scontro, l’intesa. I presidenti di Stati Uniti e Ucraina, Donald Trump e Volodymyr Zelensky, raggiungono un’intesa di cooperazione economica che è anche un accordo di sostegno per la sicurezza del Paese dell’est Europa. Washington respinge l’ipotesi di un ingresso di Kiev nella Nato, ma ha offerto investimenti massicci e presenza economica nel Paese che può fungere da motivo per evitare nuove aggressioni russe future. Trump ha di fatto chiesto e ottenuto ingresso di aziende statunitensi in Ucraina, per il momento per attività minararia ed energetica (petrolio e gas).Al centro dell’accordo ucraino-americano c’è lo speciale Fondo di investimento per la ricostruzione Stati Uniti-Ucraina, gestito in forma paritaria, e che i due Paesi supervisioneranno in modo congiunto. I profitti del Fondo saranno investiti esclusivamente in Ucraina, alla quale non verra’ chiesto di ripagare alcun debito. Kiev manterrà il controllo delle sottosuolo e delle risorse naturali, ma gli Stati Uniti ottengono un diritto di prelazione sui diritti di estrazione mineraria in Ucraina. E’ così che Washington si garantisce l’accesso alle terre rare e le risorse messe nel mirino da Trump.“Non spetta a noi commentare un accordo bilaterale”, il commento dell’Unione europea, convinta comunque che l’intesa non pregiudichi la validità del protocollo d’intesa Ue-Ucraina del 2021 per le materie prime. L’accordo tra Trump e Zelensky “non sembra avere impatti”, assicura il servizio dei portavoce. L’intesa non pregiudica neppure il processo di integrazione dell’Ucraina nell’Ue. La Commissione europea assicura comunque che verrà garantito ancora pieno sostegno, economico e militare, a Kiev. “Un’Ucraina più forte sul campo di battaglia è un’Ucraina più forte al tavolo negoziale”, taglia corto Anouar el Anouni, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue.

  • in

    Serbia, Bruxelles al nuovo governo: “Le nostre richieste in linea con quelle degli studenti”

    Bruxelles – Dopo mesi di ambiguità, la Commissione europea coglie l’opportunità del nuovo governo in Serbia per mettere le cose in chiaro e fissare alcune linee rosse: ciò che l’Ue chiede al Paese candidato all’adesione di lunga data è “strettamente in linea con le richieste dei cittadini che protestano“, ha dichiarato la responsabile per l’Allargamento, Marta Kos, rivolgendosi al neo-premier Djuro Macut e ad una delegazione degli studenti che da novembre alimentano l’ondata di proteste contro l’autoritario presidente Aleksandar Vučić.Nella prima visita nel Paese balcanico da quando, lo scorso 7 aprile, Vučić ha consegnato l’esecutivo in mano al sessantunenne medico e professore universitario Macut – che non ha alcuna esperienza politica e non è iscritto ad alcun partito, ma ha sostenuto in passato il Partito Progressista Serbo (SNS) del presidente -, Kos ha voluto lanciare un messaggio. Dopo gli incontri istituzionali a Belgrado con Vučić e Macut, si è recata alla stazione di Novi Sad per deporre un mazzo di rose nel luogo dell’incidente in cui, lo scorso 1 novembre, persero la vita 15 persone. Ha incontrato organizzazioni della società civile, studenti, professori e delegazioni dei partiti d’opposizione.La commissaria Ue per l’Allargamento, Marta Kos, a Novi Sad, 30/4/25In un post su X indirizzato agli “studenti di Novi Sad”, ha affermato: “Vi capisco. Voglio ribadire che ciò che l’Ue chiede alla Serbia è strettamente in linea con le richieste dei cittadini che protestano. Ma la cosa più importante è che voi, le giovani generazioni, possiate beneficiare delle numerose opportunità che l’Ue ha da offrire“. Un’offerta presentata dalla stessa Kos al premier e reiterata a favore di telecamere: “La nostra offerta al popolo serbo è la seguente – ha dichiarato la commissaria -: collaborate con noi alle riforme necessarie per rendere possibile la vostra adesione all’Ue, collaborate con noi per istituire un sistema giudiziario indipendente e in grado di combattere la corruzione, collaborate con noi per mettere in campo leggi e istituzioni che garantiscano la libertà e l’indipendenza dei vostri media, collaborate con noi per istituire un quadro elettorale che assicuri che sia la volontà del popolo serbo e solo la sua volontà a decidere le maggioranze”.Una mano tesa verso gli studenti, l’altra verso il governo di Macut, di cui Kos “sente l’energia a collaborare con noi”. Nel tentativo di riconciliare un Paese che rischia di perdere un treno che passa “una volta in una generazione”, quello per “completare l’unificazione dell’Europa”. In un intervento deciso, Kos ha sottolineato che “molti paesi candidati se ne sono resi conto e stanno attuando riforme più rapidamente che mai”. Lo stesso non si può dire per Belgrado, impantanata in un regime sempre più impopolare e autoritario, oltre che disallineato con Bruxelles in politica estera. “Mi piacerebbe che lo stesso accadesse in Serbia – ha aggiunto -. Senza questi cambiamenti, la Serbia non può progredire nel suo percorso verso l’Ue“.Marta Kos e, alla sua destra, il neo premier serbo Djuro Macut, 29/04/25Non ha più mani da tendere invece verso Vučić, l’uomo al potere dal 2014 e principale responsabile dell’allontamento della Serbia dal percorso europeo. Il leader nazionalista, che ha rafforzato i legami con Vladimir Putin negli ultimi anni, è atteso a Mosca il 9 maggio, per partecipare alle celebrazioni del Giorno della vittoria, anniversario della sconfitta del nazismo e della fine della seconda guerra mondiale. Secondo quanto affermato da un portavoce della Commissione europea, Kos ha trasmesso al presidente filo-russo “un messaggio condiviso anche da molti Stati membri”, e cioè che la sua eventuale partecipazione alla parata del 9 maggio “avrà un impatto sul percorso” della Serbia nell’Ue.D’altro canto, Vučić ha descritto l’incontro con Kos come una “buona conversazione sulle sfide e le opportunità chiave del nostro percorso europeo”, e sottolineato “la piena disponibilità ad accelerare le riforme, non per esigenze burocratiche, ma perché crediamo che esse portino una vita migliore ai nostri cittadini”. Forse Vučić non si riferiva a quei 47 cittadini che hanno adito la Corte europea dei diritti dell’uomo, denunciando il presunto utilizzo di un cannone sonico – illegale in Serbia – per disperdere i manifestanti in occasione dell’enorme protesta dello scorso 15 marzo a Belgrado. Oggi la Cedu, sottolineando che fino a 4 mila persone hanno riportato l’accaduto, ha accolto parzialmente le richieste dei ricorrenti e indicato una misura provvisoria al governo serbo: “Fino a nuovo ordine, qualsiasi uso di dispositivi sonori a fini di controllo delle folle deve essere impedito in futuro”.To the students of Novi Sad: I hear you.I want to reiterate that what the EU asks from Serbia closely aligns with the demands of the citizens protesting.Most importantly, I want you, the young generation to benefit from the many opportunities the EU has to offer. pic.twitter.com/Ff6FiQcA6J— Marta Kos (@MartaKosEU) April 30, 2025

  • in

    La Cina revoca le sanzioni contro i deputati europei

    Bruxelles – Le politiche commerciali del presidente Usa Donald Trump rafforzano le relazioni tra gli altri partner commerciali globali. Oggi (30 aprile) la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha informato la Conferenza dei presidenti della decisione delle autorità cinesi di revocare le sanzioni contro tutti i deputati (e le loro famiglie) e le commissioni del Parlamento europeo.“In qualità di presidente, è mia responsabilità garantire che ogni membro di questa Assemblea possa esercitare il proprio mandato liberamente, senza restrizioni”, ha dichiarato Metsola in una nota. “Le nostre commissioni parlamentari devono poter discutere gli interessi europei con le loro controparti cinesi senza timore di ripercussioni. Le nostre relazioni con la Cina – ha aggiunto – rimangono complesse e sfaccettate. Il modo migliore per affrontarle è attraverso l’impegno e il dialogo”.Le sanzioni, imposte dalla Cina nel marzo 2021, avevano colpito cinque membri del Parlamento europeo e la sottocommissione per i diritti umani.La Conferenza dei presidenti ha ribadito che la revoca delle sanzioni non significa che il Parlamento europeo ignorerà le sfide persistenti nelle relazioni Ue-Cina. Il Parlamento continuerà dunque “a difendere con forza i diritti umani universali e i valori fondamentali in tutto il mondo”, cercando al contempo di impegnarsi con i partner globali in modo chiaro e basato su principi.Il 22 marzo 2021 la Cina aveva imposto sanzioni a dieci cittadini dell’Ue e a quattro entità, tra cui cinque deputati europei allora tutti in carica (Reinhard Butikofer (Verdi), Michael Gahler (PPE), Raphaël Glucksmann (S&D), Ilhan Kyuchyuk (Renew) e Miriam Lexmann (PPE)) e la sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo. Le sanzioni, che vietavano l’ingresso nel territorio cinese alle persone interessate, hanno indotto il Parlamento europeo a sospendere tutti i dialoghi ufficiali con la Cina.Nel settembre 2024 la Cina ha iniziato a cercare di ristabilire la comunicazione. Dall’autunno 2024 si sono tenuti diversi incontri a vari livelli, che sono culminati nella decisione della Cina di revocare le sanzioni.

  • in

    Elezioni Australia, l’effetto Trump avvantaggia il premier laburista Albanese

    Bruxelles – Il ciclone Trump sembra sul punto di colpire anche l’Australia. Come appena accaduto in Canada, anche nel Paese oceanico gli elettori potrebbero finire per farsi guidare, nel segreto dell’urna, più dalle preoccupazioni relative alle “minacce” da Washington che dalle questioni domestiche. A tutto vantaggio del premier uscente, il laburista Anthony Albanese, e a discapito del leader liberale Peter Dutton, che paga la vicinanza politica al tycoon newyorkese.Il prossimo sabato (3 maggio) gli australiani saranno chiamati a rinnovare il mandato triennale del Parlamento bicamerale di Canberra, sciolto lo scorso 28 marzo. Il sistema elettorale è relativamente complesso (e il voto è obbligatorio per tutti i cittadini maggiorenni), ma quello che appare probabile è che dalle schede emergerà vincitore il Partito laburista del primo ministro dimissionario, Anthony Albanese, alla guida del governo dal 2022.In realtà, i laburisti sono passati in vantaggio nelle intenzioni di voto piuttosto recentemente, cioè dopo che Donald Trump ha iniziato a terremotare la politica mondiale. Fino a gennaio, quando si è insediato il 47esimo presidente degli Usa, era in testa la Coalizione, il polo liberale di centro-destra guidato da Peter Dutton, ma poi gli umori in Australia sono cambiati.Il leader della Coalizione liberale australiana, Peter Dutton (foto: David Gray/Afp)I liberali, storicamente più vicini agli Stati Uniti rispetto alle altre forze politiche, hanno sofferto in particolare l’imposizione dei dazi doganali da parte della Casa Bianca e l’esito delle attività del Dipartimento per l’efficienza governativa (Doge) di Washington – tramite il quale Elon Musk ha preso a picconate le agenzie federali – che erano state emulate da Dutton nel suo gabinetto ombra.Il voto di sabato, che doveva essere un giudizio sull’operato di Albanese negli ultimi tre anni (il suo governo non è stato particolarmente amato dagli elettori), è diventato così un’introspezione su chi potrà proteggere meglio l’Australia in questa fase di incertezza globale, con quasi il 70 per cento dei cittadini che, secondo le rilevazioni, ritengono Trump “un male” per il Paese oceanico. Canberra è dipendente da Washington soprattutto nella sfera economica e in quella della sicurezza.Nel complicato sistema australiano, molti sondaggi dedicano una rilevazione specifica per determinare quale partito vincerebbe se la competizione si svolgesse a due: in questo caso, la forbice tra i laburisti di Albanese e la Coalizione di Dutton varia tra i 3 e i 6 punti percentuali, con una media del 52 per cento per i primi e del 48 per cento per i secondi.Il presidente statunitense Donald Trump annuncia l’imposizione di dazi doganali sulle importazioni, il 2 aprile 2025 (foto: Brendan Smialowski/Afp)Una dinamica che richiama da vicino quella appena andata in scena in Canada, dove il premier di centro-sinistra uscente, Mark Carney, è riuscito a capovolgere una situazione difficile per il suo partito e a mantenersi in sella per un altro mandato, tutto grazie a quello che gli analisti hanno ribattezzato “effetto Trump” (sentito ancora di più ad Ottawa a causa delle sparate del tycoon sull’annessione del vicino artico).Nella Camera dei rappresentanti, il ramo basso del Parlamento australiano dove dalla prossima legislatura ci sarà un tetto massimo di 150 deputati, la soglia della maggioranza sarà fissata a 76 seggi. Se i laburisti non riuscissero ad ottenere la maggioranza assoluta, dovranno formare un esecutivo di minoranza o, più probabilmente, allearsi con partiti minori o con i deputati indipendenti e dare vita ad un governo di coalizione.

  • in

    Yemen, il Regno Unito si unisce all’operazione Usa contro gli Houthi

    Bruxelles – L’aviazione britannica ha lanciato il suo primo attacco congiunto con gli Stati Uniti contro i ribelli Houthi in Yemen da quando Donald Trump siede alla Casa bianca.A riportarlo è stato il segretario alla difesa del Regno Unito, John Healey, che ha fornito questa mattina (30 aprile) informazioni dettagliate sul motivo del raid: “Questa azione è stata intrapresa in risposta alla minaccia persistente degli Houthi alla libertà di navigazione. La riduzione del 55 per cento del commercio attraverso il Mar Rosso è già costata miliardi, alimentando l’instabilità della regione e mettendo a rischio la sicurezza economica delle famiglie nel Regno Unito”.Secondo le fonti sarebbero stati lanciati diversi raid contro la capitale Sanaa, in mano agli Houthi dal 2014, mentre altri attacchi hanno colpito l’area attorno Saada. Healey ha descritto l’obiettivo dell’operazione come: “Un raggruppamento di edifici utilizzato dagli Houthi per costruire droni, della tipologia impiegata per attaccare le navi nel Golfo di Aden, situato a 25 km a sud di Sanaa”. Per l’operazione sono stati utilizzati Jet Typhoon FGR4s della Royal air force, che hanno sganciato bombe teleguidate sugli obiettivi. Quanto ai danni causati o alla presenza di eventuali vittime, il Regno Unito non ha fornito alcun dettaglio, mentre il Comando centrale statunitense non ha ancora ufficialmente riconosciuto l’attacco. “Il raid è stato condotto dopo il tramonto, quando la possibilità che civili si trovassero nell’area era ridotta ulteriormente” ha fatto sapere il Ministero della difesa britannico.Il Regno Unito ha già preso parte a operazioni congiunte con gli Stati Uniti in Yemen sotto l’amministrazione di Joe Biden, che ha lanciato la campagna contro i filo-iraniani Houthi nel gennaio 2024. Tuttavia, questa nuova operazione costituisce il primo coinvolgimento nella campagna condotta da Trump. Dallo scorso 15 marzo la sua amministrazione ha lanciato oltre 800 attacchi in Yemen, in particolar modo colpendo questo lunedì (28 aprile), come riportano i media yemeniti, un centro di detenzione per migranti a Saada, causando la morte di 68 persone, principalmente civili africani. Il 18 aprile un raid contro il porto di Ras Isa ha invece ucciso 74 persone, ferendone 171. Gli Stati Uniti, che hanno mantenuto una politica tutt’altro che trasparente nei confronti delle loro operazioni nell’area, hanno intensificato gli scontri contro gli Houthi in un’ottica di sostegno a Israele e soprattutto di contrasto all’Iran. Dopo la caduta di Hezbollah ,di Assad e della leadership di Hamas, gli Houthi restano gli ultimi alleati di Teheran nella regione.La decisione dei britannici di unirsi agli americani proprio in questo momento potrebbe essere legata alle iniziative di negoziato che Trump intende intraprendere con l’Iran, visti i rapidi progressi che la Repubblica Islamica ha raggiunto nel suo programma nucleare.

  • in

    I liberali di Mark Carney hanno vinto le elezioni in Canada, anche contro Trump

    Bruxelles – Il ciclone Donald Trump si fa sentire anche in Canada. Alle elezioni federali anticipate ha vinto, contro i pronostici di qualche mese fa, il Partito liberale del primo ministro Mark Carney. Sono state soprattutto le sparate del presidente statunitense, che da mesi fantastica sull’annessione del vicino settentrionale come 51esimo Stato dell’Unione, a pesare sul voto canadese trasformandolo di fatto in una prova di unità nazionale di fronte al voltafaccia di Washington.Le urne si sono chiuse alle 22 di ieri sera (28 aprile), ora locale, ma il conteggio è ancora in corso. I risultati preliminari hanno assegnato la vittoria ai liberali di centro-sinistra dell’attuale premier Mark Carney col 43,5 per cento, contro il 41,4 per cento dei conservatori guidati da Pierre Poilievre.Dei 343 deputati della Camera dei comuni, il ramo basso del legislativo federale, almeno 168 andranno così al Partito liberale, mentre i conservatori dovrebbero fermarsi a quota 144. Dato che la soglia per la maggioranza in Aula è fissata a 172 seggi, Carney potrebbe guidare un esecutivo di minoranza oppure cercare di mettere in piedi un governo di coalizione. Sia come sia, il premier ha ottenuto la sua investitura popolare in seguito alla successione a Justin Trudeau lo scorso marzo, ritiratosi dalla scena pubblica dopo 12 anni al timone del partito.Mark Carney viene scelto per succedere a Justin Trudeau come leader del Partito liberale e premier canadese, il 9 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)Rispetto alla consultazione del 2021, i liberali hanno aumentato i propri consensi del 10,8 per cento e gli avversari conservatori del 7,8 per cento, mentre tutti gli altri partiti hanno perso sostegno: meno 1,1 per cento sia per i Verdi sia per il Bloc Québécois, meno 4,2 per cento per il Partito popolare e meno 11,7 per cento per il Nuovo partito democratico.E pensare che, fino a qualche mese fa, alle elezioni anticipate (la scadenza naturale della legislatura sarebbe stata il prossimo ottobre) il favorito era proprio Poilievre, dopo nove anni in cui la guida del Paese era rimasta in mano ai liberal-democratici. Ma per il leader conservatore è stata fatale la vicinanza politica a Donald Trump. Il voto di ieri si è di fatto trasformato in una questione di unità e sicurezza nazionale, e contemporaneamente in un referendum sull’inquilino della Casa Bianca.Il quale da mesi insiste sul potenziale ingresso del Canada negli Stati Uniti come 51esimo membro dell’Unione, ha colpito Ottawa con pesanti dazi commerciali e si è spinto fino a compiere, ieri, un’interferenza elettorale in piena regola, suggerendo agli elettori di votare per Poilievre. Una vittoria di quest’ultimo, ha scritto sul suo social Truth il tycoon newyorkese, avrebbe portato prosperità economica e sicurezza al “Grande popolo del Canada”.Un’ingerenza che non è andata giù nemmeno allo stesso Poilievre, che ha dovuto rivolgersi al suo (ex?) alleato chiedendogli di “starsene fuori” dai processi democratici di una nazione sovrana. “Le uniche persone che decideranno il futuro del Canada sono i canadesi alle urne“, ha scritto il leader conservatore su X, ribadendo che “il Canada sarà sempre orgoglioso, sovrano e indipendente e non sarà MAI il 51esimo Stato“. “Oggi i canadesi possono votare per il cambiamento, in modo da rafforzare il nostro Paese, stare in piedi da soli e affrontare l’America da una posizione di forza“, ha aggiunto.Carney ha proclamato la vittoria all’alba di oggi, dichiarando che Ottawa non si piegherà “mai” al neo-imperialismo che è una cifra fin troppo chiara del trumpismo e promettendo di “rappresentare tutti coloro che chiamano il Canada casa“. “Il presidente Trump sta cercando di spezzarci per far sì che l’America possa possederci”, ha affermato, per poi promettere che “questo non accadrà mai e poi mai“.Si tratta di uno spartiacque storico nella politica canadese, che tradizionalmente ha sempre guardato agli States come ad un solido alleato (entrambi i Paesi fanno parte del G7 e della Nato insieme ai partner europei). “Abbiamo superato lo shock del tradimento americano, ma non dobbiamo mai dimenticare la lezione”, ha osservato Carney, ammonendo che ora “dobbiamo guardarci le spalle, e soprattutto dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri”. Il primo ministro si è impegnato a ridurre la dipendenza dell’economia nazionale da Washington, approfondendo al contempo i legami con gli alleati più “affidabili”. In una mossa insolita, ha condotto il suo primo viaggio all’estero da premier in Europa, incontrando funzionari francesi e britannici.Il leader del Partito conservatore canadese, Pierre Poilievre (foto: Peter Power/Afp)Parallelamente, Poilievre ha riconosciuto la sconfitta. Il leader conservatore rischia addirittura di non rientrare in Parlamento, essendo rimasto indietro nella sfida uninominale nel suo collegio in Ontario. “Metteremo sempre il Canada al primo posto, mentre ci troviamo di fronte ai dazi e alle altre minacce irresponsabili del presidente Trump“, ha dichiarato prendendo le distanze dalle posizioni indifendibili del tycoon. Ha promesso di lavorare con Carney per il bene del Paese, pur osservando che il premier dovrà ora guidare un “governo di minoranza sottile come un rasoio”.Dall’altro lato dell’Atlantico, la vittoria dei liberali è stata accolta positivamente. Il capo dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha sottolineato che “il legame tra Europa e Canada è forte e si sta rafforzando” anticipando di voler collaborare per difendere “i nostri valori democratici condivisi”, promuovere “il multilateralismo” e sostenere “un commercio libero ed equo”. Anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha voluto ribadire che Ue e Canada sono “alleati e forti partner commerciali” e che, soprattutto, condividono “gli stessi valori” tra cui l’attaccamento “alla Carta delle Nazioni Unite e all’ordine internazionale basato sulle regole“.

  • in

    Putin ha proposto un cessate il fuoco temporaneo in Ucraina

    Bruxelles – Sembra continuare a crescere la pressione internazionale per porre fine alla guerra in Ucraina. Qualche ora fa, Vladimir Putin ha proposto una tregua di tre giorni a inizio maggio, rispondendo indirettamente alle recenti esortazioni di Donald Trump, spazientito per lo stallo nei negoziati. Mosca e Kiev potrebbero avviare presto dei colloqui diretti, riprendendo un canale diplomatico interrotto da tre anni. Ma ci sono ancora molte incognite, sia sul campo di combattimento sia sui tavoli delle trattative, e i prossimi giorni si annunciano intensi dal punto di vista diplomatico.L’annuncio di PutinNel primissimo pomeriggio di oggi (28 aprile), il Cremlino ha annunciato di voler sospendere i combattimenti tra l’8 e l’11 maggio per “motivi umanitari”, ritenendo che anche Kiev “debba seguire questo esempio”. Il cessate il fuoco entrerebbe in vigore in concomitanza con le celebrazioni dell’80esimo anniversario della vittoria dell’Armata rossa contro i nazifascisti nella Seconda guerra mondiale (chiamata Grande guerra patriottica in Russia).Il 9 maggio, il cosiddetto “giorno della Vittoria“, si terrà nella Piazza Rossa a Mosca una grande cerimonia alla quale parteciperanno una ventina di ospiti di alto livello – tra cui il leader cinese Xi Jinping, il dittatore bielorusso Alexandr Lukashenko e addirittura il premier slovacco Robert Fico – ed è comprensibile che Vladimir Putin voglia tenere tutti al sicuro da potenziali attacchi dei droni ucraini, dimostratisi particolarmente efficaci.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)“In caso di violazione del cessate il fuoco da parte ucraina, le forze armate della Federazione Russa forniranno una risposta adeguata ed efficace”, recita il comunicato del Cremlino diffuso su Telegram. Lì si aggiunge anche che Mosca “dichiara ancora una volta la sua disponibilità a negoziati di pace senza precondizioni, volti a eliminare le cause alla radice della crisi ucraina, e a un’interazione costruttiva con i partner internazionali”.Le reazioni di Kiev e WashingtonLa proposta russa per una tregua temporanea è stata accolta con freddezza a Kiev. Il titolare degli Esteri ucraino, Andrij Sybiha, ha fatto notare che “se la Russia vuole veramente la pace, deve cessare il fuoco immediatamente” e per almeno 30 giorni, dimostrando che si tratta di un impegno “reale, non solo per una parata”. Del resto, i soldati di Mosca hanno recentemente violato la pausa di 30 ore proposta dallo stesso Putin in occasione della Pasqua.Dall’altro lato dell’Atlantico, a Washington, si insiste sulla necessità di un cessate il fuoco permanente. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha ribadito che Donald Trump “rimane ottimista sulla possibilità di trovare un accordo” e che “vuole essere un presidente pacificatore”. Ma ha anche sottolineato che il tycoon sarebbe “sempre più frustrato coi leader di entrambi i Paesi“, i quali dovrebbero muoversi per “negoziare la loro via d’uscita” dal conflitto.If Russia truly wants peace, it must cease fire immediately.Why wait until May 8th? If the fire can be ceased now and since any date for 30 days—so it is real, not just for a parade.Ukraine is ready to support a lasting, durable, and full ceasefire. And this is what we are…— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) April 28, 2025Al rientro negli States dopo la trasferta in Vaticano, dove ha avuto un breve colloquio con Volodymyr Zelensky in occasione dei funerali di papa Francesco lo scorso 26 aprile, Trump aveva esortato il presidente russo a far tacere le armi e sedersi al tavolo delle trattative. “Non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni”, ha scritto sul suo social Truth, aggiungendo che l’atteggiamento di Putin “mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso”, ad esempio ricorrendo a nuove sanzioni.“Voglio che smetta di sparare, si sieda e firmi un accordo“, ha concluso. Solo poche ore prima, Trump aveva sostenuto che i due belligeranti sarebbero stati “molto vicini ad un accordo, e le due parti dovrebbero ora incontrarsi a livelli molto alti per ‘farla finita’” dal momento che “c’è un accordo sulla maggior parte dei punti principali“.Il nodo dei territori occupatiIn realtà, su almeno un punto fondamentale si registra ancora profondo disaccordo tra Mosca e Kiev. Nelle scorse ore, il capo della diplomazia del Cremlino, Sergei Lavrov, ha ripetuto che il riconoscimento internazionale delle rivendicazioni territoriali della Russia – che riguardano la Crimea e le porzioni occupate delle oblast’ di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Cherson – sarà “imperativo” in qualunque negoziato di pace. All’indomani dell’incontro con Zelensky, il presidente Usa si era detto convinto che Kiev cederà a Mosca la Crimea, che la Federazione occupa dal 2014.Il presidente statunitense Donald Trump (sinistra) incontra il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky nella basilica di San Pietro, in Vaticano, il 26 aprile 2025 (foto via Imagoeconomica)Tuttavia, per l’Ucraina il riconoscimento formale delle regioni occupate è una linea rossa, non solo politicamente ma anche giuridicamente: a tale scopo andrebbe modificata la Costituzione e organizzato un referendum popolare, che avrebbe scarse possibilità di successo. Secondo gli osservatori, Kiev potrà al massimo avallare un riconoscimento de facto dell’occupazione, ma solo temporaneamente (nella speranza di poterla riconquistare in futuro, militarmente o diplomaticamente) e senza accettare de jure la sovranità di Mosca.Lo stesso discorso si applica, almeno in linea di principio, anche alle altre regioni ucraine parzialmente occupate dall’esercito russo. Soprattutto, gli ucraini insistono sul fatto che qualunque discussione relativa a eventuali cessioni territoriali dev’essere avviata solo dopo che un cessate il fuoco “completo e incondizionato” sia entrato in vigore per sospendere i combattimenti terrestri, aerei e marittimi.Quale pace per l’Ucraina?Si tratterebbe, almeno stando alle indiscrezioni giornalistiche, di uno degli elementi centrali nella controproposta di Kiev per mitigare alcuni aspetti del controverso piano di pace elaborato dall’amministrazione a stelle e strisce, giudicato troppo sbilanciato a favore della Russia, di cui Zelensky avrebbe brevemente discusso con Trump a San Pietro.Tra le principali richieste ucraine c’è la rimozione di qualunque clausola che limiti le dimensioni delle forze armate nazionali e, contemporaneamente, l’ammissione nel Paese di un contingente militare europeo (quella “forza di rassicurazione” che Emmanuel Macron e Keir Starmer stanno cercando di assemblare tramite la coalizione dei volenterosi) per garantire la sicurezza. Il presidente statunitense parrebbe aperto a considerare la fornitura di supporto logistico e, soprattutto, di condividere l’intelligence con tale contingente europeo, come chiedono da tempo Parigi, Londra e Kiev.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Ole Berg-Rusten/Afp)Prossimo alla firma sembra invece (forse, stavolta, sul serio) il famigerato accordo sulle materie prime critiche ucraine, rimbalzato per mesi tra Washington e Kiev. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha confermato che “il documento non considera l’assistenza fornita prima della sua stessa stipula“, come invece avrebbe preteso Trump (che chiedeva a Zelensky un risarcimento da 500 miliardi di dollari per gli aiuti inviati dal suo predecessore Joe Biden), e ha specificato che le clausole del contratto non violeranno gli obblighi che il Paese dovrà rispettare in termini di libera concorrenza con le aziende europee nell’ottica dell’adesione all’Ue.Nelle parole del segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, quella appena iniziata sarà una “settimana decisiva” per i negoziati sul conflitto. La Casa Bianca, dice, nei prossimi giorni valuterà “se entrambe le parti vogliono davvero la pace”. “Ci sono ragioni per essere ottimisti, ma anche per essere realisti“, ha aggiunto il capo della diplomazia a stelle e strisce, osservando che “siamo vicini (ad un accordo, ndr) ma non abbastanza”. La scorsa settimana, per la prima volta da tre anni a questa parte, Putin ha aperto alla possibilità di colloqui diretti con la leadership ucraina per raggiungere un’intesa negoziale.Staremo a vedere. Di sicuro c’è che, se è vero che la piccola porzione dell’oblast’ russa di Kursk conquistata dagli ucraini la scorsa estate è effettivamente stata liberata, Putin potrà sedersi al tavolo dei negoziati da una posizione ancora più forte. Proprio stamattina, peraltro, Mosca e Pyongyang hanno ufficialmente confermato che alla controffensiva russa hanno partecipato anche soldati nordcoreani, dei quali lo Stato maggiore della Federazione ha pubblicamente elogiato “l’eroismo”.

  • in

    Canada al voto, in un test dominato dalle politiche commerciali (e di allargamento) di Trump

    Bruxelles – Oggi il Canada va al voto per delle consultazioni legislative anticipate, rispetto alla scadenza naturale di ottobre, decise dal nuovo premier, il liberale Mark Carney, che ha preso il posto di Justin Trudeau lo scorso marzo.A stravolgere i contenuti di una consultazione elettorale che sembrava, qualche mese fa, poter premiare i conservatori di Pierre Poilievre, è stato il ciclone Donald Trump, che con le sue mire espansionistiche sul Canada come nuovo stato Usa (il cinquantunesimo) e i suoi dazi commerciali ha fatto scatenare tra i cittadini preoccupazioni che mai si erano avute. Dunque il conservatore Poilievre, che dopo nove anni di governo Trudeau sembrava sulla soglia del premierato, potrebbe essere penalizzato proprio per la sua vicinanza politica al presidente Usa. I sondaggi danno i liberali in leggero vantaggio.Molti cittadini canadesi nell’ultimo paio di mesi ha risposto alle provocazioni di Trump smettendo di comprare prodotti Made in Usa, e molte aziende locali hanno fatto campagne promozionali proprio sul buy Canadian.Carney ha promesso di affrontare la crisi economica che si sta affacciando, con un aumento dei prezzi e dell’inflazione, con un piano d’investimenti nei settori tecnologici e delle energie rinnovabili, per stimolare la crescita e ridurre la dipendenza da mercati esterni. Per altro il premier ha anche annunciato nuove politiche commerciali internazionali, puntando a rafforzare le relazioni con Europa, America Latina ed Asia.Sarà, a quanto pare, un testa a testa fra i due schieramenti, con alcuni partiti minori che potrebbero diventare importanti in caso di risultati equilibrati tra i due maggiori.Gli elettori sceglieranno tutti i 343 membri della Camera dei Comuni, uno per ogni circoscrizione, in un unico turno di votazione, che terminerà, in questo enorme Paese con tanti fusi orari, all’alba di domattina. Gli Exit poll sono attesi poco dopo la chiusura dei seggi.