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L’Ue al lavoro per rimpatriare i rifugiati siriani, ma le ong avvertono: “Rischiano persecuzioni, la Siria non è sicura”

Bruxelles – Creare le condizioni per il “rimpatrio sicuro, volontario e dignitoso” dei rifugiati siriani. Una strada che i governi europei sono sempre più decisi a percorrere, ora più che mai, in vista di un’eventuale ondata di arrivi di profughi siriani che scappano dal sud del Libano dilaniato dalle bombe israeliane. Il problema però – come denunciano le organizzazioni che vigilano sui diritti umani – è che la situazione a Damasco non è cambiata e i siriani che rientrano rischiano violenze e persecuzioni da parte del regime di Bashar al-Assad. O dei gruppi armati che controllano parte del territorio.

L’idea di rivedere la Strategia Ue sulla Siria, relativa al 2017, circola da tempo a Bruxelles. Secondo le stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), i Paesi europei ospitano oltre un milione di richiedenti asilo siriani, di cui il 59 per cento solo in Germania. E il tema del rimpatrio dei rifugiati siriani “è reso ancora più urgente dell’evoluzione delle ostilità nel Medio Oriente e nel Libano”, ammettono fonti diplomatiche. Perché sempre secondo l’Unhcr, il Paese dei Cedri ospiterebbe più di un milione e mezzo di profughi dalla Siria.

Già al Consiglio europeo dello scorso aprile, i leader avevano messo nero su bianco la “necessità” di mettere in moto i rimpatri “in linea con le condizioni definite dall’Unhcr“, invitando la Commissione europea a “esaminare e rafforzare l’efficacia dell’assistenza dell’Ue ai rifugiati siriani e agli sfollati in Siria e nella regione”. A luglio poi, otto Paesi membri – Italia, Austria, Croazia, Cipro, Cechia, Grecia, Slovacchia e Slovenia – hanno presentato durante una riunione dei ministri degli Esteri Ue un non paper (un documento informale) per chiedere di riconsiderare la Strategia sula Siria “nel mutato contesto regionale”, senza “legittimare in alcun modo il regime” di Assad e “senza compromessi su democrazia e diritti umani”.

Bashar al-Assad, presidente della Siria dal 2000

La Commissione europea sembra determinata a dare seguito alla richiesta di impostare un “approccio più realistico” alle relazioni con Damasco, una strategia “più attiva, orientata ai risultati e operativa”, con l’obiettivo di garantire il rientro sicuro dei profughi della guerra cominciata nel 2011: a quanto si apprende, nella giornata di ieri (30 ottobre), durante una riunione con gli ambasciatori dei Paesi membri, l’esecutivo Ue ha presentato un nuovo documento informale per tastare le posizioni dei 27 sul tema. Il non paper di Bruxelles rifletterebbe “in larga misura” le proposte lanciate a luglio dai governi italiano e austriaco, in particolare l’ipotesi di un Inviato speciale Ue nel Paese, il sostegno al settore privato, la cooperazione con l’Unhcr sul campo per favorire i rimpatri volontari e per sostenere l’emergenza attraverso progetti di ‘early recovery‘.

Dallo scambio di opinioni tra i corpi diplomatici Ue, sarebbe emerso “ampio sostegno per il piano d’azione delineato – confermano fonti Ue -, sottolineando il coordinamento con l’Unhcr, ma anche la cautela nell’evitare qualsiasi percezione di normalizzazione delle relazioni con il regime di Assad”.

D’altra parte però, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati fa notare che “nonostante una serie di iniziative politiche nell’arco del 2023, le condizioni all’interno della Siria non sono ancora favorevoli per facilitare i rimpatri volontari su larga scala in sicurezza e dignità”. Secondo i dati dell’Unhcr, nel 2023 sono rientrati in Siria circa 38.300 rifugiati, in calo rispetto ai quasi 51 mila che avevano scelto di rientrare nel 2022. Per ora, l’Unhcr non ha modificato la sua posizione aggiornata al marzo 2021, secondo cui la Siria non è un Paese sicuro per i rimpatri.

Una donna in un campo per gli sfollati interni siriani a Raqa (Photo by Delil SOULEIMAN / AFP)

Una posizione condivisa e rilanciata da diverse organizzazioni internazionali, tra cui Human Rights Watch, che in un rapporto pubblicato ieri ha sottolineato che “i siriani che fuggono dalle violenze in Libano rischiano la repressione e la persecuzione da parte del governo siriano al loro ritorno”. Secondo la Mezzaluna Rossa Araba Siriana (Sarc), tra il 24 settembre e il 22 ottobre circa 440 mila persone – più dei due terzi siriani e i restanti libanesi – sono fuggiti dal Libano in Siria. Nonostante Damasco abbia finora mantenuto “aperte le frontiere e alleggerito le procedure di immigrazione”, Human Rights Watch sostiene che “il governo siriano e i gruppi armati che controllano alcune zone della Siria continuano a impedire alle organizzazioni umanitarie e per i diritti umani di accedere pienamente e senza ostacoli a tutte le aree, compresi i siti di detenzione, ostacolando gli sforzi di documentazione e oscurando la reale portata degli abusi”.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani chi rientra in Siria, “in particolare gli uomini, rischia detenzioni arbitrarie e abusi da parte delle autorità”. Human Rights Watch ha documentato numerosi casi di detenzioni arbitrarie, torture e uccisioni di rifugiati di ritorno dal 2017. Il rapporto punta il dito contro “alcuni leader europei” che sostengono “sempre più spesso che la Siria è sicura per i rimpatri, promuovendo politiche che potrebbero revocare le protezioni per i rifugiati, nonostante le continue preoccupazioni per la sicurezza e i diritti umani”.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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