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L’abbraccio tra i fratelli siriani a Kalamata

“Grazie al cielo sei vivo”. Fadi stringe tra le mani il volto del fratello, Mohammad, cercando di fargli forza oltre le sbarre della recinzione che li separa. È l’unico momento di gioia in una mattinata di angoscia e lutto sul molo di Kalamata, dove i superstiti del naufragio hanno passato la seconda notte. Di fronte al drappello di giornalisti che si sono radunati davanti a lui, Fadi, fuggito dalla Siria, racconta di essere arrivato a Kalamata dall’Olanda, dove ha ottenuto l’asilo, per cercare il fratello di 18 anni, di cui aveva perso le tracce dopo il naufragio del peschereccio a sud di Pylos.

Poco dopo essere scoppiato in lacrime, alla vista del fratello, Mohammed viene imbarcato assieme agli altri superstiti nei pullman diretti al centro di accoglienza di Malakasa, nel nord di Atene. Il trasferimento avviene oltre una barriera allestita dalla polizia per non permettere ai giornalisti di parlare con i migranti. “Europe, Europe!”, invoca uno prima di sparire dietro ai pullman.

In 71 sono stati scortati da una delegazione del ministero greco per l’Immigrazione e al loro arrivo sono stati informati sull’avvio del processo di registrazione e identificazione. In ventisette rimangono invece ricoverati nell’ospedale di Kalamata, in buone condizioni di salute: l’unico a preoccupare è un ragazzo di 16 anni con problemi respiratori che pure, secondo i dottori, è in miglioramento. “Molti, prima di andare via, hanno manifestato la paura che la loro richiesta di asilo verrà respinta: continuavano a ripetere che vogliono vivere qui e che l’Europa è la loro unica speranza”, racconta Marilena Sotiriou, operatrice della Croce rossa rimasta a sgomberare l’accampamento del punto di primo soccorso, quando l’ultimo dei superstiti abbandona il molo. “Raccontano di avere speso cinquemila euro per il viaggio e chiedono l’opportunità di lavorare, per potersi costruire una nuova vita”.

Nel porto rimangono i parenti dei dispersi giunti da Italia, Inghilterra e Germania per rintracciare i familiari, la maggior parte di loro non può condividere la stessa gioia di Fadi. Le autorità greche hanno lasciato intendere che il numero delle persone che mancano all’appello non potrà mai essere accertato con precisione. “Non si sa quante donne e bambini si trovassero nella stiva e nelle parti basse della nave, tuttavia, secondo le testimonianze, al momento dell’incidente molte donne e bambini stavano dormendo”, spiega Christina Nikolaidou, responsabile della comunicazione dell’Oim Grecia al sito di Efsyn. Gli interpreti dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono riusciti a parlare con molti dei superstiti. “Le persone sono sotto shock, ma insistono sul fatto che a bordo dell’imbarcazione c’erano 700-750 persone. Ma non è lo shock che impedisce loro di avere un quadro chiaro, quanto il fatto che erano ammassate l’una sull’altra e quindi avevano un campo visivo limitato”, ha sottolineato Nikolaidou, ricordando poi che “molti viaggiavano con le loro famiglie”.

Quando le operazioni di trasferimento si concludono nel porto di Kalamata, nel magazzino dove hanno alloggiato i superstiti rimangono solo i materassini e qualche sacco della spazzatura.

 “Anche di questo naufragio fra poco non rimarrà più traccia, ma noi operatori sappiamo che difficilmente sarà l’ultimo”, commenta amareggiata Marilena Sotiriou.
   


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