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La vicenda giudiziaria del rogo di Primavalle

Un rogo appiccato sul pianerottolo di una abitazione di un condominio di via Bernardo da Bibbiena, nel quartiere di Primavalle, a Roma. E’ la notte tra il 15 e il 16 aprile del 1973. In quella casa viveva Mario Mattei, netturbino e segretario della sezione di zona del Movimento Sociale Italiano. In casa era presente l’uomo, 48 anni, la moglie e sei figli, Virgilio, Lucia, Silvia, Antonella, Stefano e Giampaolo.
   

La donna, che aveva con sé i figli più piccoli, Giampaolo e Antonella, riuscì a mettersi in salvo, Mattei rimase in casa riuscendo a salvarsi e a calare da una finestra Silvia e Lucia.
    Virgilio, di 22 anni, e Stefano, di 8, non riuscirono a gettarsi dalla finestra e morirono bruciati.
   

Il dramma avvenne davanti ad una folla che si era accumulata nei pressi dell’abitazione, e che assistette alla progressiva morte di Virgilio, rimasto appoggiato al davanzale, e di Stefano, scivolato all’indietro dopo che il fratello maggiore che lo teneva con sé, perse le forze. Gli attentatori lasciarono una rivendicazione sul posto.
    Le indagini, che subirono anche tentativi di depistaggio per accreditare l’ipotesi di una faida interna alla destra, si orientarono sugli ambienti della sinistra extraparlamentare e vennero indagati appartenenti a Potere Operaio.

L’attività investigativa portò all’individuazione di alcuni militanti. Di questi l’unico a finire in carcere per alcuni anni fu Achille Lollo a cui furono inflitti con sentenza definitiva, in una sentenza che non riconobbe l’aggravante terroristica, 18 anni di carcere. La Procura gli contestò, assieme agli altri due imputati Manlio Grillo e Marino Clavo, il reato di incendio doloso, duplice omicidio colposo e uso di esplosivo e materiale incendiario. Grillo fuggì in Nicaragua e di Clavo si persero le tracce mentre Lollo prima della pronuncia definitiva della Cassazione riuscì a fuggire in Brasile. Per tutti e tre la pena venne dichiarata estinta, attraverso un complesso meccanismo di calcolo, il 12 ottobre 2003.
   

Nel 2005 i pm di piazzale Clodio riaprirono le indagini. Una iniziativa legata ad una intervista in cui Lollo affermò che all’attentato parteciparono altre tre persone: Elisabetta Lecco, Diana Perrone e Paolo Gaeta. Circostanza tuttavia smentita da Manlio Grillo. I tre finirono nel registro degli indagati per il reato di strage ma la loro posizione fu archiviata l’anno successivo.
   

L’ex militante di Potere Operaio venne convocato a piazzale Clodio nel gennaio del 2011, dopo essere rientrato in Italia dal Brasile per essere ascoltato dall’allora sostituto procuratore capitolino Luca Tescaroli. Lollo, accompagnato dal suo difensore, si avvalse della facoltà di non rispondere.
   

Vista l’impossibilità ad approfondire i temi di quella intervista, la Procura ottenne l’archiviazione del fascicolo processuale soprattutto in virtù della scadenza dei termini (due anni) per lo svolgimento degli accertamenti nei confronti dei tre indagati, citati da Lollo che è morto il 3 agosto del 2021 a 70 anni nell’ ospedale di Bracciano, centro in provincia di Roma, dove si trovava ricoverato da alcuni giorni.
   


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