Il Draghi bis si allontana, con o senza il M5s, e la legislatura appare sempre più in bilico. I partiti hanno ancora quattro giorni per trattare e rimettere insieme i pezzi della crisi che si è aperta con il non voto di fiducia del Movimento al Senato ma si tratta di un’impresa in salita. Le divisioni diventano più marcate e il movimento guidato da Giuseppe Conte continua ad essere attraversato da profonde tensioni avvicinando le urne. Ritirare o meno la delegazione al governo è la domanda che manda in tilt i pentastellati nelle stesse ore in cui Salvini e Berlusconi chiudono a qualsiasi ipotesi di poter continuare a sedere insieme ai 5S nell’esecutivo. Il Pd, che continua a sperare in un ripensamento di Draghi, resta convinto che “formato e perimetro” della maggioranza debbano rimanere inalterati. Ma se queste sono le “premesse”, osserva il sottosegretario a Palazzo Chigi Bruno Tabacci, “la legislatura è finita”. E anche il leghista Giancarlo Giorgetti ammette che “le squadre sono ormai stanche” e che la “partita sia difficile da sbloccare”. La missione in Algeria del premier Mario Draghi prevista per la prossima settimana è stata ridotta a un solo giorno: martedì sarà un giorno di pausa per ulteriori riflessioni e contatti e poi mercoledì il presidente del Consiglio si presenterà alle Camere così come richiesto dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
Questa sera si terrà una nuova riunione del Consiglio nazionale del M5s. La riunione, a quanto si apprende, non dovrebbe cominciare prima delle 20. In ambienti pentastellati circola l’ipotesi del ritiro dei ministri del Movimento prima di mercoledì, uno scenario che secondo fonti parlamentari sarebbe fra quelli sul tavolo dei confronti interni in corso. Questa soluzione, a quanto si apprende, è stata discussa anche nel consiglio nazionale di ieri. “Il consiglio nazionale si riunirà di nuovo oggi e faremo le nostre valutazioni”, ha risposto la capogruppo al Senato, Mariolina Castellone.
Castellone: ‘Ritiro ministri? Faremo poi le nostre dichiarazioni’
La scelta dell’ex governatore centrale appare ai più definitiva, come hanno mostrato le parole scelte per annunciare le dimissioni ai suoi ministri e poi congelate dal Colle. Ma chi lavora a un ripensamento non si stanca di rinnovare gli appelli ad andare avanti e tesse sottotraccia una rete di contatti per sondare l’esistenza di un ultima possibilità per garantire continuità all’azione del governo. In cima alla lista dei partiti che puntano non chiudere la legislatura anzitempo, c’è il Pd con il sostegno di Leu. Lo esplicitano Andrea Orlando e Roberto Speranza. “Noi lavoriamo per la prosecuzione di un governo di unità nazionale – dice il primo – e ci auguriamo che la discussione che si sta svolgendo all’interno dei Cinque Stelle aiuti questa prospettiva ed eviti di dare spazi, peraltro immeritati, alla destra”. I Dem guardano tra l’altro inevitabilmente alle alleanze, consapevoli che senza il campo largo battere il centrodestra diventi una missione disperata come dimostrano i dati di un sondaggio Youtrend-Cattaneo.
“Il M5s non c’è più, ora si chiama il partito di Conte. È un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all’unità nazionale”, afferma il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
In casa cinquestelle regna intanto sovrano il caos: riunioni su riunioni non portano a trovare un punto di caduta. Avanza l’ipotesi di ritirare la delegazione dal governo senza però che il consenso sia unanime: il ministro dei Rapporti con il Parlamento mette agli atti il proprio dissenso spiegando che in questo modo si chiuderebbe in modo definitivo a qualsiasi mediazione. Chi si dice convinta che la legislatura sia arrivata al capolinea è il presidente di FdI Giorgia Meloni mentre Salvini e Berlusconi bollano come irresponsabili i 5S e si dichiarano pronti alle urne.
Source: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/politica_rss.xml