Nato da un appello del presidente Sergio Mattarella a dar vita ad un governo che affrontasse le “urgenze” della lotta alla pandemia e della messa a punto del Pnrr, il governo Draghi ha attraversato 516 giorni tra successi e polemiche tra i partiti della “strana maggioranza” che lo ha sostenuto.
Dopo la caduta del governo Conte II e l’impossibilità di un Conte III come chiedevano M5s, Pd e Leu, Mattarella ha assunto l’iniziativa per un “governo del Presidente”, un po’ come i predecessori Scalfaro e Napolitano con Ciampi e Monti. Il Capo dello Stato convocò per il 3 febbraio l’ex banchiere centrale europeo, e mentre questi saliva al Quirinale la Borsa segnava un +3%. Draghi accettò l’incarico con riserva che, dopo le consultazioni a Montecitorio tra il 4 e il 9 febbraio, fu sciolta il 12, quando si presentò al Quirinale anche con la lista dei ministri: un mix di politici e tecnici. Il giorno dopo ci fu il giuramento e il primo Consiglio dei ministri in cui il neo premier esortò i suoi ministri a parlare solo “con i fatti”; ma già due giorni dopo, il 15, una feroce polemica tra i partiti e alcuni ministri sulle riaperture degli impianti sciistici lasciò intendere il mood della “strana maggioranza”. Comunque il 17 febbraio Draghi incassò la prima fiducia, in Senato, con ben 262 sì, sui 321 inquilini di Palazzo Madama e il giorno successivo analoghi numeri “monstre” si registrano alla Camera: i sì furono 535 sui 630 deputati.
I due punti indicati da Matterella erano al centro del discorso di Draghi per la fiducia assieme a un forte europeismo: il premier parlò esplicitamente di “federalismo” europeo. Draghi effettivamente, in asse con Macron, è stato da premier tra i promotori di una maggior integrazione europea, anche perché l’uscita di scena di Merkel assegnava a Francia e Italia maggiore spazio. Il 26 novembre scorso il Trattato del Quirinale ha sancito questo asse tra i due Paesi, che in Europa hanno proceduto poi sempre insieme.
Sul piano interno, la nomina il 3 marzo del generale degli alpini Paolo Figliuolo a commissario per l’emergenza Covid ha condotto ad uno dei successi del governo, con una netta accelerazione delle vaccinazioni, grazie agli Hub nelle Regioni.
Altro tema al centro del mandato era il Pnrr: il 31 marzo il Parlamento approvò il piano predisposto dal governo, senza un esame approfondito, dato il poco tempo a disposizione, il che provocò varie tensioni tra i partiti. I diversi obiettivi da raggiungere a fine 2021 e a giugno 2022 sono stati raggiunti, grazie anche a riforme varate dal Parlamento. I distinguo tra i partiti della larga maggioranza hanno marcato tutto i 516 giorni delle esecutivo Draghi, su provvedimenti di natura parlamentare, come il ddl Zan, il fine Vita e ora sullo Ius Soli e la cannabis. Per non parlare delle polemiche di Lega, Fi e Iv contro il reddito di cittadinanza.
Non sono mancate i distinguo dei partiti rispetto al governo, che è stato anche messo in minoranza, come sul Superbonus nella legge di Bilancio. Draghi disse che occorreva superare del tutto la misura, smentito dai partiti nella legge.
Il 2022 è stato segnato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con Draghi subito a favore degli aiuti militari a Kyiv, sui quale ci sono state le riserve di Lega e M5s. Poi il 29 giugno ecco le “rivelazioni” di De Masi secondo il quale Draghi aveva chiesto a Grillo la testa di Conte. La crisi precipita fino al passo odierno di Draghi.
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