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Elisabetta Belloni, la donna che ha rotto il tetto di cristallo

Prima donna nella storia della Farnesina a essere nominata Segretario generale e prima donna in Italia alla guida dei servizi segreti. Elisabetta Belloni è tra quelle che hanno infranto, da tempo, il tetto di cristallo. Da quando, tanti anni fa, fu tra le prime ammesse a iscriversi al liceo Massimo di Roma, quando l’istituto gesuita, frequentato anche dal premier Mario Draghi, decise di non essere più solo maschile.
    Al Massimo, ricordò un’emozionata Belloni nel 2007, ricevendo un premio dedicato agli ex alunni, ci hanno “insegnato l’impegno e il rigore che ci accompagnano per tutta la vita”. Un impegno e un rigore che non ha mai tradito: dopo un lunga carriera diplomatica è una civil servant “orgogliosa di definirsi istituzionale”. Come lei stessa affermò in una delle sue poche interviste in cui rivendicò anche l’orgoglio di “non avere nessuna matrice politica”.
    A 63 anni Belloni – che parla quattro lingue e vanta, tra le onorificenze, la Legion d’onore ricevuta dalla Francia – ha alle spalle tanti altri incarichi a cui è stata chiamata come ‘la prima donna’: dalla direzione della Cooperazione allo Sviluppo al ruolo di capo di Gabinetto di un ministro degli Esteri.
    Riservatissima, della sua vita privata si sa poco: è rimasta vedova cinque anni fa, dopo la morte del marito Giorgio Giacomelli, anche lui ambasciatore. Chi la conosce bene parla di lei come una donna con un personalità forte, molto determinata.
    Che crede nel ruolo delle donne, “particolarmente idonee – aveva sottolineato anni fa in un’altra intervista – perché hanno quasi per natura una propensione alla decisione senza tentennamenti e all’assunzione di responsabilità anche quando ciò comporta dei rischi personali”. Ma senza rinunciare alla femminilità, come dimostra il suo stile sempre elegante e attento ai dettagli.
    Si è laureata in Scienze Politiche nel 1982 alla Luiss di Roma e tre anni dopo è entrata in carriera diplomatica dove ha percorso tutte le tappe fino ad essere promossa, nel 2014, Ambasciatore, una delle poche donne ad aver raggiunto il più alto grado della carriera diplomatica, grazie all’impegno che l’ha fatta conoscere fuori dalle mura della Farnesina in occasione di alcune delle sfide più difficili della diplomazia italiana.
    Nel novembre 2004 viene nominata capo dell’Unità di Crisi e solo un mese e mezzo dopo, il 26 dicembre, deve affrontare la tragedia dello tsunami nel sudest asiatico con migliaia di turisti italiani in zona, centinaia di dispersi, il difficile compito di contattare le famiglie delle vittime e organizzare i rimpatri. Diventa presto quasi leggendaria la scelta di rimanere in ufficio anche di notte per gestire l’emergenza in ogni momento. Ed è solo l’inizio. Arriveranno a stretto giro il rapimento di Giuliana Sgrena e l’uccisione di Nicola Calipari in Iraq, il rapimento di Daniele Mastrogiacomo in Afghanistan, i delicati casi di tecnici italiani finiti nelle mani dei guerriglieri nigeriani.
    Nel 2008 Belloni viene nominata capo della Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo, che gestisce anche con una serie di missioni nei Paesi più poveri e un’attenzione costante nei confronti delle donne, ultime tra gli ultimi dove la miseria e le malattie sono la norma. Resterà alla Cooperazione fino al 2012. L’anno successivo passa alla guida della Direzione generale per le Risorse e l’Innovazione. Una nuova sfida, ma tutta diversa. Spetta a lei l’ingrato ma necessario compito di tagliare i costi del ministero.
    Nel 2015 un nuovo balzo in avanti: è capo di gabinetto del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Poi nel 2016 diventa la prima donna Segretario generale. Ancora una volta un record prima di quello successivo, arrivato sette mesi, fa quando il governo Draghi l’ha chiamata a guidare il Dis, l’organo di coordinamento dei servizi segreti italiani.
   


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