Un passo avanti sul decreto Green Pass alla mattina, il caso nel voto segreto in Aula alla sera. Mario Draghi e il governo incassano il ritiro da parte di tutti i partiti della maggioranza – Lega inclusa – , degli emendamenti al dl sul certificato verde in votazione alla Camera. E’ il grimaldello che permette al governo di non porre la fiducia sul provvedimento. Ma nella maggioranza la tensione resta altissima. Matteo Salvini, infatti, annuncia che la Lega è pronta a votare gli emendamenti di Fdi. E, sul primo voto segreto in Aula spuntano fuori 134 sì alla proposta di soppressione del Green Pass avanzata dal partito di Giorgia Meloni. Voti che, in buona parte almeno, non possono che provenire dalla Lega.
“E’ un partito inaffidabile per il governo, chiediamo chiarezza”, attacca il segretario del Pd Enrico Letta. La tensione, complice anche il voto delle amministrative ormai alle porte, è destinata a crescere rischiando di rallentare il percorso sulle riforme indirizzato dal presidente del Consiglio. Ma Draghi non sembra essere intenzionato a deviare la strada del governo rispetto alle tensioni parlamentari. Sono tre, al momento, i macro-temi su cui il premier si muoverà nei prossimi giorni. L’estensione del Green Pass ai dipendenti pubblici e privati, la riforma della concorrenza e la riforma del fisco. Sulla prima misura il premier potrebbe stringere già nelle prossime ore: la filosofia è quella di allargare alle altre tipologie di dipendenti pubblici e privati un obbligo che è già realtà per categorie come medici o insegnanti. Una cabina di regia ad hoc, tuttavia, non risulta ancora convocata. Potrebbe, forse, cadere a ridosso del Cdm che varerà il decreto.
“Al momento non ci risultano né una cabina di regia né un Cdm”, sottolineano invece fonti di governo della Lega. Sulla riforma della concorrenza e soprattutto su quella del fisco è possibile che si vada oltre il 20 settembre. Anzi, c’è chi nel governo ipotizza che un intervento sul fisco venga fatto solo dopo la Nota di Aggiornamento del Def, prevista il 27 settembre. E, si spiega in ambienti governativi, tra i ministri che invitano a un supplemento di riflessione su alcune criticità contenute nei provvedimenti c’è Giancarlo Giorgetti. Poi c’è anche un elemento squisitamente politico: il voto sulle amministrative che, rispetto ai primi mesi del governo Draghi, ha di certo cambiato il clima in maggioranza. Sul timing delle riforme, in ogni caso, nessun tono ultimativo emerge dagli esponenti del governo. La sintesi, come è già accaduto finora, spetta al presidente del Consiglio. “Ai vari provvedimenti si sta lavorando alacremente, ma al momento non sono ancora pronti”, si spiega a Palazzo Chigi. Tra le misure sul tavolo di Draghi c’è anche il decreto anti-delocalizzazioni. La filosofia, tuttavia, più che di un intervento “anti-delocalizzazioni” sembra essere quella di una misura “pro-localizzazioni”. “Per quelli che prendono un contributo e scappano rispetto al passato qualcosa è cambiato”, spiega il tiolare del Mise Giorgetti, sottolineando la volontà di “introdurre una premialità per quegli imprenditori che faranno investimenti in territori in crisi”. I dettagli del decreto sono ancora da affinare e un nuovo incontro tecnico è previsto per giovedì. Nel frattempo, il governo passa in una manciata d’ore dal ritiro degli emendamenti leghisti al dl Green Pass alla bagarre serale sul voto segreto. Ad annunciare in Aula il sì della Lega all’emendamento Fdi è Dimitri Coin. In effetti, la proposta di Fdi incassa 134 sì, ben più dei membri dell’opposizione. “Non alcuni esponenti ma, come dimostrano i numeri, tutta la Lega ha votato l’emendamento di FdI e quindi contro il governo”, attacca il Dem Emanuele Fiano. Per Salvini, in ogni caso, “il governo rischia zero”. Ma contro il leader della Lega si scaglia, oltre che il Pd, anche il M5S con Stefano Patuanelli: “la Lega è il partito del No”, sottolinea. Mentre Giorgia Meloni esulta: “Sono contenta se quella parte del centrodestra che ha scelto di sostenere Draghi non si piega alla volontà della sinistra”.
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