“Sono state settimane di continui colloqui. Il fatto però che il Consiglio dei ministri abbia approvato il progetto all’unanimità è stato un traguardo importante. Raggiunto nell’ultimo miglio, anche grazie alla determinata guida del premier che lo ha sostenuto con convinzione”. Così il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha parlato della riforma della giustizia penale in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
“La giustizia da anni è il tema più divisivo in Italia, e le forze politiche dell’attuale maggioranza hanno sensibilità opposte e molto infiammate – ha aggiunto – che si sia riusciti ad approdare a un testo condiviso e comunque incisivo rende il traguardo ancora più significativo”.
Il ministro ha poi spiegato che il passaggio più complicato è stato “indubbiamente la prescrizione, com’era facile prevedere – ha spiegato – E questo testo riflette l’apporto di tutti. Le resistenze residue emerse nel Consiglio dei ministri sono nate da esigenze politiche e non da considerazioni sul merito”.
La riforma a cui ha dato il via libera il Consiglio dei ministri “conserva l’impianto della prescrizione in primo grado della legge Bonafede: chi l’aveva allora proposta potrebbe ritenersi soddisfatto. È stato confermato il valore di quell’intervento per arginare il fenomeno delle troppe prescrizioni; un processo che finisce nel nulla è davvero un fallimento dello Stato, su questo io sono la prima ad essere d’accordo, come ben sa Alfonso Bonafede che in queste settimane ha avuto un’interlocuzione costante con il ministero”.
Tuttavia, secondo il ministro Cartabia, “non si poteva evitare di correggere gli effetti problematici di quella riforma. Per questo abbiamo stabilito tempi certi e predeterminati per la conclusione dei giudizi di appello e Cassazione. Giudizi lunghi recano un duplice danno: frustrano la domanda di giustizia delle vittime e ledono le garanzie degli imputati. La riforma proposta vuole rimediare ad entrambi questi problemi. Non è un banale compromesso politico, è ispirata al bilanciamento tra quelle due esigenze: fare giustizia, nel rispetto delle garanzie – ha concluso – questo è ciò che ci chiede la Costituzione: bilanciamento fra principi, proporzionalità tra valori, equilibro tra esigenze in conflitto”.
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