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Riforme: raggiunte le firme per il referendum sul taglio dei parlamentari. Conte: 'Non influenza agenda governo'

Raggiunte le firme parlamantari per il referendum sul taglio del numero dei parlamentari. “Al Senato – ha detto il senatore dem Tommaso Nannicini – abbiamo raccolto le 64 firme necessarie per indire un referendum confermativo sulla legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, come previsto dalla nostra Costituzione”. “Anche grazie alla mobilitazione dei radicali nelle ultime settimane – ha spiegato – abbiamo superato il numero previsto di 64 senatori per indire il referendum. È una buona notizia, perché l’ultima parola spetterà ai cittadini e potremo finalmente aprire una discussione pubblica sul tema.” “Sul piano politico – aggiunge Nannicini – i mesi in più che abbiamo davanti saranno utili per capire se arriveranno una buona legge elettorale e quei correttivi costituzionali che la maggioranza si è impegnata a introdurre. Dobbiamo semplicemente dare un senso a un taglio lineare della rappresentanza politica che al momento un senso non ce l’ha. E sarà anche uno stimolo positivo perché la maggioranza possa rafforzare la propria coesione nel 2020 rilanciando un programma di legislatura“.

“Abbiamo tante cose da fare, abbiamo un agenda fitta, io giorno dopo giorno lavoro per risolvere i problemi del Paese. Sono percorsi istituzionali, non influenza e non può influenzare l’agenda di governo“, dice il premier Giuseppe Conte rispondendo a chi gli chiede se il referendum sul taglio dei parlamentari influenzi l’agenda di governo.

Per il leader della Lega, Matteo Salvini, il referendum è la scelta migliore. “Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma, ho letto poco fa che sono state raggiunte le firme sufficienti di parlamentari per indire quel referendum. Quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal Parlamento secondo me è sempre la scelta migliore”, ha detto Salvini.

Il raggiungimento delle 64 firme in Senato per chiedere il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari favorirebbe l’ammissibilità, da parte della Corte costituzionale, del referendum promosso dalla Lega che abroga la parte proporzionale del Rosatellum, trasformandolo in un maggioritario puro all’inglese. E’ il boatos che gira in parlamento in queste ore, ma su cui Roberto Calderoli, interpellato dall’ANSA, non vuole sbilanciarsi. I boatos tra i deptuati esperti di questioni costituzionali si basa su una serie di sottili tecnicismi giuridici. Il referendum della Lega rischia l’inammissibilità perché da esso non uscirebbe una legge elettorale immediatamente applicabile, visto che andrebbero ridisegnati tutti i collegi uninominali. Per questo nella formulazione si fa riferimento ad una leggina, la 51 del 2019, approvata insieme al taglio dei parlamentari, che attribuiva una delega al governo a ridisegnare i collegi del Rosatellum entro 60 giorni dall’entrata in vigore definitiva della riforma costituzionale che riduce il numero di senatori e deputati. Se nessuno avesse chiesto il referendum su tale riforma, essa sarebbe entrata il vigore il 12 gennaio, e in quella data si sarebbe aperta la delega di 60 giorni al governo a ridisegnare i collegi del Rosatellum riadattandoli a due Camere in formato mignon. Ma la Corte, che si pronuncerà sul referendum della Lega il 15 gennaio, si sarebbe trovata con la delega già “aperta” e quindi inservibile per la legge che sarebbe uscita dal referendum della Lega, che rimarrebbe inammissibile. Ma la richiesta dei 64 senatori di un referendum sul taglio dei parlamentari farà sì che la delega non si aprirà il 12 gennaio, dando quindi più chance – tre giorni dopo – al referendum della Lega davanti alla Consulta. “Io non posso rispondervi – ride Calderoli – io il mio asso per la Corte lo sto preparando, ma non lo ho ancora calato sul banco”.

   


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