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Sea Watch: le accuse alla comandante e cosa rischia

La vicenda della Sea Watch, approdata a Lampedusa in nottata dopo avere forzato il blocco delle autorità italiane, si snoda adesso su due piani paralleli ma distinti: uno giudiziario, condotto dalla Procura di Agrigento che coordina l’inchiesta, e un altro amministrativo, sulla base delle nuove disposizioni contenute nel decreto Sicurezza bis, affidato al prefetto Dario Caputo.

La comandante della nave, Carola Rackete, arrestata in flagranza di reato dalla Guardia di finanza e posta ai domiciliari a Lampedusa, è accusata di violazione dell’articolo 1100 del codice della navigazione: resistenza o violenza contro nave da guerra, che prevede una pena dai tre ai 10 anni di reclusione, e tentato naufragio, previsto dagli articoli 110 e 428 del codice penale, sanzionato con la pena massima di 12 anni.

Carola Rackete non verrà processata per direttissima, ma il caso seguirà le vie ordinarie. Entro 48 ore la Procura di Agrigento – a Lampedusa, per coordinare le indagini, c’è il procuratore aggiunto Salvatore Vella – dovrà chiedere al gip la convalida dell’arresto. Il giudice delle indagini preliminari ha poi altre 48 ore per fissare l’udienza (che si terrà ad Agrigento), per decidere se convalidare o meno il provvedimento. La Procura, nelle prossime ore, valuterà anche se ci sono profili di reato nella condotta dell’equipaggio della nave.

Nessuna responsabilità è invece configurabile per i parlamentari a bordo della Sea Watch, che verrà trasferita al porto di Licata. La nave della Ong tedesca è sotto sequestro probatorio, provvedimento che dovrà essere anch’esso convalidato. Non è escluso che possa, però, per effetto del Dl Sicurezza bis (entrato in vigore il 15 giugno), venire poi sequestrata amministrativamente dal prefetto.

Ed è proprio l’applicazione per la prima volta del decreto sicurezza bis a creare qualche difficoltà di interpretazione. Di sicuro la violazione delle norme contenute nel Dl è stata contestata dalla Guardia di Finanza non solo alla comandante della nave, ma anche all’armatore e al proprietario, che dovranno pagare una sanzione di 16 mila euro a testa.

Il minimo previsto era di 10 mila, mentre il massimo di 50 mila euro. I tre potranno, adesso, fare un ricorso al prefetto di Agrigento, oppure dovranno pagare. Se non faranno né l’una, né l’altra cosa entro 30 giorni dalla data di notifica delle sanzioni – secondo quanto si apprende – il prefetto potrà anche raddoppiare o fare arrivare fino ad un massimo di 50 mila euro la sanzione.

Per Carola Rackete, insomma, si profila una multa “salata” e una battaglia molto difficile sul fronte giudiziario. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che pure nei mesi scorsi era entrato in rotta di collisione con il vice premier Salvini, questa volta ha avuto parole molto dure nei confronti del comportamento della “capitana” che ha forzato il blocco della Guardia di Finanza speronando la motovedetta che cercava di impedire l’attracco della nave. “Le ragioni umanitarie – ha commentato – non possono giustificare atti di inammissibile violenza nei confronti di chi in divisa lavora in mare per la sicurezza di tutti”.
   


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