Bruxelles – Unione Europea e Unione Africana (UA) hanno firmato oggi, 25 novembre, un documento congiunto per una cooperazione strategica in vari ambiti. La cornice è stata il vertice Europa-Africa svoltosi tra ieri e oggi a Luanda la capitale dell’Angola. “Siamo qui per portare avanti un approccio di mutua intesa e non uno di sfruttamento come avvenne secoli fa,” ha subito chiarito Antonio Costa, presidente del Consiglio Europeo, durante il summit. La sua figura è la migliore che l’Unione possa mandare avanti di fronte ai leader africani. Il portoghese è figlio del colonialismo: suo padre veniva da Goa in India e una parte della sua famiglia dal Mozambico.
Multilateralismo e diritto internazionale
L’intesa non propone solo una convergenza economica, ma affronta temi che spaziano dallo sviluppo energetico e digitale, la migrazione, fino agli aspetti più spinosi della geopolitica e del colonialismo. Uno degli elementi più interessanti è la presa di posizione sui conflitti in corso. Nel documento conclusivo le due Unioni ricordano l’ingiustizia delle attuali guerre nella scena globale. Come afferma Costa, “entrambi condividiamo i valori della Carta delle Nazioni Unite, per cui abbiamo messo nero su bianco il nostro sostegno a una pace giusta in Ucraina.”
Non era scontato un testo simile. L’influenza russa nel continente è importante fin dai tempi della decolonizzazione post 1945. Lo ricorda il presidente angolano e dell’Unione Africana João Lourenço nella conferenza stampa finale: “L’Unione Sovietica ci aiutò a uscire dal giogo occidentale e per questo le saremo sempre grati,” ma ora “difendiamo i principi di sovranità e integrità territoriale, come nel caso dell’Ucraina.”
La stella polare evocata nel testo conclusivo è quella del diritto internazionale orientato al multilateralismo. Lo strumento però è spesso fumoso: in Africa come in Europa viene usato spesso come parafulmine per nascondere interessi. Le Nazioni Unite, solo per fare un esempio, monitorano da anni le leggi repressive in Angola che limitano la libertà di espressione.
Denaro in cambio di sviluppo
Meno controverso è invece l’aspetto economico, che ha al centro il finanziamento europeo per lo sviluppo dell’Africa. L’idea, si legge nel documento, è quella di “sfruttare fondi pubblici e privati per stimolare gli investimenti”. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, ieri, ha ricordato come l’UE “Abbia già messo in campo 120 miliardi di euro su 150 stanziati, nel progetto Global Gateway per l’Africa”. L’intento è spendere i soldi europei stimolando una transizione verde, seguendo (non obbligatoriamente) i regolamenti europei come quello legato alla “tassa sul carbonio” CBAM e l’EUDR contro la deforestazione.
La sfida più altisonante sancita dal vertice è invece quella di fornire energia solare a più di 100 milioni di persone entro il 2030 tramite l’Africa-EU Green Energy Initiative. Sul tavolo l’Europa mette circa 20 miliardi per la generazione di 50 GW di nuova capacità di energia rinnovabile, grazie a progetti sia su larga scala sia con soluzioni decentralizzate.
I punti cari all’Unione
Il dividendo europeo c’è. Il primo è l’ottenimento di materie prime a basso costo, utilissime per svincolarsi dalla dipendenza dalla Cina. Questi minerali potrebbero raggiungere l’Unione grazie alle nuove infrastrutture da sviluppare in Africa. Proprio per questo nel documento si parla dell’ammodernamento della ferrovia che collega l’Angola al centro del continente attraverso il corridoio di Lobito. La necessità è quella di “riaffermare l’impegno a una partnership continua e investimenti vantaggiosi nei trasporti per garantire connettività sicura, includendo l’attuazione del corridoio di Lobito.” Il progetto è sviluppato in cooperazione con gli Stati Uniti d’America anche loro intenzionati a diventare indipendenti dai minerali cinesi.
Rilevanti per i leader europei sono anche i capitoli relativi alla migrazione. “Riconosciamo l’importanza di migliorare i percorsi legali per studenti, accademici e ricercatori,” mentre nel testo si parla più genericamente di “prevenire la migrazione irregolare e combattere il traffico di migranti.”
Il passato che torna
Al di là dell’interscambio di denaro c’è un aspetto storico da non sottovalutare quando a parlarsi sono Paesi che condividono una storia di conflitto secolare. L’Unione infatti dichiara di “riconoscere e avere un profondo rimorso per l’inesprimibile sofferenza inflitta a milioni di persone a seguito della tratta degli schiavi, del colonialismo e dell’apartheid” aspetto chiave per gli africani per poter portare avanti un vero processo di riappacificazione con il proprio passato.
I prossimi passi
Gli altisonanti obiettivi necessitano però di un monitoraggio costante. L’applicazione del documento sarà controllata da comitati competenti. Nei prossimi sei mesi “una Riunione dei Funzionari Superiori dell’Unione Africana e dell’Unione Europea lavorerà su un piano di attuazione settoriale” che genererà direttive operative. Nonostante le infrastrutture realizzare gli ambiziosi obiettivi non sarà semplice. I precedenti non sono rosei. La Corte dei conti europea ha, ieri, dichiarato che nonostante gli sforzi europei (11 miliardi) nell’Africa sub sahariana “la situazione non mostra un miglioramento significativo”. Un precedente che non fa ben sperare per l’esito di questo tornata di aiuti. In ogni caso le due entità torneranno ad incontrarsi a Bruxelles, anche se la data non è stata ancora definita.

