Bruxelles – L’annuncio storico dello scioglimento del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, dopo oltre 40 anni di lotta armata contro lo Stato turco e più di 40 mila vittime, apre una finestra d’opportunità per “avviare un processo inclusivo basato sul dialogo e sulla riconciliazione” tra Ankara e la minoranza curda, che rappresenta circa il 20 per cento della popolazione. È la speranza della Commissione europea, dei leader delle comunità curde della regione e dell’opposizione turca al presidente sultano Recep Tayyip Erdoğan. In un comunicato, la Turchia ha già chiarito che la dissoluzione del Pkk non porterà a concessioni, decentramenti o “modelli federali che intacchino la struttura unitaria del Paese”.
Il negoziato che porterà il Pkk a deporre le armi è durato più di otto mesi, avviato lo scorso autunno attraverso la mediazione del partito filo-curdo DEM e giunto a compimento quando, il 27 febbraio, il leader curdo e teorico del Confederalismo democratico, Abdullah Öcalan – imprigionato da 26 anni nell’isola-prigione di Imrali, al largo delle coste di Istanbul – ha invitato il suo movimento a mettere fine alla guerriglia. Il Pkk aveva disposto immediatamente un cessate il fuoco con la Turchia, fino all’annuncio di ieri (12 maggio) che “il dodicesimo congresso del Pkk ha deciso di sciogliere la struttura organizzativa del Pkk e di porre fine alla sua lotta armata“.
Erdogan, che già allora definì l’appello di Öcalan “un’opportunità storica” per turchi e curdi, ha dichiarato: “Oggi abbiamo superato un’altra soglia critica. Il gruppo terrorista ha deciso di abbandonare le armi e dissolversi. Riteniamo questa decisione importante per il mantenimento della pace e della fratellanza“. Il presidente ha puntualizzato che, “per evitare incidenti su questa strada, la nostra intelligence monitorerà ciò che resta per concludere questo processo”.
L’agenzia stampa curda Firat, da sempre vicina al Pkk, ha reso noto le modalità con cui verrà sciolta l’organizzazione separatista curda. In tre fasi, e sotto l’egida delle Nazioni Unite. In una prima fase, verrà pianificato nel dettaglio l’abbandono delle armi: i primi battaglioni a deporre le armi saranno quelli dell’Iraq del nord, nelle province di Duhok, di Erbil e di Seyid Sadik. Una terza fase riguarderà la distruzioni di campi di addestramento, depositi di armi, tunnel e rifugi che dovrebbe essere delegata all’esercito turco. Il processo dovrebbe avvenire sotto gli occhi di osservatori internazionali e dell’Onu.
Il presidente del Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (DEM), Tuncer Bakirhan, ha affermato che “l’esito del Congresso del Pkk è una buona notizia per tutta la Turchia” e si è augurato che “questo processo termini con la pace e la democrazia”, perché “ormai non c’e’ alcun ostacolo alla costruzione di una Turchia democratica“. Il partito filo-curdo, che ha avuto un ruolo fondamentale nelle trattative con Öcalan, è da anni vittima di una serie di indagini giudiziarie per presunti legami con il Pkk, ed alcuni dei suoi leader ed esponenti sono tutt’ora incarcerati. L’accusa di collaborazione con il Pkk – oltre che corruzione, riciclaggio e turbativa d’asta – è la stessa con cui Erdogan ha fatto arrestare lo scorso 19 marzo il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, esponente del Partito Popolare Repubblicano.
Hanno espresso soddisfazione, tra gli altri, per la svolta storica, il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Nechirvan Barzani, e i ministri degli Esteri di Giordania e Siria. Da Bruxelles, il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri, Anouar El Anouni, ha auspicato “l’avvio di un incredibile processo di pace che miri a una soluzione politica alla questione curda” e invitato “tutte le parti a cogliere l’attimo e ad avviare un processo inclusivo basato sul dialogo e sulla riconciliazione”.