Bruxelles – Non c’è pace in Sudan, dove il conflitto in corso da due anni e mezzo sta toccando in queste ore un nuovo apice. Da El Fasher, capitale della regione del Darfur settentrionale, giungono notizie di uccisioni sommarie e atrocità da parte delle Forze di Supporto Rapido (RSF), il corpo paramilitare che si oppone all’esercito regolare e che ha preso il controllo della città dopo 18 mesi di logorante assedio. Le Forze congiunte – fedeli alla capitale Khartoum – hanno denunciato più di 2 mila esecuzioni di civili disarmati negli ultimi giorni.
In un comunicato, l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha affermato di aver ricevuto “numerose segnalazioni allarmanti” di crimini e violenze commesse dalle RSF a El Fasher e nella città di Bara, nello Stato del Kordofan settentrionale, nei giorni scorsi. Già lunedì Volker Türk, capo dell’Ufficio dell’Onu, aveva lanciato l’allarme per il rischio crescente di “violazioni e atrocità motivate da ragioni etniche” a El Fasher. Nella primavera del 2023, dopo aver conquistato la città di Geneina, nel Darfur occidentale, le RSF uccisero fino a 15 mila civili, per lo più appartenenti a gruppi non arabi.
La situazione sul terreno è confusa, le notizie difficilmente verificabili, ma diversi filmati diffusi da attivisti locali nella città mostrano persone morte a terra e spari contro gruppi di civili disarmati. Le comunicazioni satellitari Starlink – l’unica rete funzionante – sono state interrotte, lasciando la città in un “blackout totale”, secondo il Sindacato dei giornalisti sudanesi.
Tra le segnalazioni ricevute dall’UNHCR, “esecuzioni sommarie di civili che tentavano di fuggire, con indicazioni di motivazioni etniche per le uccisioni”, “violenza sessuale diffusa contro donne e ragazze da parte di gruppi armati insieme a notizie di esecuzioni raccapriccianti a El Fasher”. Domenica 26 ottobre le RSF avevano dichiarato di aver espugnato la base militare principale dell’esercito nella città e di aver “esteso il controllo sulla città di El Fasher”. Il capo dell’esercito sudanese, il generale Abdel Fattah al-Burhan, ha confermato lunedì che le truppe governative si sono ritirate “in un luogo più sicuro”.
Negli ultimi mesi El Fasher era diventata uno dei principali fronti della guerra civile in corso tra la giunta militare e le RSF, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo. Dall’inizio del conflitto, secondo l’Onu più di un milione di persone sarebbero fuggite dalla città e circa 260 mila sarebbero rimaste intrappolate all’interno, senza aiuti umanitari, strette dall’assedio e logorate dai combattimenti. Da domenica, più di 26 mila sarebbero riuscite a scappare, carcando rifugio nelle periferie o verso Tawila, a circa 70 chilometri.
La lotta di potere tra le due branche dell’esercito ha innescato una delle crisi umanitarie più gravi della storia recente, in cui più di 150 mila persone sono rimaste uccise oltre 14 milioni di civili sono stati sfollati. Sia l’esercito della capitale sia le RSF sono accusate di crimini di guerra, per aver deliberatamente preso di mira i civili e bloccato gli aiuti umanitari. Già nell’ottobre 2023, l’Unione europea aveva istituito un regime di sanzioni dedicato alla crisi sudanese, inserendo nella lista individui ed entità che facevano capo ad entrambe le parti in guerra.
La commissaria europea per la gestione delle crisi, Hadja Lahbib, ha scritto su X che “l’incubo a El Fasher sta raggiungendo il suo apice. I civili vengono uccisi. Le famiglie sono costrette a fuggire dalla violenza delle Fsr (Forze di sostegno rapido). Ricordiamo alle parti in conflitto il loro obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario. I civili devono essere protetti e beneficiare di un passaggio sicuro».
Questa mattina, un portavoce della Commissione europea ha espresso “seria preoccupazione per l’intensificarsi delle ostilità a El Fasher”, ricordando che “per oltre 18 mesi, i civili sono stati sottoposti a un assedio imposto dalle Forze di supporto rapido, che ha portato a carenze croniche di cibo, acqua e assistenza medica, mentre sono esposti a bombardamenti costanti”. La Commissione europea, che negli ultimi due anni ha mobilitato più di 300 milioni di euro per l’emergenza umanitaria in Sudan, ha invitato “tutte le parti in conflitto a ridurre l’escalation della situazione, in conformità con la Risoluzione 2736 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, che nel giugno 2024 chiedeva di fermare l’assedio di El Fasher e di cessare i combattimenti, oltre a chiedere ad entrambe le parti di rispettare il diritto umanitario internazionale.
D’altra parte la stessa UE negli anni è stata accusata da diverse inchieste e testimonianze di aver arricchito indirettamente le casse delle RSF: attraverso il cosiddetto Processo di Khartoum, il patto che nel 2014 impegnò lo Stato africano a combattere la migrazione illegale in direzione dell’Europa in cambio di finanziamenti per lo sviluppo, l’UE avrebbe versato decine di milioni di euro proprio alle milizie, che all’epoca facevano della gestione della migrazione un business con cui finanziarsi e rafforzare la loro spesa militare.
La conquista dell’ultima grande città del Darfur controllata dall’esercito, conferisce ora al gruppo paramilitare delle RSF il controllo su tutte e cinque le capitali degli Stati del Darfur e potrebbe segnare una svolta significativa nella guerra. L’esercito regolare è escluso in sostanza da circa un terzo del territorio sudanese.

