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L’attentato a Donald Trump indigna l’Ue. La condanna unanime dei leader alla violenza politica

Bruxelles – “La violenza politica non ha posto in una democrazia”. Le parole con cui Ursula von der Leyen ha condannato l’attentato a Donald Trump sono il leit-motiv che si ritrova in tutti i commenti dei leader europei. Dopo il tentato omicidio del primo ministro slovacco, Robert Fico, e diversi casi di aggressioni a candidati alle elezioni europee in Germania e in Francia, l’Europa non si sente più immune alla spirale di violenza politica che ha toccato il suo apice al comizio del candidato repubblicano alla Casa Bianca a Butler, in Pennsylvania.

Sabato 13 luglio, l’ex presidente americano è stato ferito ad un orecchio da un proiettile sparato da un giovane elettore repubblicano, Thomas Matthew Crooks, durante l’ultimo comizio prima della convention prevista oggi a Milwaukee, dove Trump accetterà ufficialmente la candidatura alla Casa Bianca. Nelle ore immediatamente successive, i messaggi di vicinanza al tycoon e di condanna per il fallito attentato si sono moltiplicati: per il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, “la violenza politica è assolutamente inaccettabile in una democrazia“, mentre l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha messo l’accento su una tendenza preoccupante: “Ancora una volta assistiamo ad atti di violenza inaccettabili contro i rappresentanti politici”, ha dichiarato.

Dello stesso tenore il commento di Kaja Kallas, prima ministra estone e candidata a sostituire Borrell a capo della diplomazia Ue: “La violenza politica in qualsiasi forma non ha alcuna giustificazione”, ha dichiarato. “Una tragedia per le nostre democrazie“, l’ha definita il presidente francese Emmanuel Macron, mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha scelto la parola “minaccia”. La premier italiana, Giorgia Meloni, ha ricordato che “nel dibattito politico, in tutto il mondo, ci sono limiti che non dovrebbero mai essere superati”.

Donald Trump e Viktor Orban in Florida, 11/07/24 [Ph: Account Facebook Viktor Orban]

Scioccato il primo ministro ungherese Viktor Orbán – tra i maggiori sostenitori del ritorno di Trump a Washington -, che aveva incontrato l’ex presidente solo due giorni prima in Florida: “I miei pensieri e le mie preghiere sono con il presidente Trump in queste ore buie”, ha twittato Orbán nei minuti successivi all’attentato. Chi ha reagito con trasporto alla notizia è senz’altro il premier slovacco, Robert Fico, sopravvissuto a un attentato solo due mesi fa. Dalle sue parole emerge il rancore verso i media e gli oppositori politici nel proprio Paese: “Se l’aggressore di Donald Trump parlasse slovacco, gli sarebbe bastato leggere Denník N, Denník SME o Aktuality.sk (tre importanti media slovacchi, ndr) per sentirsi in dovere di sistemare le cose con l’ex presidente disobbediente”, ha attaccato Fico. Nel parallelismo con la sua vicenda personale tracciato dal leader populista, Fico ha proseguito: “Gli oppositori politici di Donald Trump cercano di imprigionarlo e, quando non ci riescono, fanno infuriare l’opinione pubblica a tal punto che qualche poveraccio prende una pistola“.

Chi ha immediatamente legato la sparatoria alle future intenzioni di voto del popolo americano è stato Geert Wilders, leader del partito di estrema destra al governo nei Paesi Bassi: “Confido che il 45° Presidente diventi il 47°. Nessuno lo merita di più”, ha dichiarato in un post su X.

Le prime pagine di diversi quotidiani internazionali, 15/07/24 (Photo by DAVID GRAY / AFP)

In una campagna elettorale già esacerbata da toni violenti e iper polarizzata, tutto lascia suggerire che l’immagine fortissima di Trump sanguinante in volto mentre alza il pugno in segno di resistenza – mentre alle sue spalle sventola la bandiera a stelle e strisce -, possa soltanto spingerlo verso un secondo mandato alla Casa Bianca. Il tycoon ha già colto la palla al balzo, mantenendo i toni aggressivi che lo contraddistinguono: “In questo momento è più importante che mai rimanere uniti e mostrare il nostro vero carattere di americani, rimanendo forti e determinati e non permettendo al male di vincere”, è l’appello dell’ex presidente, convinto che “solo Dio ha impedito che l’impensabile accadesse“.

Il presidente Joe Biden ha invece fatto il pompiere, supplicando il popolo americano a “non percorrere” la strada della violenza, una strada “già percorsa nel corso della nostra storia” e che “non è mai stata la risposta”. Di certo, da un’ottica puramente elettorale, l’immagine da martire di Trump non può che indebolire ancora un già acciaccato Biden. In un recente sondaggio condotto tra il 5 e il 9 luglio da Abc News/Washington Post/Ipsos, i due erano più o meno in parità, ma il 67 per cento degli americani vorrebbero che l’anziano candidato democratico si ritirasse dalla corsa presidenziale. Questo, prima dell’attentato a Trump. Ma il 5 novembre, giorno del voto, è ancora lontano.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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