Bruxelles – La risposta a una legge filo-russa è un documento programmatico per riunire tutti i partiti europeisti e filo-occidentali in vista delle prossime elezioni legislative del 26 ottobre. La presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, si è messa alla testa dello sforzo democratico del Paese – spinta da decine di migliaia di cittadini che da due mesi scendono ogni giorno nelle strade a chiedere di non compromettere il futuro europeo – in contrapposizione esplicita e netta al partito al potere Sogno Georgiano, che ieri (28 maggio) ha approvato in via definitiva la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, superando proprio il veto presidenziale posto al termine dell’iter legislativo ordinario.
“Propongo questo piano a tutti i partiti politici che aspirano a essere europeisti e filo-occidentali, esortandoli a decidere entro il primo giugno se accettano la pesante responsabilità di compiere e realizzare questi passi davanti al popolo georgiano“, ha presentato così la presidente Zourabichvili la ‘Carta georgiana’ alla vigilia del voto della legge di ispirazione filo-russa, e poi ribadita con tutta urgenza ieri sera in vista della sua prossima entrata in vigore prevista a giugno. Un “ombrello” politico sotto cui potranno presentarsi “insieme o separatamente, a scelta” i partiti che si oppongono a Sogno Georgiano in occasione della campagna elettorale. “Da parte mia presenterò questo piano e il nuovo modello politico ai nostri partner a Bruxelles“, ha promesso la capa dello Stato, ricordando qual è la vera posta in gioco a ottobre: “Ripristinare il processo di adesione all’Ue e aprire i negoziati di adesione il più presto possibile“, oltre le vuote parole premier georgiano, Irakli Kobakhidze, sul fatto che “entro il 2030” il Paese caucasico “sarà pronto più di qualsiasi altro candidato per l’adesione”.
La ‘Carta georgiana’ riflette non solo “le esigenze e le richieste della società”, ma soprattutto l’impegno a compiere e portare a termine quanto prima le 9 priorità tracciate dalla Commissione Europea per l’avvio dei negoziati di adesione Ue. I passi in questo senso sono quattro e partono proprio dalla “abolizione delle leggi dannose per il percorso europeo del Paese“: non solo la legge sulla trasparenza dell’influenza straniera, ma anche altri pezzi di legislazione – come quella sulle intercettazioni, quella sugli offshore e le modifiche al Codice elettorale – e i processi politicamente motivati contro i manifestanti delle proteste del 2024. Dovrà essere “liberato il sistema giudiziario dal dominio dei clan verificando l’integrità dei giudici e ispezionando le origini delle proprietà non documentate”, anche attraverso una riforma del Consiglio supremo di giustizia e di altri organi essenziali dello Stato (ufficio del procuratore generale, Servizio di sicurezza, Agenzia anticorruzione, Banca nazionale, organismi di regolamentazione). Infine sarà “migliorato il sistema elettorale“, creando le “condizioni adeguate per lo svolgimento di elezioni libere ed eque”. ll piano prevede di mettere tutto ciò in pratica “prima della fine della sessione di primavera” del Parlamento – con il governo responsabile che “sarà nominato dalla presidente della Georgia” – e di svolgere subito dopo elezioni anticipate “in un ambiente libero ed equo”.
La legge sugli agenti stranieri in Georgia
Dopo il primo via libera alla legge (secondo l’iter legislativo ordinario) dello scorso 14 maggio, è ricominciato un nuovo rapidissimo processo legislativo per superare la decisione della capa dello Stato, che si è sempre opposta fermamente a una legge che riprende in modo inquietante molti elementi della stessa legge in vigore in Russia. Il gesto della presidente Zourabichvili è stato puramente simbolico, dal momento in cui il governo sapeva già in partenza di poter utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’, così come confermato ieri (28 maggio) dalla sessione plenaria del Parlamento.
Nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dal Consiglio Europeo, a Bruxelles è piuttosto chiaro che l’entrata in vigore della legge di ispirazione filo-russa impedirà di aprire i negoziati di adesione all’Unione Europea, dal momento in cui gli stessi negoziati sono vincolati ai progressi sulle raccomandazioni della Commissione Europea sulla libertà della società civile e sulla lotta alla disinformazione. Nonostante le resistenze dell’Ungheria di Viktor Orbán e della Slovacchia di Robert Fico ad avallare anche solo una posizione comune di condanna da parte dei Ventisette, l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha iniziato a lavorare con i 27 governi sulle “risposte più appropriate in caso la legge sia messa in atto a partire da giugno“, esortando ancora il governo guidato da Irakli Kobakhidze a “ritirare la legge”.
Prima della legge sugli agenti stranieri
Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso – e ora tesissimo – a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.
Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da . I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato al momentaneo accantonamento del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, fino all’approvazione di questa primavera nel pieno di una nuova ondata di proteste popolari.
In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.