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L'Italia valuta l'aumento della produzione di munizioni

   Aumentare la produzione di munizioni per far fronte alle richieste di Kiev. L’Italia si prepara a disporre il nuovo Piano triennale tecnico-industriale della Difesa e sul documento inciderà inevitabilmente il conflitto in Est Europa. Ma la questione dell’approvvigionamento investe tutti i Paesi dell’Alleanza nel Vecchio Continente. Lo stesso ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba ha incontrato in un vertice l’alto rappresentante Ue, Josep Borrell, “per coordinare le misure volte ad accelerare la produzione e la consegna di armi e munizioni all’Ucraina”. Per Kuleba, che ha anche visto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, “il tema centrale oggi è la connessione tra produttori di armi e chi le consegnerà al fronte, non è ancora chiaro come questi processi funzionino per questo serve più coordinamento con le industrie europee della difesa. E’ come agli inizi della storia della Ford – spiega facendo un esempio – serve una catena di montaggio europea che funzioni come un orologio svizzero”.

    In Italia l’incremento della produzione è già in atto a causa dell’efficientamento delle linee e all’ampliamento di alcuni reparti per gli investimenti fatti. E un ulteriore aumento previsto dal nuovo piano triennale dal 2024, che sarà approntato nei prossimi mesi, investirebbe sicuramente diverse realtà collegate all’Agenzia Industrie Difesa, come lo stabilimento militare di munizionamento terrestre a Baiano di Spoleto, che si occupa di munizionamento di medio o grosso calibro e anche di assemblaggio missilistico.

    Mentre spuntano ipotesi sulla stampa per l’invio di droni, resta un rebus la questione dei jet in uno dei prossimi pacchetti di aiuti all’Ucraina: un’eventualità al momento ritenuta improbabile dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ma “non esclusa” dal suo viceministro Edmondo Cirielli, per il quale “si può avviare un discorso sui caccia bombardieri Amx”.

    Restano invece prive di fondamento le ipotesi di alcuni media tedeschi che alcuni giorni fa avevano ipotizzato l’utilizzo di vecchi tank Leopard 1 già dismessi nei magazzini italiani, da riconvertire a Berlino per essere infine mandati a Kiev: “sono stati accantonati per questioni di carattere ambientale e resi anche militarmente non impiegabili. Il loro ripristino ed efficienza è un’attività complessa che la forza armata non è in grado tecnicamente di fare. Non penso che si possa fare in tempi brevi e compatibili”, ha spiegato il capo di Stato Maggiore dell’esercito, Pietro Serino, rispondendo in audizione a una domanda della Commissione Difesa alla Camera. A proposito delle risorse in generale, Serino ha anche spiegato che nel tempo l’esercito italiano “ha accumulato un grave ritardo capacitivo che per essere colmato richiederà negli anni a venire risorse pari al doppio di quelle normali” e che, per quanto riguarda il personale, bisogna tornare a “puntare al traguardo di almeno 110.000 donne e uomini”. 


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