Il Tribunale di Milano non potrà procedere contro Matteo Salvini, accusato di diffamazione aggravata nei confronti di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch che forzò il blocco a Lampedusa imposto proprio dal leader della Lega quando era ministro dell’Interno: l’Aula del Senato, con una votazione a maggioranza (82 sì, 60 no, 5 astenuti) ha accolto la relazione della Giunta delle immunità e stabilito che le opinioni espresse nell’estate 2019 dal senatore sono “insindacabili”.
Quel 12 giugno di quattro anni fa, Rackete era la comandante della Sea Watch 3 che aveva soccorso 53 migranti nella zona Sar libica il 12 giugno 2019. L’allora titolare del Viminale, nel corso del lungo braccio di ferro, definì sui social la 34enne “sbruffoncella che fa politica sulla pelle di qualche decina di migranti” e “ricca tedesca fuorilegge”. A giugno dell’anno scorso il Tribunale aveva accolto una richiesta dei legali di Salvini e trasferito gli atti del processo a palazzo Madama perché fosse il Senato a valutare se le frasi in questione fossero o no coperte dall’insindacabilità. Con la decisione di oggi il processo di fatto si annulla.
Una notizia “attesa e scontata” per Alessandro Gamberini, legale di Rackete: “È l’insindacabilità dell’insulto. Quelle espressioni nulla avevano a che vedere col ruolo di parlamentare di Salvini, sia per i modi utilizzati che per i contenuti” ha detto ricordando che durante il processo il pm di Milano Giancarla Serafini aveva fatto notare che quelle dell’allora ministro erano “veri e propri attacchi alla persona”. La polemica ha investito anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Sotto accusa in particolare il passaggio in cui la premier durante il suo discorso alla Camera ha ricordato che in passato si era arrivati “perfino a legittimare chi sperona le navi dello Stato italiano”. Parole che non sono passate inosservate agli occhi di opposizioni e ong. Il Pd parla di una “caduta di stile” della premier e il segretario di +Europa Riccardo Magi chiede di scusarsi con Rackete. “Non fu uno speronamento ma un ingresso in porto in stato di necessità con naufraghi stremati – scrive su Twitter Sea Watch – E fu, secondo la Cassazione, ‘adempimento di un dovere’. Dunque Meloni smentisce la Cassazione sul caso Rackete?”.
Con le polemiche ancora in atto, la cronaca racconta di un altro migliaio di migranti sbarcati a Lampedusa. E di un inchiesta della Procura a Trieste che ha portato allo smantellamento di un’organizzazione strutturata che si occupava di far entrare in Europa migliaia di disperati. La rotta non è quella del Mediterraneo centrale ma quella balcanica. Nei boschi della Slovenia, hanno scoperto gli investigatori, i soprusi erano all’ordine del giorno: per chi non camminava erano botte, ai bambini venivano invece somministrati sonniferi perché non piangessero e non destassero l’attenzione. Ad alcuni migranti venivano date bevande energizzanti, altri le avevano già assunte nel corso del lungo viaggio. Erano talmente assuefatti da queste sostanze, emerge dalle intercettazioni, che in una circostanza uno di loro aveva reagito ridendo agli schiaffi del passeur. Si camminava per 3-4 ore dal confine croato-sloveno a Pomjan, poi si procedeva in macchina fino a Trieste. 32 gli episodi documentati dalla Polizia e in ognuno erano decine i migranti accompagnati ogni singola volta. Finora sono 13 le misure cautelari nei confronti di cittadini albanesi o kosovari e 13 gli indagati.
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