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Yang Jiechi, la 'tigre' della diplomazia di Xi

Fedele al vecchio adagio ‘sono eterni e perpetui solo gli interessi della Cina’, Yang Jiechi rappresenta il volto fedele della politica estera voluta negli ultimi 10 anni dal presidente Xi Jinping, incentrata sul rapporto complicato e turbolento con gli Stati Uniti. Una carriera tutta al ministero degli Esteri, Yang, 71 anni, a Roma in queste ore per trattare con gli americani, è il diplomatico di più alto livello della Cina, forte del sostegno di Xi che nel 2017 lo volle tra i 25 membri del Politburo, l’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista.

Una ricompensa per la fedeltà e le capacità mostrate a conclusione della scalata di tutti i livelli della diplomazia fino al ruolo di ministro degli Esteri (2007-13), consigliere di Stato e, da ultimo, capo della Commissione Affari esteri del Pcc, la carica che attualmente lo rende il vertice di tutti gli affari diplomatici della Repubblica popolare: con un ampliamento significativo della sua sfera di influenza anche sulle questioni dell’impegno della Cina contro i cambiamenti climatici e di Taiwan, l’isola che Pechino rivendica come parte inalienabile del suo territorio da riunificare anche con l’uso della forza, se necessario.

Yang è in una posizione più alta di quella del ministro degli Esteri Wang Yi: entrambi sono consiglieri di Stato, ma Yang negli assetti istituzionali del partito unico ha la prima e l’ultima parola sulle linee strategiche della diplomazia. Il suo ruolo di mediatore nei difficili rapporti con gli Usa è venuto costantemente a galla negli ultimi anni di tempestose relazioni bilaterali, soprattutto nell’ultimo anno con la partecipazione in prima persona ai colloqui con le sue controparti americane. Era, ad esempio, l’interlocutore naturale dell’ex segretario di Stato Mike Pompeo quando c’erano da trasmettere messaggi allo stesso Xi.

Nato a Shanghai, Yang è un veterano delle relazioni con gli Stati Uniti. Negli anni ’80 fu tra i funzionari dell’ambasciata cinese negli Usa, aperta ufficialmente nel 1979 dopo l’avvio delle relazioni diplomatiche, e poi ancora negli anni ’90, quando a Washington tornò come vice ambasciatore. Yang fu anche interprete per Deng Xiaoping, come testimonia una foto che lo ritrae con l’allora presidente George H.W. Bush, a febbraio del 1989, poche settimane dopo il suo insediamento alla Casa Bianca.
    Anzi, si dice che fu proprio Bush senior a dargli il soprannome di ‘tigre’ per le sue capacità negoziali decise e risolute. Come sperimentato in Alaska a marzo 2021 dal segretario di Stato Antony Blinken e dal consigliere sulla Sicurezza nazionale Jake Sullivan. Proverbiale il suo puntiglio nella preparazione dei dossier.

Nell’incontro avuto a fine 2017 con l’allora ministero degli Esteri Angelino Alfano alla Zhongnanhai, la residenza della leadership cinese, Yang manifestò “apprezzamento per la cooperazione sino-italiana”. Successivamente, alcuni partecipanti alla riunione manifestarono sorpresa per gli argomenti da lui trattati “fin nei minimi dettagli”. 


Source: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/politica_rss.xml

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