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'Trovati resti umani', svolta nel giallo in Amazzonia

Sembrano svanite, dopo otto giorni di ricerche, le speranze di trovare ancora vivi il giornalista britannico Dom Philips e l’antropologo brasiliano Bruno Araújo Pereira, scomparsi in Amazzonia dopo aver ricevuto minacce per le loro ricerche su una comunità indigena vessata da predatori di minerali preziosi, taglialegna illegali e bracconieri: “Sono stati trovati resti umani che galleggiavano sul fiume”, ha rivelato oggi il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, precisando che, per avere la certezza sull’identità, le salme “verranno ora sottoposte al test del Dna”.

“Esistono indizi che ci portano a credere che gli abbiano fatto qualche cattiveria“, ha aggiunto il leader di destra, sottolineando di stare accompagnando personalmente le ricerche. Che ci fossero poche chance lo si era capito ore prima, quando la polizia federale aveva annunciato il ritrovamento di oggetti personali appartenenti al giornalista – collaboratore del Guardian – e all’ex funzionario della Fondazione nazionale dell’indio (Funai).

Poi la notizia trapelata alla stampa da Alessandra Sampaio, moglie di Phillips, e non ancora confermata dalle autorità, che hanno spiegato di voler attendere il risultato della perizia sui cadaveri. Sampaio ha aggiunto che i parenti di suo marito sono stati informati della morte a Londra dalle autorità britanniche.
Interpellata dalla radio Cbn, l’ambasciata inglese in Brasile non ha tuttavia confermato il decesso del giornalista.

Tra i principali sospettati del presunto duplice delitto c’è Amarildo Costa de Oliveira, detto ‘Pelado’, in carcere da venerdì scorso: testimoni affermano di averlo visto seguire la barca con cui, il 5 giugno, gli scomparsi si stavano recando ad Atalia do Norte, nella riserva indigena di Vale do Javari. La regione, situata nell’Amazzonia occidentale, si trova al confine con Perù e Colombia, e non è escluso che i due si siano imbattuti in una delle rotte utilizzate dai narcotrafficanti.

Philips – 57 anni, un veterano del giornalismo ambientalista – stava lavorando a un libro con il supporto di Pereira, profondo conoscitore delle tribù sperdute nella foresta pluviale. L’associazione indigena Univaja – che ha denunciato per prima la scomparsa – ha riferito che i due si erano messi in viaggio la scorsa settimana in barca per un’area conosciuta come Lago do Jaburu, nella regione di Javari, una vasta distesa di giungla abitata da oltre 20 etnie. Domenica scorsa avrebbero dovuto far ritorno, sempre in barca, ad Atalaia do Norte, dove non sono mai arrivati.

Il caso ha avuto grande ripercussione internazionale e molte ong, tra cui Greenpeace, hanno puntato il dito contro il governo Bolsonaro, ritenendolo “complice” di quanto accaduto per la sua politica ambientale di incentivo all’agroalimentare (che avrebbe tra l’altro favorito la deforestazione) in violazione dei diritti umani dei nativi. Mentre anche l’Onu ha stigmatizzato la lentezza del lavoro svolto da militari e polizia. 
   


Source: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/politica_rss.xml

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