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Rebus alleanze, Pd frena su Renzi e Calenda va da sé

Nell’immediato dopo-Draghi, il Pd cerca la strada delle alleanze. Il progetto l’ha illustrato Enrico Letta all’indomani della fine del governo: “Faremo una proposta basata sulle nostre idee, per vincere le elezioni” e sarà rivolta a tutti, tranne a chi non ha votato la fiducia.
Quindi, il M5s è fuori. Per la verità, di paletti ce ne sono altri. Per esempio, Matteo Renzi non pare ospite gradito: alcuni ambienti del Nazareno ritengono che i “pro” di un patto con lui siano meno dei “contro”. Ma è il momento dello choc dopo il terremoto, dei continui riposizionamenti, delle grandi manovre, dei giri di telefonate. Per esempio: fra gli gli alleati del Pd c’è chi non ha intenzione di chiudere definitivamente la porta al M5s: non lo ha fatto il leader di Articolo Uno Roberto Speranza né quello di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.
Mentre Carlo Calenda ha continuato a rispondere picche a un’alleanza di centrosinistra: “Non abbiamo alcuna intenzione di entrare in cartelli elettorali che vanno dai Verdi a Di Maio”. I tempi sono stretti: le elezioni fissate al 25 settembre impongono il deposito dei simboli entro la metà di agosto. Per definire le candidature c’è una settimana in più. I giochi, quindi, si faranno nei prossimi giorni. Martedì Letta riunirà la direzione. Sarà lì che si definiranno le scelte del Pd. E sarà lì che potranno essere messe sul piatto le posizioni delle truppe, che non sono affatto monolitiche: la rottura col M5s non piace a tutti a sinistra anche solo per un calcolo sulle possibilità di vittoria nei collegi uninominali al sud. Il Pd è invece compatto sulla linea del no.
Per il momento, il clima è di attesa, di studio delle mosse. Se ci sono malumori, restano sottotraccia. Per esempio, il retroscena di Repubblica del “No” del Pd all’alleanza con Renzi non provoca la ridda di comunicati e tweet che ci sarebbe stata in altri momenti. Anche le proteste di Italia viva potevano essere più rumorose. La prima è del presidente del partito, Ettore Rosato: “Oggi Letta dice: con Di Maio sì, con Renzi no.  Auguri! Noi stiamo con l’Area Draghi”..
Nel Pd si ricordano le posizioni diverse sulla riforma della Giustizia e si rimarca: Non se ne fanno questioni personali o di veti. Ma a quanto pare resta anche il trauma” lasciato dalla vicenda del Ddl Zan. E poi – si ragiona -quanti vota porta Renzi e quanti ne toglie? Per il ministro Andrea Orlando, “il punto fondamentale è ripartire dal Pd. Il Pd non deve caratterizzarsi in funzione delle alleanze che fa ma della proposta politica che vuole mettere in campo, del programma con cui si candida a cambiare il paese”. Il progetto di Letta è vicino a quello di Luigi Di Maio, che intanto continua a tessere col sindaco di Milano, Giuseppe Sala: “Si sta delineando un’area di unità nazionale che si contrappone sicuramente a Conte e a Salvini – ha detto il ministro degli Esteri – ma anche a una destra che ha scommesso per far cadere questo Governo”. Ma i nodi dell’alleanza restano: “Credo che il M5s abbia commesso un errore grave in Senato, ma l’avversario resta la destra”, ha spiegato Speranza (Articolo Uno), lasciando la porta aperta al Movimento. Che però, pare ormai su altri lidi: “In queste ore – ha detto Giuseppe Conte – leggo diverse dichiarazioni arroganti da parte del Pd. Non accettiamo la politica dei due forni”. Alle manovre nel centrosinistra si sommano quelle al centro.
 Anche alla luce delle perplessità del Nazareno, Iv rilancia il progetto del rassemblement di centro : “Noi con Calenda diciamo le stesse cose al 95% – ha detto Rosato – Penso che la campagna elettorale consentirà a questa area di nascere e si incuneerà fra populismi di destra e di sinistra”. Eppure, il patto con Calenda ancora non c’è e neppure pare scontato.
   


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