I patrimoni personali continuano ad ammontare a svariati miliardi di euro, ma le sanzioni incominciano a far male anche a loro. Sono gli oligarchi russi maggiormente esposti alle ritorsioni occidentali abbattutesi a cerchi sempre più larghi dopo l’invasione dell’Ucraina sulle elite politiche ed economiche considerate in un modo o nell’altro funzionali al sistema di potere di Vladimir Putin: incluso l’ormai ex patron dello squadrone londinese di calcio del Chelsea, Roman Abramovich, il più in vista, seppure non il più ricco di tutti.
La caduta del ‘Roman Empire’, come lo chiamano i media britannici, è in particolare raccontata da settimane con titoli a sensazione dai tabloid dell’isola. I dettagli – come sempre nel caso della stampa popolare d’oltre Manica – vanno presi con le molle; ma qualcosa di vero senza dubbio c’è. Abile nello sparpagliare per tempo parte delle sue fortune fra Israele, Emirati, Turchia e altri Paesi rimasti estranei a qualunque forma di embargo anti-moscovita, Abramovich deve però fare i conti con il congelamento se non l’esproprio di fatto di asset importanti custoditi fra a Londra e dintorni (il cui valore è stimato in una buona metà dei 7,6 miliardi di euro di tesoro personale che il Daily Mail tuttora gli accredita): non solo il Chelsea, ma proprietà extra lusso, collezioni d’arte e beni vari che al momento il magnate, al pari di altri confratelli, non può toccare né liquidare.
Senza contare i problemi di liquidità causata dall’impossibilità di movimentare denaro in Europa o di spostare verso Occidente quello accantonato in Russia. Problemi che non lo hanno costretto a chiedere prestiti volanti a partner d’affari stranieri, fa sapere lui smentendo l’ultimo gossip del Mail. Ma sono comunque cosa non da poco per chi è abituato da 20 anni a una vita di sfarzi e si trova a possedere al sicuro in giro per il mondo una flotta di una mezza dozzina di super yacht (solo il più piccolo dei quali venduto secondo il Guardian a un socio non sanzionato, David Davidovich, giusto il 24 febbraio, giorno dell’attacco di Mosca all’Ucraina), almeno 3 jet privati, immobili a decine: roba che impone mega costi fra manutenzione e paghe al personale.
Del resto, non manca chi sta peggio – o dice di star peggio – di Abramovich (sanzionato da Gran Bretagna e Ue, ma non dagli Usa finora). Come per esempio l’ancor più danaroso Mikhail Fridman (oltre 14 miliardi di euro di sostanza, sulla carta) o il suo sodale Piotr Aven: magnati storici dell’era Eltsin che fra Londra e il Surrey inglese si sono stabiliti praticamente in pianta stabile. E che adesso, a credere alle lamentele fatte da Fridman al Pais, si sentono quasi “agli arresti domiciliari”: impossibilitati, pare, a pagare persino “il conto di un ristorante”.
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