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Qui Londra, la Russia? E' il nemico della Nato

La Russia per la Nato è ora un nemico dichiarato. Nella percezione di Mosca lo era anche prima, in quella del governo britannico lo diventa formalmente dopo l’invasione dell’Ucraina, quasi come sulla base di una una profezia che si autorealizza: più che mai dopo le immagini definite “ripugnanti” dal premier Boris Johnson dei crimini di guerra attribuiti alle forze dell’ex Armata rossa tra Bucha e Irpin, alle porte di Kiev.
    I toni sembrano ormai da punto di non ritorno. L’orizzonte quello di una nuova guerra fredda di lunga durata, a tempo virtualmente indeterminato, durante la quale Vladimir Putin e il suo entourage politico e militari sono destinati a trasformarsi nella prospettiva di Londra in ricercati: da chiamare alla sbarra dinanzi alla Corte Penale dell’Aja, se mai la giustizia penale riuscirà a mettere le mani su di loro. Le ultime denunce che riecheggiano da Bucha, “le nuove fosse comuni” mostrate ai media in queste ore, sono per BoJo il segno di “un massacro indiscriminato e imperdonabile”. E il Regno Unito s’impegna a “lavorare per assicurare che i responsabili siano chiamati a risponderne”, a “non darsi pace fino a quando giustizia sarà fatta”.
    Intanto a livello diplomatico la titolare del Foreign Office, Liz Truss, incontra faccia a faccia in prima linea a Varsavia non solo il collega polacco, Zbigniew Rau, ma pure il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Mentre in settimana Johnson si prepara a ricevere a Downing Street tanto il presidente della Polonia, Andrzej Duda, partner di Londra sul terreno della linea durissima verso Mosca, quanto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, tratteggiato nei panni della “colomba” da incoraggiare a “fare di più” in materia di sanzioni e aiuti militari a Kiev.
    Un messaggio che vale del resto per tutti gli alleati Nato, organizzazione di cui giusto oggi ricorrono i 73 anni dalla fondazione, nel 1949. “La più grande alleanza per la sicurezza nella storia” nelle parole del primo ministro Tory, a cui spetta non solo “la responsabilità” di riconoscere nella Russia di oggi la minaccia numero uno per l’Occidente; ma anche “di fornire al popolo ucraino tutto ciò di cui esso ha bisogno affinché non venga soggiogato”. 
   


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