L’opera, il lavoro dello storico, l’impegno, la militanza, le lotte di Alberto Asor Rosa “non sono mai stati in vista di chissà quale stato futuro. Nascevano dall’intollerabilità per le ingiustizie di questo mondo.
Rivoluzionario non è chi immagina una soluzione futura delle contraddizioni e le lacerazioni di oggi, ma chi non tollera lo stato di cose presenti”. E’ fra i passaggi del commosso omaggio di Massimo Cacciari all’amico Alberto Asor Rosa scomparso ieri a Roma a 89 anni. Un ritratto del grande studioso, docente e autore, con un percorso anche politico nel Pci, che avviene nell’Università dove Asor Rosa ha insegnato per oltre 40 anni, La Sapienza di Roma. E’ l’aula magna ad ospitare la camera ardente e la cerimonia laica, dove si mescolano solennità ed emozione, passando vicino al feretro, circondato da fiori rossi e bianchi, le corone, fra gli altri di Roma Capitale e della Camera dei Deputati, e con vicino, su un grande schermo, una sua foto. Affetto e ricordi, che uniscono la famiglia dello studioso ad amici, colleghi, ex studenti e autorità, fra i quali il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, e l’assessore alla cultura Miguel Gotor, la rettrice de La Sapienza Antonella Polimeni, l’ex premier Massimo D’Alema, la vicepresidente della Camera Anna Ascani, Corrado Augias, Pierluigi Battista, altri esponenti della sinistra come il senatore del Pd Francesco Verducci.
“Asor Rosa è stato un grande intellettuale italiano, un uomo di cultura, uno studioso, un educatore che ha lasciato un contributo straordinario alla cultura del nostro Paese – sottolinea il sindaco Gualtieri -. Ha saputo sempre intrecciare la sua attività di studioso all’impegno sociale, civile e politico con un straordinaria, fortissima coerenza”. Roma capitale “gli rende omaggio e lo ringrazia per quello che ha fatto per l’università, per la cultura, per il nostro Paese”. La rettrice Antonella Polimeni ne ricorda il percorso alla Sapienza, iniziato da studente 70 anni fa (si laureò con una tesi su Vasco Pratolini, come relatore Natalino Sapegno e come correlatore Giuseppe Ungaretti) e poi continuato da docente e lo definisce “uno dei maestri che hanno dato lustro alla storia del nostro ateneo. Anche in un momento difficile come quello della pandemia ha continuato a scrivere, a fornire stimoli per guardare avanti”.
Chi ha avuto “il privilegio di frequentare i suoi corsi non può non ricordare l’autorevolezza della personalità , la finezza delle sue analisi, e un tratto umano ironico e solo apparentemente burbero, distaccato. In realtà è stato un uomo dalle grandi passioni, dalla militanza generosa e dalla polemica caliente, un buon cattivo maestro come amava celiare parlando di se stesso” dice l’assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor che ha parlato durante la cerimonia in rappresentanza del Campidoglio -. Dall’energia del suo percorso In un tempo difficile come questo vorremmo che i più giovani percepissero un esempio e l’invito a organizzare una nuova forma di saggezza e di lotta”. Per Massimo D’Alema “Asor Rosa rimane non solo un grandissimo protagonista della cultura italiana”, ma anche “un uomo che ha saputo unire all’impegno intellettuale una costante passione civile e politica che ne hanno fatto uno dei protagonisti della storia della sinistra italiana”. Di fronte alle contraddizioni dell’oggi “Alberto – conclude Cacciari – si strappava via la tentazione della tristezza e guardava il mondo con serena ironia e con fiducia che non gli venivano mai meno nemmeno nei momenti più duri del suo personale stato di salute.
Aveva fiducia nella possibilità di potercela fare se siamo amici, ‘philoi’. Philos significa colui che si appartiene. Se riusciamo a sentire che c’è qualcosa che ci lega ontologicamente, possiamo essere anche capaci di grandi imprese, e grandi opere come quelle che ha fatto Alberto, e come sarebbe quella di cambiare questo Paese”. Tra i ricordi più emozionanti quelli della famiglia, con il nipote dello scrittore, Giovanni Asor Rosa, che rivolgendosi direttamente al nonno, ne condivide aneddoti affettuosi e consigli e di una delle due figlie, Laura: “Forse l’insegnamento più grande che ci ha lasciato è stato quello di sapere sempre e comunque da quale parte della barricata stare”.
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