In Italia, indietro non si torna. All’indomani della sentenza choc della Corte Suprema americana contro l’aborto, tutti i partiti sono compatti nel difendere la legge 194 che dal 22 maggio 1978 regolamenta l’interruzione volontaria della gravidanza.
Anche Emma Bonino, protagonista in prima linea della battaglia abortista e considerata tra i leader politici più vicini a Washington è molto critica. Almeno nel campo dei diritti, afferma in diverse interviste, “per me è una grande delusione questa America, che spesso sono stata abituata a considerare all’avanguardia su certe battaglie”. E per la scrittrice Dacia Maraini si tratta senza dubbio di “una decisione che fa passi indietro rispetto ai diritti umani”.
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è convinto che quanto accaduto obblighi tutti a capire che non si deve “considerare un progresso come acquisito per sempre. Dobbiamo continuare a batterci ogni giorno perché non si torni mai più indietro”. Sulla stessa linea il leader dem Enrico Letta, certo che sia pericoloso pensare che “i diritti siano un qualcosa di scontato”; e il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte: “il diritto all’interruzione di gravidanza è da annoverare tra le conquiste sociali su cui non è possibile fare passi indietro”, ammonisce. Così come è netta anche Forza Italia. Anna Maria Bernini definisce la sentenza “un salto indietro che non avrà però conseguenze in Italia: i diritti civili non si toccano e l’ultima parola spetta sempre alle donne, sottratte con la 194 alla tragedia degli aborti clandestini”.
Matteo Salvini, da parte sua, ribadisce di essere “personalmente per la difesa della vita dall’inizio alla fine ma quando si parla di aborto – sottolinea – l’ultima parola spetta alla donna, non ad altri”. Giorgia Meloni, ieri silente, interpellata dall’ANSA esplicita la sua posizione allontanando ogni polemica. Malgrado in un recente comizio in Spagna avesse esclamato con vigore “sì alla cultura della vita, no all’abisso della morte”, stamane chiarisce che “vaneggia” chi, pur di attaccarla, pensa che il suo partito lavori all’abolizione della legge. Fratelli d’Italia, osserva, “continuerà semplicemente a chiedere, e a operare, perché venga applicata la prima parte della 194, relativa alla prevenzione, e per dare alle donne che lo volessero una possibilità di scelta diversa da quella, troppo spesso obbligata, dell’aborto”. Ma, avverte, sarebbe profondamente sbagliato fare paralleli o paragoni tra la vicenda americana e la situazione nel nostro Paese: “Chi lo fa, probabilmente, è in malafede o ha obiettivi ideologici”.
Ad ogni modo, dalle sue parole, non emerge indignazione nei confronti di una sentenza che sta provocando, non solo in America, violentissime proteste. “La decisione della Corte – osserva Meloni – dice che la Costituzione Usa non riconosce un diritto all’aborto e per questo rimette ai singoli Stati e ai loro parlamenti il compito di regolamentare l’aborto. Saranno i rappresentanti eletti dal popolo a decidere. È un quadro lontano anni luce da quello italiano, nel quale l’interruzione di gravidanza è consentita non in forza di una sentenza ma di una legge votata dal Parlamento, a determinate condizioni ed entro un numero di settimane. Scenario molto diverso da quello Usa, nel quale si discute addirittura di aborto al nono mese o a nascita parziale”.
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